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I DIRITTI RELATIVI

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I DIRITTI RELATIVI

A) Le obbligazioni


Il rapporto obbligatorio

Nozione

L'obbligazione è un rapporto tra due parti in virtù del quale una di esse (debitore) è obbligata ad eseguire una prestazione a favore dell'altra parte (creditore). Mentre il diritto reale è opponibile a terzi, il diritto di credito può essere fatto valere solo nei confronti del debitore che, risponde dell'inadempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri.

L'obbligazione naturale

Si distingue dall'obbligazione "civile" (il debitore è vincolato giuridicamente all'esecuzione della prestazione), quella "naturale" (il debitore naturale è obbligato solo di un piano morale o sociale ad eseguire una attribuzione patrimoniale a favore di un altro soggetto). Ipotesi di obbligazioni naturali sono il debito prescritto ed il debito di gioco. Tali obbligazioni (art. 2034), non producono altro effetto che quello dell'irripetibilità di ciò che è stato ato (il debitore non può ottenerne la restituzione).



Fonti delle obbligazioni

Fonte dell'obbligazione può essere il contratto, l'atto illecito ed ogni altro atto idoneo a produrla secondo l'ordinamento.


Gli elementi del rapporto obbligatorio

I soggetti

Elementi del rapporto giuridico sono anzitutto i soggetti e la prestazione (condotta o comportamento del debitore). I soggetti sono il creditore o soggetto attivo, e il debitore o soggetto passivo. Di regola sono entrambi determinati all'epoca in cui il vincolo sorge.

L'obbligazione solidale

Può verificarsi l'ipotesi che vi sia una pluralità di soggetti, o attivi o passivi. Se il creditore può pretendere da ogni debitore solo la sua parte, l'obbligazione si dice parziaria; se invece da uno di essi può pretendere l'intero, l'obbligazione si chiama solidale. In tal caso, l'adempimento da parte di uno libera gli altri; il condebitore solidale, però, può agire contro gli altri condebitori (azione di regresso) affinché ciascuno gli rimborsi la sua parte (art. 1299). Questa è la solidarietà passiva. Ma la solidarietà può anche essere attiva: ciò si verifica se, in caso di pluralità di creditori, ciascuno può pretendere l'intero, ma l'adempimento fatto nelle mani di uno di essi libera il debitore verso tutti.

Divisibilità e indivisibilità dell'obbligazione

Diversa è l'obbligazione indivisibile, in cui il diritto di richiedere e l'obbligo di prestare l'intero derivano dalla natura della prestazione che ha per oggetto una cosa che non è suscettibile di essere ridotta in parti per sua natura (es. cavallo vivo) (indivisibilità oggettiva) o per la volontà delle parti (indivisibilità soggettiva).

La prestazione

La prestazione cui il debitore è obbligato può consistere in un dare (una somma di denaro), in un fare (eseguire un'opera o un servizio) o in un non fare. Con il termine prestazione si intende tanto il comportamento dovuto (c.d. obbligazioni di mezzi, in quanto il debitore, attraverso il suo comportamento, non garantisce la realizzazione di uno specifico risultato), quanto il risultato di quel comportamento (c.d. obbligazioni di risultato). La prestazione si dice infungibile quando assumono rilievo le qualità personali dell'obbligato, si dice fungibile quando ciò è irrilevante. La prestazione dovuta deve avere carattere patrimoniale, vale a dire che deve essere suscettibile di valutazione economica (art. 1174). Perché un'obbligazione sia validamente assunta occorre che la prestazione dovuta sia: a) possibile: ad es. non sorge l'obbligazione di consegnare una cosa inesistente; b) lecita: ad es. è certamente illecito l'impegno di non sposarsi; c) determinata: nel senso che siano determinati (dalle parti o dalla legge) i criteri per giungere alla sua specifica determinazione.

L'oggetto

Oggetto dell'obbligazione è la prestazione dovuta. Con riferimento alle obbligazioni di dare si distinguono le obbligazioni generiche, quando il debitore è tenuto a dare cose non ancora individuate ed appartenenti ad un genere (cento quintali di grano), dalle obbligazioni specifiche, quando il debitore è tenuto a dare una cosa determinata (questa automobile).

Le obbligazioni pecuniarie

L'obbligazione pecuniaria - consistente nell'obbligo di procurare al creditore una somma di denaro - è l'obbligazione di gran lunga più frequente e per estinguerla occorre utilizzare moneta avente corso legale nello Stato al tempo del amento (art. 1277). Quando il debitore non è tenuto a are contestualmente al sorgere del debito, l'obbligazione si dice a termine, ossia va adempiuta dopo un certo intervallo di tempo rispetto al momento in cui è sorta. Per la restituzione, nel nostro ordinamento, vale il c.d. principio nominalistico, ossia il principio per cui il debitore si libera ando, alla scadenza, la medesima quantità di moneta inizialmente fissata, indipendentemente dal fatto che, nel frattempo, il potere d'acquisto del denaro sia più o meno diminuito (il creditore può cautelarsi mediante, ad esempio, la pattuizione degli interessi). Il principio, si applica con certezza ai crediti liquidi, ossia già determinati nel loro ammontare; non altrettanto può dirsi per i crediti illiquidi, ossia per quei crediti dei quali non risulti ancora fissato il concreto quantum dovuto.

Gli interessi

Gli interessi formano oggetto di obbligazione pecuniaria accessoria che, cioè, si aggiunge (quale frutto civile) ad un'obbligazione pecuniaria avente carattere principale (capitale); in altre parole, il debitore di una somma di danaro è tenuto a corrispondere, oltre l'ammontare di questa, un'altra quantità di danaro, la cui entità varia in funzione del tasso di produzione degli interessi. Gli interessi possono essere: a) legali. Secondo il codice, i crediti liquidi ed esigibili di somme di danaro producono interessi di pieno diritto; b) convenzionali. Si dicono "convenzionali" quando sono le parti stesse, nel titolo costitutivo dell'obbligazione, a pattuire il versamento degli interessi; c) moratori: quando il debitore di una somma di danaro è in mora, ossia è in ritardo nel amento, deve al creditore, a titolo di risarcimento del danno, almeno gli interessi legali; d) usurari: sono quelli superiori ai tassi medi praticati da banche e intermediari finanziari e quelli che superano del 50% i saggi pubblicati. Ove siano convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi. In linea di principio è proibito l'anatocismo, ossia la capitalizzazione degli interessi dovuti affinché questi producano a loro volta nuovi interessi.

Obbligazioni alternative

Può avvenire che due o più siano le prestazioni previste, ma il debitore possa liberarsi eseguendone una sola. Per esempio, in un concorso a premio, il vincitore può scegliere tra una motocicletta o una crociera. In tal caso l'obbligazione si dice alternativa. Se le parti non hanno stabilito diversamente, la scelta spetta al debitore. L'obbligazione alternativa si distingue da quella facoltativa: in questa una sola è la prestazione prevista, e l'obbligazione è semplice.


Modificazione dei soggetti dell'obbligazione

Premessa

I soggetti originari del rapporto obbligatorio possono essere sostituiti nel corso di tale rapporto: ad es. in caso di morte del creditore o del debitore. Tale modificazione viene denominata attiva se riguarda il creditore, e passiva se, al contrario, riguarda il debitore.

A) Modificazioni nel lato attivo del rapporto obbligatorio

La cessione del credito

Si parla di "cessione" del credito (art. 1260) sia per indicare il contratto con il quale il creditore (cedente) pattuisce con un terzo (cessionario) il trasferimento in capo a quest'ultimo del suo diritto verso il debitore (ceduto); sia per indicare l'effetto di tale contratto e cioè, il trasferimento del credito in capo al cessionario. Ogni credito può formarne oggetto purché non sia strettamente personale, non sia vietato dalla legge, o la cui cessione non sia stata esclusa dalle parti.

Efficacia della cessione

Affinché la cessione abbia efficacia nei confronti del debitore, occorre che a quest'ultimo venga notificata. Ove il debitore abbia conoscenza della cessione e a comunque al cedente, può essere costretto dal cessionario ad un nuovo amento. L'accettazione o la notificazione servono inoltre ad attribuirle efficacia di fronte a terzi. Con la cessione, modificato il soggetto attivo, l'obbligazione rimane inalterata.

Rapporti tra cedente e cessionario

Se la cessione è a titolo oneroso il cedente è tenuto a garantire l'esistenza del credito e, a volte, anche la solvenza del debitore. Quando la cessione sia stata effettuata per estinguere un debito del cedente verso il cessionario (art. 1198), si presume che la liberazione del cedente si verifichi solo quando il cessionario abbia ottenuto il amento dal debitore ceduto.

Il contratto di factoring

Il factoring è una ura negoziale di matrice anglosassone regolata dalla legge 21 febbraio 1991, n. 52 ("Disciplina della cessione dei crediti di impresa"). Con questo contratto, un'impresa specializzata (il factor) si impegna - contro amento di una "commissione" - a gestire, per conto di un'impresa cliente, l'amministrazione (contabilizzazione, riscossione, ecc.) di tutti o di parte dei crediti di cui quest'ultima diventa titolare verso i propri clienti. L'applicazione di tale legge è prevista soltanto a favore di una banca o di un "intermediario finanziario", il cui oggetto sociale preveda l'esercizio dell'attività di acquisto di crediti d'impresa. Tale cessione riguarda i crediti pecuniari, i crediti di "massa" e i crediti "futuri", cioè ceduti anche prima che siano  stipulati i contratti dai quali sorgeranno.

Altre ure di successione nel lato attivo

Altre ure di successione nel lato attivo sono la delegazione attiva e la surrogazione per amento. La prima, è un accordo tra creditore, debitore e un terzo, con il quale il creditore dà mandato al debitore, che accetta, di are al terzo. A differenza della cessione del credito, il debitore partecipa direttamente all'accordo.

B) Modificazioni nel lato passivo

Principi generali

La sostituzione del soggetto passivo, oltre che nei casi di successione universale, di cessione del contratto, di cessione d'azienda, può realizzarsi mediante delegazione passiva, della espromissione e dell'accollo. La sostituzione del debitore non è possibile senza l'espressa volontà del creditore.

La delegazione

Si ha delegazione quando una persona (delegante) ordina o invita un'altra persona (delegato) ad eseguire o a promettere di eseguire un determinato amento a favore di un terzo soggetto (delegatario). E' perciò un'operazione trilaterale. La delegazione di amento si ha quando il delegante invita il delegatario ad effettuare senz'altro un amento (es. assegno bancario). Il amento del delegato al delegatario vale giuridicamente come effettuato dal delegante al delegatario (rapporto di valuta), ma vale altresì come effettuato dal delegato al delegante (rapporto di provvista). Nella delegazione a promettere, il delegante invita il delegato di assumere l'obbligo di effettuare successivamente un determinato amento al delegatario (es. la cambiale tratta). La liberazione del delegante (insieme al delegato) dal debito si avrà soltanto con l'adempimento (delegazione cumulativa), anche se, il delegatario può, con un espressa dichiarazione, liberare subito il delegante (delegazione liberatoria).

