diritto |
LA NORMA
'INCRIMINATA'
ART. 25 (DLV N.342/99)
Modalità di calcolo degli interessi
1. La rubrica
dell'art. 120 T.u. è sostituita dalla seguente: 'Decorrenza delle
valute e modalità di calcolo degli interessi '.
Dopo il comma 1 dell'art. 120 T.u. è aggiunto il seguente:
2. Il Cicr stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi
sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio
dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in
conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa
periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia
creditori'.
3. Le clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati,
contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore
della delibera di cui al comma 2, sono valide ed efficaci fino a tale data e,
dopo di essa, debbono essere adeguate al disposto della menzionata delibera,
che stabilirà altresì le modalità e i tempi
dell'adeguamento. In difetto di adeguamento, le clausole divengono inefficaci e
l'inefficacia può essere fatta valere solo dal cliente.
LA CORTE COSTITUZIONALE
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
'Nei giudizi
di legittimità costituzionale dell'art. 25, comma 3, del decreto
legislativo 4 agosto 1999, n. 342 (Modifiche al decreto legislativo 1°
settembre 1993, n. 385, recante il testo unico delle leggi in materia bancaria
e creditizia), '
' L'indeterminatezza della fattispecie di cui al comma 3 dell'art. 25
del decreto legislativo n. 342 del 1999 non consente di ricondurre la
denunciata norma nell'àmbito dei princìpi e criteri della legge
di delegazione. Questi, infatti, non possono ragionevolmente interpretarsi come
abilitanti all'emanazione d'una disciplina di sanatoria (per il passato) e di
validazione anticipata (per il periodo compreso tra la data di entrata in
vigore della legge delegata e quella della delibera del CICR) di clausole
anatocistiche bancarie, del tutto avulsa da qualsiasi riferimento ai vizi ed
alle cause di inefficacia da tenere per irrilevanti: quindi - stante il difetto
di distinzioni e precisazioni nella legge delegata - senza una necessaria e
sicura rispondenza (diretta od indiretta) ai princípi e criteri informatori del
testo unico bancario.
Esclusa, pertanto, la possibilità di un'interpretazione adeguatrice
della legge delegata alla legge delegante, deve concludersi - indipendentemente
da ogni considerazione sulla ragionevolezza intrinseca della norma denunciata,
e restando assorbito ogni altro profilo delle sollevate questioni - che la
norma in esame víola l'art. 76 della Costituzione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara
l'illegittimità costituzionale dell'art. 25, comma 3, del decreto
legislativo 4 agosto 1999, n. 342 (Modifiche al decreto legislativo 1°
settembre 1993, n. 385, recante il testo unico delle leggi in materia bancaria
e creditizia);
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell'art. 25, comma 3, del decreto
legislativo 4 agosto 1999, n. 342, sollevata, in riferimento all'art. 76 della
Costituzione, dal Giudice istruttore del Tribunale di Lecce con l'ordinanza in
epigrafe, iscritta al r.o. n. 44 del 2000.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta il 9 ottobre 2000.
TESTO INTEGRALE DELLA
SENTENZA N.425 DEL 09/10/00
DELLA CORTE COSTITUZIONALE
Già, il Giudice Macrì del Tribunale di Catania il 3/2/2000, aveva ordinato in sintesi
'L'art.25 del
decreto legislativo 4 agosto 1999 n.342, modificativo dell'art.12° T.U.
Bancario, non ha applicazione retroattiva per quanto attiene al regime della
capitalizzazione trimestrale degli interessi in quanto prevede che le clausole
relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati sono valide ed
efficaci fino alla data della delibera del CICR che disciplinerà la
materia, senza affermare la validità delle predette pattuizioni per il
periodo antecedente all'entrata in vigore del D.L.vo stesso, talché la norma
non può che riferirsi alle convenzioni stipulate a far data dal 26/10/99
e fino alla delibera del CICR.
Inoltre, il carattere innovativo della norma, rispetto all'art.1283 C.C.,
esclude che possa, senza previsione espressa, operare retroattivamente; che, in
definitiva, il decreto legislativo in questione detta una nuova regola che,
secondo il principio di cui all'art.11 delle preleggi al C.C., opera a partire
dall'entrata in vigore del decreto legislativo stesso'.
Dello stesso tenore le due sentenze della Corte di Cassazione
CORTE DI CASSAZIONE - 1° SEZ. CIVILE
SENT. N.2374 20/05/98-l6/03/99
(testo integrale)
E' nulla la previsione contenuta nei contratti di conto corrente bancario, avente a oggetto la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente - tanto più nel caso di contratti stipulati dopo l'entrata in vigore dell'articolo 4 della legge 17 febbraio 1992 n. 154 che vieta le clausole contrattuali di rinvio agli usi - giacché essa si basa su di un mero uso negoziale e non su di una vera e propria norma consuetudinaria e interviene anteriormente alla scadenza degli interessi.
