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Epatite

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Epatite   


sf. [sec. XVIII; da epato-+ -ite]. Processo flogistico-degenerativo del fegato caratterizzato da necrosi parcellare che colpisce tutti i lobuli epatici.

Le cause

Le cause più frequenti di e. sono i virus dell'e. A (HBA), dell'e. B (HBV), dell'e. delta (HDV), e da due o forse più agenti associati all'e. nonA-nonB, l'alcol e i farmaci. Più rare sono le e. da mononucleosi infettiva, febbre gialla, citomegalovirus, altre infezioni virali e leptospirosi. Rare sono le e. a patogenesi autoimmunitaria che interessano soprattutto le donne e che si associano a manifestazioni cliniche (articolari, cutanee, renali, endocrine, ematiche) e sierologiche come l'ipergammaglobulinemia e la presenza di autoanticorpi di origine autoimmunitaria. Le forme cliniche indicate col nome di e. sono numerosissime: e. acuta semplice, e. colangiolitica, e. acuta da virus o e. virale, e. interstiziale cronica, e. maligna cirrogena o atrofia giallo-acuta, e. sifilitica o gommosa, e. brucellare, e. amebica, e. epizootica, e. tossica, e. allergica, e. carenziale. Nel gruppo va inclusa pure la cirrosi epatica (a eziologia complessa e tuttora non chiara) che è un'e. altamente degenerativa. L'attuale orientamento clinico, tuttavia, pur tenendo conto dell'agente patogeno, preferisce considerare l'entità e la natura delle alterazioni provocate al parenchima epatico e al sistema biliare da tutte queste forme e distingue l'insufficienza epato-cellulare e l'insufficienza biliare, mentre sotto il nome di e. viene comunemente indicata l'e. acuta da virus.