L'espromissione

E'il contratto con il quale il creditore e un terzo convengono che il terzo si assuma il debito dell'obbligato originario. Ciò che differisce l'espromissione dalla delegazione è la spontaneità dell'iniziativa del terzo. Anche l'espromissione può essere cumulativa e liberatoria.

L'accollo

E' un contratto tra il debitore (accollato) e un terzo (accollante), con il quale quest'ultimo assume a proprio carico l'onere di procurare il amento al creditore (accollatario). Esistono due specie di accollo:

l'accollo interno, che si ha quando le parti non intendono attribuire nessun diritto al creditore verso l'accollante;

l'accollo esterno, che si ha quando l'accordo si presenta a favore del creditore (accollatario), cosicché può essere modificato o posto nel nulla da quest'ultimo. Anche l'accollo esterno può essere cumulativo e liberatorio.


L'estinzione dell'obbligazione

I modi di estinzione

L'obbligazione è un rapporto temporaneo, destinato ad estinguersi attraverso fatti giuridici. Il tipico fatto estintivo è l'adempimento, ossia la realizzazione della prestazione dovuta. L'obbligazione, comunque, può estinguersi anche se non si adempiuta: ciò accade in caso di compensazione, confusione, novazione, remissione ed impossibilità sopravvenuta.

L'adempimento

L'esatto adempimento

L'adempimento è l'esatta realizzazione della prestazione dovuta. Il debitore deve usare la diligenza del "buon padre di famiglia" (art. 1176), ossia dell'uomo medio e, può adempiere personalmente o per mezzo di ausiliari, del cui comportamento è responsabile. Per valutare la regolarità dell'adempimento bisogna tener conto:

del destinatario del amento: il debitore deve eseguire il amento nelle mani del creditore, se questi ha la capacità (legale) di ricevere, altrimenti, in quelle del suo rappresentante o, ancora, ad una persona che il creditore gli abbia indicato (delegatario);

del luogo dell'adempimento: è di regola determinato nel titolo costitutivo del rapporto (es. testamento), o dagli usi o dalla natura stessa della prestazione. Qualora tali principi non soccorrano, esistono delle norme suppletive, in forza delle quali l'obbligazione va adempiuta nel luogo in cui si trovava la cosa quando l'obbligazione è sorta;

del tempo dell'adempimento: se l'obbligazione ha carattere di durata, occorre determinare il momento iniziale e finale della prestazione; se ha carattere istantaneo è indicato nel titolo costitutivo dell'obbligazione, altrimenti, il creditore può immediatamente pretendere il amento.

Il debitore decade dal termine fissato, ossia il creditore può agire in giudizio come se il termine fosse già scaduto, qualora il debitore sia divenuto insolvente o abbia diminuito le garanzie date.

Limitazioni all'uso del contante

Anche in Italia è stata introdotta (con il D.L. 3 maggio 1991, n. 143) una disciplina per combattere il "riciclaggio" di denaro "sporco": sono stati imposti limiti all'uso di denaro "contante" o di titoli di credito al portatore (utilizzati solo per effettuare versamenti entro i 20 milioni di lire), mentre per amenti superiori occorre avvalersi di intermediari "abilitati" (banche). Le violazioni degli obblighi determinano sanzioni amministrative e penali.

Adempimento del terzo (limiti)

Per il creditore è indifferente se la prestazione viene eseguita dal debitore o da un terzo, salvo che la prestazione sia infungibile. Se invece è fungibile, non può rifiutare la prestazione, salvo che il debitore gli abbia comunicato la sua opposizione.

Imputazione del amento

Se una persona, che ha più debiti della medesima specie verso la stessa persona, fa un amento che non comprenda la totalità dei debiti, può dichiarare quale di questi, vuole estinguere. In mancanza di tale dichiarazione il amento deve essere imputato al debito scaduto; tra più debiti scaduti, a quello meno garantito; tra più debiti ugualmente garantiti, al più oneroso; tra più debiti ugualmente onerosi, al più antico, altrimenti, l'imputazione va fatta proporzionalmente ai vari debiti.

Il amento con surrogazione

Il amento può anche dar luogo alla sostituzione del creditore con un'altra persona (surrogazione). In tal caso l'obbligo non si estingue, ma muta direzione, in quanto all'originario creditore si sostituisce un altro creditore. La surrogazione può avvenire per volontà del creditore che, ricevendo il amento da un terzo, può dichiarare espressamente di volerlo far subentrare nei propri diritti verso il debitore; o per volontà del debitore che, prendendo a mutuo una somma di denaro al fine di are il debito, può surrogare il mutuante nella posizione del creditore; o per volontà della legge nei vari casi elencati nell'articolo 1203 del codice civile.

La prestazione in luogo di adempimento

Il creditore, avendo diritto all'esatta esecuzione della prestazione, può legittimamente rifiutare una prestazione diversa. Tuttavia, può accettare ciò: in questo caso, il contratto realizza il suo scopo soltanto quando il debitore esegua la prestazione sostitutiva.

La cooperazione del creditore nell'adempimento e la mora credendi

A volte per la realizzazione dell'adempimento è necessaria la cooperazione del creditore (ad es. nella consegna della cosa). Aiuto che, talvolta, il creditore non è disposto a dare: ad es., per ottenere la risoluzione del contratto o per continuare a percepire interessi. In questi casi si profila la ura della mora del creditore (mora credendi), che ha luogo quando il creditore senza legittimo motivo rifiuta il amento del debitore, oppure omette di compiere gli atti preparatori per il ricevimento della prestazione. Perché si abbia mora credendi, è necessario che il debitore faccia al creditore offerta della prestazione; offerta che si distingue in:

solenne, compiuta, secondo le prescrizioni stabilite nell'art. 1208, da un pubblico ufficiale;

secondo gli usi, in cui gli effetti della mora si verificano dal giorno del deposito delle cose dovute.

Occorre distinguere l'offerta non formale (fatta per es. mediante lettera), che vale ad escludere la mora debendi (del debitore).

I modi di estinzione diversi dall'adempimento

La compensazione

Quando tra due persone intercorrono rapporti obbligatori reciproci, tali rapporti possono estinguersi, in modo totale o parziale, senza bisogno di provvedere ai rispettivi adempimenti, mediante "compensazione". La legge prevede tre tipi di compensazione:

compensazione legale. Essa richiede omogeneità delle prestazioni dovute (i due crediti debbono avere per oggetto una quantità di cose fungibili dello stesso genere), liquidità di entrambi i crediti (il loro ammontare deve essere già determinato), esigibilità dei crediti stessi;

compensazione giudiziale. Il giudice, di fronte a due crediti omogenei ed entrambi esigibili, ma di cui uno solo è liquido, può dichiarare l'estinzione dei due crediti a condizione che il credito non ancora liquido sia di facile e pronta liquidazione;

compensazione volontaria. In questo caso i debiti reciproci si estinguono soltanto in forza di uno specifico contratto, con il quale le parti rinunciano ai rispettivi crediti.

La confusione

Qualora le qualità di creditore e debitore vengano a trovarsi riunite nella stessa persona, l'obbligazione si estingue; ciò può accadere, ad es., perché il creditore diventa erede del debitore o viceversa.

La novazione

La novazione è un contratto con il quale i soggetti di un rapporto obbligatorio sostituiscono un nuovo rapporto a quello originario. Se la sostituzione riguarda la persona del debitore, la novazione si dice soggettiva. Se viene modificato l'oggetto o il titolo si dice oggettiva. Gli elementi che la caratterizzano sono due: uno oggettivo, consistente nella modificazione dell'oggetto o del titolo, e uno soggettivo, la volontà di estinguere l'obbligazione precedente. Se l'obbligazione precedente era nulla, la novazione è senza effetto.

La remissione

La remissione è la rinunzia del creditore al credito. Essa consiste in un negozio unilaterale recettizio, che produce effetto quando la dichiarazione è comunicata al debitore, il quale, può dichiarare di non volerne profittare.

L'impossibilità sopravvenuta

L'impossibilità sopravvenuta estingue l'obbligazione liberando il debitore, se essa dipende da causa non imputabile al debitore (caso fortuito o forza maggiore). L'effetto estintivo si verifica se l'impossibilità ha carattere definitivo. Se la prestazione ha per oggetto una cosa determinata e diviene impossibile per causa imputabile ad un terzo, il debitore non incorre in responsabilità, ma è tenuto a dare al creditore quanto abbia conseguito dal terzo a titolo di risarcimento.


L'inadempimento e la mora

L'inadempimento

Se il debitore non esegue la prestazione è inadempiente. L'inadempimento può essere conseguenza di una precisa scelta del debitore, di una sua incapacità (finanziaria), di errori, di negligenza. L'inadempimento imputabile può concretarsi o in un inadempimento assoluto (quando l'adempimento non potrà più verificarsi), o in un inadempimento relativo (quando la prestazione non è stata ancora eseguita ma può ancora verificarsi) o in un adempimento inesatto (quando la prestazione eseguita differisce qualitativamente o quantitativamente da quella dovuta).

La mora del debitore

La mora è il ritardo, o l'inadempimento relativo. Può verificarsi ex re, ossia automaticamente, o ex persona, mediante un atto di costituzione in mora, con cui il creditore richiede per iscritto l'adempimento. Si ha mora ex re:

quando l'obbligazione deriva da fatto illecito;

se il debitore dichiara per iscritto di non voler adempiere;

se l'obbligazione è a termine e la prestazione dev'essere eseguita al domicilio del creditore.

Nelle altre ipotesi, perché la mora si verifichi è necessaria un'intimazione o una richiesta per iscritto (mora ex persona) del creditore.

Gli effetti della mora debendi

Gli effetti della mora debendi sono l'obbligo di risarcire il danno ed il passaggio del rischio. Se, cioè, il debitore non è in mora, il rischio è a carico del creditore, nel senso che se la prestazione diviene impossibile per causa non imputabile al debitore l'obbligazione si estingue. Viceversa, se il debitore è in mora, il rischio è a suo carico.

