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DIRITTO INTERNAZIONALE "Conforti"
DEFINIZIONE
DI DIRITTO INTERNAZIONALE : 'Diritto della comunità degli Stati',
quindi regolerebbe il rapporto fra Stati. No, questo descrive solo un dato
formale. In verità anche rapporti individuali.
DIRITTO INTERNAZIONALE PUBBLICO E PRIVATO: quest'ultimo previsto dalla 218/95.
Non sono omogenei, quindi ha scarso senso contrapporre, anzi la qualifica di
'pubblico' è addirittura erronea.
1.
FUNZIONE NORMATIVA: diritto internazionale generale (consuetudine) e
particolare (accordo). Al di sotto degli accordi vi sono i procedimenti
previsti dagli accordi.
2. FUNZIONE DI ACCERTAMENTO GIUDIZIARIO: carattere arbitrale (diversamente dal
diritto interno).
3. FUNZIONE DI ATTUAZIONE COATTIVA: autotutela (diversamente dal diritto interno).
CARATTERE
OBBLIGATORIO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE: la soluzione del problema dell'
obbligatorietà/capacità a ricevere concreta attuazione non può non passare
attraverso gli operatori giuridici interni, i quali utilizzano 'fino al
limite massimo dell'utilizzabilità' gli strumenti che lo stesso diritto
interno offre a garanzia di siffatta osservanza. JELLINEK: 'il diritto
internazionale è frutto di un'autolimitazione del singolo Stato'. Ma
l'applicazione del diritto internazionale non può spingersi fino al punto di
compromettere i valori costituzionali.
FAZIT: la cooperazione del diritto interno è indispensabile, ma sul versante
internazionale il diritto internazionale appare come un punto di riferimento di
una sana diplomazia ('aspetto politico-diplomatico'). Noi
affronteremo un approccio internistico (adattamento diritto interno al diritto
internazionale).
LO
STATO COME SOGGETTO DI DIRITTO INTERNAZIONALE: l'unica alternativa utile è
quella fra Stato-comunità e Stato-apparato (o Stato-organizzazione). Al secondo
viene riportata la sua personalità internazionale. In particolare agli organi
statali che partecipano alla formazione delle norme internazionali: tutti gli
organi, anche le amministrazioni locali e gli enti pubblici minori.
Tale organizzazione è presa in considerazione in quanto abbia due elementi:
1. EFFETTIVITA': eserciti effettivamente il suo potere sul territorio. No
'governi in esilio', no comitati, fronti di liberazionie e
organizzazioni che abbiano sede in territorio estero (es. OLP).
2. INDIPENDENZA: inteso 'cum grano salis'. Si fa leva su un dato
formale, cioè che l'ordinamento dia originario, tragga la sua fonte da propria
Costituzione.
Il governo che esercita effettivamente ed indipendentemente il proprio potere
sulla comunità territoriale diviene soggetto internazionale AUTOMATICAMENTE. Il
riconoscimento non è costitutivo della sua personalità internazionale, perché
si risolverebbe in una sorta di potere di ammissione da parte degli altri
Stati. Non occorrono altri requisiti tipo che non costituisca minaccia per la
pace e la sicurezza o che goda del consenso del popolo liberamente espresso.
E gli INSORTI, fino a quando non riescono a costituire un'organizzazione di
governo che controlla effettivamente una parte del territorio, sono solo dei
sudditi ribelli rispetto al GOVERNO LEGITTIMO.
GLI
INDIVIDUI COME SOGGETTI DI DIRITTO INTERNAZIONALE: si è pensato a ciò perché
gli Stati sono tenuti internazionalmente a tutelare i diritti fondamentali
dell'uomo. Ma la tesi non è accolta. Si tratterebbe di situazioni giuridiche
riconducibili ad ordinamenti particolari, distinti dalla comunità
internazionale. Il Conforti si associa a questo indirizzo.
E LE MINORANZE ETNICHE: valgono le stesse considerazioni. Si parla spesso di
'diritto dei popoli', ma il termine è usato in modo enfatico e indica
lo Stato come titolare di esso. Diversamente quando lo si intende come
contrapposto allo Stato: in questo caso esso prende la conurazione del
DIRITTO ALL' AUTODETERMINAZIONE DEI POPOLI. Esso è contenuto in testi
convenzionali, ma ha acquistato carattere consuetudinario. Vale solo quello
ESTERNO (per i popoli sottoposti ad un governo straniero; possono scegliere di
associarsi o integrarsi ad altro Stato) e limitatamente al periodo che parte
dall' affermazione del principio come giuridico, non prima. Non vale quello
INTERNO (bisogna guardarsi dal credere che nel diritto internazionale tutti i
governi godano del consenso della maggioranza dei sudditi e siano da essi
liberamente scelti).
In caso di VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI AUTODETERMINAZIONE gli altri Stati sono
tenuti ad adottare misure sanzionatorie. Lecito è l'appoggio ai FLN. E'
tuttavia azzardato parlare di un vero e proprio diritto soggettivo
internazionale di autodeterminazione dei popoli.
Abbiamo
considerato gli enti SOTTOPOSTI allo Stato; vediamo quelli che nascono ACCANTO
allo Stato.
Altro ente del tutto indipendente dagli Stati è
La formazione delle norme internazionali
A - DIRITTO INTERNAZIONALE GENERALE
A1 -
La consuetudine è costituita dal comportamento costante ed uniforme tenuto dagli Stati, accomnato dalla convinzione dell' obbligatorietà del comportamento stesso. CONCEZIONE DUALISTICA, fortemente criticata da teorie che si basano troppo sulla logica e poco sulla prassi internazionale. 2 gli elementi dunque:
1.
OPINIO IURIS SIVE NECESSITATIS (la convinzione della sua obbligatorietà):
secondo alcuni ammettendo questo elemento, si ammetterebbe che la consuetudine
nasca da errore, ma in verità il comportamento può anche non essere tanto
sentito come giuridicamente quanto socialmente dovuto. L'opinio iuris, per
ricavare una norma consuetudinaria dalla prassi internazionale si rifà ai
trattati (alla prassi convenzionale).
2. DIUTURNITAS (ovvero il ripetersi del comportamento, la prassi): problema del
tempo di formazione. Esso può essere tanto più breve quanto più diffuso è un
certo contegno fra gli Stati, ma è un fattore ineliminabile in quanto una
consuetudine istantanea è una contraddizione.
Quali
ORGANI DELLO STATO concorrono nella formazione della consuetudine? Tutti e
tutti gli atti da essi emanati, sia esterni che interni (es. per certe norme
consuetudinarie è la giurisprudenza interna a giocare un ruolo decisivo).
La consuetudine si impone a tutti gli stati, ma anche ai nuovi Stati sorti dal
processo di decolonizzazione? Questi hanno preteso di seguire solo quelle
preesistenti accettate. E' possibile? Se a contestare è un singolo (persistent
objector) è da considerare irrilevante; non può essere ignorata una
contestazione ferma e ripetuta proveniente da un gruppo di Stati. Prima però
l'interprete dovrà cercare un minimo comune denominatore nell' atteggiamento
degli Stati.
Oltre alle norme consuetudinarie GENERALI, vi possono essere delle norme
consuetudinarie PARTICOLARI, cioè vincolanti una ristretta cerchia di Stati?
Si, e possono addirittura abrogare i patti fra loro intercorsi. Suscita
perplessità solo se la si riferisce alle organizzazioni internazionali che
comprendono un organo destinato a vegliare sul rispetto del trattato istitutivo
(es. CE).
Le norme consuetudinarie generali sono suscettibili di APPLICAZIONE ANALOGICA,
ma solo con riguardo a fattispecie nuove.
A2 - I PRINCIPI GENERALI DI DIRITTO RICONOSCIUTI DALLE NAZIONI CIVILI
L'Art. 38 Statuto ICJ li annovera tra le fonti. Sarebbero utilizzabili la dove manchino norme patrizie applicabili ad un caso concreto, costituendo dunque una sorta di analogia iuris. Polemiche: da chi nega addirittura che abbiano il valore di norme giuridiche internazionali, a chi li pone invece al primo grado della gerarchia delle fonti. Conforti: i requisiti che debbono sussistere sono quei due che abbiamo visto per la consuetudine, ed infatti i principi generali non sarebbero altro che una categoria sui generis di norme consuetudinarie internazionali. In questo modo finiscono col perdere la loro caratteristica di colmare soltanto le lacune della consuetudine, ma il loro rapporto con le norme consuetudinarie diviene un rapporto fra norme di pari grado. Questo porta alla conseguenza che la ricostruzione di un principio generale può consentire al giudice interno di farne applicazione anche quando il principio medesimo non si trova nell'ordinamento statale, sempre che l'ordinamento interno imponga l'osservanza del diritto internazionale.
A3 - ALTRE PRESUNTE NORME GENERALI NON SCRITTE
Una parte
della dottrina pone al di sopra delle norme consuetudinarie una serie di
principi costituzionali connaturati con la comunità internazionale. QUADRI:
'espressione immediata e diretta della volontà del corpo sociale'; i
principi FORMALI sarebbero 'consuetudo est serranda' e 'pacta
sunt serranda' e degraderebbero consuetudine ed accordi a fonti di secondo
grado; i principi SOSTANZIALI potrebbero avere qualsiasi contenuto a seconda
delle forze prevalenti. Più che i primi (pacifici) sono i secondi che rendono
inaccettabile la tesi del QUADRI perché tendente a legittimare anche gli abusi
e perché non rispondente alla prassi odierna nella quale è inconcepibile una
norma generale che non abbia l'adesione della maggior parte degli Stati.
Si discute se sia fonte L'EQUITA', intesa come il comune sentimento del giusto
e dell' ingiusto. A parte quella 'infra' e 'secundum legem'
la risposta è negativa. Da escludere infatti quella 'contra' e
'praeter legem'. L'equità va inquadrata più che altro nel
procedimento di formazione del diritto consuetudinario. Infatti quando una
sentenza interna ricorre a considerazioni di equità essa influisce direttamente
sulla formazione della consuetudine; diversamente per i Tribunali
Internazionali, dove l'influenza è solo indiretta, dato che non si tratta della
prassi degli Stati.
INESISTENZA DI NORME GENERALI SCRITTE:
1 -
IL VALORE DEGLI ACCORDI DI CODIFICAZIONE
Il fenomeno della codificazione data dalla fine del secolo scorso. Fino alla
fine della prima guerra mondiale esso era rappresentato dal diritto
internazionale bellico. Ulteriori tentativi di codificazione generale furono
fatti all' epoca della Società delle nazioni, ma senza successo. Il Trattato
resta oggi l'unico strumento adoperabile.
L'Art. 13 Carta ONU prevede l' Assemblea generale per occuparsi dello
'sviluppo progressivo del diritto internazionale e la sua
codificazione'. A tal fine è stato costituito
Gli accordi di codificazione vincolano anche gli Stati non contraenti? 1) Non è
il caso di riporre un'illimitata fiducia nell'opera di codificazione della
Commissione e 2) gli Stati stessi cercano di far prevalere le loro convinzioni
e i loro interessi.
FAZIT: Gli accordi di codificazione vanno considerati alla stregua di normali
accordi internazionali che vincolano solo i contraenti. Più rilevante è la
necessità del RICAMBIO delle norme contenute nell'accordo, nel caso di mutata
pratica degli Stati. Nessun dubbio che in questo caso la norma non sia più
applicabile, ma l'interprete deve essere sicuro della prassi da cui intende
estrarre la norma consuetudinaria abrogatrice dimostrando che la nuova
consuetudine si è formata con il concorso degli Stati contraenti e che questi
intendano applicarla.
