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La fibrosi cistica
La fibrosi cistica (FC) è la malattia congenita, cronica,
evolutiva, trasmessa con meccanismo autosomico recessivo più frequente nella
popolazione caucasica: ne è affetto un neonato ogni 2500-2700 nati vivi.
La fibrosi cistica è secondaria ad un'anomalia della proteina
chiamata CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance
Regulator) localizzata nella membrana apicale cellula - STRUTTURA DELLE CELLULE EUCARIOTE" class="text">delle cellule degli epiteli; la
sua funzione è quella di regolare gli scambi idroelettrolitici
Il gene che codifica questa proteina è stato localizzato nel 1989 sul braccio
lungo del cromosoma 7. All'alterazione della proteina consegue un'anomalia del
trasporto di sali che determina principalmente una produzione di secrezioni per
così dire 'disidratate': il sudore è molto ricco in sodio e cloro, il
muco è denso e vischioso e tende ad ostruire i dotti nei quali viene a
trovarsi.
La malattia coinvolge numerosi organi ed apparati: l'apparato respiratorio,
dalle prime vie aeree al tessuto polmonare, il pancreas nella produzione di
enzimi digestivi, il fegato, l'intestino e l'apparato riproduttivo, soprattutto
nei maschi.
La malattia può manifestarsi precocemente, in età neonatale o nelle prime
settimane o mesi di vita, con gravità diversa, in alcuni casi in correlazione a
particolari mutazioni geniche (vedi Aspetti genetici).
Più raramente la malattia può evidenziarsi nell'età adolescenziale od adulta
con quadri clinici meno gravi
Aspetti genetici della fibrosi cistica
Dalla biologia molecolare alla consulenza genetica
Le caratteristiche ereditarie di ogni individuo, come il
colore degli occhi od il tipo di gruppo sanguigno, sono determinate dal proprio
'corredo genetico', cioè dall'insieme dei geni che i genitori hanno
trasmesso. I geni sono a loro volta costituiti da sequenze di una struttura
biochimica presente nel nucleo di ogni cellula dell'organismo, il DNA. Quando
avviene un cambiamento in questa sequenza, il gene può non funzionare
correttamente: al suo interno si è verificata una mutazione.
Nella fibrosi cistica (FC) è coinvolto un gene che in condizioni normali regola
il passaggio di sali e di acqua tra l'interno e l'esterno delle cellule di
molte ghiandole dell'organismo. Chiunque possieda nel proprio corredo genetico
sia una copia mutata che una normalmente funzionante di questo stesso gene è
detto portatore.
La copia funzionante del gene è ampiamente sufficiente a compensare il mancato
funzionamento del gene mutato e pertanto chi è portatore non ha e non avrà mai
nessun sintomo di FC. Chi invece è malato ha nel proprio corredo genetico due
geni mutati, avendone ereditato uno dalla madre e uno dal padre.
Ad ogni gravidanza, a seconda della diversa combinazione dei geni che essi
trasmettono, una coppia di portatori ha 1 probabilità su 4 che il lio sia
malato, 1 probabilità su 4 che non sia né malato né portatore,
2 probabilità su 4 che sia portatore.
In Italia manca una stima generale, ma i dati regionali a disposizione tendono
a suggerire un'incidenza di fibrosi cistica intorno ad un caso ogni 2.700 nati
vivi, e la presenza di un portatore ogni 26 individui.
Ciò starebbe a significare 2 milioni di portatori del gene della malattia, con
circa una coppia ogni 700 a rischio del 25% ad ogni gravidanza di generare un
lio malato. La probabilità di essere portatore aumenta però per chi
appartiene ad una famiglia che comprenda un parente diretto malato di fibrosi
cistica o portatore, ed è tanto più alta quanto più stretto è il grado di
parentela. Il gene della FC è stato individuato ormai più di dieci anni fa.
Alla fine degli anni '80 Francis S. Collins, dell'Università del Michigan, e
Lap-Chee Tsui e John R. Riordan, dell'Università di Toronto, riuscirono ad
identificarlo sul cromosoma 7, e lo chiamarono gene CFTR (Cystic Fibrosis
Transmembrane Conductance Regulator gene). Contemporaneamente al gene,
venne identificata la prima e più frequente mutazione, chiamata F508
(delezione dell'aminoacido fenilalamina in posizione 508). Gli anni successivi
hanno portato alla consapevolezza che esiste un gran numero di mutazioni: ne
sono state individuate fino ad oggi un migliaio, catalogate in cinque classi,
che raccolgono differenti anomalie di produzione o di funzione della proteina.