La responsabilità per danni

La conseguenza sanzionatoria principale dell'inadempimento è l'obbligo di risarcire al creditore il danno arrecatogli. Se l'inadempimento è assoluto, la prestazione risarcitoria si sostituisce a quella originariamente dovuta (la quale non può più essere eseguita); se invece, l'inadempimento è relativo, la prestazione risarcitoria si aggiunge a quella originaria. In ogni caso il risarcimento deve comprendere "così la perdita subita dal creditore ("danno emergente"), come il mancato guadagno ("lucro cessante")". Ovviamente grava sul creditore, l'onere di provare i singoli fattori lesivi. Dal giorno della mora il debitore che non abbia puntualmente ato la somma dovuta è tenuto automaticamente a are gli interessi moratori. La liquidazione del danno - convenzionale, quando le parti si mettono amichevolmente d'accordo, o giudiziale, quando il creditore è costretto a richiedere al giudice di stabilire l'importo dovuto - dev'essere diminuita se a determinare il danno ha concorso il fatto colposo del creditore.

Differenza tra mora del debitore e mora del creditore

Anche nella mora credendi vi è un ritardo che dipende dal creditore. Questa mora non estingue l'obbligazione. Se il creditore è in mora, il debitore non deve più gli interessi, né i frutti della cosa e può pretendere il risarcimento dei danni, oltre il rimborso delle eventuali spese sostenute per la custodia della cosa dovuta.


La responsabilità patrimoniale del debitore

La garanzia generica

Il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Infatti, se il debitore non adempie, il creditore può promuovere il processo esecutivo sui beni del debitore, facendoli espropriare. Si suole dire che tutto il patrimonio del debitore costituisce una garanzia generica.

Concorso di creditori e cause di prelazione

Se vi sono più creditori, tutti hanno uguale diritto di soddisfarsi con il ricavato della vendita dei beni del debitore (parità di trattamento tra i creditori) in base all'entità del credito. Tuttavia, ad alcuni creditori la legge assicura il soddisfacimento a preferenza degli altri. Le cause legittime di prelazione, ossia le cause in virtù delle quali la legge assicura questa preferenza, sono i privilegi, il pegno e l'ipoteca.

Il privilegio

Il privilegio è la prelazione che la legge accorda in considerazione della causa del credito. Alcuni creditori sono, cioè, considerati dal legislatore con particolare favore e sono preferiti, nella distribuzione del ricavato della vendita dei beni, ai creditori chirografari, non assistiti cioè da cause di prelazione. Il privilegio è generale (su tutti i beni mobili del debitore) o speciale (su determinati beni mobili o immobili). Il primo non attribuisce il diritto di sequela; il secondo costituisce invece un diritto reale di garanzia. Il pegno è preferito al privilegio speciale sui mobili, il privilegio speciale sugli immobili è preferito all'ipoteca.


I diritti reali di garanzia (pegno ed ipoteca)

A) Caratteri generali e comuni

Natura

Sono entrambe cause legittime di prelazione, sono diritti reali e, in quanto tali, hanno l'elemento dell'assolutezza, in quanto sono opponibili a tutti. Inoltre attribuiscono al creditore il diritto di sequela, cioè il potere di esercitare la garanzia, espropriando il bene e soddisfacendosi sul prezzo ricavato dalla vendita. Appartengono alla categoria dei diritti reali su cosa altrui e differiscono dai diritti reali di godimento perché mentre quest'ultimi limitano il potere di godimento del proprietario, essi limitano il potere di disposizione. Si differenziano inoltre dal privilegio speciale: i privilegi sono infatti stabiliti dalla legge, mentre essi sono frutto della volontà privata (hanno infatti bisogno di un proprio titolo costitutivo).

Pegno ed ipoteca: differenze

La differenza tra il pegno e l'ipoteca sta nel fatto che nel pegno il possesso della cosa passa al creditore, nell'ipoteca rimane al debitore. Inoltre, il pegno ha per oggetto cose mobili, mentre l'ipoteca ha per oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari: tra i beni mobili possono essere sottoposti ad ipoteca soltanto i mobili registrati e le rendite dello Stato.

Il patto commissorio

Pegno e ipoteca assicurano al creditore la soddisfazione del credito. La legge tutela il debitore contro il rischio che, confidando di poter riuscire a are il debito, accetti di pattuire, per il caso di mancato adempimento, l'automatico trasferimento in favore del creditore della proprietà del bene concesso in garanzia. Per far ciò, sancisce la nullità di tale patto (detto commissorio). Di regola invece, la cosa ipotecata o pignorata, va venduta agli incanti (vendita pubblica al miglior offerente) e il ricavato serve per soddisfare il creditore. Pegno e ipoteca attribuiscono perciò al creditore soltanto la facoltà di espropriare la cosa e la preferenza rispetto agli altri creditori.

B) Il pegno

Natura

Il pegno è un diritto reale su una cosa mobile del debitore o di un terzo, che il creditore può acquistare mediante un apposito contratto con il proprietario a garanzia del suo credito. Possono inoltre essere concessi in pegno crediti, universalità di mobili e altri diritti (es. usufrutto) aventi per oggetto beni mobili. E' vietato invece il suppegno, ossia il pegno che abbia per oggetto un altro diritto di pegno. Il pegno attribuisce al creditore in primo luogo una prelazione, sul ricavato della vendita coatta del bene costituito in pegno, rispetto ai creditori chirografari (cioè non assistiti da pegno, ipoteca o privilegio). Inoltre, a volte, a garanzia del soddisfacimento di un credito, vengono consegnate cose fungibili: il creditore ne acquista la disponibilità e diviene debitore della somma e l'istituto assume il nome di pegno irregolare.

Costituzione

Affinché il pegno sia opponibile ai terzi, e possa essere valido come garanzia di un credito, è necessario che:

il contratto costitutivo risulti da atto scritto;

che la scrittura abbia data certa;

che nella scrittura risultino indicati sia il credito garantito ed il suo ammontare, sia il bene dato in pegno che, deve essere consegnato al creditore o ad un terzo di comune fiducia.

Effetti del pegno

Gli effetti prodotti dalla costituzione del pegno sono:

il creditore ha diritto di trattenere la cosa affidatagli in pegno, ma ha l'obbligo di custodirla;

il pegno non attribuisce altro potere se non la funzione di garanzia;

il creditore può chiedere la vendita dei beni del debitore e l'assegnazione della cosa (valida come amento) sino all'estinzione del debito.

C) L'ipoteca

Natura

L'ipoteca è un diritto reale di garanzia, che attribuisce al creditore il potere di espropriare il bene sul quale l'ipoteca è costituita e di essere soddisfatto con preferenza sul ricavato dell'espropriazione. L'ipoteca presenta, in comune con il pegno, i seguenti ulteriori requisiti:

specialità, in quanto non può cadere se non sui beni determinati;

indivisibilità significa che, se a garanzia di un solo credito sono ipotecati più beni, il creditore può a sua scelta fare espropriare uno qualsiasi di essi e soddisfarvi l'intero credito.

Inoltre l'ipoteca continua a sussistere anche se il debitore ha ato una parte del debito. Indispensabile è poi la pubblicità: non esistono ipoteche occulte. La pubblicità dell'ipoteca ha carattere costitutivo: il diritto d'ipoteca si costituisce mediante l'iscrizione nei pubblici registri.

Oggetto dell'ipoteca

Oggetto d'ipoteca possono essere gli immobili con le loro pertinenze, i mobili registrati (navi) e le rendite dello Stato e anche i diritti reali di godimento su beni immobili.

Ipoteca legale

L'ipoteca può essere iscritta in forza di una norma di legge (ipoteca legale), in forza di una sentenza (ipoteca giudiziale) o in forza di un atto di volontà del debitore (ipoteca volontaria). L'ipoteca legale attribuisce a determinati creditori il diritto di ottenere, senza o anche contro la volontà del debitore, l'iscrizione dell'ipoteca sui beni. L'ipoteca legale spetta:

all'alienante sopra gli immobili alienanti, per l'adempimento degli obblighi derivanti a carico dell'acquirente dall'atto di alienazione (es. per il amento del prezzo) (ipoteca dell'alienante);

ai coeredi, ai soci e agli altri condividenti per il amento dei conguagli (ipoteca del condividente).

Ipoteca giudiziale

In questo caso il creditore non ha diritto di chiedere unilateralmente l'iscrizione di un'ipoteca a carico di beni del debitore, a meno che non ottenga una sentenza esecutiva che condanni il debitore. In tal caso, ha diritto di ottenere l'ipoteca anche senza il consenso del debitore.

Ipoteca volontaria

L'ipoteca volontaria può essere iscritta in base a contratto o anche a dichiarazione unilaterale di volontà del concedente, dove, deve essere indicato l'immobile su cui si concede ipoteca.

La pubblicità ipotecaria

Dalla natura costitutiva dell'iscrizione deriva un'importante conseguenza: l'ordine di preferenza tra le varie ipoteche è determinato non già dalla data del titolo, ma da quella dell'iscrizione. Ogni iscrizione riceve un numero d'ordine: questo numero determina il grado dell'ipoteca. Non è vietato lo scambio del grado tra creditori ipotecari, purché esso non leda i creditori aventi gradi successivi. Se il negozio costitutivo, o titolo di concessione dell'ipoteca, è nullo o annullabile, nulla o annullabile è anche l'iscrizione.

L'iscrizione

La pubblicità ipotecaria si attua mediante gli atti d'iscrizione, annotazione, rinnovazione, cancellazione. L'iscrizione è l'atto con il quale l'ipoteca prende vita. Essa si esegue nell'ufficio dei registri immobiliari del luogo in cui si trova l'immobile.

L'annotazione

L'annotazione serve a rendere pubblico il trasferimento dell'ipoteca a favore di altra persona. Resa pubblica, la cancellazione dell'ipoteca non si può eseguire senza il consenso dei titolari dei diritti indicati nell'annotazione.

La rinnovazione

L'iscrizione dell'ipoteca conserva il suo effetto per venti anni dalla sua data. La rinnovazione serve ad evitare che si verifichi l'estinzione dell'iscrizione: essa deve eseguirsi prima che i venti anni siano decorsi, altrimenti l'ipoteca si può di nuovo iscrivere.

La cancellazione

La cancellazione estingue l'ipoteca ed ha luogo di regola quando il credito è estinto o quando il creditore rinunzia all'ipoteca. Può essere consentita dal creditore o essere ordinata dal giudice.

Il terzo acquirente del bene ipotecato

L'ipoteca ha efficacia anche nei confronti di chi acquista l'immobile dopo l'iscrizione, esponendolo all'espropriazione del bene. La legge però, gli consente di evitare tale espropriazione esercitando a sua scelta una delle seguenti facoltà:

are i crediti iscritti;

rilasciare i beni ipotecati;

liberare l'immobile dalle ipoteche.