Le forme

Le forme più comuni sono quelle da virus A (HAV) a trasmissione soprattutto feco-orale, ma anche talora parenterale, e quelle da virus B (HBV) e nonA-nonB a trasmissione parenterale o sessuale. L'e. di tipo A ha diffusione mondiale e colpisce soprattutto i ragazzi e i giovani adulti. Essa esiste come forma sporadica, ma talora dà luogo a vere e proprie epidemie. Il virus è eliminato con le feci dai soggetti infetti nella fase prodromica e nel periodo itterico precoce della malattia e si diffonde soprattutto mediante l'ingestione di alimenti e acque contaminate. Dopo un periodo di incubazione di circa 18-40 giorni la malattia si manifesta con tre fasi: stadio prodromico, caratterizzato da febbre, malessere, disturbi gastroenterici aspecifici (nausea, vomito, anoressia); stadio itterico con ittero, prurito, urine scure, feci chiare, epatomegalia con dolorabilità epatica; stadio postitterico o della convalescenza, in cui possono persistere malessere e modeste anomalie della funzione epatica. L'e. da virus A ha di solito un andamento acuto con risoluzione spontanea, solo raramente può evolvere in forme molto gravi con necrosi epatica massiva (atrofia giallo-acuta). Sono frequenti le forme inapparenti; in Italia i portatori di anticorpi anti-HAV sono circa l'82%. L'e. da virus B, virus a DNA, è dovuta a una trasmissione del virus per via parenterale (frequente la diffusione da trasfusioni o da scambio di siringa tra tossicodipendenti) o per via sessuale. In molti casi le modalità di contagio rimangono sconosciute. Per quanto riguarda l'HBV, esiste un'ampia popolazione di soggetti portatori cronici. Il periodo di incubazione per l'e. B è compreso tra 50 e 180 giorni e il quadro clinico, come per le epatiti nonA-nonB, è simile a quello dell'e. A. Più frequentemente in queste forme di e. si ha la cronicizzazione del processo necrotico-degenerativo con evoluzione dell'e. acuta in e. cronica persistente, aggressiva, e quindi in cirrosi epatica. Il virus dell'e. delta è un virus incapace di autoreplicarsi e necessita per la replicazione della presenza del virus dell'e. B (co-infezione o sovrainfezione). Recentemente sono stati caratterizzati due virus associati alle e. nonA-nonB: il virus dell'e. di tipo E (HEV) e quello dell'e. C (HCV). L'HEV è un virus che viene trasmesso principalmente per via feco-orale ed è, insieme al virus dell'e. A, il maggior responsabile di epidemie di e. da alimenti, soprattutto di origine idrica. L'HEV è endemico in India, Pakistan, Cina, nel Sud-Est asiatico, in Unione Sovietica, nel Nordafrica e in America Latina. Colpisce soprattutto i giovani adulti, il periodo di incubazione della malattia è di circa 4 settimane e di solito si risolve spontaneamente. Forme particolarmente gravi si possono avere in gravidanza con tassi di letalità fino al 20-39%. Come per l'e. A non esiste lo stato di portatore. Il virus dell'e. di tipo C (HVC) viene trasmesso come l'HBV per via parenterale, meno efficiente è la via sessuale e verticale. Si tratta di un virus che sembra coinvolto in ca. il 70-90% delle e. nonA-nonB a trasmissione parenterale e nel 60-80% delle cosiddette e. nonA-nonB sporadiche. La diagnosi di avvenuta infezione da HCV si basa sulla ricerca di anticorpi specifici. Clinicamente l'e. di tipo C decorre in modo analogo all'e. di tipo B. L'e. virale si può presentare con diverse forme cliniche: anitterica, recidivante, colestatica, fulminante, cronica persistente e attiva. L'e. si risolve nella maggioranza dei casi in 4-8 settimane, salvo forme a decorso atipico e soprattutto in caso di cronicizzazione. Per quanto riguarda i dati di laboratorio, il segno più caratteristico è l'aumento delle transaminasi aspartato-transferasi (AST o SGOT) e alaninotransferasi (ALT o SGPT). Si ha anche aumento della bilirubinemia e presenza di bilirubina nelle urine. La fosfatasi alcalina aumenta notevolmente nelle forme a importante impronta colestatica. La diagnosi si basa sui reperti di laboratorio e sui dati clinici. Nel 1995 è stato scoperto il virus responsabile di una nuova forma di epatite, detta epatite G, e gli è stato attribuito il nome di HGV. Alla base della ricerca è stata l'osservazione che un'alta percentuale di epatiti risultava nonA, nonB e nonC. Campioni di siero sono stati sottoposti a indagini di ingegneria genetica e si è potuta stabilire la sequenza del genoma del nuovo virus. Questo è risultato della famiglia del Flaviviridae e per il 25% è identico al virus dell'epatite C (HCV). Il virus dell'epatite G e circa 3-6 settimane dopo la trasfusione e da 3 a 6 settimane prima del picco di transaminasi. Nei donatori che fanno da veicolo all'infezione è stato invece riscontrato anche in presenza di valori normali delle transaminasi. Le categorie che hanno fornito i più alti valori percentuali di positività sono i tossicodipendenti, i politrasfusi e i soggetti colpiti da epatiti croniche di tipo C e B, a loro volta in frequente associazione con situazioni di rischio sessuale o parenterale.

Profilassi e terapia

La profilassi prevede l'osservazione di norme igieniche accurate soprattutto per l'e. A. Sono state messe a punto immunoglobuline specifiche contro i virus A e B da somministrare ai soggetti esposti all'infezione. Di recente introduzione in commercio è un vaccino con elevata capacità di protezione nei confronti dell'e. B. Dal 1991 è diventata obbligatoria la vaccinazione nei bambini contro l'HBV. La terapia prevede riposo assoluto a letto con ripresa assai prudente dell'attività lavorativa per evitare il pericolo di recidive; dieta in fase iniziale ricca di carboidrati e sufficientemente ricca di proteine in seguito; limitati al massimo i lipidi; vitamine del complesso B (specie la B12) a dosi elevate e vitamina K. Le forme di e. cronica attiva possono trarre beneficio dal trattamento con Interferon. Con cautela possono essere utilizzati i cortisonici nelle forme di e. sostenute da meccanismo autoimmune.

Veterinaria

Anche in veterinaria vi sono varie forme di e., tra cui le più importanti sono rappresentate da: e. vibrionica aviare, malattia infettiva con fenomeni degenerativi del fegato. Il germe infestante è il Campylobacter, sensibile alla tetraciclina e alla streptomicina; la e. infettiva del cane, in cui il fegato si mostra alquanto ingrossato e di colore pallido, la colecisti presenta spesso un ispessimento della parete. La malattia è sostenuta da un adenovirus; l'e. infettiva enzootica del bovino o febbre del Rift, sostenuta da un virus non classificato del gruppo delle Bunyaviridae, è una malattia ad alta contagiosità, descritta nel bovino, nella pecora e nella capra ma può colpire anche l'uomo. La lesione caratteristica è la necrosi focale del fegato.




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