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Gli elementi accidentali del negozio giuridico
A) Nozioni generali
Gli elementi accidentali più importanti sono la condizione, il termine e il modo. La condizione ed il modo possono servire ad attribuire rilevanza giuridica a motivi che non trovano considerazione nell'ambito della struttura tipica del contratto e pertanto resterebbero irrilevanti.
B) La condizione
La condizione è un avvenimento futuro ed incerto, dal quale le parti fanno dipendere o la produzione degli effetti del negozio o l'eliminazione degli effetti che il negozio ha già prodotto. L'espressione «condizione» viene adoperata sia per indicare la clausola condizionale inserita nel negozio, sia l'evento dedotto in condizione per farne dipendere la produzione o la risoluzione degli effetti dell'atto. La condizione può essere: sospensiva, se da essa dipende l'efficacia del negozio, risolutiva, se da essa dipende l'eliminazione degli effetti del negozio.
Esempio di condizione sospensiva: mi impegno a comprare il fondo tusculano al prezzo pattuito se il Comune rilascerà la concessione ad aedificandun. Se invece compro il fondo subito, sotto la condizione che entro un anno non venga rilasciata la concessione ad edificare, il contratto cesserà di avere i suoi effetti, la condizione è risolutiva. Non tutti i negozi giuridici tollerano l'apposizione della condizione: essa è inopponibile al matrimonio, all'accettazione dell'eredità, alla cambiale. Quando un negozio non tollera l'apposizione della condizione si parla di actus legitimus. Dalla condizione così come è stata definita (condicio facti), si distingue la condicio iuris. La condicio facti dipende dalla volontà delle arti, che sono, libere, nello stipulare un atto, di apporla o non apporla secondo la propria valutazione. La condicio iuris costituisce un elemento previsto e stabilito dalla legge, sul quale la volontà delle parti non può influire. Alla condicio iuris non si applicano le regole che si riferiscono alla condicio facti. La condizione, sia essa sospensiva sia risolutiva, si distingue in casuale se il suo avveramento dipende dal caso o dalla volontà di terzi; potestativa se dipende dalla volontà di una delle due parti; mista se dipende in parte dal caso o dalla volontà di terzi, in parte dalla volontà di una delle parti. La condizione potestativa si distingue in meramente potestativa se consiste in un comportamento della stessa parte obbligata, che può tenerlo o meno a suo arbitrio. Circa la condizione meramente potestativa, occorre distinguere: se essa fa dipendere l'alienazione di un diritto o l'assunzione di un obbligo della mera volontà dell'alienante o del debitore, essa rende nullo in negozio a cui è apposta. Se è l'acquisto del diritto o del credito che dipende dalla mera volontà dell'acquirente o del creditore non v'è ragione perché il negozio non sia valido.
ura diversa della condizione è la presupposizione. Ricorre un caso di «presupposizione» quando da un'interpretazione secondo buona fede della volontà negoziale risulta che le parti hanno considerato pacifica e come determinante per la conclusione dell'affare una data situazione di fatto attuale o futura. Dottrina e giurisprudenza sono incerte ed oscillanti. Da un lato vale il principio della irrilevanza dei motivi non dichiarati e della mancanza di qualsiasi orma di legge che attribuisca importanza alla presupposizione; dall'altro il rispetto della buona fede esige di accordare tutela alla parte il cui consenso era strettamente condizionato ad un presupposto noto alla controparte.
La condizione è illecita quando è contraria a norme imperative, all'ordine pubblico, al buon costume. La condizione illecita si considera apposta ai negozi mortis causa; rende invece nullo il negozio tra vivi. La condizione impossibile è quella che consiste in un avvenimento irrealizzabile, o dal punto di vista naturale, o da quello giuridico.
In un negozio condizionato si debbono distinguere due momenti:
pendenza della condizione, l'avvenimento non si è ancora verificato, ma può ancora verificarsi;
avveramento o mancanza della condizione, l'incertezza è eliminata: l'avvenimento si è avverato o è certo che non si può più verificare.
Durante la pendenza della condizione sospensiva il diritto che deriva dal negozio non è ancora nato, vi è la possibilità che esso nasca; durante la pendenza della condizione risolutiva v'è la possibilità che il diritto esso sia perduto dal suo titolare e acquistato dalla controparte. Nel corso della pendenza una delle parti esercita il diritto, mentre l'altra parte non lo esercita, ma ha la speranza di divenirne titolare, se la condizione si verificherà. Questa parte, se non ha un diritto, ha una aspettativa all'acquisto del diritto, aspettativa che è trasmissibile agli eredi.
La condizione si dice avverata (condicio existit), quando si verifica l'evento dedotto. Quando la condizione sospensiva si è verificata, si producono tutte le conseguenze del negozio, con effetto retroattivo al tempo in cui è stato concluso, ossia si considera come se gli effetti si fossero prodotti non già dal momento in cui l'avvenimento dedotto in condizione ha avuto luogo, ma da quello della conclusione del negozio (retroattività della condizione). L'inverso avviene se la condizione è risolutiva. La dottrina denomina questa retroattività come retroattività reale o esterna per distinguerla dalla retroattività obbligatoria. Retroattività reale significa che gli effetti del negozio si considerano verificati o cadutati dal momento della conclusione anche di fronte ai terzi. La retroattività obbligatoria trova applicazione in tema di risoluzione per inadempimento. La retroattività non è un elemento essenziale, ma costituisce un effetto naturale della condizione: essa si fonda sulla presunta volontà delle parti che possono stabilire diversamente. L'irretroattività può dipendere anche dalla natura del rapporto. La retroattività non si applica agli atti di amministrazione compiuti in pendenza della condizione di colui che esercita il diritto, perché questi atti tendono alla conservazione della cosa. La retroattività non si applica ai frutti che siano stati percepiti durante il periodo di pendenza della condizione.