Estinzione dell'ipoteca

L'ipoteca si estingue:

a)  con la cancellazione dell'iscrizione;

b)  con la mancata rinnovazione dell'iscrizione;

c)  con l'estinguersi dell'obbligazione;

d)  con il reperimento del bene ipotecato;

e)  con la rinunzia del creditore;

f)    con lo spirare del termine a cui l'ipoteca è stata limitata o col verificarsi della condizione risolutiva; con la pronunzia del provvedimento che trasferisce all'acquirente il diritto espropriato e ordina la cancellazione delle ipoteche.

Bisogna però distinguere l'estinzione degli effetti dell'iscrizione, dall'estinzione dell'ipoteca: per effetto della prima vengono meno soltanto le conseguenze della pubblicità ipotecaria, ma l'ipoteca si può nuovamente iscrivere. L'estinzione dell'ipoteca colpisce, invece, lo stesso diritto di ipoteca.


I mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale

Premessa

Il patrimonio del debitore è, per il creditore, la garanzia del soddisfacimento delle obbligazioni. Per impedire che il patrimonio del debitore possa subire diminuzioni che incidano sulla garanzia, la legge dà al creditore la facoltà di sperimentare taluni rimedi, volti ad assicurare la conservazione di tale garanzia: si tratta dell'azione surrogatoria, dell'azione revocatoria e del sequestro conservativo.

L'azione surrogatoria

Qualora il debitore, con la sua inerzia, determini una situazione di incapienza, ossia tale per cui il suo patrimonio divenga insufficiente a garantire il soddisfacimento di tutti i suoi creditori, la legge consente che ciascun creditore possa surrogarsi al debitore inattivo per esercitare i diritti e le azioni che gli spettano. Non basta però l'inerzia del debitore, ma occorre che da questa inerzia derivi un pregiudizio per i creditori, consistente nel rendere insufficiente la garanzia del debitore. Ovviamente, l'eccezionale legittimazione non può essere esercitata a vantaggio del singolo ma, a vantaggio del patrimonio e quindi di tutti i suoi creditori. Inoltre, tali azioni, debbono avere contenuto patrimoniale.

L'azione revocatoria

Il debitore può peggiorare la situazione non soltanto con la sua inerzia, ma anche ponendo in essere atti che diminuiscono il patrimonio fino a renderlo insufficiente a garantire i creditori. In questi casi, ai creditori è concesso il rimedio dell'azione revocatoria (detta anche pauliana). Per l'azione revocatoria si richiedono:

un atto di disposizione, ossia un atto con il quale il debitore modifica la sua situazione patrimoniale;

l'eventus damni, ossia un pregiudizio per il creditore;

la consapevolezza, da parte del debitore, di nuocere ai creditori.

Differenza fra simulazione e frode ai creditori

Il negozio simulato non è affatto voluto dalle parti; il negozio concluso in frode ai creditori è, invece, voluto.

Effetti dell'azione revocatoria

L'azione revocatoria non rende invalido l'atto, benché venga dichiarato "revocabile", ma consente al creditore di promuovere nei confronti dei terzi acquirenti quelle stesse azioni conservative o esecutive sui beni oggetto dell'atto impugnato. L'inefficacia dell'atto giova, quindi, soltanto al creditore che abbia agito. Che cosa avviene, però, se chi ha acquistato dal debitore ha disposto a sua volta del bene oggetto del negozio fraudolento a favore di terzi? Se il debitore aliena fraudolentemente ad un terzo acquirente e, questo, a sua volta ad un altro terzo (subacquirente o acquirente mediato), la dichiarazione di inefficacia dell'atto stipulato tra i primi due estende i suoi effetti anche al terzo subacquirente, se l'acquisto è a titolo gratuito; non pregiudica, invece, se l'acquisto è a titolo oneroso.

Differenza tra azione revocatoria ed altre azioni

Nell'azione revocatoria, i creditori devono dimostrare che il credito è anteriore all'atto in frode e in ogni caso che questo ha arrecato loro pregiudizio: nell'azione di simulazione, ciò non è necessario, bastando anche la possibilità di un pregiudizio futuro. La differenza, invece, tra azione surrogatoria e revocatoria sta nel fatto che, l'una ha per presupposto l'inerzia del debitore, l'altra il compimento di un atto pregiudizievole per i creditori.

Il sequestro conservativo

Il sequestro conservativo è una misura preventiva e cautelare, che il creditore può chiedere al giudice, quando ha fondato timore di perdere le garanzie del proprio credito. Il sequestro ha per scopo di impedire la disposizione del bene da parte del debitore.

Il diritto di ritenzione

Un altro mezzo concesso al creditore, è il diritto di ritenzione, ossia il diritto di rifiutare la consegna di una cosa di proprietà del debitore, che il creditore detiene, fin quando il debitore non adempia all'obbligazione. E', in sostanza, una forma di autotutela e di legittima difesa.


B) I CONTRATTI


Il contratto

Definizione

La ura più importante del negozio giuridico è il contratto. Secondo l'art. 1321 "il contratto è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale". Il contratto si distingue dal testamento e dal matrimonio, da un lato perché è l'accordo di almeno due parti (ed è quindi bilaterale o plurilaterale) e non può mai essere unilaterale, dall'altro perché deve avere contenuto patrimoniale. Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto (autonomia contrattuale). Il legislatore, oltre alle norme dettate per "i contratti in generale", che si applicano a tutti i contratti, regola una serie di "tipi" di contrattuali specifici (la compravendita, la permuta, il contratto estimatorio, la locazione). Ma le parti possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare (si parla di contratti "atipici" o "innominati") purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico.

Elementi essenziali del contratto

Secondo l'art. 1325 cod. civ. gli elementi essenziali del contratto sono:

l'accordo delle parti;

la causa;

l'oggetto, o contenuto degli accordi dei contraenti, deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile;

la forma, quando è richiesta ad substantiam actus, e cioè per la validità del contratto.

Classificazione dei contratti

Le più importanti classificazioni dei contatti sono le seguenti:

a)  contratti tipici o nominati e contratti atipici o innominati;

b)  contratti con due parti o con più di due parti (contratti plurilaterali). Nei contratti plurilaterali il vizio che colpisce la partecipazione di una delle parti non coinvolge la sorte dell'intero contratto;

c)  contratti a prestazioni corrispettive (o sinallagmatici) e contratti con obbligazioni a carico di una parte sola. I primi sono contratti in cui le attribuzioni patrimoniali rispettivamente a carico di ciascuna parte e a vantaggio della controparte sono legate dal cosiddetto nesso di reciprocità o sinallogma. Esempi di contratti con obbligazioni a carico di una parte sola sono la fideiussione, il deposito gratuito, il comodato. Sono pio chiamati bilaterali imperfetti quei contratti con obbligazioni a carico di una parte sola, dai quali unicamente in via eventuale possono scaturire obbligazioni anche a carico della controparte (ad es. il mandato gratuito, solo il mandatario è obbligato ad agire per conto del mandante, ma dal quale possono derivare a carico di quest'ultimo gli obblighi di rimborsare al mandatario le spese sostenute o di anticipargli i mezzi necessari per l'esecuzione del mandato).

d)  Contratti a titolo oneroso e contratti a titolo gratuito;

e)  Contratti di scambio e contratti associativi: nei primi la prestazione è a vantaggio della controparte, mentre nei contratti associativi la prestazione di ciascuno è diretta al conseguimento di uno scopo comune;

f)   Contratti commutativi e contratti aleatori. Commutativi si dicono i contratti in cui i reciproci sacrifici sono certi; aleatori sono i contratti nei quali vi è incertezza sui reciproci sacrifici: nell'assicurazione contro i danni è certa l'entità del premio che l'assicurato deve are, ma è incerto se e quando dovrà are l'assicuratore; nel gioco è incerto chi e quanto vincerà;

g)  Contratti a esecuzione istantanea e contratti di durata: nei primi la prestazione è concentrata in un dato momento (la compravendita), mentre nei secondi la prestazione o continua nel tempo o si ripete periodicamente (contratto di lavoro subordinato). I contratti ad esecuzione istantanea possono essere ad esecuzione immediata o ad esecuzione differita;

h)  Contratti a forma libera e contratti a forma vincolata;

i)    Contratti consensuali e contratti reali. I contratti consensuali si perfezionano con il semplice consenso delle parti; i contratti reali richiedono, oltre il consenso, la consegna del bene. Contratti reali sono il mutuo, il comodato, il deposito, il pegno;

j)    Contratti a efficacia reale e contratti a efficacia obbligatoria. Si dicono ad efficacia reale i contratti che realizzano automaticamente il risultato perseguito (ad es. il trasferimento della proprietà del bene venduto), mentre sono ad efficacia obbligatoria i contratti che non realizzano automaticamente il risultato perseguito, ma obbligano le parti ad attuarlo.

Il contratto preliminare

Si dice preliminare il contratto con cui le parti si obbligano a stipulare un successivo contratto definitivo, di cui devono avere già determinato il contenuto essenziale. Il contratto preliminare è destinato a soddisfare una particolare funzione. Spesso può accadere che le parti siano d'accordo su un certo scambio ed intendono vincolarsi reciprocamente fin da ora ad attuarlo ma preferiscono rinviarne la realizzazione ad un tempo successivo. Di qui l'opportunità di vincolarsi con un "preliminare". Nel campo immobiliare, il contratto preliminare trova la più frequente applicazione. Non bisogna confondere il contratto preliminare con il contratto definitivo. È frequente, ancora in campo immobiliare, il caso che le parti si accordino in modo definitivo con scrittura privata per la compravendita, impegnandosi a sottoscrivere successivamente il relativo atto notarile. In tal caso è chiaro che non siamo di fronte ad un pactum de contraendo, bensì di fronte ad un normale contratto definitivo. Non bisogna confondere il contratto preliminare con l'intese preparatorie. È chiaro che dal preliminare derivano obblighi contrattuali a carico delle parti, le intese preliminari sono rilevanti soltanto al fine di stabilire eventuali responsabilità in caso di successivo fallimento delle trattative. Il preliminare per non essere invalido per indeterminatezza, deve già precisare il contenuto del contratto definitivo che le parti si impegnano fin da ora a stipulare successivamente: salva la possibilità di modifiche o aggiunte consensuali, la conclusione del definitivo non deve richiedere nessuna ulteriore discussione per decidere punti essenziali dell'accordo da sottoscrivere. Il contratto preliminare può vincolare ambedue le parti o una sola. Per ogni contratto che rimanga inadempiuto, si può richiedere il risarcimento dei danni subiti a causa dell'inadempienza della controparte. Inoltre la legge pone a disposizione della parte che vi ha un interesse uno strumento del tutto peculiare, ossia la facoltà di ottenere, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, una sentenza che produca gli stessi effetti che avrebbe dovuto produrre il contratto che l'altra parte non ha voluto concludere. Mediante il processo e la sentenza si giunge, allo stesso risultato a cui i sarebbe pervenuti con il contratto definitivo. La ura del contratto preliminare si può riscontrare in relazione a qualsiasi tipo di contratto, anche rispetto ai contratti reali.

