chimica |
Ricordiamo che secondo la definizione di Arrhenius gli acidi sono sostanze capaci di disciogliere in acqua ioni H+, mentre le basi liberano in acqua ioni OH-. Secondo la teoria di Brǿnsted e Lowry qualsiasi molecola o ione che può cedere protoni è un acido, mentre è una base qualsiasi sostanza capace di acquistare protoni. I sali corrispondono invece alla combinazione di un anione acido con ioni metallici.
Il recipiente contenente l'elettrolita è detto voltametro, l'elettrodo collegato al polo positivo è detto anodo, mentre quello collegato al polo negativo è il catodo. Solo inserendo un microamperometro si trova che l'acqua pura debolmente conduce elettricità; si ottengono risultati migliori, anche se non soddisfacenti, se si utilizza comune acqua da rubinetto poiché in essa sono dissolti alcuni sali (la lampadina posta nel circuito emana una luce rossastra). Il comportamento delle soluzioni elettrolitiche riguardo alla conducibilità elettrica è da attribuirsi al particolare legame chimico, che fa sì che tali composti presentino un difetto (ioni positivi) o un eccesso (ioni negativi) di elettroni. Se in uno stesso sistema sono presenti ioni di polarità opposte si realizza un legame ionico, come ad esempio quello del cloruro di sodio Na+Cl-. Quando questo viene disciolto in acqua il legame s'indebolisce fino a rompersi; pertanto gli ioni distaccatisi si muovono disordinatamente. Tuttavia, se la soluzione non è sufficientemente diluita, si determina un equilibrio fra le coppie di ioni Na+Cl- dissociate e quelle che si ricostituiscono, tale che il numero di coppie dissociate è costante nel tempo. Per le soluzioni sufficientemente diluite tutti gli ioni si staccano dal reticolo cristallino e migrano disordinatamente nella soluzione: si ha così la dissociazione elettrolitica che rende possibile la conducibilità elettrica. Tale moto disordinato di ioni non costituisce una corrente, ma se immergiamo in soluzione due elettrodi tra i quali stabiliamo una differenza di potenziale, il campo elettrico spingerà gli ioni positivi (cationi) verso il catodo e quelli negativi (anioni) verso l'anodo. Si genera pertanto una corrente elettrica dovuta al movimento di cariche sia positive sia negative. Le soluzioni contenenti sostanze organiche non conducono elettricità poiché non si formano ioni.
Il movimento di ioni positivi e negativi in una soluzione elettrolitica è detto elettrolisi. Quando gli ioni spostandosi raggiungono gli elettrodi cedono a questi la loro carica, diventando neutri, e successivamente possono liberarsi allo stato gassoso, o si depositano sugli elettrodi, o ancora reagiscono con essi.
Cl- → Cl + e- all'anodo
cioè il catione H+ sottrae un elettrone al catodo e l'anione Cl- cede un elettrone all'anodo, diventando entrambi neutri e quindi sviluppandosi allo stato gassoso senza dar luogo a reazioni chimiche secondarie.
Consideriamo una soluzione contenente acido solforico (H2SO4) e acqua in un voltametro i cui elettrodi sono di carbone. Gli ioni derivanti dalla dissociazione dell'acido solforico, H+ ed SO4-- neutralizzano la loro carica a contatto con gli elettrodi; pertanto l'idrogeno si sviluppa al catodo ed il radicale SO4- in prossimità dell'anodo dà luogo alla reazione SO4 + H2O → H2SO4 + O con sviluppo di ossigeno che sale nella buretta rovesciata posta precedentemente sull'anodo. Si osserva che per ogni due atomi di idrogeno che si sviluppano al catodo, all'anodo si libera un atomo di ossigeno: i gas si sviluppano nello stesso rapporto con il quale si combinano nell'acqua. E' questa l'elettrolisi dell'acqua.
Se il voltametro contiene una soluzione di solfato di rame (CuSO4), questo si dissocia in ioni Cu++, che si dirigono al catodo, neutralizzano la loro carica e si depositano sull'elettrodo formando uno strato (ramatura), e ioni SO4-- che si dirigono all'anodo neutralizzando la carica; essi reagiscono con l'acqua secondo la reazione SO4 + H2O → H2SO4 + O sviluppando all'anodo ossigeno allo stato gassoso.
elettrolisi con reazioni con gli elettrodi
In un voltametro contenente una soluzione di solfato di rame sono immersi due elettrodi di rame. Gli ioni Cu++ neutralizzano la carica e si depositano sul catodo; gli anioni SO4-- dopo aver neutralizzato la carica sull'anodo reagiscono con il rame dell'anodo secondo la reazione SO4-- + Cu++ → CuSO4. Il rame dall'anodo passa in soluzione, pertanto l'anodo si assottiglia. Si può notare che la massa di rame ceduta dall'anodo è uguale a quella che si deposita al catodo.
