chimica |
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Benzene - Tetracloruro di
carbonio - Alcool etilico - Acetone - Paraffina - Glucosio Cloruro di sodio -
Iodio - Vetreria.
Parte prima: polarità dei liquidi:
Si pone in una buretta del benzene; in una seconda buretta si pone dell'acqua distillata. Si montano entrambe le burette su un apposito sostegno.
Si prende una bacchetta di plastica e la si strofina con uno straccio di lana per elettrizzarla, caricandola negativamente. Si apre il rubinetto della buretta contenente l'acqua avvicinando al sottile getto la bacchetta; si nota una deflessione del getto molto evidente. Si compie la stessa operazione con la buretta contente il benzene: non si nota alcuna deflessione.
In base a tali osservazioni è possibile classificare l'acqua come un solvente polare e il benzene come solvente apolare.
La molecola dell'acqua è, infatti, un dipolo con una zona ad addensamento di carica positiva dalla parte dei due atomi di idrogeno, ed una ad addensamento di carica negativa dalla parte dell'atomo di ossigeno; a causa di questa conurazione essa risente della presenza di un campo magnetico ( vedere . 1 ).
La molecola del benzene non è dipolare. Infatti, pur essendo il legame C-H del tipo covalente polare, la struttura regolare della molecola fa sì che il baricentro delle cariche si trovi al centro geometrico della struttura, annullando l'effetto di tali cariche ( vedere . 2 ).
Parte seconda: prove ative di miscibilità:
Si effettuano prove ative della miscibilità dei liquidi di cui si dispone, traendone le dovute conclusioni.
Acqua + Benzene: si prelevano 2 mL circa di benzene versandoli in una provetta contenente alcuni mL di acqua; si agita e si osserva, in breve, lo stratificarsi del benzene ( d=0.88 ) sull'acqua ad indicare una assenza evidente di miscibilità.
Acqua + Tetracloruro di carbonio: si opera come nell'esempio precedente; si osserva il depositarsi del tetracloruro di carbonio ( d=1.59 ) sul fondo della provetta, ad indicare una evidente non miscibilità con l'acqua. Il tetracloruro di carbonio pur presentando legami di tipo covalente polare, ha una struttura molecolare regolare a forma di tetraedro, per cui il baricentro delle cariche si trova nel centro geometrico della struttura, annullando, come nel caso del benzene, l'effetto dei dipoli ( vedere . 3 ).
Benzene + Tetracloruro di carbonio: si prelevano 2 mL di benzene ponendoli in una provetta contenente altrettanto tetracloruro di carbonio ; si agita e si osserva una completa miscibilità tra i due solventi. Ciò conferma quanto emerso nelle prove della prima parte che avevano evidenziato un comune carattere non-polare.
Acqua + Alcool etilico: si aggiungono 2 o 3 mL di alcool etilico ad una provetta contenente alcuni mL di acqua; si osserva, in breve, una completa miscibilità. Ciò evidenzia un comportamento polare dell'alcool etilico.
Benzene + Alcool etilico: ad una
provetta contenente 2 o 3 mL di alcool etilico si aggiungono 2 mL di benzene.
Si agita e si osserva una quasi completa miscibilità. Questo, al
contrario della prova precedente, evidenzia un comportamento non-polare
dell'alcool etilico. Esso presenta, infatti, nella sua molecola un gruppo -OH
che consente una attività di solvente polare ed una parte idrocarburica CH3-CH2- che ne conferisce attività anche di
solvente non-polare
( vedere . 4 ).
Acqua + Acetone: si versano in una provetta contente alcuni mL di acqua simile quantità di acetone; si agita e si osserva una completa miscibilità. L'acetone appare, quindi, un solvente polare.
Benzene + Acetone: si pongono in una provetta 2 mL di benzene e ad essi si aggiunge altrettanto acetone; si agita e si vede una completa miscibilità. Da questa prova si evince che l'acetone presenta anche un comportamento non-polare. Esso presenta, infatti, un legame covalente polare C=O , responsabile dell'aspetto di solvente polare ed una parte di molecola di origine idrocarburica CH3-C-CH3 ,dalla quale deriva l'attività di solvente non-polare ( vedere . 5 ).
Nota operativa: nelle prove descritte il benzene può essere sostituito da altro solvente non-polare, quale la benzina per smacchiare che è costituita per la maggior parte da esano.
Parte terza: solubilità di solidi nei liquidi polari e non-polari:
Si preparano quattro provette contenenti, ciascuna, 2 o 3 mL di benzene; analoga operazione per quattro provette contenenti acqua e per quattro contenenti alcool etilico.