La trascrivibilità del contratto preliminare

Si era sempre ritenuto che un contratto preliminare di compravendita immobiliare non fosse assoggettabile a trascrizione. È stato introdotto il principio che taluni contratti preliminari sono assoggettabili a trascrizione. Più precisamente è stato inserito nel codice civile un nuovo articolo 2645 bis, con cui è stata ammessa la trascrizione dei contratti preliminari aventi ad oggetto la stipulazione di definitivi rientrarti nei primi quattro numeri elencati dall'articolo 2643 (vale a dire contratti che, relativamente a beni immobili, trasferiscono la proprietà, costituiscono o trasferiscono diritti di usufrutto, superficie ed enfiteusi, ovvero diritti di comunione, diritti di servitù prediali, uso e abitazione). Naturalmente, la trascrizione è ammissibile solo se tali preliminari risultano da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente. Il secondo comma del nuovo articolo 2645 bis stabilisce la prevalenza (o prenotazione) del preliminare trascritto, purché seguito dalla trascrizione del contratto definitivo o di altro atto che costituisca comunque esecuzione del preliminare. Questa prevalenza peraltro è subordinata al fatto che la trascrizione del contratto definitivo o della domanda giudiziale volta ad ottenere la sentenza costitutiva del trasferimento segua la trascrizione del preliminare entro un anno dalla data contenuta tra le parti per la conclusione del contratto definitivo e in ogni caso entro tre anni dalla trascrizione del preliminare, dopodiché questa trascrizione perde qualsiasi valore e si considera come mai avvenuta.

La cessione del contratto

Nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuna delle parti si trova ad essere creditrice della prestazione dovuta dall'altra parte e debitrice di quella cui essa è tenuta; l'appaltatore, ad es., ha l'obbligo di eseguire l'opera appaltata ma è creditore del corrispettivo fissato. Si ha cessione di un contratto, quando una parte (il cedente) di un contratto originario stipula con un terzo (il cessionario) un nuovo contratto (di cessione), con il quale cedente e cessionario si accordano per trasferire a quest'ultimo "il contratto" (originario), ossia, rectius, tutti i rapporti, attivi e passivi, derivanti dal contratto ceduto. Siccome questi rapporti legavano il cedente con l'altro contraente, il ceduto, ed a seguito della cessione legheranno a quest'ultimo il cessionario, che subentra al cedente, è indispensabile il consenso del ceduto. Il consenso alla cessione da parte del contraente ceduto può essere dato anche in via preventiva in tal caso la cessione del contratto diventa efficace con la semplice notificazione al ceduto dell'accordo di cessione tra cedente e cessionario. Per effetto della cessione il cedente è liberato dalle sue obbligazioni verso il contraente ceduto e non è neppure responsabile verso quest'ultimo. Se il ceduto vuole evitar questa conseguenza, deve chiarire espressamente che con il suo consenso alla cessione non intende liberare il cedente: in tal caso risponde in proprio qualora il cessionario si renda inadempiente agli obblighi contrattuali. Il cedente non è responsabile verso il cessionario qualora il ceduto non adempia agli obblighi derivanti dal contratto ceduto. Tuttavia il cedente può garantire al cessionario l'adempimento del contratto da parte del ceduto ed in tal caso risponde in solido con quest'ultimo, come un suo fideiussore, dell'adempimento delle obbligazioni derivanti a carico del ceduto dal contratto originario. La cessione del contratto può essere stipulata senza prevede alcun corrispettivo a carico dell'uno e dell'altro dei contraenti, cedente e cessionario. Ma la cessione del contratto può altresì essere stipulata prevedendo un corrispettivo o a carico del cessionario ed a favore del cedente, o a carico del cedente ed a favore del cessionario. Occorre distinguere la cessione del contratto dal subcontratto o contratto derivato. Nella cessione si ha sostituzione di un nuovo soggetto ad uno dei contraenti originari e tutti i rapporti contrattuali restano invariati, salva la modifica di uno dei titolari; nel subcontratto i rapporti tra i contraenti originari continuano a sussistere, accanto ad essi si creano nuovi rapporti tra uno dei contraenti originari ed un terzo, rapporti che pur dipendono dai precedenti, da essi si distinguono: il rapporto tra l'inquilino ed il subconduttore è separato rispetto a quello tra inquilino e locatore.


La conclusione del contratto

Le trattative

Per giungere alla stipulazione di un contratto è necessario un periodo di trattative, sia per negoziare il contenuto degli accordi sia per svolgere quegli eventuali accertamenti tecnici e legali. Durante queste trattative le parti sono libere di concludere un contratto, ma debbono comportarsi secondo buona fede. Se violano questo dovere, incorrono in un particolare tipo di responsabilità (responsabilità precontrattuale o culpa in contrahendo). Un altro aspetto specifico dell'obbligo di comportarsi secondo buona fede è costituito dal dovere di informare l'altra dell'esistenza di eventuali cause di invalidità, che siano conosciute o che avrebbero potuto con la normale diligenza essere conosciute dalla parte stessa.

La colpa in contrahendo

Secondo la giurisprudenza e la dottrina la colpa in contrahendo è di natura aquiliana o extracontrattuale. La culpa in contrahendo è diversa dalla misura dei danni dovuti all'ipotesi di inadempimento di un contratto. In quest'ultimo caso viene leso l'interesse positivo all'osservanza del contratto, e quindi il risarcimento si commisura all'intero danno subito dal contraente. Se non vengono osservati i doveri che la legge impone durante le trattative e negli altri casi di colpa in contrahendo si viene a ledere un interesse diverso della parte, l'interesse che essa aveva a non iniziare trattative che le hanno fatto perdere tempo e procurato spese. Perciò, nel caso di inadempimento del contratto è risarcibile l'intero danno derivante dall'inadempienza, il risarcimento dovuto in caso di culpa in contrahendo, di responsabilità precontrattuale, è limitato alle spese e alle perdite che siano strettamente dipendenti dalle trattative.

Il momento perfezionativo del contratto

Occorre avere presenti le diverse modalità con cui un contratto può essere concluso: sottoscrivendo un unico documento, attraverso lo scambio di due dichiarazioni scritte identiche, firmata ciascuna da una parte sola, verbalmente, rebus ipsis ac factis. È un po' più complicato quando le trattative si svolgono o in tempi successivi o tra persone lontane, che comunicano tra loro per mezzo della posta, del telefono, del telegrafo. Se consideriamo il procedimento di formazione del contratto due sono gli atti fondamentali. Uno è l'atto con il quale il procedimento medesimo s'inizia, la proposta; l'altro quello con cui si chiude, l'accettazione. Proposta l'accettazione non costituiscono un negozio, ma sono elementi che ne precedono il perfezionamento e sono perciò denominati prenegoziali. Proposta e accettazione costituiscono dichiarazione di volontà unilaterali: quando alla proposta segue l'accettazione allora sia ha l'accordo: proposta ed accettazione si fondono in un'unica volontà, la volontà contrattuale. Vari principio potrebbero essere adottati dal legislatore:

principio della dichiarazione (efficacia della volontà non appena dichiarata);

principio della spedizione (efficacia della volontà non appena trasmessa dall'altra parte);

della ricezione (momento perfezionativo: quello nel quale l'altra parte riceve la dichiarazione di accettazione);

della cognizione (occorre che l'altra parte abbia conoscenza dell'accettazione). Questo principio è stato accolto dal nostro legislatore in verità non può verificarsi la fusione delle volontà, il consenso, se non vi è la consapevolezza di entrambe le parti. Per dimostrare che contratto si è perfezionato, è sufficiente dimostrare che la dichiarazione di accettazione è pervenuta all'indirizzo del proponente. Spesso i contratti si concludono senza bisogno di una formale accettazione, dando esecuzione ad un «ordine» ricevuto: in tal caso l'accordo si considera perfezionato «nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l'esecuzione».

Revocabilità e intrasmissibilità della proposta

La proposta e l'accettazione possono essere ritirate mediante un atto uguale e contrario che si chiama revoca. Mentre la revoca della proposta impedisce la conclusione del contratto purché sia stata emessa e  trasmessa prima che il proponente abbia avuto conoscenza dell'accettazione della controparte, la revoca dell'accettazione non ha effetto se non giunge a conoscenza del proponente prima che vi giunga l'accettazione. La proposta perde automaticamente efficacia se, prima che contratto si sia perfezionato, il proponente muore o diventa incapace (intrasmissibilità della proposta). Del pari perde efficacia l'accettazione se l'accettante muore o diventa incapace nell'intervallo tra la spedizione della dichiarazione di accettazione e l'arrivo di questa al proponente. Il proponente per dare alla controparte uno spatium deliberandi durante il quale questa possa svolgere ogni indagine utile per valutare l'idoneità tecnica e la convenienza economica della proposta, senza timore che nel frattempo l'offerta sia revocata dichiarando che la proposta è irrevocabile. In tal caso una eventuale revoca sarebbe inefficace. La proposta irrevocabile conserva il suo valore pure in caso di morte o sopravvenuta incapacità del proponente.

L'offerta al pubblico

Un particolare tipo di proposta è l'offerta al pubblico che è valida benché indirizzata a destinatari indeterminati, purché contenga gli estremi esenziali del contratto alla cui conclusione è diretta. L'offerta al pubblico, che vale come proposta di contratto non va confusa né con un generico invito a trattare né con la promessa al pubblico. L'offerta al pubblico è revocabile come ogni altra proposta contrattuale. Mentre una proposta con destinatario determinato può essere revocata sola a condizione che la revoca sia portata a conoscenza di quest'ultimo, la revoca dell'offerta al pubblico è efficace anche in confronto di chi non sia venuto a conoscenza della revoca. A discipline specifiche sotto il controllo della Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) sono soggette sia le «sollecitazioni all'investimento» (ossia ogni «offerta, invito a offrire o messaggio promozionale, finalizzati alla vendita»), sia le offerte «pubbliche di acquisto o di scambio» (ossia ogni «offerta, invito a offrire o messaggio promozionale finalizzati all'acquisto lo scambio di prodotti finanziari»). Queste operazioni definite come OPA, OPV, OPAS, sono previste e disciplinate dal T. U. delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria.