Faraday quantizzò le sostanze che nell'elettrolisi si sviluppano o si depositano sugli elettrodi; queste possono essere o prodotti diretti della dissociazione o prodotti di reazioni chimiche secondarie.
Sperimentando soluzioni diverse in tempi diversi enunciò due leggi:
La massa di sostanza che si deposita ad un elettrodo è direttamente proporzionale alla quantità di carica elettrica che passa nel voltametro.
Se infatti consideriamo l'elettrolisi dell'acido cloridrico, possiamo osservare che la quantità di elettricità q che in un certo tempo t passa nel voltametro è dovuta al movimento di ioni H+ e Cl- ed è data dal prodotto fra il tempo t e l'intensità di corrente i. Di conseguenza se teniamo chiuso il circuito per il doppio del tempo, raddoppieranno anche gli ioni H+ e Cl-- e ancora le masse di idrogeno e cloro che si sviluppano agli elettrodi.
La prima legge dell'elettrolisi permette di definire il coulomb nel sistema SI come quantità di elettricità che passa in un voltametro a nitrato d'argento quando al catodo si depositano 1,118 mg di argento.
In più voltametri, contenenti elettroliti diversi e connessi in serie in modo che siano attraversati dalla stessa quantità di carica elettrica, le masse delle sostanze che si depositano agli elettrodi sono direttamente proporzionali agli equivalenti chimici.
Si definisce equivalente chimico il rapporto fra la massa atomica dell'elemento considerato e la valenza dell'elemento, cioè M/Z.
Considerando tre voltametri collegati in serie, contenenti rispettivamente HCl (acido cloridrico), CuSO4 (solfato di rame) e AgNO3 (nitrato d'argento) la quantità di carica sarà inversamente proporzionale alla valenza. Pertanto, essendo 2 la valenza del rame e 1 quella del cloro, per ogni ione che si deposita al catodo del secondo voltametro, al catodo del primo si depositeranno 2 ioni di idrogeno.
Indicando con M la massa di sostanza che si deposita al passaggio della carica q, con m la massa di un atomo dell'elemento considerato, con Z la valenza di tale elemento e con n il numero di atomi si ha: M = n m q = n Z e
dove e è la carica elementare di un elettrone. Da ciò ne segue che M = m q/Ze; poiché m = A/N, cioè al rapporto tra il grammo-atomo (massa espressa in grammi dallo stesso numero che esprime la massa atomica) e il numero di Avogadro ne segue che M = A/Z per q/Ne dalla quale, come enuncia la prima legge si evince che la massa di sostanza che si sviluppa ad un elettrodo è direttamente proporzionale alla carica elettrica che attraversa il voltametro.
La pila di Volta è un generatore di tensione costituito dall'ordinata sovrapposizione di un disco di rame, uno di zinco ed una pezzuola imbevuta di una soluzione elettrolitica. Definiamo elemento voltaico un singolo elemento della pila di Volta, costituito da un elettrodo di rame e da una coppia rame-zinco immersi in una soluzione di acido solforico. Tra i due elettrodi si genera una differenza di potenziale; infatti collegandoli con un filo metallico si ha una corrente elettrica che nel circuito esterno circola dal rame allo zinco, mentre internamente alla cella elettrolitica circola nel verso opposto. Il rame costituisce il polo positivo, lo zinco quello negativo. La differenza di potenziale tra rame e zinco a circuito aperto, cioè la forza elettromotrice della pila, è la somma delle d.d.p. che si hanno ai contatti rame-zinco, zinco-soluzione e soluzione-rame. L'elettrodo di zinco manda in soluzione ioni Zn++ secondo la reazione Zn + 2H+ → Zn++ + H2 dovuta alla presenza di ioni H+ derivanti dalla dissociazione dell'acido solforico. In tal modo lo zinco assume potenziale negativo rispetto alla soluzione e al rame, mentre l'idrogeno prodotto si sviluppa allo stato gassoso. Se colleghiamo i due elettrodi con un filo di rame si genera nel circuito esterno un flusso di elettroni dallo zinco al rame; pertanto si ha una corrente da rame (polo+) allo zinco (polo-).
Poiché lo zinco dell'elettrodo negativo della pila di Volta passa in soluzione, l'elettrodo finisce per esaurirsi e la corrente cessa. In realtà l'arresto della corrente avviene molto prima a causa della polarizzazione della pila; infatti l'idrogeno che si sviluppa all'elettrodo di rame circonda l'elettrodo stesso, ne altera le proprietà ed annulla la f.e.m.. Diciamo così che la pila si è polarizzata.