2 -
IL VALORE DELLE DICHIARAZIONI DI PRINCIPI
Fin dai primi anni di vita l' ASSEMBLEA GENERALE DELL'ONU ha emanato delle Dichiarazioni
(diritti dell'uomo e libertà fondamentali, genocidio, diritti del fanciullo . ).
Queste non costituiscono una autonoma fonte di norme internazionali generali e
non vincolano gli Stati membri (se l' Assemblea avesse poteri legislativi
sarebbe in mano ai paesi del terzo mondo). E però vero che, ai fini dello
sviluppo del diritto, esse svolgono un ruolo importante e vengono in rilievo
nella sua formazione in quanto prassi degli Stati. Certe Dichiarazioni hanno
valore di veri e propri accordi, quando non solo enunciano un principio ma in
modo espresso e inequivocabile ne equiparano l'inosservanza alla violazione
della Carta. Questo tipo di Dichiarazioni sono dette IN FORMA SEMPLIFICATA.
B - DIRITTO INTERNAZIONALE PARTICOLARE
B1 - I TRATTATI
FORMAZIONE
E COMPETENZA A STIPULARE: i trattati basano su un accordo, inteso come
l'incontro delle volontà di due o più Stati diretta a regolare una sfera di
rapporti. Non è da accogliere la distinzione operata dalla dottrina tedesca del
secolo scorso fra TRATTATI NORMATIVI (caratterizzati da volontà di identico
contenuto e produttivi di vere e proprie norme giuridiche) e TRATTATI CONTRATTO
(incontro di volontà contrastanti). Questa distinzione anacronistica non ha
senso perché non lo ha la contrapposizione fra norma e rapporto giuridico.
I trattati, come tutte le fonti giuridiche, possono dar vita a NORME MATERIALI
o a NORME FORMALI O STRUMENTALI (come quello che istituiscono nuove ed
ulteriori fonti ad es. i trattati istitutivi di organizzazioni internazionali).
I trattati SOTTOSTANNO ALLE NORME CONSUETUDINARIE, come ci dice eloquentemente
l' Art. 4 Convenzione Vienna 1969: la prima parte dell' Art. si riferisce alle
regole della Convenzione meramente riproduttive delle norme consuetudinarie
generali, facendole valere per tutti gli Stati (ovvio!); la seconda parte dell'
Art. si riferisce alla regola non riproduttiva del diritto consuetudinario,
specificando che
COME SI ARRIVA ALLA CONCLUSIONE DI UN ACCORDO? Attraverso un PROCEDIMENTO DI
FORMAZIONE: ancora oggi esso ricalca quello dell' epoca delle monarchie
assolute. I negoziati sono condotti dai PLENIPOTENZIARI, solitamente organi del
potere esecutivo. La fase della negoziazione è tanto più complessa quanto più
sono gli Stati che partecipano. Nell'ambito della conferenza internazionale
l'unanimità va cedendo il passo al principio di maggioranza qualificata (Art. 9
Convenzione Vienna). Essi si chiudono con la firma dei plenipotenziari. Questa
non crea ancora il vincolo, ma solo l'autenticazione del testo. La
manifestazione di volontà dello Stato che gli sta dietro avviene con
Accanto a questo PROCEDIMENTO STANDARD gli Stati possono adottare PROCEDIMENTI
DIVERSI che si distinguono a seconda che sfocino comunque nella ratifica (es.
FIRMA DIFFERITA), oppure in una variazione dei negoziati stessi (es.ACCORDI IN
FORMA SEMPLIFICATA). Mentre la prima consta di una generica dichiarazione di
disponibilità, con gli accordi in f.s. il trattato entra in vigore per effetto
della sola sottoscrizione dei plenipotenziari (es. il caso delle cd. note
diplomatiche oppure quegli accordi che si formano interamente nell'ambito delle
organizzazioni internazionali). Attenzione: per aversi gli accordi in f.s. non
basta che si salti la ratifica, ma serve che dal testo emerga una sicura
volontà di obbligarsi, altrimenti si scade in semplici INTESE NON GIURIDICHE
tra governi, avvolte nella prassi difficilmente distinguibili dagli accordi in
f.s.
SE L'ORGANO CHE RATIFICA NON HA COMPETENZA? Se il potere esecutivo si impegna
autonomamente, che valore ha? Non mancano precedenti (es. memorandum per
Trieste, base navale USA alla Maddalena . ). La maggior parte degli scrittori
concorda nell' escludere soluzioni radicali: come si esclude che siano
interamente validi, così si esclude che qualsiasi vizio possa inficiarle. Varie
sono le soluzioni che si profilano, ma la teoria accolta dall' Art. 46
Convenzione Vienna è la più ponderata: il fatto che l'esecutivo abbia violato
una regola interna dello Stato, non può essere addotto a fondamento del vizio
del suo consenso, a meno che non si tratti di una violazione manifesta
(evidentemente contraria a buona fede) o di una norma interna di importanza
fondamentale. L' Art. 46 Convenzione Vienna corrisponde, in questo senso, al
diritto internazionale generale. Non pare da seguire nella parte in cui enuncia
il principio di buona fede, perché l'atto è e rimane in ogni caso privo di
carattere giuridico. Va notato che spesso si hanno accordi che espressamente
subordinano la loro entrata in vigore alla comunicazione, da parte di ciascun
governo dell' adempimento delle procedure previste dal diritto interno. Simili
accordi si presentano come una via di mezzo fra quelli solenni e quelli in f.s.
Diffusi nella prassi sono gli ACCORDI STIPULATI DALLE ORGANIZZAZIONI
INTERNAZIONALI. Spetta allo statuto, o in alternativa alle regole risultanti
dalla prassi di ciascuna di esse, stabilire quali sono gli organi competenti a
stipulare e quali le materie. Una violazione grave delle norme statuarie porta
all'invalidità dell' accordo. La maggior parte degli accordi delle
organizzazioni internazionali non presenta grande interesse per il giurista
(es. gli accordi che le organizzazioni stipulano tra di loro).
INEFFICACIA DEI TRATTATI NEI CONFRONTI DEGLI STATI TERZI: la regola generale è
'pacta tertiis nec nocenti, nec posunt', cioè fa stato solo fra i
contraenti. Ma può darsi che si tratti di un TRATTATO APERTO CONTENENTE UNA
CLAUSOLA DI ADESIONE. Gli stati terzi potranno aderire, l'unica differenza è
nel fatto che essi non abbiano partecipato alla elaborazione dell' accordo e
dovrà dimostrarsi che essi abbiano voluto obbligarsi. Le parti di un trattato
possono però sempre impegnarsi a tenere comportamenti VANTAGGIOSI PER I TERZI,
ma tali vantaggi possono essere sempre revocati 'ad libitum' (anche
se ciò non scalfisce la loro natura di veri e propri diritti).
INCOMPATIBILITA'
FRA NORME CONVENZIONALI: siamo alla tematica della SUCCESSIONE NEL TEMPO.
Premettiamo che un trattato può essere modificato o abrogato da un trattato
successivo concluso fra gli stessi contraenti. E se questi coincidono solo in
parte? Fra gli stati contraenti di entrambi, prevale il successivo; per quelli
che siano parti di uno solo, restano integri entrambi gli obblighi, nonostante
l'incompatibilità. Lo stato contraente di entrambi dovrà scegliere, una volta
scelto è irrevocabile.
LE
RISERVE NEI TRATTATI: con questo termine si indica la volontà dello stato di
non accettare certe clausole del trattato o di accettarle con talune modifiche
o secondo una determinata interpretazione. La riserva ha senso solo nei
trattati multilaterali, dato che in quelli bilaterali lo stato non ha che da
proporli direttamente alla controparte.
Nel DIRITTO INTERNAZIONALE CLASSICO la possibilità di apporre riserve doveva
urare dal testo sottoscritto dai plenipotenziari, alias si poteva ratificare
o meno il trattato. Non erano mai ammesse riserve non uranti nel testo.
Nel DIRITTO INTERNAZIONALE MODERNO fondamentale risulta un PARERE DELLA ICJ DEL
1951 secondo cui una riserva poteva essere formulata all' atto della ratifica
anche se non urante ne testo 'purché essa sia compatibile con l'oggetto
e lo scopo del trattato'.
Quando alla formulazione della riserva concorrono più organi dello stato, cosa succede
SE IL GOVERNO NON TIENE CONTO DI UNA RISERVA ESPRESSA DAL PARLAMENTO? Svariate
le posizioni dottrinali: quelli che sostengono che il governo POSSA lo
giustificano con il fatto che esso è gestore dei rapporti internazionali;
quelli che sostengono che il governo NON POSSA richiamano la necessità
dell'effettiva collaborazione ex Art.
L'INTERPRETAZIONE
DEI TRATTATI: La tendenza è oggi nel senso dell' ABBANDONO DEL METODO
SUBIETTIVISTICO (ricerca della volontà effettiva degli stati) per il METODO
OBBIETTIVISTICO (il senso fatto palese dal testo). A favore di questo anche
Naturalmente queste regole valgono anche per i TRATTATI ISTITUTIVI DI
ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI. Tali accordi non vanno visti come semplicemente
costitutivi di dette organizzazioni e questo è stato reso palese dall'
applicazione ad essi della TEORIA DEI POTERI IMPLICITI (ogni organo è titolare
non solo dei poteri espressamente attribuitigli, ma anche di tutti quelli
necessari per l'esercizio dei poteri espressi). L'applicazione di tale teoria
al Trattato CE, ha consentito alla CORTE DI GIUSTIZIA di scavalcare
(interpretativamente) la 'deliberazione unanime del Consiglio'
prevista dall' Art. 235. Ma una dilatazione oltre misura di questa teoria
potrebbe essere controproducente.
La Convenzione Vienna NON AVVALLA INTERPRETAZIONI UNILATERALISTICHE. DUE REGOLE
in proposito: 1) per i testi non concordanti, redatti in più lingue ufficiali,
si impone un'interpretazione che concilii tutti i testi; 2) nell'
interpretazione occorre tenere conto di altre norme internazionali. Tra le
'altre norme' consono incluse quelle proprie degli stati contraenti.
A parte questi casi c'è, per i giudici interni, massima libertà di
interpretazione.
1) Se
ne occupa
Passiamo a vedere anche i TRATTATI NON LOCALIZZABILI: qual è la loro sorte?
