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CENNI ALLA RECENTI VICENDE DELLE ISTITUZIONI ITALIANE.
Lo Stato italiano proviene dallo Stato di Sardegna, che, sotto i Savoia, si era dato una Costituzione moderna nel 1848. Re Carlo Alberto, il 4 marzo 1848 promulgava lo Statuto Albertino: carta costituzionale octroyé, carta concessa da un sovrano che fino ad allora, aveva regnato una monarchia assoluta. Lo Statuto Albertino restò in vigore per quasi cento anni, perché resse, dopo lo Stato sardo, lo Stato italiano che si andò formando con le annessioni delle varie regioni. Già nel 1944 lo statuto fu sostituito quasi per intero, dalla Costituzione provvisoria.
Col tempo, nello Statuto Albertino iniziarono a funzionare l'istituto della FIDUCIA: i ministri che avevano la fiducia del re che li nominava, vollero anche quella del Parlamento, e l'istituto della CONTROFIRMA, per cui il re diventava un potere NEUTRO: la forma di governo si trasformò da COSTITUZIONALE PURA a PARLAMENTARE.
Gli istituti dello Stato comunità erano considerati in embrione; le libertà del cittadino erano costantemente rinviate alla disciplina del legislatore; per cui, le norme statuarie, flessibili, erano soggette alla abrogazione (anche tacita) del legislatore. Storicamente, dunque, i poteri della Corona si affievolirono; il vero crollo delle libertà del cittadino avvenne con il fascismo, che fu veramente, una "rivoluzione":
cioè, un rivolgimento che trasformò un regime in un altro; e fu anche, un mutamento della Costituzione materiale.
INIZIO DEL FASCISMO. Il 22 ottobre del 1922 ci fu un colpo di Stato che culminò nella cosiddetta marcia su Roma; affluirono a Roma una quantità di persone appartenenti al partito fascista che avevano operato una serie di violenze per lunghi anni in tutto il resto d'Italia, col tentativo, riuscito, di prendere il potere: il re, invece di FIRMARE il DECRETO di "STATO di ASSEDIO", chiamò come nuovo Primo Ministro Benito Mussolini, capo del fascismo; il re, cioè, accettò una designazione che era una autoimposizione (basata sulla intimidazione), del tutto estranea al regime parlamentare allora vigente. In tal modo la corona violò:
a) la norma consuetudinaria che non le permetteva di rifiutare l'emanazione dei decreti di urgenza proposti dal Governo.
b) La norma che non le permetteva di scegliere il primo ministro in una corrente di minoranza assoluta in Parlamento, quale era il partito fascista.
Il primo atto con cui il Fascismo trasformò il regime italiano da democratico liberale in dittatoriale fu la creazione, nel 1923, della cosi detta Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, che introdusse ufficialmente nello Stato una MILIZIA di PARTE.
Ecco le successive tappe della trasformazione dello Stato:
924: elezioni in base a una legge truffaldina, per cui se il partito fascista avesse avuto solo il 25% dei voti, avrebbe avuto diritto a occupare i 2/3 della camera dei deputati. ( In realtà, ne ebbe oltre il 64,9%).
3 gennaio 1925; Mussolini tenne un discorso alle Camere nel quale fu annunciata la fine delle libertà civili e politiche. ( Dopo la reazione popolare provocata dall'uccisione da persone vicine a Mussolini del deputato di opposizione socialista Giacomo Matteotti, che aveva suscitato orrore.)
9 novembre 1926: furono distrutte le prerogative parlamentari: si dispose la decadenza del mandato dei deputati che - dal giugno al dicembre del 1924 - si erano astenuti dai lavori per protesta contro l'assassinio di Matteotti. (Aventino).
1926: Fu creato il Tribunale speciale per la difesa dello Stato; per i delitti politici fu reintrodotta la pena di morte.
1928: si votò per l'ultima volta: pro o contro un listone nazionale composto da fascisti e simpatizzanti.
1928: Gran Consiglio del fascismo: supremo organo di direzione politica dello Stato.