Nella pila Daniell l'elettrodo negativo di zinco è immerso in una soluzione di ZnSO4 e quello positivo di rame è immerso in una soluzione di CuSO4. Le due soluzioni sono divise da un setto poroso che impedisce la loro mescolanza, ma non il contatto elettrico, in quanto permette il passaggio di ioni. Gli ioni Cu++ dopo aver neutralizzato la loro carica a contatto con l'elettrodo di rame, si depositano sullo stesso, mentre gli ioni SO4--, dopo aver ceduto due elettroni ciascuno all'elettrodo di zinco, reagiscono con questo formando solfato di zinco. La f.e.m. della pila è circa un volt.
Tutte le pile dopo un po' di tempo esauriscono la loro energia chimica e non possono funzionare. Per avere correnti di maggiore durata si costruiscono gli accumulatori. Per capire come funziona un accumulatore consideriamo un voltametro ad acido solforico, i cui elettrodi E ed E1 di platino sono collegati ai poli di una pila. Durante il passaggio di corrente si produce una polarizzazione degli elettrodi a causa dell'idrogeno che si svolge sul catodo E1. Questa polarizzazione genera a sua volta una forza controelettromotrice di polarizzazione, che fa diminuire l'intensità di corrente. Eliminando dal circuito la pila e collegando direttamente gli elettrodi, si ha una corrente detta di depolarizzazione che circola in verso opposto al precedente, cioè da E ad E1 nel circuito esterno e da E1 ad E nel voltametro. Negli accumulatori, invece, la depolarizzazione nella fase di scarica è più lunga. Un accumulatore perciò è una pila reversibile che si comporta da voltametro durante la carica e da generatore durante la scarica. La capacità di un accumulatore è espressa in ampere-ora.
Un gas in condizioni normali rappresenta un isolante perfetto; possiamo però dimostrare che l'aria atmosferica conduce elettricità anche se debolmente. Infatti le foglioline di un elettroscopio carico, col tempo, mostrano che questo si scarica lentamente. Ma se poniamo l'elettroscopio sotto la campana di una macchina pneumatica, la dispersione elettrica si arresta, mentre si accelera se la sollecitiamo con una sorgente di raggi X, o con la fiamma. L'esperienza può essere vera se sia ammette la presenza di carica nell'aria il cui numero aumenta in presenza di agenti ionizzanti. La dispersione della carica di un elettroscopio è dovuta al fatto che la sferetta collegata all'asta attrae gli ioni di segno opposto che, venuti a contatto con l'elettroscopio, neutralizzano gradualmente la sua carica.
Per sviluppare l'andamento dell'intensità di corrente in un gas in funzione della tensione possiamo ricorrere ad un dispositivo le cui armature del condensatore sono collegate ai poli di una batteria per mezzo di un sistema potenziometrico. Nel circuito è inserito un misuratore di corrente e un voltmetro per la misura della tensione tra le piastre del condensatore. Se l'aria è secca lo strumento non segnala passaggio di corrente. Se ionizziamo l'aria, irraggiandola con raggi X, lo strumento segnala nel circuito una corrente di ioni negativi ed elettroni verso l'armatura positiva e ioni positivi verso l'armatura negativa. Variando la d.d.p. V tra i piatti del condensatore e misurando per ogni valore di V la corrispondente intensità di corrente, si può studiare come varia l'intensità di corrente in funzione della d.d.p. Rappresentando in ascissa la tensione V e in ordinata l'intensità di corrente i otteniamo la curva:
Se la tensione continua a crescere, l'intensità di corrente aumenta sempre di meno, finendo con l'assumere un valore costante i0 detto corrente di saturazione, per un valore Vs della tensione detto tensione di saturazione. Se la d.d.p. tra gli elettrodi assume valori maggiori di Vs la corrente si mantiene uguale al valore di saturazione. Quando, infine, la tensione assume valori superiori ad un certo valore Vi detto tensione di innesco, l'intensità di corrente torna ad aumentare molto rapidamente. Il tratto ascendente OA della curva si interpreta col fatto che, se la tensione è bassa, il numero di elettroni che per unità di tempo arriva sugli elettrodi, è inferiore al numero di ioni che in un tempo unitario vengono prodotti dagli agenti ionizzanti. Col crescere della tensione cresce anche il numero di ioni che arrivano sugli elettrodi per unità di tempo e quindi aumenta pure l'intensità di corrente. Quando la tensione è tale che tutti gli ioni arrivano sugli elettrodi nello stesso intervallo di tempo, la corrente raggiunge il valore massimo di saturazione is e non può più aumentare. Per il calcolo di is osserviamo che, se indichiamo con n il numero di ioni prodotti dagli agenti ionizzanti per unità di tempo e di volume, il numero N di ioni prodotti nell'aria tra le due piastre in un tempo unitario si ottiene moltiplicando n per il volume dell'aria compresa tra le due piastre. Perciò: N = n S h
dove S è l'area di ciascuna piastra e h è la distanza tra le due piastre.