Prassi confusa, risposta difficile. Il CONFORTI pensa che la regola base sia
quella della TABULA RASA secondo la quale lo stato subentrante non sarebbe
vincolato. Esaminiamo qui di seguito le singole ipotesi di mutamento di
sovranità assumendo come punto di partenza la regola della 'tabula
rasa':
a) DISTACCO di una parte del territorio = tabula rasa per la parte distaccatasi
(secessione) che formi uno o più nuovi stati. Se quest' ultima si aggiunge ad
altro stato preesistente ad essa si estenderanno automaticamente gli accordi
vigenti nello stato che acquista il territorio ('principio della mobilità
delle frontiere').
b) SMEMBRAMENTO: mentre la successione non implica l'estinzione dello stato che
la subisce, nello smembramento lo stato si estingue e si formano due o più
nuovi stati. L'unico criterio idoneo a distinguere le due ipotesi è quello
della continuità o meno dell' organizzazione di governo preesistente. Ai fini
della successione nei trattati lo smembramento è da assimilare al distacco =
'tabula rasa' per tutti i nuovi stati, temperata dalla facoltà della
notificazione di successione.
c) INCORPORAZIONE è opposta al distacco e si ha quando uno stato,
estinguendosi, entra a far parte di un altro stato. All'incorporazione si
applica la regola della 'mobilità delle frontiere dei trattati' (al
territorio incorporato si estendono i trattati dell' incorporante).
d) FUSIONE speculare allo smembramento, si ha quando due o più stati si
estinguono e danno vita ad uno stato nuovo. Allo stato sorto dalla fusione si
applica il criterio della 'tabula rasa'. Un' ECCEZIONE (Artt. 31-33
Convenzione Vienna) alla 'tabula rasa', sia nel caso della fusione
che in quello dell' incorporazione si ha quando le comunità incorporate o fuse
continuino a conservare, all'interno del nuovo stato, una certa autonomia (di
tipo federalistico o meno), nel qual caso vale la 'continuità degli
accordi'.
Un problema di successione si pone anche nel caso di MUTAMENTO EXTRALEGALE DI
GOVERNO (es.Colpo di Stato). Si applicherà la 'tabula rasa' o la
successione nei trattati? La prassi è per la seconda, ma più che un' eccezione
si tratta del principio 'rebus sic stantibus'. Una parte della
dottrina addirittura sostiene che la persona dello stato neppure si estingua
per effetto dei mutamenti rivoluzionari, mantenendo le convenzioni in vigore.
2)
Per
CAUSE
DI INVALIDITA' ED ESTINZIONE DEI TRATTATI: La disciplina di queste, analoga a
quella propria dei contratti, è contenuta nelle norme consuetudinarie
(precisamente nei principi generali di diritto).
Sono invece CAUSE DI ESTINZIONE: CONDIZIONE RISOLUTIVA, TERMINE FINALE,
DENUNCIA, RECESSO INADEMPIMENTO, SOPRAVVENUTA IMPOSSIBILITA' DELL' ESECUZIONE,
ABROGAZIONE TOTALE O PARZIALE MEDIANTE ACCORDO SUCCESSIVO.
Tra le CAUSE DI INVALIDITA' abbiamo visto
Tra le CAUSE DI ESTINZIONE degli accordi internazionali, la più tipica è quella
contenuta nella clausola del REBUS SIC STANTIBUS. Si ritiene cioè che il
trattato si estingua in tutto o in parte per il mutamento di circostanze di
fatto esistenti al momento della stipulazione, purché essenziali. Ed è proprio
questa essenzialità che rappresenta il temperamento introdotto dalla
Convenzione Vienna (Art. 62) al principio. Ma il principio de qua, seppur
inteso restrittivamente, ha comunque una sfera di applicazione abbastanza
ampia, in quanto varie regole del diritto dei trattati ne costituiscono una SPECIFICAZIONE
(es. la regola circa gli effetti della guerra sui trattati; si tratta dello
stesso principio applicato ad un'ipotesi tipica). Approfondiamo:
QUANDO SI VERIFICA UNA CAUSA DI ESTINZIONE O INVALIDITA', QUALI SONO I MEZZI
PER FARLA VALERE? Controverso il diritto consuetudinario in materia: c'è chi
propende per l'automaticità, altri che sia necessaria una denuncia notificata
ai contraenti, altri ancora che i trattato continui fino a quando non sia
accertata la sua invalidità o estinzione in modo imparziale. Indubbiamente la
materia risente della mancanza nella comunità internazionale, di una funzione
giurisdizionale istituzionalizzata. Il CONFORTI sostiene che l'automaticità
vada in linea di massima riconosciuta, ma in un senso ben circoscritto.
Chiunque debba applicare il trattato (operatori giuridici interni) non può non
decidere se il trattato sia ancora in vigore o meno. Saranno dunque i giudici
nazionali a deciderlo nelle loro sentenze, ma solo per il caso concreto a loro
sottoposto. E' chiaro che queste decisioni si riverberano sulla prassi
internazionale. Così intesa L'AUTOMATICITA' NON E' ALTERNATIVA ALLA PROCEDURA
DELLA DENUNCIA. Quest' ultima serve per manifestare la volontà dello stato di
sciogliersi un volta per tutte dal vincolo contrattuale. E' la denuncia
sufficiente a produrre la cessazione del vincolo? Sul piano interno
indubbiamente si, a livello internazionale gli altri contraenti non sono
vincolati da questa denuncia unilaterale, cosicché in caso di disaccordo si
aprirà una fase di incertezza sul piano internazionale dalla quale si uscirà
solo con un nuovo accordo.
VEDIAMO
TRE MESI senza obiezioni, la dichiarazione diviene DEFINITIVA e il trattato
diviene invalido o estinto. NEL CASO DI OBIEZIONI debbono cercare una SOLUZIONE
ENTRO 12 MESI. Trascorsi ciascuna parte può attivare una complessa PROCEDURA
CONCILIATIVA che fa capo alla Commissione NU e non sfocia neppure in una
decisione obbligatoria. Una decisione obbligatoria potrà essere richiesta alla
ICJ, ma solo se si tratta di un'invalidità fondata sul 'ius cogens'.
Nei rapporti tra paesi che aderiscono alla Convenzione questa procedura si
sostituisce all' atto di denuncia.
LE FONTI PREVISTE DA ACCORDI:
LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI:
A) LE NAZIONI UNITE: (vedi appunti Libro 2)
B)
GLI ISTITUTI SPECIALIZZATI E LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI: In campo
economico e sociale opera tutta una serie di organizzazioni internazionali sia
a carattere universale che a carattere regionale. Un gran numero di
organizzazioni universali assume il nome di istituti specializzati delle NU.
Trattasi di organizzazioni autonome, sorte da trattati del tutto distinti dalla
Carta delle NU. Il collegamento tra queste e le NU avviene attraverso un
ACCORDO che dal lato delle NU è negoziato dal CONSIGLIO ECONOMICO E SOCIALE E
APPROVATO DALL' ASSEMPBLEA GENERALE. Questo rapporto si è intensificato nel
quadro della collaborazione ai PROGRAMMI PER LO SVILUPPO (UNDP) promossi dalle
NU. Anche gli istituti specializzati, come le NU, emanano RACCOMANDAZIONI non
vincolanti, anche se si danno atti vincolanti (es. ICAO, OMS . ).
VEDIAMO QUALI SONO:
1. FAO (Food and Agricultural Organization): creata nel
2. ILO (International Labour Organization): creata nel 1945 si COMPONE di una
Confererenza Generale, del Consiglio di Amministrazione, dell' Ufficio
Internazionale del Lavoro e del Direttore generale. Le sue FUNZIONI sono di
emanare raccomandazioni e di predisporre progetti di convenzione.
3. UNESCO (UN Educational Scientific and Cultural Organisation): Si COMPONE
della Conferenza Generale, del Comitato Esecutivo e del Segretariato.
4. ICAO (International Civil Aviation Organization): Fra le FUNZIONI quella di
emanare, sotto forma di allegati alla Convenzione, tutta una serie di
disposizioni relative al traffico aereo. Si tratta di atti vincolanti.
5. WHO (World Health Organization): Detta OMS, ha fra le sue FUNZIONI
l'obiettivo di perseguire il conseguimento da parte di tutti i popoli del
livello più alto possibile di salute. Dispone di un certo potere vincolante.
6. IMO (International Marittime Organization): Creata nel 1958, si occupa dei
problemi relativi alla sicurezza ed efficienza dei traffici marittimi ma
emanando raccomandazioni non vincolanti.
7. ITU (International Telecommunication Union); WMO (World Meteorological
Organization); UPU (Universal Postal Union): Creati da circa un secolo, si
occupano del coordinamento delle attività statali e predispongono testi
convenzionali e regolamenti. Mentre i regolamenti di WMO e UPU non sono
vincolanti, lo sono quelli dell' ITU.
8. IMF (International Monetary Found); IBRD (International Bank for
Reconstruction and Development); IFC (International Finance Corporation); IDA
(International Development Association): I primi due sono del 1944, istituiti
con gli accordi di Bretton Woods. Il FONDO si COMPONE del Consiglio dei
Governatori, il Consiglio di Amministrazione e il Direttore Generale. Le sue
FUNZIONI sono di promuovere la collaborazione monetaria, la stabilità dei
cambi, l'equilibrio delle varie bilance dei amenti e dispone di un capitale
di riserva per fronteggiare gli squilibri.
9. IFAD (International Fund for Agricultural Development): Nata nel 1977, si
occupa dello sviluppo dell' agricoltura dei paesi poveri con deficit alimentare
notevole. L'organo deliberante dell' Organizzazione è sotto il controllo dei
paesi in via di sviluppo.
10. WIPO (World Intellectual Propiety Organization): Dal 1970 si occupa dei
problemi relativi alla proprietà intellettuale.
11. UNIDO (UN Industrial Development Organization): Attiva dal 1979 è
costituita dall' Assemble, dal Consiglio ed un Segretariato. Le sue funzioni
sono di tipo operativo, non normativo.
12. IAEA (International Atomic Energy Agency): Promuove lo sviluppo e la
diffusione delle applicazioni pacifiche dell' energia atomica.
13. WTO (World Trade Organization): Indipendente dalla NU fu creata nel 1994 e
consta di circa 135 stati. Tra le funzioni, quello di trovare un forum per i
negoziati relativi alla massima liberalizzazione del commercio. Vegli altresì
sull'esecuzione di tutti i trattati (es. GATT, GATS . ). Le sue decisioni sono vincolanti.
C) LE
COMUNITA' EUROPEE E L'UNIONE EUROPEA: Le tre comunità europee (CE, CECA,
EURATOM) sono le organizzazioni internazionali maggiormente dotate di poteri
decisionali nei confronti degli stati che ne fanno parte. Sono gli esempi più
cospicui di fonti di norme internazionali previste da accordi.
SI DICUTE SULLA NATURA GIURIDICA DELLA CE : vere e proprie organizzazioni
internazionali oppure frammenti di uno stato federale? La sovranità degli stati
membri non viene intaccata, centro del potere decisionale rimangono ancora gli
esecutivi nazionali.
PASSANDO ALLA STRUTTURA:
1. COMMISSIONE: composta da individui che vi siedono a titolo personale
(sopranazionale). Nella CECA
2. CONSIGLIO: rappresenta i 15 stati ed è presieduto a turno (6 mesi) dagli
stati, nelle persone dei loro ministri. Al Consiglio è venuto sovrapponendosi
il CONSIGLIO EUROPEO nato dalle riunioni dei capi di stato e di governo. Questo
è diventato l'organo dell' Unione con compiti specifici di politica estera e
cooperazione in materia di giustizia e affari interni.
3. PARLAMENTO EUROPEO: formato nel 1979 è composto da rappresentanti dei popoli
degli stati membri, eletti a suffragio universale e diretto. Non è l'organo
legislativo, ma ha funzioni di controllo politico sulle altre istituzioni,
esamina i rapporti, istituisce commissioni d'inchiesta, mozioni di censura,
partecipa nelle procedure di cooperazione e codecisione. Ad avere l'ultima
parola è però sempre il Consiglio anche se il Parlamento può respingere, a
maggioranza assoluta, un atto legislativo adottato dal Consiglio (potere di
veto). Restano escluse le materie di capitale importanza come quelle della
politica agricola e commerciale.