CORTE DI CASSAZIONE - 3° SEZ. CIVILE
SENT. N.3096 - 30/03/99
(testo integrale)
Contratti bancari - Interessi passivi - Capitalizzazione trimestrale - Uso negoziale - Integrazione del contratto - Esclusione (Cod. civ., art.1289, 1374). La capitalizzazione trimestrale degli interessi da parte della banca sui saldi di conto corrente passivi per il cliente non costituisce uso normativo, ma uso negoziale, come tale inidoneo ad operare automaticamente con effetto integrativo del contratto.
Prima della legge 17/02/1992 n°154 sulla trasparenza quasi tutti gli istituti di credito regolavano (e regolano ancora) i costi con scoperto in conto corrente utilizzando la seguente formula:
Art. 7, comma 1,
'I rapporti di dare ed avere vengono regolati, in via normale, a fine
dicembre di ogni anno, portando in conto gli interessi e le commissioni nella
misura stabilita, nonché le spese postali, telegrafiche e simili e le spese di
chiusura del conto ed ogni eventuale altra, con valuta data di
regolamento'.
Art. 7, comma 2, 'I conti che risultino, anche saltuariamente, debitori
vengono invece chiusi contabilmente, in via normale, trimestralmente e
cioè a fine marzo, giugno, settembre e dicembre di ogni anno, applicando
agli interessi e competenze di chiusure valuta data di regolamento del
conto';
Art. 7, comma 3, 'Gli interessi dovuti dal Correntista all'Azienda di
credito, salvo patto diverso, si intendono determinati alle condizioni
praticate usualmente dalle Aziende di credito sulla piazza, e producono a loro
volta interessi nella stessa misura';
Ciò causa le seguenti VIOLAZIONI
1) Indeterminatezza della pattuizione del tasso di interesse ultralegale con
riferimento all'inesistente parametro delle condizioni praticate usualmente
sulla piazza (art. 7, comma 3);
2) Mancata previsione contrattuale della Commissione di massimo scoperto
trimestrale (art. 7, comma 1, prevede solo commissioni annuali);
3) Illegittima previsione della capitalizzazione trimestrale dell'interesse
(art. 7, comma 2);
4) Mancata regolamentazione delle valute;
5) Mancata regolamentazione delle spese per singola operazione, per chiusura ,
assicurazione, postali, ecc..).
Ed in molti altri casi anche queste altre violazioni:
1. Violazione della legge 7 Marzo 1996 n° 108 (usura) 2. Violazione con gli
art. 85 ed 86 del Trattato istitutivo della CEE 3. Violazione Direttiva
93/13/CEE: norme sulle clausole abusive 4. Mancata indicizzazione dei tassi (in
caso di tasso variabile) 5. Violazione art 117 t.u.l.b. 1/9/93 n.385
L'assurdo della
legge sulla trasparenza e del nuovo testo unico bancario risiede proprio
nell'aver legittimato (ma solo dal luglio 1992) lo ius variandi (art. 117 e 118
T. U. b.).
Se, per i contratti di conto corrente anteriori al 1992, Cassazione ha
sanzionato, con la dichiarazione della nullità della relativa clausola,
l'illegittimità dello ius variandi (con l'inesistente uso piazza la
banca poteva fissare unilateralmente ed a suo piacimento i tassi di interesse),
successivamente il legislatore se da un lato ha imposto alle banche di fissare
i tassi al momento della sottoscrizione del contratto, dall'altro ha permesso
alle stesse di variare arbitrariamente gli stessi nel trimestre successivo.
Quindi, con la c.d. legge sulla trasparenza, se un utente pattuisce per
un'apercredito delle condizioni di costo e, facendo affidamento su
quell'accordo, utilizza il credito, il trimestre successivo può avere la
sorpresa di vedersi modificate tutte le condizioni contrattuali con una
semplice comunicazione o con la pubblicità esposta nei locali della
banca (assurdi sectiunelloni che indicano un'ampia forbice di costi, ma non certo
i costi applicabili al singolo rapporto).
Unica difesa possibile è quella della revoca del rapporto: ma, se non
è in grado di rientrare delle somme utilizzate, deve restare a
'giocare' alle condizioni imposte dalla banca.
L'esercizio dello ius variandi, sarebbe oggetto di contrattazione, ma, in
effetti, lo stesso è inserito in tutti i contratti prestampati
distribuiti da tutte le banche d'Italia: siamo di fronte al solito sectiunello.
Devono, dunque, reputarsi fortunati, coloro che sono in possesso di rapporti di
c/c regolati dai vecchi contratti: questi utenti possono chiedere alla banca il
ricalcolo di tutte le competenze al tasso legale semplice, con esclusione delle
C.M.S. e delle valute.
La prescrizione decennale per la richiesta di ripetizione delle somme, decorre
dalla data di chiusura del conto e non da quella di apertura o di periodi
intermedi.
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