C) Il termine
Il termine consiste in un avvenimento futuro e certo, dal quale (termine iniziale) o fini al quale (termine finale) debbono prodursi gli effetti del negozio. Il termine differisce dalla condizione per il carattere di certezza del verificarsi dell'avvenimento: questo è anch'esso futuro ma non vi è alcun dubbio circa il suo avvenimento. Il termine si distingue in determinato (il giorno di Natale o di Pasqua del 1990) e indeterminato (il giorno della mia morte). Tenendo conto della possibilità d'incertezza sull'avverarsi dell'avvenimento si distinguono quattro ipotesi: 1) dies certus an et quando (che giungerà e quando giungerà): il 5 aprile 1990 (termine determinato); 2) dies certus an et incertus quando (il giorno della mia morte, termine indeterminato); 3) dies incertus an et centrus quando (il giorno in cui compirò 50 anni, ma non è certo che arrivi, potendo morire prima); 4)incertus an et quando (il giorno in cui prenderà la laurea, se la prenderò). Come vi sono negozi che non tollerano l'apposizione di condizioni, ve ne sono che non ammettono apposizione di termine: anch'essi si chiamano actus legitimi: es. matrimonio, l'accettazione o la rinunzia dell'eredità. Quello di cui ci siamo finora occupati è denominato termine di efficacia del negozio, ed è distinto dal termine di adempimento o di scadenza. Se ti do in locazione un appartamento dal 1° gennaio 1996 (termine iniziale) al 31 dicembre 1997 (termine finale), il termine determina il periodo in cui il rapporto deve produrre i suoi effetti (termine di efficacia). Se, invece, pattuisco la somma data in prestito (mutuo) mi deve essere restituita il 31 dicembre 1993, si ha un esempio di termine di adempimento o di scadenza.
La condizione potestativa a parte debitoris rende nullo il negozio, è valido, invece, il negozio con termine rimesso alla volontà del debitore (termine potestativo): spetterà al giudice di fissare, secondo le circostanze, il momento in cui il negozio comincerà ad avere efficacia. Anche in relazione al termine si distinguono due momenti: pendenza e scadenza. Durante la pendenza, il diritto non può essere esercitato, perché il termine ha appunto lo scopo di differirne l'esercizio. Con la scadenza del termine si verificano gli effetti del negozio, ma essi non retroagiscono, come nella condizione. È stata proprio ed appunto la volontà delle parti a volere che gli effetti stessi si verifichino in un momento successivo alla conclusione del negozio.
D) Il modo
Natura
Il modo è una clausola accessoria che si appone a una liberalità allo scopo di limitarla. La limitazione può consistere in un obbligo di dare, di fare o di non fare. Il modo riduce gli effetti dell'attribuzione patrimoniale, ma non ne costituisce un corrispettivo: fuori senso sarebbe pensare ad un corrispettivo rispetto al testamento; ma anche nella donazione modale non si mira ad uno scambio, per esempio tra ciò che è donato e la costruzione dell'ospedale. Invece il donante vuole beneficiare il donatario. Se il modo costituisce una limitazione della liberalità, non rappresenta la causa del negozio, che resta l'attribuzione a titolo gratuito, ma un motivo di particolare rilevanza, che non sempre ha valore determinante della volizione. Perciò il modo non esclude il carattere gratuito del negozio. Il modo si distingue dalla semplice raccomandazione o dal semplice desiderio, che rappresenta un dovere morale per che riceve l'attribuzione patrimoniale: dell'interpretazione della volontà risulterà se il donante o il testatore abbia voluto imporre un vero obbligo giuridico o fargli una pura e semplice raccomandazione. Il modo si distingue anche dalla condizione sospensiva, in quanto questa non produce un obbligo a carico della persona, e, il modo non sospende, a differenza della condizione sospensiva, l'efficacia del negozio. Se costruisci un ospizio per i poveri, ti dono un miliardo, la donazione è sottoposta a condizione sospensiva; tu, anche dopo la donazione sarai libero o meno di costruire l'ospizio, ma non avrai il miliardo se non quando avrai costruito l'ospizio. Se, invece, ti dono un miliardo con l'obbligo di costruire uno ospizio, tu riceverai subito il miliardo ma sarai obbligato a costruirlo.
Poiché il modo costituisce un motivo, si applica al modo illecito (ti dono una somma ma devi uccidere un mio nemico) e al modo impossibile la disciplina che la legge adotta rispetto al motivo illecito negli atti a titolo gratuito. L'onere impossibile o illecito , sia che si tratti di liberalità inter vivos che mortis causa, si ha per non apposto, a meno che esso non risulti essere stato il solo motivo determinante.
La disciplina che il codice stabilisce in ordine all'adempimento e all'inadempimento del modo è in correlazione con la sua natura giuridica. Il modo non è un consiglio, una raccomandazione, ma costituisce un obbligo giuridico. Circa gli effetti dell'inadempimento, giova ricordare che il modo non inerisce alla causa del negozio e non si confonde con il corrispettivo, che caratterizza i negozi a titolo oneroso. Perciò non si applicano all'inadempimento del modo le regole relative alla risoluzione dei contratti a prestazioni corrispettive. La risoluzione del negozio ha luogo, soltanto quando il modo ha assunto un tale rilievo nella volizione del testatore o del donante da essere prevista nell'atto come conseguenza dell'inadempimento dell'obbligo. Se poi il modus è apposto in un testamento, riaffiora la tendenza legislativa ad attribuire risalto alla volontà, del testatore; la risoluzione può essere pronunciata dal giudice, se l'adempimento dell'onere ha costituito il solo motivo determinante della disposizione.
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