4. CORTE DEI CONTI: effettua il controllo su tutte le entrate e spese della
comunità. E' composta di 15 persone indipendenti.
5. CORTE DI GIUSTIZIA: veglia sul rispetto dei trattati e può, tra l'altro,
essere adita anche dagli individui.
PASSIAMO ALLA LEGISLAZIONE COMUNITARIA: La legislazione comunitaria è
importante per il fatto che i trattati sono programmatici e si rimettono alla
normativa emessa dai singoli organi, in particolare dal Consiglio. L'Art.189
Trattato CE prevede:
1. REGOLAMENTI: si sostituiscono o sovrappongono alla legislazione degli stati
membri. Il regolamento ha portata generale ed è obbligatorio in tutti i suoi
elementi. Essi entrano in vigore dopo una 'vacatio legis' di 20 gg
dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Europea.
2. DECISIONE: non ha portata generale ed astratta, ma concreta. Essa può
indirizzarsi ad uno stato, ad un individuo o ad un'impresa. E' vincolante ed
acquista efficacia in seguito alla notificazione al soggetto.
3. DIRETTIVA: vincola lo stato membro a cui è rivolta per quanto riguarda il
risultato da raggiungere salvo agli stati la scelta della forma e dei mezzi.
Entra in vigore a seguito della pubblicazione in GU. Appare chiaro che la
direttiva dovrebbe limitarsi all'enunciazione di principi e criteri generali.
Spesso, però, dato il contenuto dettagliato della direttiva, la discrezionalità
dello statosi riduce alla mera scelta della veste giuridica da dare all' atto.
Senza dubbio le DIRETTIVE DETTAGLIATE si discostano dal 189, ma nella prassi
non è mai stata posta la questione circa la loro legittimità. ½ è poi
un'ulteriore categoria di ATTI COMUNITARI ATIPICI (es. le decisioni prese dai
rappresentanti degli stati membri in quanto tali, fuori dalle procedure
comunitarie). Questo genere di atti possono essere ascritti alla categoria
degli accordi in f.s.
Come tutte le organizzazioni internazionali, anche
D) IL
CONSIGLIO D'EUROPA E GLI ORGANI EUROPEI PER
1. OCSE: è l' Organizzazione Europea per
2. CONSIGLIO D'EUROPA: comprende 40 stati membri. SCOPO è quello di conseguire
una stretta unione fra i suoi membri per salvaguardare, promuovere e favorire
il loro progresso economico e sociale. ORGANI sono il Comitato dei Ministri
degli Esteri, l' Assemblea Consultiva dei rappresentanti parlamentari nazionali
e il Segretariato con a capo il Segretario Generale. Il COMITATO DEI MINISTRI è
competente a decidere, a maggioranza qualificata, se vi sia stata
effettivamente una violazione della Convenzione. La decisione aveva effetti
giuridici di rilievo: Il Comitato dei Ministri ha cessato la sua attività dal
1999.
3. COMMISSIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL' UOMO: è composta di tanti membri
quanti sono gli stati, eletti per 6 anni dal Consiglio d' Europa, vi siedono a
titolo personale. Prima della riforma del 1998 aveva una funzione istruttoria e
di conciliazione in ordine ai ricorsi. Dopo la riforma si limita a redigere i
rapporti.
4. CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL' UOMO E DELLE LIBERTA' FONDAMENTALI:
firmata a Roma nel 1950 contiene norme di carattere sostanziale (catalogo dei
diritti e delle libertà) e procedurale (Commissione e Corte Europea dei Diritti
dell' Uomo, successivamente, 1998, fuse in un' unica Corte).
5. CONVENZIONE AMERICANA SUI DIRITTI DELL'UOMO: sulla scorta di quella europea
fu creata nel 1969.
6. CARTA AFRICANA DEI DIRITTI DELL'UOMO E DEI POPOLI: entrata in vigore nel
1986. Unico organo da essa istituito è
8. LE RACCOMANDAZIONI DEGLI ORGANI INTERNAZIONALI: abbiamo visto che le
raccomandazioni, mai vincolanti, sono gli atti tipici degli organi delle NU.
Pur non essendo vincolanti producono comunque un EFFETTO DI LICEITA' secondo
cui lo stato che viola impegni precedentemente assunti per dare seguito ad una
raccomandazione, non commetterebbe illecito. Ovviamente ciò solo in relazione
alle raccomandazioni legittime, o meglio strettamente conformi alle norme
statuarie. Manca tuttavia un organo che giudichi tale liceità. Ne consegue
quindi che l'effetto di liceità potrà verificarsi fra quegli stati che hanno
votato a favore della raccomandazione, in quanto nel voto contrario è implicita
una dissociazione dall' atto. Taluni ritengono che sia illecita la violazione
REITERATA delle raccomandazioni. La tesi è inaccettabile perché tendente a
conferire alle raccomandazioni un effetto obbligatorio che esse non hanno.
TRACCIAMO
UN QUADRO DELLA GERARCHIA DELLE FONTI INTERNAZIONALI:
1. CONSUETUDINE (compresi i PRINCIPI GENERALI DELLE NAZIONI CIVILI)
2. TRATTATO (o ACCORDO)
3. FONTI PREVISTE DA ACCORDI INTERNAZIONALI
QUALI SONO I RAPPORTI FRA QUESTE FONTI?
1. RAPPORTO CONSUETUDINE-ACCORDO: ricordiamo che una norma di grado inferiore
può derogare ad una di grado superiore, se questa lo consente. Essendo le norme
consuetudinarie FLESSIBILI ciò sarà possibile da parte delle norme
convenzionali (e ciò vale anche per la categoria dei principi generali delle
nazioni civili). Fanno eccezione alla flessibilità le norme di IUS COGENS, cioè
CONFORTI:
lo IUS COGENS sarebbe previsto dall' Art. 103 Carta NU secondo cui in caso di
contrasto fra obblighi internazionali e obblighi derivanti dalla Carta
prevarranno le norme del presente Statuto. Questa norma finisce per diventare
'ius cogens'. La riprova è data dalla stessa CONVENZIONE VIENNA ALL'
ART. 30 quando, definendo la regola secondo cui le norme successive abrogano
quelle anteriori, fa espressa riserva all' Art. 103 Carta NU.
2. RAPPORTO ATTI ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI-STATUTI ORGANIZZAZIONI
INTERNAZIONALI: ricordando che gli statuti delle organizzazioni internazionali
sono posti in essere mediante trattati, questo problema va risolto caso per
caso.
3. RAPPORTI ATTI ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI-CONSUETUDINE: rimane anche nei
confronti di questi la regola della 'flessibilità' delle norme
consuetudinarie, eccezion fatta per lo 'ius cogens'.
IL CONTENUTO DELLE NORME INTERNAZIONALI:
LIMITE
ALL' USO DELLA FORZA: questo rappresenta il filo conduttore attorno al quale
ruota il diritto internazionale. Precisiamo che per FORZA INTERNAZIONALE è da
intendersi quella di uso bellico. Più complesso il concetto di FORZA INTERNA
intesa come il potere di governo esplicato sugli individui e sui loro beni. Che
cosa deve intenderesi con il potere di governo delimitato dal diritto
internazionale? Precisiamo che non si può identificare semplicemente
l'esercizio della coercizione come uso della forza materiale, ma bisogna anche
guardarsi dall' identificarla come mera attività normativa astratta. Finché al
comando non segue la sua concreta applicazione non vi sarà violazione del
diritto internazionale. Deve sempre esservi un contenzioso su questioni
concrete. CONFORTI: non basta nemmeno l'emanazione di comandi concreti (questa
sarebbe la tesi sostenuta dalla dottrina anglosassone). E' in generale
l'attività di mero comando (concreto o meno) che non sarebbe idonea a determinare
una violazione del diritto internazionale. Si può dunque concludere che il
potere di governo dia qualsiasi intervento concreto degli organi statali.
La materia del limite all' uso della forza internazionale, considerato il
divieto generale della forza di tipo bellico, viene in rilievo sotto il profilo
della LEGITTIMA DIFESA.
MA COMINCIAMO DAI LIMITI ALL'USO DELLA FORZA INTERNA: LA SOVRANITA'
TERRITORIALE
Con la fine del Sacro Romano impero la sovranità territoriale venne concepita
come una sorta di diritto di proprietà dello stato. Relativamente al suo
CONTENUTO si continua a discutere sulla NATURA GIURIDICA INTERNAZIONALE del
territorio. Come può definirsi questo contenuto? Possiamo dire che il diritto
internazionale attribuisce ad ogni stato il diritto di esercitare in modo
esclusivo il potere di governo sulla comunità territoriale. La violazione della
sovranità territoriale si ha solo con la presenza non autorizzata dell' organo
straniero nel territorio.
Il potere di governo non è però solo quello esecutivo, è anche LIBERO (ancorché
parzialmente limitato) di fare ciò che vuole nel suo stato. Le ECCEZIONI A TALE
LIBERTA' riguardano il trattamento degli stranieri, agenti diplomatici e stati
stranieri, ma anche (e soprattutto) quelli che perseguono valori di
collaborazione internazionale, solidarietà e giustizia tra i popoli.
Relativamente all' ACQUISTO DELLA SOVRANITA' TERRITORIALE vale il principio
dell' EFFETTIVITA'.
Attuale è il PROBLEMA DEGLI ACQUISTI DI TERRITORI IN VIOLAZIONE DELLE NORME
INTERNAZIONALI, oppure in violazione del principio di autodeterminazione dei
popoli. I tentativi fatti dopo la seconda guerra mondiale di limitare la
portata del principio di effettività (per evitare violente espansioni
territoriali) è fallito.
Oggi le norme consuetudinarie tendono a negare gli effetti extraterritoriali
agli atti di governo di un territorio illegittimamente acquistato, sempreché
l'acquisto sia contestato dalla più gran parte degli stati. Acquisto e perdita,
lo ricordiamo, si hanno anche in relazione a vicende relative alla vita dello
stato, come distacco, cessione o incorporazione.
VEDIAMOLI NEL DETTAGLIO QUESTI LIMITI TERRITORIALI:
A) IL
TRATTAMENTO DEGLI STRANIERI: Questo rappresenta uno dei limiti classici alla
sovranità territoriale. DUE SONO I PRINCIPI:
a) ALLO STRANIERO NON POSSANO IMPORSI PRESTAZIONI che non si giustifichino con
un sufficiente attaccamento dello stesso con la comunità territoriale
(es.servizio militare, sanzioni penali se non di fronte a reati che presentino
qualche collegamento con lo stato o i suoi sudditi oppure quelli collegati con
qualsiasi comunità territoriale come i 'crimina iuris gentium'
rispetto ai quali c'è l'universalità della giurisdizione penale secondo cui
ogni stato può, ma non deve, punire). A proposito dell' ultimo es. in
parentesi: la giurisdizione penale dello stato, in materia di crimini contro
l'umanità, risulta limitata quando ad essa concorra
b) L'OBBLIGO DI PROTEZIONE da parte dello stato che deve predisporre le misure
idonee a prevenire (adeguatamente alle circostanze e mediante l'apparato di
polizia) e reprimere (attraverso l'apparato giurisdizionale, evitando il
diniego di giustizia) le offese contro la persona e i beni.