L'opzione

La proposta è irrevocabile se il proponente si è impegnato a mantenerla ferma per un certo tempo. Alla proposta irrevocabile va parificata l'opzione che si ha peraltro quando il vincolo della irrevocabilità della proposta non consegue un impegno assunto dal proponente, ma ad un accordo stipulato tra le parti. Dall'opzione, come dalla proposta irrevocabile, deriva il diritto del beneficiario di perfezionare il contratto entro il termine di validità dell'opzione con la sua sola dichiarazione di accettazione, mentre l'altra parte resta vincolata e non può più interferire sulla stipulazione del contratto, che dipende dalla decisione del beneficiario dell'opzione. L'opzione non va confusa con il contratto preliminare. L'opzione si distingue altresì dal patto di prelazione, con cui una parte si impegna a preferire il beneficiario del patto a parità di condizioni, qualora dovesse decidersi stipulare un futuro contratto.

La prelazione

Ciascuno è libero di contrattare con una chi crede. Tuttavia la legge può attribuire ad un soggetto un diritto di prelazione, ossia diritto di essere preferito ad ogni altro, a parità di condizioni, nel caso in cui la persona soggetta la prelazione dovesse decidersi a stipulare un determinato contratto. Il soggetto passivo della prelazione non è affatto obbligato a concludere tale contratto e conserva la sua piena libertà di decidere. La prelazione può essere volontaria, quando venga concessa con un accordo tra privati, può essere legale, ossia accordata da una norma di legge. La prelazione volontaria ha mera efficacia obbligatoria: il promittente, in caso di inadempimento, è tenuto al risarcimento dei danni, ma il terzo acquirente ha acquistato bene e non corre rischi. Non è così quando si tratta di prelazione legale. La prelazione attribuisce al beneficiario il diritto di essere preferito a parità di condizioni, ma nulla vieta che alla parte preferita sia attribuito il diritto di acquistare a condizioni diverse da quelle offerte da terzi.

I contratti "standard" o per adesione

Nelle trattative, le parti discutono il contenuto del futuro contratto e ciascuna di esse cerca di strappare le condizioni che reputa per sé più vantaggiose. Ma il procedimento di conclusione del contratto non può essere sempre adottato, anzi si dimostra troppo complicato quando si tratta di contratti di massa, ossia di contratti che un'impresa conclude con gran numero di persone. In questi casi è ovvio che l'impresa non può mettersi a discutere con ciascun cliente le condizioni del singolo rapporto. Di solito queste imprese predispongono «moduli» o «formulari» contrattuali, nei quali inseriscono clausole uniformi e standardizzate, il cliente non può discutere: o aderisce o rifiuta. La prassi della standardizzazione risulta oggi diffusissima persino per piccole imprese. È tuttavia necessario predisporre delle cautela a favore dell'aderente ad evitare abusi ai suoi danni. Il legislatore del 1942 ha previsto:

a)  che nei contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari le clausole aggiunte prevalgono su quelle del modulo con cui siano incompatibili;

b)  che le condizioni generali contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci solo se la parte che le predisposte abbia fatto in modo da garantire che l'altro contraente sarebbe stato in grado di conoscerle;

c)  che le clausole inserite nelle condizioni generali contratto predisposte da uno dei contraenti s'interpretano «a favore dell'altro»;

d)  che non hanno effetto le condizioni che stabiliscono a favore di colui che ha predisposti moduli o formulari contrattuali, «limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l'esecuzione».

Nel tentativo di dare uniformità alle svariate forme di protezione dei consumatori la Comunità europea ha emanato una direttiva. Le regole principali della nuova disciplina relativa ai «contratti del consumatore» sono:

a)  gli art. 1469-bis e ss. si applicano solo ai contratti conclusi «tra consumatore e la marca" class="text">il consumatore ed il professionista», intendendosi per consumatore «la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta;

b)  in tali contratti si considerano vessatorie le clausole che «determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio»;

c)  non possono considerarsi vessatorie, senza possibilità di prova contraria, le clausole che attengono «alla determinazione dell'oggetto del contratto» o «alla adeguatezza del corrispettivo del bene i servizi»;

d)  sono sempre considerate vessatorie le clausole inserite in una black list;

e)  «si presumono vessatorie fino a prova contraria» tutte le clausole contenute nel lungo elenco di cui al comma 3 dell'art. 1469- bis, a meno che il professionista dimostri che non lo erano, ovvero dimostri che non erano state imposte unilateralmente perché avevano formato «oggetto di trattativa individuale»;

f)    le clausole considerate vessatorie sono inefficaci ma «il contratto rimane efficace per il resto». L'inefficacia «opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d'ufficio dal giudice»;

g)   ad iniziativa di taluni enti può essere chiesto al giudice di inibire una volta per tutte ad uso professionista o ad una associazione di professionisti l'uso di determinate clausole che vengano valutate come vessatorie.


Gli effetti del contratto

La forza vincolante del contratto

Finché contratto non si è perfezionato le parti conservano la loro libertà di addivenire o meno alla sua stipulazione. Ma dal momento in cui l'accordo si perfeziona esse sono obbligate ad osservarlo: ciò che la legge esprime affermando addirittura che «il contratto ha forza di legge tra le parti». Ed il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze. In linea di principio una volta perfezionato il contratto non è ammesso il recesso unilaterale, ossia il diritto di liberarsi unilateralmente dagli obblighi assunti con il contratto: un contratto può essere sciolto solo con uno specifico accordo bilaterale in tal senso o per cause ammesse dalla legge. Tuttavia un diritto di recesso (convenzionale) può essere espressamente concordato a favore di una o di entrambe le parti, ma la facoltà di recedere deve essere esercitata prima che abbia inizio l'esecuzione del contratto. Spesso un diritto di recesso è attribuito ad una parte a fronte di un corrispettivo, rappresentato da una somma di danaro consegnata fin dal momento della conclusione del contratto in funzione di anticipo (caparra penitenziale). Talvolta è la legge stessa che attribuisce ad una delle parti il diritto di recedere da un contratto ove si verificano determinati presupposti soprattutto nei contratti di durata.

Gli effetti tra le parti

Gli effetti del contratto per quanto riguarda le parti, corrispondono al contenuto dei loro accordi. La determinazione del significato di tali accorti dipende dalla interpretazione della volontà delle parti. Nella determinazione degli affetti del contratto non si deve tener conto soltanto delle clausole pattuite dalle parti. La dove queste non abbiano disposto occorre provvedere alla integrazione del contratto, applicando le eventuali norme dispositive o gli usi o la equità. Ad es., se in una compravendite le parti non hanno stabilito il momento ed il luogo del amento del prezzo, interviene l'art 1498 a fissare che il amento deve avvenire al momento della consegna e nel luogo dove questa si svolge. La legge interviene non soltanto con funzione integratrice della volontà privata, bensì con funzione imperativa, importante può essere l'intervento legislativo per imporre ai privati clausole o prezzi, che si sostituiscono di diritto a quelli pattuiti dai contraenti. Il principio fondamentale in tema di esecuzione del contratto deve essere il rispetto della buona fede.

I contratti ad effetti reali

La legge determina gli effetti di alcuni tipi di contratti. Per quanto riguarda i contratti con effetti reali è importante tenere presente la regola che in mancanza di accordo delle parti, fissa il momento in cui ha luogo il passaggio della proprietà per tutte le conseguenze che ne derivano, tra cui la più importante è quella relativa al rischio per il  perimento fortuito della cosa. I principi fissati dalla legge sono:

a)  se si tratta di cosa determinata da proprietà passa per effetto del consenso manifestato nelle forme di legge;

b)  se si tratta di cose determinate solo nel genere la proprietà si trasmette con l'individuazione delle cose mediante pesatura o misurazione.

Perché si abbia l'individuazione occorre non solo la separazione materiale ma è necessario anche che esse non possano essere più sostituite con altre. Le ragioni che si oppongono al trasferimento delle cose fungibili mediante il semplice consenso non valgono quando oggetto del trasferimento è una determinata massa di cose, qui non v'è bisogno di individuazione: la proprietà si trasmette per effetto del semplice consenso.

Conflitti tra aventi diritto sullo stesso oggetto

Se una persona concede lo stesso diritto prima ad A e poi a B, in linea di logica dovrebbe essere preferito colui a cui il diritto è stato concesso per primo: una volta che il titolare si è spogliato del diritto non può più disporne a favore di altri. Ma questo principio non si può sempre applicare: vi si oppongono le esigenze di protezione della buona fede e dell'affidamento, l'opportunità di favorire chi già si trova nel possesso o nella detenzione della cosa. Regole varie introducono eccezioni notevoli al principio secondo cui la preferenza dovrebbe spettare a colui che ha concluso per primo il contratto. Taluno con successivi contratti aliena a più persone un bene mobile (non registrato), quella tra esse che ne ha acquistato in buona fede il possesso, è preferita alle altre anche se il suo titolo è di data posteriore. Tra i vari aventi diritto è preferito chi per primo ha conseguito il godimento della cosa; se nessuno ha conseguito tale godimento si applica la regola generale: la preferenza spetta colui che può dimostrare di avere concluso il contratto in data anteriore purché questa risulti in modo certo ai sensi dell'art 2704 cod. civ.

La clausola penale e la caparra

In caso di inadempimento, il creditore ha diritto ad essere risarcito dei danni subiti ma ha l'onere di provare il danno che assume essergli stato arrecato per effetto dell'inadempimento del debitore. Perciò le parti posso inserire nel contratto una clausola con cui stabiliscono ex ante, che uno dei contraenti dovrà are, a titolo di penale, ove dovesse rendersi inadempiente. In tal caso la parte inadempiente è tenuta a are la penale stabilita, senza che il creditore debba dare la prova di avere subito un danno: perciò si dice che tale clausola (clausola penale) contiene una liquidazione convenzionale anticipata del danno. La penale può essere prevista sia per il caso di inadempimento assoluto, che per il caso di semplice ritardo: nel primo caso il creditore se pretende la penale non può più pretendere la prestazione principale; nel secondo caso più pretendere sia la penale che la prestazione prevista. Le parti sono però libere di prevedere espressamente nella clausola che il creditore abbia il diritto di pretendere oltre alla penale anche risarcimento dell'eventuale maggiore danno. La clausola penale non va confusa con la caparra. Il codice disciplina due tipi di caparra: la caparra confirmatoria e la caparra penitenziale. La prima è la più frequente e corrisponde alla prassi antichissima di dimostrare la serietà con il quale il contratto viene stipulato, provvedendo a consegnare all'altra parte del momento del perfezionamento dell'accordo una somma di denaro. La caparra, una volta eseguito il contratto deve essere restituita, ovvero trattenuta a titolo di acconto di acconto sul prezzo. Ove però la parte che ha dato la caparra si rendesse inadempiente agli obblighi assunti, l'altra parte può scegliere se recedere dal contratto trattenendo la caparra ricevuta, a titolo di risarcimento del danno. Ove inadempiente fosse invece la parte che ha ricevuto la caparra, la controparte può pretendere il doppio di quanto aveva versato a titolo di caparra. Più semplice è la funzione della caparra penitenziale, perché in questo caso la somma versata a titolo di caparra ha soltanto la funzione di corrispettivo di un diritto di recesso: vale a dire che chi ha versato la caparra può rinunciarvi ed il contratto è senz'altro sciolto, senza che la controparte possa pretendere altro. Chi ha ricevuto la caparra può recedere dal contratto restituendo il doppio della caparra ricevuta.

