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Il divieto di intermediazione nel rapporto di lavoro
Accanto al divieto di mediazione privata nel collocamento della manodopera, sancito dalla L. 264/49, il nostro ordinamento prevede anche il divieto di intermediazione e di interposizione nel rapporto di lavoro, posto dall'art. 1, L. 23 ottobre 1960, n. 1369. Tale norma trova il suo immediato precedente legislativo nell'art. 2127, c.c., che vieta il cd. cottimo collettivo affidato ad un dipendente dell'imprenditore e dispone che, in caso di violazione di tale divieto, l'imprenditore risponde direttamente, nei confronti dei prestatori di lavoro assunti dal proprio dipendente, degli obblighi derivanti dai contratti di lavoro da essi stipulati.
L'art. 1, L. 1369/1960, ha, rispetto all'art. 2127, c.c., una portata più ampia. Esso, infatti, da un lato, estende il divieto di interposizione al lavoro a cottimo organizzato - oltre che dal dipendente dell'imprenditore - da un terzo o da una società, anche cooperativa; d'altro, pone il più generale divieto, per l'imprenditore, di affidare in appalto o in subappalto, od in qualsiasi altra forma, anche a società cooperative, l'esecuzione di mere prestazioni di lavoro mediante l'impiego di manodopera assunta e retribuita dall'appaltatore o dall'intermediario, qualunque sia la natura dell'opera o del servizio cui le prestazioni si riferiscono.
L'art. 1, co. III, L. 1369/1960, chiarisce che per appalto di mere
prestazioni di lavoro deve intendersi ogni forma di appalto o subappalto, anche
per l'esecuzione di opere o di servizi, ove l'appaltatore impieghi capitali,
macchine ed attrezzature fornite dall'appaltante, quand'anche per il loro uso
venga corrisposto un compenso all'appaltante.
In caso di violazione dell'art. 1, L. 1369/1960, i lavoratori occupati sono
considerati a tutti gli effetti dipendenti dell'imprenditore che effettivamente
abbia utilizzato le loro prestazioni. Come appare, si è in presenza di
un'ipotesi peculiare di invalidità del contratto di lavoro, dal quale
scaturiscono egualmente effetti giuridici per i prestatori.
Sia il divieto di mediazione privata che quello di intermediazione e appalto
nelle prestazioni di lavoro, un tempo di carattere assoluto, hanno oggi, a
seguito della L. 196/97 e del D.Lgs. 469/97, determinati spazi di in
operatività. L'ordinamento ammette infatti la mediazione privata svolta
con requisiti e alle condizioni di cui all'art. 10 D.Lgs. 469/97, così
come ammette, ai sensi degli artt. 1-l1 L. 196/97, il lavoro interinale, molto vicino ad un
appalto di manodopera.
Il lavoro interinale
Nel lavoro interinale, un'agenzia di collocamento privata smista soggetti in cerca di occupazione indirizzandoli temporaneamente presso imprese che necessitano di manodopera. L'introduzione nell'ordinamento della disciplina sul lavoro interinale, approvata con L. 196/97, consente di superare, entro certi limiti, i vincoli previsti dal divieto di mediazione e interposizione di manodopera ex. art. 2127 c.c., L. 264/49 e L. 1369/60.
Il rapporto di lavoro interinale consta di tre ure cardine:
Il rapporto tra impresa fornitrice e impresa utilizzatrice è regolato dal contratto di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo. Il rapporto tra impresa fornitrice e lavoratore è regolato da un contratto per prestazioni di lavoro temporaneo. In entrambi i casi risulterà essere nulla qualsiasi clausola che tenda, anche indirettamente, a limitare l'impresa utilizzatrice o il lavoratore nel continuare il rapporto di lavoro dopo la scadenza del contratto di lavoro temporaneo.
Quanto all'ambito di applicazione, il contratto di lavoro interinale può essere stipulato:
Il prestatore di lavoro temporaneo ha diritto a ricevere la retribuzione e il amento dei contributi previdenziali esclusivamente dall'impresa fornitrice. Quanto alla determinazione della retribuzione stessa, il trattamento economico non deve essere inferiore a quello cui hanno diritto tutti i dipendenti inquadrati allo stesso livello nell'organico della impresa utilizzatrice
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