SU QUESTI DUE PRINCIPI SE NE INNESTANO ALTRI:
c) PROTEZIONE DEGLI INVESTIMENTI STRANIERI richiesta soprattutto da un folto
gruppo di paesi in sviluppo ed inquadrabili nel 'nuovo ordine economico
internazionale'. Questi sostengono che ogni stato dovrebbe disciplinare
gli investimenti in conformità alle sue leggi e regolamenti ed ai suoi
obiettivi di politica economica e sociale. Una simile regola può anche
rappresentare la regola di diritto internazionale in materia di investimenti, a
patto che lo stato non arrivi ad un' INIQUA REMUNERAZIONE DEL CAPITALE
STRANIERO.
d) ESPROPRIAZIONE E NAZIONALIZZAZIONE DI BENI STRANIERI la prassi in materia
risale alle grandi nazionalizzazioni sovietiche per continuare con le nazionalizzazioni
da parte degli stati est europei e con quella delle comnie petrolifere da
parte degli stati arabi. Nessuno dubita ne della capacità degli stati di
espropriare, ne vi è controversia circa la questione dei motivi di pubblica
utilità. L'unica questione riguarda l' INDENNIZZO. Questo sussiste sempre, ed è
sempre stato applicato, ma grande incertezza sussiste circa LE MODALITA' E IL
QUANTUM DOVUTO. L'indennizzo viene corrisposto nei modi più vari e spesso è
oggetto di transazione tra lo stato nazionalizzante e quello di appartenenza
degli espropriati con i cd. ACCORDI DI COMPENSAZIONE GLOBALE ('lump sum
agreements'). Se l'accordo interviene fra gli stati, lo stato di
appartenenza può anche sacrificare, in vista di altri vantaggi, l'interesse del
privato. Solo se non sussistono neanche questi accordi si può parlare di
illecito.
e) RISPETTO DEI DEBITI PUBBLICI questo si riallaccia alla protezione degli
interessi patrimoniali stranieri. La dottrina tradizionale era favorevole alla
SUCCESSIONE NEL DEBITO, ma nella prassi più recente si è sostenuto che
l'accollo dello stato subentrante debba ispirarsi a motivi di carattere pratico
più che alla convinzione di dover rispettare precise norme di diritto
internazionale. Lo stato subentrante sarebbe tenuto per i DEBITI LOCALIZZABILI
ed esonerato per quelli generali.
f) AMMISSIONE ED ESPULSIONE DEGLI STRANIERI nessun limite, piena libertà dello
stato. Ovviamente non con modalità che risultino 'oltraggiose'.
Numerose sono gli accordi internazionali (CONVENZIONI DI STABILIMENTO) con i
quali ciascuna parte si obbliga ad un TRATTAMENTO DI PARTICOLARE FAVORE.
Particolari le norme sul diritto di stabilimento (Artt. 52 ss Trattato CE). Se
lo stato viola queste norme, commette un ILLECITO INTERNAZIONALE. Lo stato
dello straniero maltrattato potrà assumere la sua difesa sul piano
internazionale, ma non prima che lo straniero abbia esaurito tutte le
procedure. Occorre cioè che l'azione sia DEFINITIVA. DOTTRINA CALVO: l'istituto
della protezione diplomatica è oggetto di contestazione limitatamente ai
rapporti economici. Secondo la questa dottrina le controversie in tema di
trattamento degli stranieri sarebbero di esclusiva competenza dei TRIBUNALI
DELLO STATO LOCALE. Questo in base alla CLAUSOLA CALVO (rinuncia di protezione
del proprio stato) inserita nei contratti delle imprese. La clausola Calvo non
va drammatizzata, ma nessuno può costringere uno stato, accusato di aver
violato le norme sul trattamento degli stranieri, a trattare la questione sul
piano internazionale mediante arbitrato. Qual è in tutto ciò, il RUOLO DEI
GIUDICI INTERNI? Questi possono evitare che lo straniero ricorra alla
protezione del proprio stato ed essere in grado di tutelarlo più del suo stesso
stato nazionale (che magari ha sacrificato l'interesse del maltrattato per
altri vantaggi). Fra l'altro
B) IL
TRATTAMENTO DEGLI ORGANI STRANIERI (AGENTI DIPLOMATICI): Le immunità riguardano
gli agenti dal momento in cui entrano nel territorio al momento in cui escono.
La presenza dell' agente è subordinata alla volontà dello stato ospitante
attraverso il GRADIMENTO. L'espulsione viene determinata attraverso
a) INVIOLABILITA' PERSONALE con particolari misure preventive e repressive,
anche e soprattutto nella sottrazione del diplomatico a qualsiasi misura di
polizia diretta contro la sua persona.
b) INVIOLABILITA' DOMICILIARE riguardante sia la sede della missione
diplomatica che quella di abitazione privata. Una volta si parlava di
'extraterritorialità'.
c) IMMUNITA' ALLA GIURISDIZIONE PENALE E CIVILE distinguendo fra ATTI
FUNZIONALI E ALTRI ATTI PRIVATI. I primi sono coperti dall' immunità funzionale
per garantire all' agente l'indisturbato esercizio della sua attività, non
potendo essere citato in giudizio neanche una volta cessate le sue funzioni
(NON IMPUTABILITA'). I secondi, dal carattere esclusivamente processuale (NON
PROCEDIBILITA'), sono immuni per lo stesso motivo dei primi, ma l'agente non è
dispensato dall'osservare la legge e una volta cessate le sue funzioni potrà
essere sottoposto a giudizio.
d) IMMUNITA' FISCALE sussiste esclusivamente per le IMPOSTE DIRETTE PERSONALI,
ma per tutto il personale diplomatico delle missioni e anche per le loro
famiglie. Esso comprende persino il personale tecnico e amministrativo della
missione, con esclusione degli impiegati che siano cittadini dello stato
territoriale. Si ritiene che dette immunità spettino anche ai Capi di Stato, di
Governo e ai Ministri degli Esteri. Per qualsiasi altro soggetto statale non ci
sono immunità, neanche per i Consoli (i quali però godono almeno dell'immunità
funzionale).
C) IL
TRATTAMENTO DEGLI STATI STRANIERI: La questione è se ed in quali limiti vi è
anche qui
Il problema più interessante riguarda il fatto se gli stati stranieri siano
assoggettabili alla GIURISDIZIONE CIVILE dello stato territoriale. Nel secolo
scorso si era ancora a favore di una immunità assoluta degli stati stranieri.
Sono state la giurisprudenza italiana e quella belga a determinare un'inversione
di tendenza forgiando L'IMMUNITA' RISTRETTA O RELATIVA, oggi comunemente
ammessa. Secondo questa dottrina l'esenzione degli stati stranieri sarebbe
limitata agli ATTI IURE IMPERII e non agli ATTI IURE GESTIONIS O IURE
PRIVATORUM. Fra questi in particolare l'ambito del LAVORO presso ambasciate,
istituti di cultura ed altri uffici stranieri. Difficile però dire quali
aspetti vadano presi in considerazione per essere qualificati come
pubblicistici o privatistici ai fini dell' immunità. Fino ad epoca recente si
riconosceva l'immunità del lavoratore come partecipe all'esercizio di funzioni
sovrane (però troppo ampia). Recentemente è intervenuta
L'immunità viene anche riconosciuta agli ENTI TERRITORIALI E ALLE ALTRE PERSONE
GIURIDICHE PUBBLICHE diverse dallo stato.
La teoria dell'immunità ristretta va anche applicata sia al PROCEDIMENTO DI COGNIZIONE
che all' ESECUZIONE FORZATA SUI BENI detenuti da uno stato estero. Essa è da
ritenersi quindi ammissibile solo se esercitata su beni non destinati ad una
pubblica funzione. Sull' esecuzione forzata di beni stranieri esisteva IN
ITALIA UNA LEGGE (1263/1926) che dichiarava l' improcedibilità senza
l'autorizzazione del Ministro Giustizia attuando una (oggi) inammissibile
dipendenza del potere giudiziario da quello politico. Intervennero
D) IL
TRATTAMENTO DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI: Per quanto riguarda i loro
funzionari non esistono norme consuetudinarie, sicché la materia può essere
regolata solo mediante CONVENZIONE conclusa dall' organizzazione con lo stato
membro o meno. Egualmente per la materia delle immunità.
Lo stato nel cui territorio opera ufficialmente un FUNZIONARIO internazionale è
tenuto a PROTEGGERLO mediante misure preventive e repressive. La sua
violazione, come detto prima, da luogo alla protezione diplomatica da parte
dello stato. Tale obbligo SUSSISTE ANCHE PER L'ORGANIZZAZIONE A CUI APPARTIENE?
Non si può dire, essendo scarsi i casi. Possiamo dire che è possibile estendere
per ANALOGIA
Nei limiti in cui gli stati membri sono immuni dalla GIURISDIZIONE CIVILE dello
stato territoriale, lo sono anche le organizzazioni. Questa impostazione,
espressa in numerose convenzioni, rappresenta una consuetudine autonoma.
E) I
LIMITI RELATIVI AL C.D. DOMINIO RISERVATO: A parte i limi visti, ve ne sono
altri previsti da norme CONVENZIONALI che perseguono valori di cooperazione,
solidarietà e giustizia tra i popoli. Con l'affermarsi di questi valori si è
eroso il DOMINIO RISERVATO O DOMESTIC JURISDICTION, cioè le materie delle quali
il diritto internazionale si disinteressa e nelle quali lo stato è
conseguentemente libero. Quali sono gli ambiti erosi del dominio riservato?
a) TUTELA DEI DIRITTI UMANI tutelati ovunque, anche nei confronti del proprio
stato. MOVIMENTI CONVENZIONALI sono stati: Convenzione Americana sui diritti
umani; Patti delle NU sui diritti civili, politici, economici, sociali e
culturali; Carta Africana dei diritti dell'uomo e dei popoli. In questo settore
si sono venuti formando anche numerosi PRINCIPI GENERALI DI DIRITTO
RICONOSCIUTI DALLE NAZIONI CIVILI (= CONSUETUDINE): divieto delle 'gross
violations' (apartheid, genocidio, tortura, esecuzione di massa); divieto
di diniego di giustizia (limitata dal previo esaurimento dei ricorsi interni);
autodeterminazione dei popoli.
b) DIRITTO INTERNAZIONALE ECONOMICO è un settore dominato dalle norme
CONVENZIONALI e riguarda in particolare i rapporti fra paesi industrializzati e
in via di sviluppo. Fra queste
c) LIBERTA' DI SFRUTTAMENTO DELLE RISORSE DEL TERRITORIO ci chiediamo se la
libertà di uno stato di sfruttare le risorse naturali del suo territorio
incontri dei limiti? Innanzitutto l'obbligo di non compiere ATTI NOCIVI, il che
si riverbera soprattutto sui rapporti di vicinato quando si parla dei fiumi
internazionali. Ma esso si pone oggi in relazione all' attività ultra
pericolosa delle centrali atomiche. Sia
Passando dal diritto consuetudinario al DIRITTO PATTIZIO questo è molto ricco:
segnaliamo gli ACCORDI PER
IL DIRITTO INTERNAZIONALE MARITTIMO
LIBERTA'
DEI MARI E CONTROLLO DEGLI STATI COSTIERI: Passiamo dalla terraferma ai mari.
In questa materia si sono avute DUE CONVENZIONI: Ginevra 1958 e
PER MOLTI SECOLI vigeva
- successivamente alla seconda guerra mondiale Truman sostenne
- Negli anni '80 si parlò della ZONA ECONOMICA ESCLUSIVA estesa fino a
- Infine il Cile, l'Argentina e il Canada hanno sostenuto negli ultimi anni di
voler tutelare la specie ittica in alto mare anche al di la della zona
economica esclusiva. Questo con la loro presenza e da qui MARE PRESENZIALE.