1939:
alla Camera elettiva fu sostituita
Il regime parlamentare cessò con la legge del 1925 con la quale fu abolito l'istituto della FIDUCIA. (La camera dei deputati nel '39, di nomina dall'alto; il senato con le infornate, quasi tutti fascisti).
In realtà, l'organo
supremo di decisione politica, fino dal 1925, era il duce, capo del fascismo; tanto
che i giuristi definivano il regime fascista, come il "Governo del duce", o "Dittatura
del capo del governo"; questo organo era in regime di "diarchia" CON
Unico partito lecito: il PARTITO NAZIONAL FASCISTA: in pratica, divenne indispensabile l'appartenenza ad esso per l'ammissione ai pubblici impieghi: chi ne veniva espulso, si trovava al bando della vita pubblica. Il partito nazional fascista era un ente di diritto pubblico: in connessione con questo funzionava l'OVRA, la polizia politica, inquadrata nella Milizia. I sindacati non furono più liberi, ma inquadrati nelle CORPORAZIONI, (sia le classi del padronato, che dipendenti) nella assurda pretesa di un superamento degli interessi sezionali in vista del superiore interesse nazionale; che, poi, fu sempre, quello del padronato.
Rapporti tra Stato e Chiesa: PATTI LATERANENSI dell'11 febbraio 1929 tra Mussolini e il papa, con l'accettazione delle condizioni poste dalla Chiesa: in condizioni di privilegio rispetto alle altre confessioni (i cui rapporti furono regolati, nel '30, in modo diverso). Norme che incisero profondamente sulla eguaglianza dei culti; dichiarando che la religione cattolica era la religione dello Stato.
LE LIBERTA' CIVILI furono ABOLITE, grazie anche al Tribunale speciale per la difesa dello Stato, che, dal 26 al 43 inflisse 28116 anni di reclusione, oltre a numerose pene di morte. Nel 1930 entrarono in vigore i NUOVI CODICI: penale e di procedura penale, autentici codici di dittatura.
L'annientamento della persona umana fu completo, quando furono emanate:
Le leggi contro i celibi.
La legge n108 del '26 che sanciva la perdita della cittadinanza dei fuorusciti che svolgessero attività antifasciste.
La legge del '38 (provvedimento per la difesa della razza italiana) e altre leggi razziali, cioè antisemite, le quali toglievano la cittadinanza italiana a tutti i cittadini di "razza ebraica" che l'avessero acquistata dopo il primo gennaio del '19: leggi razziali, in base alle quali gli israeliti (o ebrei o giudei) non potevano più:
a. contrarre matrimonio con gli
"ariani", pena la nullità del matrimonio stesso, nullità che poteva
essere dichiarata dai tribunali civili, in violazione del Concordato con
b. Con le leggi razziali gli ebrei venivano esclusi da tutti gli impieghi pubblici, dagli impieghi nelle banche a interesse nazionale e imprese private di assicurazione; dall'ufficio di insegnanti, dal servizio militare; dalle Accademie, dagli istituti e Associazioni di scienze, lettere e arti.
c. Non potevano godere di certi servizi pubblici, come l'ammissione nelle scuole e nelle Università; e di certi servizi privati, come quelli domestici. Non potevano esercitare la professione di notaio e altre.
d. Diritto di proprietà: non oltre certi limiti; e non potevano gestire imprese i industriali e commerciali.
Le leggi razziali, tra l'altro, avevano imposto il censimento degli israeliti e così furono facilmente identificabili dai nazisti durante la guerra. Quindi ne morirono a decine di migliaia gettati nei campi di concentramento e nelle camere a gas naziste.
In tal modo, l'ordinamento costituzionale italiano era stato interamente sovvertito, e la dittatura imperava in ogni campo dello spirito e della materia.