Effetti del contratto di fronte ai terzi

È ovvio che gli effetti del contratto sono limitate alle parti. Perciò, se ti prometto che un terzo assumerà il tuo debito o svolgerà una determinata attività a tuo favore, il terzo è del tutto libero di compiere o meno quanto io ho promesso: obbligato sono soltanto io a persuadere il terzo a fare quanto ho promesso. Se il terzo non aderisce alle mie premure l'unica conseguenza della promessa dell'obbligazione o del fatto del terzo sarà questa: dovrò indennizzare colui a cui ho fatto la promessa.

Il contratto a favore del terzo

Negli ordinamenti giuridici moderni si è fatta strada la concezione che il principio res inter alios acta tertio neque nocet neque prodest significa soltanto che il terzo non acquista alcun diritto da un contratto al quale è rimasto estraneo, quando le parti non abbiano alcuna intenzione di procurare al terzo l'acquisto del diritto, ma non esclude che la volontà dei contraenti possa essere diretta ad attribuire diritti ad un terzo. L'art 1411 cod. civ. ammette in via generale la ura del contratto con cui le parti attribuiscono ad un terzo il diritto di pretendere in proprio l'adempimento di un contratto. Perché si abbia contratto a favore di terzi è indispensabile che le parti abbiano espressamente voluto e pattuito un vantaggio di fatto a favore del terzo. ure particolari e frequenti di contratto a favore del terzo sono costituite dal contratto di assicurazione sulla durata a favore del terzo, dal contratto di trasporto di cose, dalla rendita vitalizia a favore del terzo. Il contratto a favore del terzo non va confuso con il contratto stipulato da un rappresentante: in caso di contratto stipulato in nome altrui tutti gli effetti dell'atto ricadono sul rappresentato. La disciplina fondamentale del contratto a favore del terzo è semplice:

a)  il terzo acquista il diritto verso chi ha fatto la promessa, fin dal momento della stipulazione del contratto a suo favore ma questo acquisto non è definitivo, perché non può negarsi al terzo la facoltà di rinunciare al beneficio. Solo quando il terzo dichiaro di volerne approfittare, la facoltà di revoca o di modificazione è preclusa;

b)  causa dell'acquisto del diritto a favore del terzo è il contratto a suo favore: perciò chi ha promesso la prestazione può opporre al terzo tutte le eccezioni fondate su questo contratto, ma non quelle fondate su altri rapporti tra promettente e stipulante.


La rescissione e la risoluzione del contratto

Rescissione del contratto concluso in istato di pericolo

La rescissione del contratto può chiedersi per anomalie genetiche, cioè perché è stato concluso in istato di pericolo o per lesioni. Per poter sperimentare l'azione di rescissione di un contratto stipulato in condizioni di pericolo occorrono i seguenti presupposti:

lo stato di pericolo in cui uno dei contraenti o altra persona si trovava, al quale il contraente stesso ha voluto ovviare con la conclusione del contratto. Il contratto è rescindibile anche se lo stato di pericolo è stato volontariamente causato o era evitabile;

l'iniquità delle condizioni a cui il contraente ha dovuto soggiacere.

Un'opera viene prestata a favore di chi ha chiesto il soccorso ed è giusto che essa sia ricompensata, perciò il comma 2 dell'art 1447 attribuisce al giudice il potere di assegnare un equo compenso al soccorritore.

L'azione generale di rescissione per lesione

Il codice ha voluto offrire un rimedio contro i contratti sinallagmatici nei quali vi sia una sproporzione abnorme tra le due prestazioni e vi ha provveduto con un'azione di carattere generale. Si richiedono:

un primo elemento oggettivo: la lesione, ossia una sproporzione tra la prestazione di una parte e quella dell'altra: la lesione deve essere tale che il valore della prestazione eseguita o promessa dalla parte danneggiata risulti superiore al doppio del valore della controprestazione. La lesione deve perdurare fino al tempo in cui la domanda è proposta: se per successivi mutamenti di valore si è eliminato quello squilibrio che l'azione vuole evitare, non v'è ragione di rescindere il contratto. La lesione non è poi concepibile riguardo ai contratti aleatori;

un secondo elemento oggettivo: lo stato di bisogno della parte danneggiata. Stato di bisogno non significa situazione di assoluta indigenza ma difficoltà economica. Lo stato di bisogno si distingue dallo stato di pericolo: il primo consiste in una situazione di difficoltà, il secondo implica una situazione di necessità;

elemento soggettivo: l'approfittamento dello stato di bisogno della parte danneggiata. La sproporzione è dipesa dallo stato di bisogno di una parte, del quale l'altra parte ha approfittato per trarne vantaggio.

Il contraente contro cui è proposta l'azione di rescissione può evitarla eliminando lo squilibrio che ne costituisce il fondamento, cioè offrendo un aumento della sua prestazione, o una modificazione del contratto sufficiente per ricondurlo ad equità. L'azione di rescissione è sottoposta a principi diversi da quelli che regolano l'azione di annullamento. La rescissione non ha efficacia retroattiva: perciò non pregiudica i diritti acquistati dai terzi, salva l'applicazione di principi sulla trascrizione della domanda. L'azione si prescrive in un anno dalla conclusione del contratto.

L'azione di risoluzione per inadempimento

È prevista la risoluzione del contratto per cause che si verificano dopo la conclusione: a) per inadempimento; b) per impossibilità sopravvenuta; c) per eccessiva onerosità.

La risoluzione è applicabile soltanto ai contratti a prestazioni corrispettive, nei quali il sacrificio di ciascuna delle parti trova la sua giustificazione nella controprestazione che deve essere seguita dall'altra. Di fronte all'inadempimento dall'altra parte, al contraente non inadempiente è lasciata la facoltà di scegliere fra: o insistere per l'adempimento degli accordi, chiedendo la manutenzione del contratto e quindi la condanna della controparte ad eseguire la prestazione non ancora adempiuta, ovvero esercitare il diritto potestativo di chiedere la risoluzione del contratto; o chiedere che il contratto venga sciolto e considerato come se non fosse mai stato stipulato. In entrambi i casi il contraente ha il diritto di pretendere il risarcimento dei danni subiti. Se egli insiste per la manutenzione del contratto significa che l'adempimento è ancora possibile e che ci troviamo di fronte ad un semplice ritardo; quando il creditore di fronte all'inadempimento della controparte non intende restare vincolato dal contratto stipulato non solo non vuole la conservazione, ma vuole lo scioglimento (risoluzione), il risarcimento cui ha diritto non si aggiunge al diritto nascente dal contratto ma si sostituisce a quello. Vediamo come è regolato il rapporto tra l'azione di adempimento e l'azione di risoluzione. Se viene proposta la prima, la parte non si preclude il diritto di cambiare idea e di chiedere successivamente la risoluzione del contratto. Viceversa, una volta chiesta la risoluzione non si può chiedere l'adempimento. D'altra parte una volta chiesta la risoluzione l'inadempiente non può più rimediare alla precedente violazione, vale a dire che l'altro contraente può legittimamente rifiutare la prestazione che gli venga offerta dopo che sia già stata presentata al giudice la domanda di risoluzione. Per ottenere la risoluzione occorre proporre una domanda giudiziale e spetterà al giudice accertare se vi sia stato inadempimento del contratto e se di tale inadempimento sia responsabile il convenuto. Inoltre giudice, per dichiarare risolto il contratto (con sentenza costitutiva), deve accertare che l'inadempimento non abbia «scarsa importanza». La risoluzione ha efficacia retroattiva, il che significa che non soltanto il contratto risolto non produce gli effetti per l'avvenire, ma che pure prestazioni già eseguita solo ex uno latere devono essere restituite, salvo che per i contratti ad esecuzione continuata o periodica.

La risoluzione di diritto

La risoluzione del contratto può intervenire non soltanto per effetto di una sentenza del giudice ma anche di diritto in tre casi regolati dal codice.

1) Clausola risolutiva espressa. Si chiama così la clausola contrattuale con la quale le parti prevedono espressamente che il contratto dovrà considerarsi automaticamente risolto qualora una determinata obbligazione non venga adempiuta affatto o non venga eseguita rispettando le modalità pattuite. È chiara l'importanza che la clausola riveste: quando essa ura nel contratto, la parte che è tenuta ad eseguire l'obbligazione il cui inadempimento giustificherebbe la risoluzione è spinta a non rendersi inadempiente, perché altrimenti la controparte potrebbe provocare ipso iure la risoluzione del contratto una semplice raccomandata.

2) Diffida ad adempiere. Se nel contratto manca la clausola risolutiva espressa, la parte non inadempiente può ottenere egualmente che la risoluzione operi di diritto mediante una «diffida ad adempiere», ossia mediante una dichiarazione scritta con la quale intima all'altro contraente di provvedere all'adempimento entro un termine congruo. Se il contratto non viene adempiuto nel termine indicato, il legislatore realizza automaticamente l'effetto minacciato dalla parte e considera risolto ipso iure il contratto. Anche in questa ipotesi qualsiasi contestazione sarà decisa con una sentenza di accertamento.

3) Termine essenziale. Il termine per l'adempimento di una prestazione si dice essenziale quando la prestazione diventa inutile per il creditore, qualora non venga eseguita entro il termine stabilito. La essenzialità del termine si dice oggettiva quando risulta dalla natura stessa della prestazione che questa può essere utile per il creditore soltanto in quanto venga eseguita nei modi e nei tempi pattuiti; si dice soggettiva quando dalle pattuizioni contrattuali risulti escluso l'interesse del creditore all'esecuzione della prestazione.

Eccezione di adempimento

Un altro rimedio è offerto dalla legge nel caso di inadempimento. La parte tenuta ad adempiere successivamente può legittimamente rifiutare di eseguire la prestazione da lei dovuta, qualora l'altra parte non abbia ancora eseguito la propria. Il rimedio si applica anche nel caso che la prestazione sia già stata adempiuta, ma in modo inesatto. Non basta l'inadempimento dell'altra parte a giustificare il rifiuto della prestazione: occorre che il rifiuto stesso sia conforme a buona fede.

Mutamento delle condizioni patrimoniali dei contraenti

La tutela di chi ha concluso un contratto a prestazioni corrispettive non s'arresta all'ipotesi dell'inadempimento dell'altra parte, ma prende in considerazione anche l'ipotesi del pericolo di inadempimento. È attribuita a ciascun contraente la facoltà di sospendere l'esecuzione della prestazione da lui dovuta, se le condizioni patrimoniali dell'altro sono divenute tali da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione. Se viene prestata idonea garanzia, cessa il pericolo che la prestazione non sia conseguita e la sospensione non ha alcuna giustificazione.