IL
MARE TERRITORIALE (1) E
Secondo una dottrina formatasi fra le due guerre,
DA QUALI PUNTI DELLA COSTA SI MISURANO LE
PASSANDO AI POTERI CHE SPETTANO ALLO STATO NEL MARE TERRITORIALE sono gli
stessi che esso ha sulla terraferma, ma con DUE LIMITI:
- DIRITTO DI PASSAGGIO INOFFENSIVO Montego Bay precisa che il passaggio deve
essere 'continuo e rapido' e che non 'rechi pregiudizio alla
pace, al buon ordine o alla sicurezza dello stato costiero'. In caso
contrario lo stato può adottare le necessarie misure, eccezionalmente chiuderlo
al traffico. Questo vale per navi civili, militari e sottomarini con l'obbligo
di navigare in superficie.
- GIURISDIZIONE PENALE SULLE NAVI STRANIERE non 'dovrebbe'
(formulazione ambigua di Montego Bay) esercitarsi in ordine a fatti puramente
interni alla nave e questo vale anche per le navi nei porti.
1) PIATTAFORMA CONTINENTALE lo stato costiero ha, al dilà del mare
territoriale, sulla piattaforma continentale il diritto esclusivo di sfruttare
le risorse. Il diritto sulla piattaforma ha NATURA FUNZIONALE, a differenza del
diritto di sovranità sul territorio o sul mare territoriale. Questa dottrina,
facendo leva sulla conformazione geografica delle coste, è ABBASTANZA INIQUA
(es. Cile ha molta costa, ma piccola piattaforma). Un problema importante è
quello della DELIMITAZIONE DELLA PIATTAFORMA TRA STATI CHE SI FRONTEGGIANO (es.
Adriatico che è tutta una piattaforma).
2) ZONA ECONOMICA ESCLUSIVA teoria che è venuta sovrapponendosi alla
piattaforma continentale. Molti stati sono a favore, sicché è diventata
consuetudine. Ma quali sono i poteri dello stato in questa zona di
IL
MARE INTERNAZIONALE: Gli spazi marini oltre la zona economica esclusiva sono
chiamati da Montego Bay ALTO MARE, oggi parliamo di MARE INTERNAZIONALE. Questa
rimane l'unica zona in cui rivive
NELLE ACQUE INTERNAZIONALI qualsiasi stato può catturare
NELLA ZONA ECONOMICA ESCLUSIVA di un altro stato, alle eccezioni considerate si
aggiungono quelle favorevoli allo stato costiero. Esso può esercitare tutti i
poteri connessi allo sfruttamento delle risorse della sua zona economica. Tutto
ciò in base al limite funzionale secondo cui non sono ammesse misure coercitive
sproporzionate alle infrazioni commesse dalla nave.
NEL MARE TERRITORIALE i limiti entro i quali lo stato costiero può esercitare
il governo sono dati dal PASSAGGIO INOFFENSIVO e dalla SOTTRAZIONE PENALE dello
stato costiero ai fatti puramente interni. Costituisce un'eccezione anche la
regola relativa al DIRITTO DI INSEGUIMENTO: le navi da guerra o di servizi
pubblici possono inseguire una nave straniera che abbia violato le leggi del
loro stato purché l'inseguimento abbia avuto INIZIO NELLE ACQUE interne o nel
mare territoriale. L'inseguimento deve essere CONTINUO e potranno essere
esercitati solo quei poteri ammessi nella zona in cui ha avuto inizio
l'inseguimento. L'inseguimento deve CESSARE se la nave entra nel mare
territoriale di un altri stato.
E' UNO STATO LIBERO DI CONCEDERE
Un ulteriore problema è stabilire quale stato possa esercitare il POTERE DI
GOVERNO SULLE NAVI onde impedire fenomeni di inquinamento. DAL PUNTO DI VISTA
CONSUETUDINARIO, lo stato di bandiera e lo stato costiero per prevenire e
reprimere l'inquinamento. Nella zona economica esclusiva sarà funzionalizzata
alla conservazione delle risorse naturali. A questi principi corrispondono
anche le NORME CONVENZIONALI.
C'è infine la possibilità per uno stato di INTERVENIRE ECCEZIONALMENTE NEL MARE
INTERNAZIONALE su una nave altrui per prendere le MISURE STRETTAMENTE IDONEE ad
impedire danni al proprio litorale, derivanti da incidente già avvenuto
(diritto consuetudinario e Convenzione di Bruxelles 1969 sugli idrocarburi).
GLI
SPAZI AEREI (1) E COSMICI (2):
1) SPAZI AEREI valgono DUE PRINCIPI GENERALI: ICAO prevede che la sovranità
dello stato si estenda allo spazio aereo sovrastante il territorio e il mare
territoriale; l'altro è libero. Sul primo lo stato territoriale potrà REGOLARE
IL SORVOLO. Ma la contrapposizione tra i due principi non è più così rigida
dall' introduzione dei MOTORI A REAZIONE che ha introdotto la prassi delle ZONE
DI IDENTIFICAZIONE (gli stati costieri impongono agli aerei che si dirigono
verso le loro coste di identificarsi a fini difensivi).
2) SPAZI COSMICI ad essa è applicabile per analogia il principio sulla libertà
di sorvolo degli spazi 'nullius'. Per quanto riguarda lo spazio sopra
il territorio non è applicabile il principio dell' estensione della sovranità
territoriale. ½ furono al riguardo diverse CONVENZIONI MULTILATERALI come
quella del 1967 sull' esplorazione ed utilizzazione dello spazio extra
atmosferico. Non c'è la sovranità di nessuno stato e gli astronauti sono
INVIATI DELL' UMANITA'. C'è solo la responsabilità dello stato di lancio per i
danni dalle attività cosmiche.
Anche qui posiamo parlare di RISORSE NATURALI a fini di RADIO E
TELECOMUNICAZIONI. Queste sono libere. UNICO LIMITE è la libertà altrui,
soprattutto in riferimento all' ORBITA GEOSTAZIONARIA (nella quale i satelliti
ruotano con lo stesso periodo di rotazione della terra) che può contenere
massimo 1800 satelliti ed è particolarmente indicata per le telecomunicazioni.
Viene semplicemente stabilito che gli stati si 'sforzeranno' di limitare
il numero delle frequenze e di utilizzare quelle dell'orbita geostazionaria in
maniera efficace ed economica.
LE
REGIONI POLARI sono spazi non soggetti ad alcuno stato. L'ANTARTICO è stato
INTERNAZIONALIZZATO nel senso della libertà e di un complesso di norme che ne
disciplina l'utilizzazione. Non sono mancate le pretese di sovranità, come
esplicate dalla TEORIA DEI SETTORI, da alcuni stati ('claimant
states') i cui territori si estendono al dilà del circolo polare artico.
Le PRETESE ALLA SOVRANITA' sono state sempre RESPINTE dalla maggioranza degli
stati, considerate infondate e non sorrette dall' effettività nonché frutto di
mire colonialistiche.
L' Antartide è stata internazionalizzata dal TRATTATO DI WASHINGTON (ratificato
anche dai 'claimant states'). Norma chiave è quella che CONGELA le
pretese di sovranità e le opposizioni alle medesime. CARATTERISTICHE dell'
internazionalizzazione: interdizione di attività militari,nucleare, libertà
scientifica e cooperazione. Il Trattato distingue le PARTI CONSULTIVE E NON. Le
prime, privilegiate, sono costituite dagli stati che effettivamente esercitano
un'attività nella zona. Esse hanno maggiori poteri, soprattutto ispettivi. Il
regime internazionale dell' Antartide vincola solo gli stati contraenti. Gli
stati terzi hanno libertà, potendo anche sfruttare unilateralmente le risorse.
L'APPLICAZIONE DELLE NORME INTERNAZIONALI ALL'INTERNO DELLO STATO
L'ADATTAMENTO
DEL DIRITTO INTERNO A QUELLO INTERNAZIONALE: Abbiamo visto come si formano le
norme internazionali e quale sia il loro contenuto. Vediamone ora
L'APPLICAZIONE. Essa è affidata in primo luogo ai GIUDICI INTERNI di ciascuno
stato. Il nostro discorso si occupa del diritto italiano. A tal proposito sono
da superare le TEORIE MONISTE E DUALISTE (i primi ritengono che il nostro
ordinamento trovi fondamento dal diritto internazionale; i secondi sostengono
che esso sia originario).
1. PROCEDIMENTO ORDINARIO in cui l'adattamento avviene mediante norme interne
che riformulano quella internazionale e in nulla si distinguono dalle altre
norme interne se non per il motivo per cui vengono emanate (OCCASIO LEGIS).
2. PROCEDIMENTO SPECIALE la norma internazionale non viene riformulata. La
norma interna si limita ad ordinarne l'osservanza rinviando ad essa secondo l'
Art.10 C.
Dal punto di vista internazionale il secondo è preferibile, perché nel caso di
quello ordinario l'interprete ricorre alla norma internazionale solo se vi
siano dubbi circa l'interpretazione della norma interna. Nel caso di
procedimento speciale la cosa è più diretta, si assume direttamente la norma
internazionale e la sua applicazione si sposta dal legislatore all' interprete
direttamente. Tuttavia c'è da dire che il procedimento ordinario è più utile
quando la norma internazionale non sia SELF EXECUTING. Ovvio poi che i due
procedimenti possono COESTISTERE INTEGRANDOSI a vicenda.
Una volta introdotte nell'ordinamento le norme internazionali diventano FONTI
DI DIRITTI E DI OBBLIGHI . Tornando sulla DISTINZIONE FRA SENLF E NON SELF
EXECUTING, abbiamo questo secondo caso quando la norma attribuisce semplici
FACOLTA' AGLI STATI, oppure quando non esistono organi o procedure interne
INDISPENSABILI alla sua applicazione.
Occorre reagire invece a quelle tendenze che basano la distinzione su
motivazioni POLITICHE per non applicare norme indesiderate. Questo vale
soprattutto per i Paesi che rifiutano di applicare una Convenzione sostenendo
il suo contenuto 'vago o indeterminato'. Non esiste principio,
seppure generalissimo, dal quale l'interprete non possa ricavare una
applicazione concreta..
E' poi da respingere l'opinione secondo cui un Trattato che prevede procedure
di conciliazione in caso di mancata o difficoltosa applicazione, sia da
considerare non self executing. Neppure può ritenersi che costituisca un
impedimento la previsione nel Trattato di una CLAUSOLA DI ESECUZIONE, dato che
essa manifesta semplicemente la volontà di dare seguito al Trattato.
Ovviamente le norme internazionali sono utilizzabili all' interno entro i
limiti in cui si VERIFICHI IN CONCRETO
Può darsi che un accordo internazionale eseguito in Italia contenga
DISPOSIZIONI VANTAGGIOSE per uno stato estraneo all' accordo. Questi potrà
invocarle nonostante l'impegno sia stato assunto nei confronti di altri paesi.
Non si tratta di efficacia nei confronti di terzi, ma solo dell' applicazione
della norma internazionale.
Ma, una volta penetrato nell'ordinamento statale, che RANGO occupa il diritto
internazionale nazionalizzato? Tende ad essere quello che corrisponde alla
forza che ha il procedimento , ordinario o speciale, di adattamento.