Il 24 luglio del 1943, il Gran Consiglio del fascismo votò un ORDINE del GIORNO in cui si dichiarò che era necessario l'immediato ripristino di tutte le funzioni statali: ci si richiamava allo Statuto Albertino ( del quale più nessuno aveva parlato da molti anni); poi si invitava il Governo neppure il Capo di esso) a pregare "la maestà del re" affinché volesse assumere (con l'effettivo comando delle forze armate di terra e di mare - art. 5 dello Statuto -) la decisione di riassumere i poteri che aveva per Statuto. Quindi, un rovesciamento di regime, dato che questi poteri il re li aveva affidati completamente al dittatore: il tentativo di restituirli al re, significava sfiducia verso il dittatore.
La guerra era particolarmente grave e stava per essere perduta. Le principali sfere politiche fasciste, con quell'ordine del giorno, tentarono di salvarsi con un tardivo distacco dal duce. Comunque: l'ordine del giorno fu approvato a maggioranza; molti di quelli che lo approvarono arono con la vita, fra cui Galeazzo Ciano, genero del duce e una delle più note ure del fascismo.
Caduta del fascismo: CRISI FORMALE del regime fascista. L'ordine del giorno era preparato (pare) d'accordo con il re, il quale, il giorno dopo, il 25 luglio del 1943, ricevette Mussolini e lo revocò da primo ministro, ordinandone; inoltre, la cattura: questo fu un nuovo COLPO di STATO, perché il re non aveva più il potere di revoca (inconcepibile, poi, in regime di dittatura); il re non aspettò che il Gran Consiglio nominasse il successore, ma nominò, senz'altro, il maresciallo Pietro Badoglio.
Quindi, si trattò di un COLPO di STATO, per così dire, di RESTAURAZIONE, che tendeva a tornare a quel Governo monarchico puro, instauratosi all'epoca dello Statuto Albertino. Il Governo Badoglio cominciò a sopprimere, mediante DECRETI-LEGGE, il partito fascista e numerose sue appendici. Vietato l'unico partito ammesso nel precedente regime, si determinò la liceità di più partiti liberi. Così vennero alla luce, per la prima volta, quei partiti già clandestini, con una caratteristica in comune: erano tutti antifascisti.
Tali accadimenti costituzionali formalizzarono il processo di dissoluzione dello STATO TOTALITARIO che il fascismo aveva edificato; ma rappresentava, anche, il tentativo di rivitalizzare il ruolo della Corona, nello sforzo di garantire la continuità delle istituzioni, salvandola dalla crisi del fascismo.
Il Governo Badoglio sembrò rifarsi al modello della FORMA di GOVERNO COSTITUZIONALE in cui il re è a capo del potere esecutivo, e il Governo deriva da lui l'indirizzo politico da seguire. Inoltre, il Governo Badoglio manifestò una evidente ostilità verso il sistema dei partiti politici: non solo non chiamò a partecipare al Governo alcun esponente di partito, ma neppure prese iniziative atte a legittimare la loro presenza nella vita politica.
E' convincente la tesi di un vero COLPO di STATO, una rottura nel sistema della legalità: ci si limitò a assicurare la continuità della monarchia, SENZA RIPRISTINARE quegli istituti dello Statuto direttamente connessi al funzionamento del REGIME PARLAMENTARE. Si può dire che con la caduta di Mussolini si tentò di sostituire al potere del duce, un potere rigidamente accentrato attorno alla istituzione monarchica: istituendo uno Stato amministrativo con forti venature di AUTORITARISMO, e, comunque, assai lontano dai regimi parlamentari.
La fase che inizia con gli
eventi dell'8 settembre del 1943, porta a un pericoloso braccio di ferro tra
la caduta della monarchia e
affidare a una Assemblea Costituente, eletta a suffragio universale, il compito di elaborare una NUOVA COSTITUZIONE.