Supponendo che gli ioni abbiano tutti carica elettrica e l'intensità di corrente di saturazione è uguale al prodotto Ne, cioè: i = n S h e
cioè la corrente di saturazione è direttamente proporzionale alla distanza h tra gli elettrodi.
Per ottenere un'intensità di corrente superiore al valore di saturazione è necessario produrre un maggior numero di ioni per secondo e per unità di volume. Quando la tensione supera il valore d'innesco V1 il campo elettrico stesso diventa un agente ionizzante, in quanto gli ioni da esso accelerati producono con l'urto la ionizzazione di molecole neutre, creando altri ioni che producono altre ionizzazioni. Si genera in tal modo un processo di produzione a valanga di ioni che provoca un notevole aumento di corrente, rappresentata dal tratto ascendente della caratteristica oltre il punto B. Il passaggio della corrente in tali condizioni è noto come scarica a valanga.
La tensione d'innesco è direttamente proporzionale alla pressione del gas. Infatti, con il diminuire della pressione, aumenta il percorso compiuto in media da una molecola tra un urto e il successivo e quindi aumenta l'energia cinetica acquistata dagli ioni sotto l'azione di un determinato campo elettrico. Se la pressione diminuisce basta un campo elettrico di minore intensità per accelerare gli ioni fino ad energie superiori all'energia di ionizzazione. Indicando con d la distanza tra gli elettrodi e con Ei il campo elettrico corrispondente alla tensione d'innesco Vi si ha: Ei = Vi/d
da cui segue che a parità di distanza tra gli elettrodi Vi diminuisce al diminuire di Ei. Pertanto una diminuzione di pressione produce una diminuzione del campo Ei e quindi anche della tensione d'innesco Vi; quindi a parità di pressione, la tensione d'innesco è direttamente proporzionale alla distanza tra gli elettrodi.
La scarica elettrica attraverso l'aria o un altro gas qualsiasi produce in determinate condizioni anche fenomeni luminosi, ad esempio tutti i tubi di scarica adoperati nelle insegne luminose. A differenza dell'emissione di luce durante un processo di scarica in un gas, i corpi solidi portati all'incandescenza emettono luce a causa del calore prodotto per effetto Joule.
In genere il passaggio della corrente elettrica in un tubo di scarica non produce fenomeni luminosi finchè la tensione è inferiore al valore d'innesco Vi. Si ha invece emissione di luce durante il processo di produzione a valanga di ioni, cioè quando la tensione supera il valore d'innesco Vi. La scarica elettrica prende allora il nome di scarica a scintilla o semplicemente scintilla e si manifesta come un tratto molto luminoso di colore bianco-azzurro che unisce i due elettrodi. La scarica a scintilla avviene in generale fra due elettrodi qualsiasi fra i quali si applica una d.d.p. sufficientemente elevata, per esempio tra due sfere metalliche collegate ad una macchina elettrostatica.
Portando a contatto due cilindri di carbone di storta, tra i quali è mantenuta una d.d.p. di circa 30 V si produce per effetto Joule una temperatura così elevata che le estremità di carbone diventano incandescenti. Si tratta di un particolare tipo di scarica elettrica con bassa tensione e forte intensità di corrente, nota col nome di arco voltaico. La scarica elettrica è originata inizialmente dagli elettroni emessi per effetto termoionico dal catodo, i quali generano altri elettroni e ioni nella ionizzazione per urto.
In un tubo di vetro sono disposti due elettrodi metallici, collegati ad un generatore di alta tensione, come una macchina elettrostatica o un rocchetto di Ruhmkorff. Una macchina pneumatica può estrarre progressivamente l'aria dal tubo. Se gli elettrodi sono sufficientemente lontani si hanno soltanto delle scariche rumorose con una piccola intensità di corrente, dovuta al movimento verso gli elettrodi degli ioni presenti nell'aria. Data la distanza tra gli elettrodi, la d.d.p. è inferiore al valore d'innesco Vi, sicché, non avviene la scintilla. Se si estrae progressivamente l'aria quando la pressione raggiunge il valore di 50 torr le scariche rumorose diventano più frequenti e silenziosi. Continuando ad abbassare la pressione a 10 torr la colonna luminosa invade il tubo; si ha così la scarica a bagliore.
I raggi catodici sono particelle dotate di carica elettrica negativa. Dalla deviazione subita per effetto del campo magnetico di una calamita, si deduce che i raggi catodici sono dotati di carica elettrica, e dal verso della deviazione quando si avvicina il polo nord o il polo sud della calamita si deduce che la carica trasportata dai raggi catodici è negativa. Thomson riuscì a misurarne la carica specifica, cioè il rapporto tra la carica e la massa delle particelle cui sono costituite. Si verificò così che i raggi catodici sono costituiti da elettroni emessi dal catodo in seguito all'urto degli ioni positivi.
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