L'ADATTAMENTO DEL DIRITTO INTERNO ALLA CONSUETUDINE INTERNAZIONALE: questo
avviene a livello costituzionale (Art.
Qual' è il RANGO delle norme internazionali generali nel nostro diritto
interno? Si può ritenere che esso sia SUPERIORE ALLA LEGGE ORDINARIA, che sarà
costituzionalmente illegittima nel caso contrasti con questo. Ma hanno
addirittura un RANGO SUPERIORE ALLA COSTITUZIONE? Premesso che un conflitto fra
norme internazionali e norme costituzionali difficilmente può verificarsi,
parlando l' Art. 10 di 'adattamento dell'ordinamento italiano' e non
di 'subordinazione' , pare che intenda escludere una subordinazione
del diritto costituzionale. Dobbiamo anzi precisare che l' Art.10 salvaguarda i
VALORI FONDAMENTALI e non voglia quindi un' esecuzione del diritto
consuetudinario fino alla rottura di detti valori. I giudici potranno
rifiutarsi, senza un previo intervento della Corte Costituzionale.
L'ADATTAMENTO
DEL DIRITTO INTERNO AI TRATTATI: La giurisprudenza è univoca nel ritenere che
l' Art.
E SE MANCA L'ORDINE DI ESECUZIONE CHE VALORE HA IL TRATTATO? Il problema si
pone limitatamente ai TRATTATI IN F.S. e in tutti gli altri casi in cui un
accordo vincoli sul piano internazionale l' Italia, ma non si sia provveduto ad
eseguirlo all' interno.
PASSIAMO AL PROBLEMA DEL RANGO che nel sistema delle fonti occupa l'atto
normativo in cui l'ordine di esecuzione è contenuto. L' ipotesi più frequente è
quella di LEGGE ORDINARIA. Trattati e legge ordinaria occupano quindi lo stesso
rango (conseguenze: 'lex posterior derogat priori') oppure c'è una
prevalenza sulla legge ordinaria? E' da escludere una prevalenza fondata sull'
Art.10 C. Si era sostenuto che, una volta eseguito il Trattato, il legislatore
non avrebbe potuto violarlo senza violare indirettamente l' Art. 10, ma questa
tesi non è stata condivisa dalla giurisprudenza che ha inteso sottrarre i
Trattati dall' applicazione dell' Art. 10, cosicché si ritiene che i rapporti
fra legge ordinaria e legge che esegue il Trattato siano sottoposti alle regole
sulla normale successione delle leggi nel tempo. Nel solco tracciato dalla
GIURISPRUDENZA AMERICANA E SVIZZERA si era posta la prevalenza del Trattato
sulla legge. Il Trattato sarebbe sorretto, nell' ordinamento interno, da una
DUPLICE VOLONTA' NORMATIVA: a) che certi rapporti siano disciplinati come li
disciplina la norma internazionale; b) che gli impegni assunti verso altri
stati siano rispettati. Per far prevalere la legge posteriore bisogna che
entrambe le volontà siano annullate. Una modifica delle norme di adattamento al
Trattato per semplice incompatibilità con una legge posteriore non è
ammissibile. La volontà del legislatore di VENIRE MENO AGLI IMPEGNI
INTERNAZIONALI può ricavarsi in modo implicito solo quando l'oggetto dell' obbligazione
e quello della norma interna COINCIDANO PERFETTAMENTE sia nella materia che nei
soggetti. Quindi vale il PRINCIPIO DI SPECIALITA' SUI GENERIS dei Trattati
rispetto alla legge interna: la norma internazionale prevale fino a quando non
si dimostri la volontà della norma interna di venire meno agli impegni
internazionali. Le norme patrizie immesse possono quindi essere sottoposte a
controllo costituzionale ed annullate se violano la costituzione.
L'ADATTAMENTO AD UN TRATTATO IMPLICA ANCHE L'ADATTAMENTO ALLE FONTI DA ESSO
PREVISTE? In particolare nell' esempio di un Trattato istitutivo di una
ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE. Le decisioni di questa diventano vincolanti per
il nostro stato? Può darsi anzitutto che il Trattato preveda ESPRESSAMENTE la
diretta applicabilità (es. regolamenti emanati dalla CE). Quindi saranno
direttamente applicabili. Quando invece NULLA DISPONE, il problema verrà
risolto alla luce dell' ordinamento interno.
L'ADATTAMENTO
DEL DIRITTO INTERNO A QUELLO COMUNITARIO: Questo ha seguito una strada diversa
rispetto all' adattamento con le norme dei comuni Trattati. Si è arrivati
infatti ad assicurare alle norme COMUNITARIE UNA PREVALENZA SULLE NORME
INTERNE. Vediamo COME (1) ha luogo l'adattamento e poi il RANGO (2) che queste
assumono nell'ordinamento interno:
1) COME: per effetto dell' ordine di esecuzione non solo hanno acquistato forza
giuridica le norme del Trattato CE, ma anche i REGOLAMENTI CE (Art. 189
Trattato CE che parla di 'diretta applicabilità). Questa diretta
applicabilità non comporta una violazione della Costituzione, perché deve
intendersi come IMPLICITAMENTE AMMESSA tramite l' Art.
E PER QUANTO CONCERNE LE DIRETTIVE E LE DECISIONI? Queste norme non sono
oggetto di mero rinvio da parte dell' ordinamento interno, ma vengono da questo
INTEGRALMENTE RIFORMULATE. E' comunque da escludere che direttive e decisioni
siano del tutto inapplicabili prima dei provvedimenti interni di
riformulazione/esecuzione. La loro obbligatorietà è LIMITATA AL RISULTATO. Si
tratta quindi di stabilire quali effetti costituiscono un corollario all'obbligo
di risultato (producendosi direttamente) e quali solo in seguito all' atto di
esecuzione. CONFORTI: regolamenti, direttive e decisioni sono tutti sullo
stesso piano, direttamente applicabili MA la direttiva ESSENDO INCOMPLETA PER
DEFINIZIONE può produrre immediatamente solo gli effetti conciliabili con
l'obbligo di risultato.
Tale dirittezza è stata sostenuta anche dalla Corte Giustizia, come nel caso
dell' EFFICACIA DIRETTA VERTICALE in base alla quale gli individui possono
invocare innanzi ai giudici nazionali il rispetto della direttiva. Ricordiamo
che questo vale anche per il RISARCIMENTO DEL DANNO provocato ai singoli dalla
mancata attuazione di una direttiva da parte dello stato (vedi caso
'Francovich'). NON C'E' L'EFFICACIA DIRETTA ORIZZONTALE , anche se
sembra assurda la distinzione fra 'applicabilità diretta', propria
dei regolamenti, e 'effetti diretti', propri delle direttive. Non si
vede perché applicare due pesi e due misure.
L'efficacia diretta è stata riconosciuta anche alle DECISIONI e agli ACCORDI
conclusi dalla CE con gli stati terzi.
2)
RANGO: Sul punto
L'ultima questione è se LE NORME DEI TRATTATI E DELLA LEGISLAZIONE CE POSSANO
ESSERE SOTTOPOSTI AL CONTROLLO DI COSTITUZIONALITA'.
ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE E COMPETENZA DELLE REGIONI: Il problema è quello del coordinamento del diritto internazionale con quelle materie che nel diritto interni formano oggetto di legislazione regionale. La maggioranza della dottrina concorda sul fatto che ad immettere il diritto internazionale è pur sempre lo stato nel suo potere centrale. Principio pacifico è quello del RISPETTO DEGLI OBBLIGHI INTERNAZIONALI assunti dallo stato da parte della Regione. La legge regionale contraria è costituzionalmente illegittima. Le Regioni, anche se autonome, non hanno poteri sovrani. Non ci pare vi siano ulteriori limiti. PER QUANTO CONCERNE I TRATTATI, allo stato la loro esecuzione, alle Regioni l'emanazione della normativa integrativa e di specificazione. All' inizio legislatore e Corte Costituzionale partivano dall' idea che tutto ciò che riguardasse l'applicazione del diritto internazionale fosse di competenza dello stato in quanto 'affari esteri'. Ma come evitare che in certe materie le Regioni fossero spogliate delle loro competenze? Le Regioni vi avrebbero potuto partecipare solo mediante delega del potere centrale. La posizione della Corte si è oggi modificata nel senso di riconoscere la competenza autonoma e originaria alle regioni evitando che esse siano alla mercé degli organi centrali. Ma d'altro canto continua il limite del rispetto degli obblighi internazionali.. E previsto il potere sostitutivo dello stato in caso di 'urgenza' (limite incerto ed elastico).
IL FATTO ILLECITO: se ne occupa il PROGETTO
a)
L'ELEMENTO SOGGETTIVO: La dottrina (Kelsen, Anzilotti, Ago) ha dedicato ampio
spazio e profonde indagini a questa materia. Inoltre gia all' epoca della
Società delle Nazioni esisteva una Commissione di diritto internazionale delle
NU, ma un progetto completo si ebbe solo nel 1996. Nel 1980
Data la coincidenza fra lo stato come soggetto internazionale e lo STATO
ORGANIZZAZIONE, è chiaro che il fatto illecito dovrà essere compiuto da uno o
più organi statali ( TUTTI coloro che partecipano all' esercizio del potere di
governo). Essa assume importanza solo per gli ILLECITI COMMISSIVI, non anche
per quelli omissivi (es. mancata attuazione di una direttiva). La violazione
delle norme internazionali non è possibile attraverso la semplice emanazione di
leggi, è un contenzioso che ha ad oggetto QUESTIONI CONCRETE. La responsabilità
dello stato sorge anche quando l'organo statale abbia commesso un illecito
internazionale agendo FUORI DALLE SUE ATTRIBUZIONI, IN VIOLAZIONE DEL PROPRIO
DIRITTO O CONTRAVVENENDO AGLI ORDINI RICEVUTI? Secondo alcuni azioni del genere
sarebbero comunque attribuibili allo stato; altri pensano che ci si debba
rifare su chi l'ha compiuta e l'illecito dello stato consisterebbe nel non aver
adottato le misure idonee a prevenirla. CONFORTI: la prima è la più rispondente
alla prassi. Lo stato risponde direttamente quando l'illecito è commesso dai
suoi organi e indirettamente quando è commesso DAI PRIVATI. In questo caso la
responsabilità è per
b)
L'ELEMENTO OGGETTIVO: esso è rappresentato dall' ANTIGIURIDICITA' DEL COMPORTAMENTO.
Ma quando può definirsi consumata un'azione illecita a livello internazionale.
L'Art.22 del Progetto parla del PREVIO ESAURIMANTO DEI RICORSI INTERNI, anche
se limitata al trattamento degli stranieri.
All' elemento obiettivo dell' illecito internazionale attengono le cause o
circostanze escludenti l'illeceità (Artt. 29 ss):
1. IL CONSENSO DELLO STATO LESO: a parte i casi di violazione di una norma di
'ius cogens'. Ad esempio nel caso della violazione di norme sull'
aggressione o sull' autodeterminazione dei popoli, casi in cui il governo che
invade è solito appoggiarsi al governo locale: in questi casi è inutile dire
che il consenso del governo locale è viziato, visto che dovrebbe essere il
governo invasore a farlo valere; ne vale obiettare che la violazione sussiste
nei confronti della comunità internazionale, dato che il consenso esclude l'
illeceità solo nei rapporti tra stato autorizzante e stato autorizzato. Il
consenso dello stato leso deve manifestarsi all' interno di un vero e proprio accordo,
anche se nella sostanza è più un atto unilaterale.
