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MECCANISMI DI REAZIONE

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MECCANISMI DI REAZIONE.

Affrontiamo ora il problema di ottenere una completa descrizione chimica di come le molecole reagenti vengano trasformate in prodotti.

In alcune reazioni questa trasformazione avviene con un solo atto reattivo: due molecole reagenti si urtano e come risultato si formano le molecole del prodotto osservate. Tuttavia la maggior parte delle reazioni chimiche non segue un cammino tanto semplice, ma è il risultato di diversi stadi di reazione. Ciascuno di questi stadi viene chiamato processo elementare, poiché ciascuno di essi è un evento semplice in cui avviene una certa trasformazione. L'insieme dei processi elementari attraverso cui avviene un processo globale viene detto meccanismo di reazione.

Il meccanismo di una reazione deve essere determinato sperimentalmente; per comprendere come ciò possa essere fatto, si devono prima discutere i tre tipi di processi elementari. I processi elementari vengono classificati secondo il numero di molecole che vi partecipano. Un evento a cui partecipa una sola molecola di reagente, viene chiamato processo monomolecolare; un processo cui partecipano due molecole di reagenti viene detto processo bimolecolare ed un processo cui partecipano tre particelle di reagenti viene chiamato processo trimolecolare.



È già stato messo in evidenza che l'ordine di una reazione non può in genere essere previsto dalla stechiometria della reazione complessiva. Tuttavia, l'ordine di un processo elementare può essere previsto. Per esempio, si consideri il processo elementare bimolecolare nella sua forma generale

Affinché una molecola di A ed una molecola di B possano reagire, è per lo meno necessario che esse urtino tra loro. La velocità a cui questa collisione si verifica è direttamente proporzionale alle concentrazioni di A e di B. Quindi ogni processo elementare bimolecolare deve essere del secondo ordine e quindi:

Generalizzando si ha che in un processo elementare molecolarità e ordine sono gli stessi: un processo monomolecolare è del primo ordine; un processo bimolecolare è del secondo ordine ed un processo trimolecolare è del terzo ordine. Tuttavia, va ben compreso che la formulazione contraria non è vera: non tutte le reazioni del primo ordine sono monomolecolari; non tutte le reazioni del secondo ordine sono bimolecolari e non tutte le reazioni del terzo ordine sono trimolecolari.

Si deve trovare adesso come l'ordine e la velocità di una reazione globale, osservati sperimentalmente, siano legati all'ordine ed alla velocità dei processi elementari che costituiscono il suo meccanismo. Fortunatamente questo problema ha una risposta semplice e diretta per la maggior parte delle reazioni.

Si consideri l'ipotetica reazione

con l'ipotetico meccanismo

I prodotti C e D sono il risultato di una sequenza di quattro processi elementari ed è indiscutibile che i prodotti non potranno formarsi con un velocità maggiore di quella dello stadio più lento della sequenza. Quindi, se uno stadio è molto più lento degli altri, la velocità della reazione complessiva sarà da esso limitata, e più precisamente sarà uguale alla velocità di questo stadio. Di conseguenza, il processo elementare più lento di una sequenza viene chiamato stadio determinante della velocità e l'equazione cinetica di un processo chimico che avviene in più stadi è uguale all'equazione cinetica dello stadio determinante.

Quindi, di regola, i valori numerici degli esponenti m e n dell'equazione cinetica vengono determinati sperimentalmente e se non coincidono con i coefficienti di reazione si cerca di ipotizzare un meccanismo di reazione a più stadi che giustifichi i valori trovati.

Ad esempio, consideriamo la reazione

che abbiamo già detto essere del secondo ordine

L'equazione cinetica indica che sia NO2 sia F2 prendono parte allo stadio determinante la velocità, ma la stechiometria mostra che una reazione tra NO2 e F2 deve produrre qualcosa oltre a NO2F. Questi due fatti suggeriscono che il meccanismo più probabile della reazione è

Il primo processo bimolecolare è lo stadio determinante la velocità. La sua velocità, e così quella della reazione globale, è del secondo ordine. Poiché la reazione complessiva procede alla stessa velocità della reazione 1, il valore sperimentale della costante cinetica deve essere uguale a k1.

È da tener presente che le concentrazioni delle sostanze pure allo stato condensato non compaiono nell'equazione cinetica, poiché il loro valore non varia nel corso della reazione.

Ad esempio, consideriamo la reazione di combustione del carbonio

l'equazione cinetica è espressa da

e, come si vede, la concentrazione del carbonio (solido alla temperatura di reazione), essendo costante a temperatura costante, è conglobata nella costante k.

Se la stessa reazione, invece di avvenire in un recipiente chiuso, avvenisse all'aria, poiché la concentrazione nell'aria non può mutare per effetto della ssa delle moli di ossigeno consumate nella combustione, si avrà:

La reazione, in questo caso, è di ordine zero ed il carbonio si consuma con velocità costante nel tempo.

In alcuni casi lo stadio determinante la velocità di una reazione chimica è di natura fisica.

Ad esempio, immaginiamo di bruciare del carbonio contenente delle impurezze che, per effetto della combustione, formino ossidi non volatili (ceneri). In tal caso l'ossigeno dell'aria per reagire con il carbonio dovrà diffondere attraverso lo strato di ceneri. In queste condizioni la velocità della reazione di combustione del carbonio dipenderà dalla velocità con cui l'ossigeno diffonde attraverso lo strato di ceneri. Detta DC la differenza tra le concentrazioni di ossigeno a monte e a valle dello strato di ceneri avente spessore DX, l'ossigeno diffonderà con velocità

dove A è la superficie dello strato e D una costante detta coefficiente di diffusione che cresce con la porosità dello strato e con la temperatura. Col procedere della reazione, lo strato di ceneri va aumentando di spessore, per cui la velocità di combustione del carbonio andrà diminuendo nel tempo.





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