La frequenza relativa delle mutazioni è quanto mai variabile in relazione
all'area geografica. Ad esempio la F508
è più concentrata nell'Europa settentrionale, fino a costituire in Danimarca ed
in Gran Bretagna l'85% degli alleli mutati; nell'Europa meridionale la
frequenza è molto più bassa e varia tra il 35 ed il 55%, con un'incidenza media
in Italia intorno al 50%. Alcune mutazioni sono molto più frequenti in
particolari popolazioni, come W1282X negli ebrei Ashkenazi e R1162X e 2183AA/EG
in Veneto e Trentino-Alto Adige, T338I in Sardegna. Nella tabella sono
riportate le frequenze di alcune mutazioni in varie Regioni italiane.
La correlazione tra manifestazioni cliniche (fenotipo) e costituzione
genetica (genotipo) è modesta, se si escludono alcune mutazioni che consentono
il mantenimento della funzione pancreatica.
Le mutazioni associate ad uno stato di insufficienza pancreatica sono
classificate come 'severe' (gravi), quelle a sufficienza pancreatica
come 'mild' (lievi).
Tuttavia, anche se i malati con pancreas sufficiente presentano condizioni
generali più favorevoli ed in generale una migliore aspettativa di vita, la
situazione respiratoria può variare del tutto indipendentemente dallo stato
pancreatico.
Conoscere il gene e le sue principali mutazioni ha reso in molti casi possibile
l'identificazione della condizione di portatore con un semplice prelievo di
sangue.
Tuttavia, poiché le mutazioni che il gene può presentare sono numerosissime,
alcune rare o sconosciute, e la loro frequenza relativa può variare in aree
geografiche diverse, i test genetici attualmente a disposizione non sono in
grado di individuarle tutte, e quindi di identificare tutti i portatori. Anche
in considerazione di questi limiti, quando ci sia un malato in famiglia, è
utile prima di tutto analizzare il suo DNA e quello dei suoi genitori. In
questo modo è possibile cercare di determinare quali mutazioni sono presenti
nel malato, quale è trasmessa dal padre e quale dalla madre. In seguito i
parenti che siano interessati potranno sottoporsi al test genetico per
accertare se sono portatori della mutazione familiare, cioè della mutazione presente
nel padre del malato se la parentela è da parte paterna, o della mutazione
presente nella madre se la parentela è da parte materna. Se il parente non
risulta avere la mutazione familiare, né nessuna delle altre che il test è in
grado di riconoscere,
la sua probabilità di essere portatore sarà estremamente bassa. L'analisi
genetica può essere richiesta anche da coppie nelle quali nessuno dei
componenti abbia rapporti di parentela con malati o portatori.
Non esiste per costoro un aumento del rischio di generare li affetti da
fibrosi cistica rispetto alla popolazione generale, e non vi è pertanto
indicazione specifica al test. Qualora, nonostante ciò, l'analisi genetica sia
stata prospettata o venga spontaneamente richiesta, è indispensabile informare
preliminarmente la coppia sulle implicazioni del test, che va eseguito con
piena consapevolezza del suo significato.
Qualora entrambi i componenti di una coppia sappiano di essere portatori,
possono consapevolmente assumere le decisioni riproduttive che ritengano
appropriate. Se intendono accettare il rischio di un lio affetto, potranno
scegliere di non eseguire nessun accertamento durante la gravidanza.
Se il lio fosse malato, potrà avvantaggiarsi di un inizio precoce delle cure
e i genitori potranno essere più preparati a questo evento. Se viceversa non
intendono accettare il rischio di un lio malato di fibrosi cistica e sono
orientati ad interrompere una gravidanza in cui fosse diagnosticata la
malattia, potranno ricorrere alla diagnosi prenatale.
L'analisi genetica ha portato anche a importanti risvolti
clinici. A seguito del progressivo ampliamento del numero di mutazioni
ricercate, si è venuto identificando un cospicuo numero di forme atipiche di
FC, spesso caratterizzate da espressione clinica respiratoria modesta o assente
e sufficienza pancreatica. Tra queste merita in particolare di essere ricordata
l'atresia congenita dei vasi deferenti, una forma di infertilità che veniva in
passato considerata una patologia ereditaria del maschio per il resto sano,
responsabile dell'1-2% delle sterilità maschili. Negli ultimi anni è stato
dimostrato che l'atresia dei deferenti può talora rappresentare una forma molto
lieve, ad espressività principalmente genitale, della fibrosi cistica (vedi
cap. La fibrosi cistica nell'adulto).