2. AUTOTUTELA: cioè l'azione diretta a reprimere l'illecito altrui, non può
essere considerata antigiuridicità. Vige il criterio della proporzionalità.
3. FORZA MAGGIORE E CASO FORTUITO: ricompresse come esimenti dall' Art.31.
4. STATO DI NECESSITA': è controverso. Innegabile quando riguardi
Ma le cose stanno effettivamente così per il diritto internazionale
consuetudinario? CONFORTI: da condividere la necessità come mezzo di protezione
di INTERESSI VITALI. Più incerta la prassi. Una volta bandito dal diritto
internazionale cogente l'uso della forza (inclusi i casi di interventi
umanitari e protezione estera dei propri cittadini) gli spazi per
l'utilizzazione della necessità si riducono a nulla.
Ricordiamo in questo contesto L'EFFETTO DI LICEITA' DELLE RACCOMANDAZIONI.
Non è del tutto azzardata la tesi secondo cui l'illeceità è esclusa quando
l'osservanza di una norma internazionale comporti
c)
GLI ELEMENTI CONTROVERSI:
QUAL È
LE CONSEGUENZE DELL'ILLECITO INTERNAZIONALE:
a)
AUTOTUTELA INDIVIDUALE E COLLETTIVA: Qui vi è stata una estesa speculazione
teorica. L'opinione oggi più diffusa è che le conseguenze consistano in una
NUOVA RELAZIONE GIURIDICA fra stato offeso e offensore discendente da una norma
apposita (SECONDARIA) contrapposta alla norma violata (PRIMARIA).
ANZILOTTI: le conseguenze sarebbero unicamente nel DIRITTO dello stato leso ad
un' adeguata riparazione, ma un autonomo rilievo non hanno i mezzi coercitivi
per attuarla.
KELSEN: unica ed immediata conseguenza è il ricorso alle misure di AUTOTUTELA
mentre la riparazione sarebbe solo eventuale e dipenderebbero dai due stati. Le
misure di autotutela non instaurano, come dall' Anzi lotti, alcun rapporto
giuridico. Si tratta piuttosto di un ZWANGSAKT (= concezione fortemente
imperativistica del diritto). In verità non ha tutti i torti! La fase
patologica del diritto internazionale è poco una fase normativa e più una fase
di reazione. MA A COSA SONO FINALIZZATE QUESTE REAZIONI? E' un punto focale, ma
poca chiaro in Kelsen. Le misure di autotutela non hanno lo scopo di punire, ma
quello di reintegrare l'ordine giuridico violato. Per quanto riguarda
1.
AUTOTUTELA: nel diritto interno è un fatto eccezionale, ma è normale nel
diritto internazionale nel quale manca un sistema di garanzia giuridica. Ma l'
autotutela non può consistere nella MINACCIA E NELL' USO DELLA FORZA vietate
dalla Carta delle NU. UNICA ECCEZIONE E'
1.1. CONTROMISURE (prima dette RAPPRESAGLIA) sono la categoria più importante
di autotutela. Esse consistono in un comportamento dello stato leso che in se
sarebbe illecito, ma diviene lecito in quanto costituisce reazione ad un
illecito altrui. Lo stato leso può reagire e violare a sua volta gli obblighi
consuetudinari. LIMITE molto importante e' quello della PROPORZIONALITA' anche
se non si tratta mai di una perfetta corrispondenza tra le due violazioni. Se
sproporzione c'è diventa illecita per l'eccedenza. Un altro limite è quello del
RISPETTO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE COGENTE anche se si tratta di respingere
violazioni dello stesso tipo (eccezion fatta per la legittima difesa). C'è poi
il limite del RISPETTO DEI PRINCIPI UMANITARI, soprattutto ricollegato alle
rappresaglie contro gli stranieri. Infine c'è da dire che è necessario che lo
stato abbia PRIMA TENTATO DI ESPERIRE I NECESSARI MEZZI (negoziato, conciliazione,
arbitrato . ).
Pur non mutando del tutto
1.2. RITORSIONE si distingue dalla contromisure in quanto non da luogo alla
violazione di norme internazionali, ma solo ad un COMPORTAMENTO INAMICHEVOLE
come la rottura della collaborazione economica. Essa si esplica anche SENZA
AVERE SUBITO UN ILLECITO.
1.3. AUTOTUTELA COLLETTIVA nel caso in cui a reagire non sia (o non sia solo)
lo stato leso, ma anche altri stati che non abbiano subito alcuna lesione. Essa
viene posta, nell' ambito del diritto consuetudinario, per le norme che
prevedono OBBLIGHI ERGA OMNES quali quelle contro i crimini internazionali
contro l'umanità. In tal senso si è espressa anche
Il tema dell' autotutela si riverbera anche sul DIRITTO INTERNO: l'operatore
giuridico interno, prima di concludere per la illiceità di un atto interno nei
confronti del diritto internazionale, dovrà vedere se esso non si giustifichi
come contromisura. L'ordinamento interno può, in tal senso, anche predisporre
meccanismi automatici, come le CONDIZIONI DI RECIPROCITA' NELL'OSSERVANZA DELLE
NORME INTERNAZIONALI. Ed è questa reciprocità che deve essere accertata da
giudice interno. La condizione di reciprocità si profila utile quando inserita
in un DIRITTO INTERNAZIONALE CONSUETUDINARIO IN EVOLUZIONE. Spesso essa viene
utilizzata, non solo come presupposto dell' osservanza del diritto
internazionale, ma anche per gli ATTI DI CORTESIA, ma in questo caso essa può
portare solo ad atti in amichevoli, presentandosi quindi come misura di
ritorsione.
2.RIPARAZIONE:
Anzitutto si è soliti farvi rientrare l'obbligo della restituzione in forma
specifica (RESTITUTIO IN INTEGRUM). Essa fa parte dell' illecito e non si pone
nei confronti di esso come un obbligo da esso nascente e nuovo. Anche
IN DEFINITIVA L'UNICA VERA FORMA DI RIPARAZIONE DEL DANNO E' IL RISARCIMENTO.
Ma l'obbligo scaturisce da qualsiasi violazione? La prassi la fa scaturire
dalla violazione al trattamento degli stranieri. Ma a parte ciò la prassi non
può considerarsi certa. Per quanto riguarda i danni subiti dagli INDIVIDUI CHE
RICOPRONO
L'ACCERTAMENTO DELLE NORME INTERNAZIONALI NELL' AMBITO DELLA COMUNITA' INTERNAZIONALE
PUNTO DI PARTENZA E' STATO L'ARBITRATO ISOLATO nel quale, sorta una
controversia fra stati, si stipulava un accordo (COMPROMESSO ARBITRALE) con il
quale si nominava un arbitro, impegnandosi a rispettare la sua sentenza.
L'istituto si è poi sviluppato verso la sua ISTITUZIONALIZZAZIONE nella quale
possono distinguersi due fasi:
FASE 1 (SECOLO SCORSO): CLAUSOLA COMPROMISSORIA E TRATTATO GENERALE DI
ARBITRATO 'INCOMPLETI' che (la prima) creano l'obbligo per gli stati
di ricorrere all' arbitrato in relazione alle controversie relative ad
interpretazione e applicazione della convenzione; e (la seconda) crea anch'essa
un obbligo generico per tutte le controversie che possano sorgere in futuro fra
stati eccettuate quelle toccanti l'onore e l'indipendenza delle parti o aventi
natura politica, nonché oggi quelle relative al dominio riservato. Clausola
compromissoria e trattato di arbitrato creano solo un generico obbligo 'de
contraendo'. Nello stesso periodo si assiste alla creazione di organi
arbitrali permanenti (Corte Permanente di Arbitrato).
FASE 2 (FINE PRIMA GUERRA MONDIALE): vede la creazione di una CORTE PERMANENTE
DI GIUSTIZIA INTERNZAIONALE prima e della ICJ poi. Essa ha sede all' Aja (Den
Haag) ed è composta di giudici, eletti dall' Assemblea Generale e dal Consiglio
di Sicurezza. In questa fase e anche
Un cenno a parte merita
a) VIOLAZIONE DEL TRATTATO: in caso di inadempimento da parte di uno stato
membro degli obblighi che derivano dal Trattato CE.
b) CONTROLLO DI LEGITTIMITA' SUGLI ATTI COMUNITARI: I vizi degli atti
vincolanti, se riconosciuti come tali, comportano l'annullamento ex tunc dei
medesimi e sono dati dall' incompetenza dell' organo, dalla violazione delle
forme sostanziali e dalla violazione del Trattato.
c) QUESTIONI PREGIUDIZIALI: il famoso 177 (ricorso incidentale del giudice a
quo alla Corte di Giustizia). Questo per assicurare una uniforme
interpretazione delle norme del Trattato. Nel 1988 è stato istituito il
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE CE per i ricorsi promossi dalle persone fisiche
e giuridiche ai sensi dell' Art.173 Trattato CE.
Caratteri
particolari ha poi
Competenze simili ha
Un sistema assai complesso è quello delle SOLUZIONI DELLE CONTROVERSIE NELL'
AMBITO DELLA WTO. Questo consta sommariamente di due gradi di giudizio, il
primo costituito da PANELS DI ESPERTI, il secondo consistente da un CORPO
PERMANENTE DI APPELLO.
Ci si può chiedere quali mezzi ne assicurino L'ESECUZIONE IN VIA COATTIVA.
L'osservanza di una sentenza internazionale nel diritto interno è assicurata
dalle stesse norme che provvedono all' adattamento alle regole internazionali
di cui la sentenza abbia accertato il contenuto. Può darsi poi che determinati
effetti della sentenza nel diritto interno siano assicurati dalle stesse norme
internazionali (vedi 177).
I MEZZI DIPLOMATICI DI SOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE
INTERNAZIONALI: Essi tendono esclusivamente a facilitare l'accordo, non hanno
carattere vincolante. Essi sono:
1. NEGOZIATI: rappresentano il mezzo più semplice di soluzione delle
controversie.
2. BUONI UFFICI E MEDIAZIONE: quando si verifica l'intervento di uno stato
terzo o un organo supremo di uno stato o di un' organizzazione internazionale.
3. CONCILIAZIONE: La forma diplomatica più evoluta.
Ai mezzi diplomatici vanno ricondotte anche le procedure di carattere non
vincolante poste in essere dalle organizzazioni internazionali. Si parla di
FUNZIONE CONCILIATIVA, esse seguono le stesse procedure fin qui esposte e
possono sfociare in una raccomandazione.
I MEZZI DIPLOMATICI E I MEZZI GIURIDICI esauriscono i MEZZI PACIFICI di
soluzione.
Fra i poteri del Consiglio anche quello di raccomandare i TERMINI DEL
REGOLAMENTO, quindi suggerire come risolvere nel merito la controversia.
E L' ASSEMBLEA GENERALE NU? Anch'essa, in base all' Art.41 può raccomandare misure
di regolamento pacifico, con il solo limite di astenersi dall' intervenire su
questioni di cui si stia occupando il Consiglio.
E IL SEGRETARIO GENERALE NU? Egli agisce come mediatore su autorizzazione del
Consiglio o dell' Assemblea Generale.
E LE ORGANIZZAZIONI REGIONALI? Art.52 esse faranno ogni sforzo necessario per
raggiungere una soluzione pacifica.
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