3.1 - Solubilità nel benzene:
Si prendono le provette contenenti il benzene e si aggiunge in una un pezzettino di paraffina, in una seconda alcuni cristalli di glucosio, nella terza alcuni cristalli di iodio ed, infine, nella quarta una punta di spatola di cloruro di sodio.
Nella prima provetta si osserva la completa solubilizzazione della paraffina; infatti la stessa è un idrocarburo saturo e, pertanto, a molecola del tutto apolare; infatti le molecole del benzene, più piccole, possono inserirsi tra quelle della paraffina solvatandole. I legami che si formano tra solvente e soluto sono molto deboli ed il processo di solubilizzazione è molto più lento di quello che avviene tra solventi e soluti polari.
Nella seconda si non si osserva una apprezzabile solubilizzazione del glucosio; esso presenta una polarità abbastanza accentuata dovuta ad addensamenti di cariche sui gruppi -O-H , mentre parte della molecola ha caratteristiche apolari di grado decisamente minore ( vedere . 6 ).
Nella terza provetta si evidenzia un'ottima solubilizzazione dello iodio tale da conferire al solvente un colore viola intenso. Lo iodio è infatti una sostanza covalente molecolare, per cui è preminente il carattere apolare. Le forze di Van der Waals del solvente e del soluto sono dello stesso tipo, per cui si ha completa solubilità.
Nella quarta provetta si nota una quasi totale non solubilità del cloruro di sodio; questo è, come noto, un composto ionico e, quindi, fortemente polare.
3.2 - Solubilità in acqua:
Si passa all'osservazione della serie di provette contenenti acqua.
Si osserva una completa
solubilizzazione del cloruro di sodio, solido ionico; si ha che
ogni catione ( + ) attira e lega a sé, con legame ione-dipolo,
l'atomo di ossigeno ( a parziale carica negativa ) di alcune molecole d'acqua.
Allo stesso modo l'anione ( - ) attira e lega a sé gli atomi di
idrogeno ( a parziale carica
positiva ) di altre molecole di acqua. Questo processo è detto solvatazione.
L'energia dei legami che si formano è maggiore di quella dei legami rotti; l'energia totale, perciò, diminuisce.
Anche nel caso del glucosio si verifica una completa solubilizzazione, ma con meccanismi diversi. Nello zucchero, infatti, le molecole sono tra di loro legate da legami ad idrogeno. L'acqua presenta, come è noto, uguali legami per cui molecole di essa possono legarsi a molecole superficiali dei cristalli, rompendo i legami del solido. Le molecole di quest'ultimo vanno progressivamente in soluzione. Questo processo avviene solo quando le molecole del solvente e quelle del soluto sono abbastanza piccole e dotate di elevata energia cinetica. Questa è, tuttavia, una forma di solubilità meccanica.
Per quanto riguarda lo iodio, la solubilizzazione è limitata in quanto esso è un solido covalente apolare; pertanto le molecole dell'acqua determinano la formazione nel solido di un dipolo indotto con conseguente parziale solvatazione.
Infine, nel caso della paraffina non si verifica una evidente solubilizzazione in quanto le particelle di questa sono fortemente apolari per cui l'acqua non è in grado di indurre, se non in minima parte, la formazione di dipoli.
In generale i composti organici per essere solubili in acqua devono contenere nella loro molecola gruppi ionici ( ad es. -COO- , -NH3-, -S- ) o gruppi in grado di formare legami ad idrogeno ( ad es. -OH-, NH2, =NH, =CO ); questi gruppi sono detti idrofili.
I gruppi non idrofili sono detti idrofobi o lipofili ( ad es. -CH3, -( CH2 )n CH3, -C6H5 ).
Per quanto visto un composto organico che non contiene gruppi idrofili risulta insolubile in acqua; se contiene gruppi idrofili e gruppi idrofobi insieme il grado di solubilità dipende dal prevalere del carattere idrofilo.
La serie delle provette con l'alcool etilico presenta un comportamento intermedio, dovuto alla già considerata struttura della sua molecola. La paraffina sarà sciolta solo in piccola parte, il glucosio in modo quasi completo, lo iodio in modo evidente ed il cloruro di sodio in quantità minore. Anche in questo caso valgono le considerazioni precedenti.
Per sciogliere un solido in un solvente è necessario rompere i legami esistenti tra le particelle che formano il solido stesso ed i legami delle molecole del solvente, per potervi 'inserire' dette particelle. Per fare questo occorre energia.
Se le
particelle del solido da sciogliere formano con le molecole del solvente legami
più forti di quelli che devono rompere, il bilancio energetico è
positivo: nel processo il sistema consuma energia per rompere i legami
esistenti, ma ne libera una quantità maggiore formando legami più
forti e/o più numerosi. Per questo la soluzione ha energia minore rispetto
al sistema soluto + solvente.
Tav.1 - Formule di struttura
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