Queste diverse strategie, (tra re e partiti), rischiavano di indebolire la lotta al nazismo e l'impegno per la liberazione dell'Italia. Perciò, venne proposta una tregua istituzionale - la svolta di Salerno -, che portò la firma di Enrico De Nicola, e che ebbe il merito di evitare che la disputa sul futuro istituzionale dell'Italia, vanificasse l'obbiettivo della pace e della liberazione:
Cioè: in seguito alla liberazione di Roma (5 giugno 1944), il RE doveva ABDICARE a favore del LUOGOTENENTE del REGNO ( Re:Vittorio Emanuele 3°; luogotenente: Umberto di Savoia). Il carattere rivoluzionario del Patto di Salerno piacque agli alleati, in attesa della definitiva decisione sulla questione istituzionale, che doveva spettare direttamente al popolo italiano; CONTESTUALMENTE si doveva formare un Governo sotto la direzione degli esponenti del Comitato di Liberazione Nazionale.
In attesa di questi eventi, si sarebbe dovuto procedere al rimpasto del volta, dei rappresentanti dei partiti politici della coalizione ANTIFASCISTA. Questo Governo entrò in funzione il 24 aprile del '44, con l'impegno, non appena liberato il paese, di LIBERE ELEZIONI, per dare vita a una ASSEMBLEA COSTITUENTE LEGISLATIVA; e a procedere a una epurazione dalla vita pubblica e amministrativa degli elementi più compromessi col passato regime; e di creare "un sia pur ristretto corpo consultivo, che sia il simbolo del Parlamento ancora mancante".
Con la liberazione di Roma (5 giugno '44), il Re nominò il Principe di Piemonte quale Luogotenente generale del Regno: istituto giuridico assai particolare. Il 9 giugno del '44 Badoglio presentò le dimissioni nelle mani del Luogotenente, che lo incaricò della formazione del nuovo Governo: tale incarico incontrò la netta opposizione dei partiti del Comitato di Liberazione Nazionale , i quali designarono quale Presidente del consiglio del futuro Governo, BONOMI, per la sua qualità di Presidente del Comitato di Liberazione Nazionale
In un primo luogo, la decisione in ordine alla forma di stato (monarchia o repubblica), nonché la determinazione del nuovo ordinamento costituzionale, avrebbero dovuto essere affrontate congiuntamente; invece, poi, il decreto legislativo luogotenenziale num. 98 del '46 circoscrisse i compiti dell'Assemblea Costituente: la scelta sulla formazione istituzionale dello Stato italiano fu demandata a un apposito REFERENDUM, che si tenne nella stessa data in cui furono convocate le elezioni per l' Assemblea Costituente. Vinsero i fautori della soluzione repubblicana: 12.717.923 contro i 10.719.284 voti attribuiti alla monarchia.
L'ASSEMBLEA COSTITUENTE - primo esempio di Assemblea nazionale eletta a suffragio universale, sia maschile che femminile, il 25 giugno del '46.
Particolarità:
L'elezione a suffragio universale: definitiva affermazione dei partiti di massa.
L'Assemblea Costituente evidenziò
la netta prevalenza di tre partiti a base popolare:
l'esaurimento delle forze e del personale politico prefascista.
L'Assemblea Costituzionale, pur con i caratteri di un moderno Parlamento, non ne possedeva le attribuzioni: suo compito prevalente, REDAZIONE e APPROVAZIONE di una NUOVA COSTITUZIONE. L'attività legislativa venne delegata, quasi del tutto, al Governo; fu una scelta positiva che ebbe il merito di aver tenuto i lavori dell'Assemblea Costituente al riparo delle lacerazioni dei primi Governi Repubblicani.
RIASSUNTO:
LE DONNE e IL VOTO.
Le donne sono state considerate fino al 1946, parzialmente incapaci. Oltre a non poter votare, non potevano fare i giudici, né potevano accedere alle carriere più importanti (prefetto, ambasciatore). Nel 1925 una legge permise alle donne di votare, ma solo per eleggere i rappresentanti comunali a livello locale; ma questa legge non fu mai applicata, perché il fascismo, subito dopo, tolse il carattere elettivo alle cariche locali: il sindaco si chiamò Podestà, n on più eletto dal popolo, ma nominato dal Governo. Oggi non solo le donne hanno diritti uguali a quelli degli uomini, ma poiché sono in numero superiore agli uomini costituiscono la quota maggiore dell'elettorato.
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