La difficoltà di diagnosi e la scarsa esperienza nella prognosi a lungo termine
delle forme atipiche implicano una notevole problematicità per quanto riguarda
la consulenza genetica.
In particolare, nei soggetti con atresia dei deferenti, la possibilità di
ottenere tramite tecniche per la riproduzione assistita cellule germinali da
utilizzare per fecondazioni artificiali implica un rischio non trascurabile di
generare li affetti da FC; tale rischio dovrebbe essere, nei limiti del
possibile, quantificato, in modo che le coppie possano effettuare le proprie
scelte riproduttive con piena consapevolezza.
Frequenza percentuale di mutazioni del gene della fibrosi cistica in alcune regioni italiane.
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La fibrosi cistica o mucoviscidosi è una
malattia ereditaria, cronica, evolutiva, caratterizzata da un'anomala
regolazione nel trasporto di elettroliti (Cloro, Sodio, Potassio) da parte
delle cellule che costituiscono gli epiteli (mucosa bronchiale ed intestinale,
cute, ecc.) e conseguente alterazione nella secrezione delle ghiandole
esocrine. Nei pazienti affetti le ghiandole mucipare (ghiandole che
producono muco) producono secrezioni dense e viscose che tendono ad occludere i
bronchi e i dotti escretori del pancreas. Le ghiandole
sudoripare producono inoltre una secrezione ricca di sali.La malattia si
manifesta solo agli omozigoti e due genitori portatori eterozigoti
avranno, a livello statistico, il 25% di probabilità di generare un lio
malato. La maggior parte dei pazienti affetti da fibrosi cistica presenta i
primi sintomi della malattia durante l'infanzia.
Circa il 17% dei neonati affetti manifesta, come sintomo della malattia,
una ostruzione intestinale, detta ileo da meconio entro le prime 24 ore
dalla nascita.
Nei casi più comuni la sintomatologia si manifesta entro i primi due anni di
vita con compromissione dell'apparato respiratorio che si esprime di solito con
una tosse persistente, broncopolmoniti recidivanti e ritardo
nell'accrescimento. Nella maggior parte dei casi le infezioni respiratorie sono
dovute allo Staphilococcus aureus, all'Haemophilus influenzae B
e, prevalentemente dopo la prima decade di vita, allo Pseudomonas Aeruginosa.
L'apparato gastrointestinale è l'altro apparato principalmente colpito
dalla mucoviscidosi. Oltre all'ileo da meconio precedentemente detto si
riscontra nell'80-90% dei casi un'insufficienza pancreatica con
conseguente malassorbimento proteico e lipidico. Nel fegato
il sistema biliare è interessato nel 15-20% dei casi. Ne consegue
una calcolosi della colecisti di solito asintomatica. Si riscontra una pubertà
ritardata; inoltre il 95% dei maschi presenta azoospermia da
ostruzione dei dotti, mentre il 25% delle femmine è infertile a
causa dell'alterazione del muco cervicale (muco prodotto e presente a livello
della cervice uterina). Tuttavia il 90% delle gravidanze da parte di
donne affette è portata a buon fine e di solito le donne affetta da fibrosi
cistica sono in grado di allattare i propri bambini. La diagnosi può
essere sospettata sin dalla nascita in caso di ileo da meconio; inoltre è
possibile effettuare sul sangue del neonato il dosaggio della tripsina.
Nei bambini più grandi (dopo i 3 mesi di vita) è possibile eseguire il cosiddetto
test del sudore con il quale vendono dosati i livelli di Cloro e Sodio
che sono tipicamente aumentati. Dal punto di vista genetico il difetto è
localizzato sul cromosoma 7. La terapia si basa sulla fluidificazione
e smaltimento delle secrezioni, il controllo delle infezioni polmonari, un'alimentazione
adeguata, la somministrazione di enzimi pancreatici, e la
prevenzione dell'ostruzione intestinale. L'eliminazione delle secrezioni
bronchiali viene favorita mediante fisioterapia respiratoria quotidiana.
Sono allo studio nuovi farmaci, attualmente in fase di sperimentazione clinica.
Il trapianto di polmoni e/o fegato rappresenta una speranza per i
pazienti più gravi ma l'ostacolo maggiore è la carenza di organi. Lo screening
neonatale è previsto dalla legge dal 1992 ma attualmente ancora molte
regioni disattendono tale obbligo.
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