La clausola del solve et repete

Il congegno della corrispettività importa che una delle parti può rifiutarsi di adempiere la propria prestazione, se l'altra non adempie la sua. Questo principio è stabilito nell'interesse delle parti che possono rinunziarvi. Una delle parti può assicurarsi mediante apposita clausola, una particolare protezione ai fini dell'adempimento della prestazione ad essa dovuta. La clausola solve et repete importa rinuncia al diritto di opporre eccezioni ed è diretta a rafforzare il vincolo contrattuale. La clausola è espressamente compresa tra quelle che inserite in contratti conclusi fra un professionista e un consumatore si presumono «vessatorie». La clausola è mitigata dall'art 1462 che stabilisce i seguenti limiti:

essa non ha effetto per le eccezioni di nullità, di annullabilità e di rescissione del contratto;

il giudice constata che essa presenta elementi di fondatezza, può sospendere la condanna all'adempimento della prestazione.

La risoluzione per l'impossibilità sopravvenuta

L'impossibilità sopravvenuta della prestazione estingue l'obbligazione: essa libera la parte che vi era tenuta. Tale risoluzione opera di diritto. Se la prestazione è divenuta solo parzialmente impossibile (impossibilità parziale), il corrispettivo è giustificato solo per la parte corrispondente e deve essere ridotto. Se poi la prestazione non offre un interesse apprezzabile per il creditore egli può recedere dal contratto. Per quanto concerne contratti ad effetti reali occorre tener presente i principi già enunciati: si ricorderà che, se oggetto del contratto è una cosa determinata, la proprietà si trasferisce per effetto del semplice consenso, mentre il trasferimento della proprietà delle cose fungibili ha luogo con l'individuazione.

La risoluzione per eccessiva onerosità

Quando tra il momento della stipulazione del contratto e quello della sua esecuzione intercorre un certo periodo di tempo è frequente che in questo periodo si verifichino eventi tali da modificare l'originaria valutazione dell'una o dell'altra parte. Il legislatore ha concesso un rimedio per il caso più grave in cui fatti sopravvenuti straordinari ed imprevedibili rendano la prestazione di una delle parti eccessivamente onerosa. È solo in questi limiti, che si è accolta la clausola rebus sic stantibus, secondo la quale un accordo sarebbe vincolante soltanto a condizione che non si modifichino i rapporti di valore tra le prestazioni oggetto dello scambio. Si ha pertanto diritto alla risoluzione del contratto per eccessiva onerosità quando concorrono le seguenti condizioni:

che si tratti di contratti per i quali è previsto il decorso di un intervallo di tempo tra la stipulazione dell'accordo e la sua esecuzione;

che si verifichi una eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione di una delle parti. Deve trattarsi di una onerosità sopravvenuta successivamente alla conclusione del contratto. In secondo luogo deve trattarsi di una onerosità eccessiva, che crei cioè uno squilibrio economico grave tra prestazione e controprestazione;

che l'eccessiva onerosità dipenda da avvenimenti straordinari e imprevedibili. L'imprevedibilità o meno dell'evento va valutata alla luce del giudizio che, ex ante, un uomo medio avrebbe ritenuto di formulare. La risoluzione per eccessiva onerosità non si applica ai contratti aleatori per i quali è normale l'accettazione di un rischio particolare.


C)    I CONTRATTI TIPICI


Premessa

Raggruppamento dei contratti tipici

L'ordine con cui i singoli tipi contrattuali saranno esaminati prescinde dalle categorie che si sono elencate a suo tempo in funzione delle loro caratteristiche strutturali e tiene conto anche di considerazioni relative alle finalità economiche che le parti si propongono. Pertanto si procederà in quest'ordine:

a)  il principale contratto di scambio: la compravendita;

b)  gli altri contratti di scambio che realizzano un do ut des;

c)  i contratti di scambio che realizzano un do un facias;

d)  i contratti di cooperazione nell'altrui attività giuridica;

e)  i principali contratti reali;

f)    i contratti bancari;

g)  i contratti aleatori;

h)  i contratti diretti a costituire una garanzia;

i)    i contratti diretti a dirimere una controversia.

Vendite "porta a porta" o a "distanza"

Si parla di vendita "porta a porta", di contratti "a distanza", di contratti negoziati "fuori dai locali commerciali", mediante i quali una persona fisica, agendo al di fuori della sua attività professionale, si procura beni o servizi da un fornitore professionista che opera "a distanza" o comunque al di fuori dei locali istituzionalmente preposti alla distribuzione dei propri prodotti. La tutela del consumatore si sostanzia per un verso nel diritto ad essere adeguatamente e preliminarmente informato su tutti gli aspetti di rilievo del contratto e sulle facoltà e poteri che gli spettano in proposito; e per altro verso in un diritto di recesso esercitatile, incondizionatamente e senza subire perdite di sorta, entro dieci giorni dalla stipulazione del contratto.


La compravendita

Si tratta di un contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o quello di un diritto contro il corrispettivo di un prezzo. Primo requisito della compravendita è l'accordo tra le parti, che può essere semplicemente verbale nel caso di vendita di beni mobili non registrati. Per la compravendita di beni registrati (ad esempio un'automobile) e di beni immobili (ad esempio una casa) sono richiesti invece la trascrizione nei pubblici registri e un atto scritto che comprovi il contratto; infatti, in quest'ultimo caso la legge stabilisce che il contratto di compravendita venga sottoscritto rispettando determinate formalità, fra le quali rilevante è la pubblicità dell'atto. Il regime di pubblicità (cioè di accessibilità da parte del pubblico) degli atti che riguardano i beni immobili si spiega con l'esigenza di rendere note le vicende giuridiche di un bene ed evitare così il conflitto tra più acquirenti di uno stesso bene. Nella compravendita sia il venditore sia il compratore hanno degli obblighi: il venditore deve garantire al compratore la proprietà della cosa all'atto della conclusione del contratto; il compratore ha l'obbligo di corrispondere il prezzo concordato nelle modalità previste dal contratto e prendere in consegna la cosa. Il venditore ha inoltre alcuni ulteriori obblighi come quello di garantire al compratore che la cosa venduta sia priva di imperfezioni dovute alla produzione o alla conservazione e che abbia le qualità promesse o essenziali all'uso cui è destinata.


Gli altri contratti di scambio che realizzano un do ut des

La permuta

Si tratta di un contratto mediante il quale le parti si scambiano beni o diritti senza che intervenga l'uso della moneta. Questo tipo di contratto era molto diffuso nell'antichità, essendo una procedura commerciale caratteristica di economie piuttosto arretrate. Nel codice civile è previsto che alla permuta si applichino le norme sulla vendita.


I contratti di scambio che realizzano un do ut facias

La locazione

La locazione è un contratto con il quale una persona (il locatore) decide di mettere a disposizione di un'altra persona (il conduttore o locatario) un proprio bene (mobile o immobile) in cambio del amento di una somma di denaro: ad esempio il proprietario di una casa concede all'inquilino l'uso della propria casa in cambio del amento di un canone. Il locatore deve mettere a disposizione dell'inquilino una casa in buono stato di conservazione e deve far eseguire le riparazioni necessarie eccetto quelle di piccola manutenzione che sono a carico dell'inquilino; quest'ultimo ha l'obbligo di usare la casa secondo l'uso concordato nel contratto e ha l'obbligo di dare il corrispettivo in denaro nel termine stabilito. Per le locazioni di immobili urbani la legge italiana ha stabilito, attraverso la legge 392/78 e successive modifiche, una disciplina speciale volta a tutelare le esigenze della persona e della collettività in relazione all'uso di immobili urbani per abitazione, per ufficio e per l'esercizio di un'attività commerciale. La legge 392/78 prevedeva i criteri per il calcolo del cosiddetto "equo canone", ovvero i parametri cui ancorare la pattuizione del canone nelle sole locazioni abitative di durata quadriennale, rinnovabili per eventuali altri quattro anni. La legge 359/92 introdusse la possibilità di derogare convenzionalmente, in presenza di determinate condizioni tassativamente previste, ai limiti imposti dalla legge 392/78, applicando i cosiddetti "patti in deroga". L'equo canone e i patti in deroga sono stati abrogati dalla legge 431/98; attualmente per i nuovi contratti a uso abitativo non è più applicabile il regime vincolistico dell'equo canone ed è, inoltre, prevista la redazione del contratto per iscritto a pena di nullità. Le locazioni a uso commerciale continuano invece a essere disciplinate dal capo II della legge 392/78, che prevede per esse una durata di sei anni rinnovabile, salvo disdetta motivata, per altri sei anni. L'affitto è una particolare forma di locazione che si ha quando la cosa locata è un bene produttivo (ad esempio un'azienda, un fondo rustico). Assimilabile alla locazione è il noleggio, ad esempio di autoveicolo, contratto mediante il quale viene messo a disposizione di una persona, dietro corrispettivo, un veicolo.

Il leasing

Il leasing è costituito da diverse forme di contratto tramite cui un'impresa prende in affitto macchinari, attrezzature o beni immobili da impiegare nella propria attività produttiva. Si tratta, inoltre, di una forma di credito, in base al quale, tecnicamente, un bene viene preso in affitto per uno specifico periodo di tempo, al termine del quale il noleggiatore ha l'opzione di acquistare il bene oggetto del leasing, solitamente a fronte del amento di una somma predeterminata che terrà conto delle quote di canone precedentemente versate. Durante il periodo di noleggio, il noleggiatore (acquirente) è responsabile dei beni e risponde di qualsiasi danno provocato dalla propria negligenza. Egli può anche sciogliere il contratto in qualsiasi momento, a condizione che consenta al proprietario del bene di rientrare in possesso dello stesso e saldi tutti i amenti in sospeso. Al fine di tutelare i consumatori ed evitare che sottoscrivano un contratto contenente un tasso d'interesse iniquo o qualsiasi altra condizione eccessivamente onerosa, è stata introdotta, in numerosi paesi, una normativa piuttosto rigorosa.

L'appalto

L'appalto è un contratto con il quale una parte (appaltatore) si impegna verso l'altra (appaltante) a compiere un'opera (ad esempio costruire un edificio) o un servizio (ad esempio ripulire un ufficio) in cambio di un corrispettivo in denaro. L'appaltatore è di norma un imprenditore che impiega capitali propri, organizzando i mezzi e le persone necessarie e assumendosi personalmente il rischio. Ciò lo distingue dalla ura del lavoratore autonomo (l'artigiano, il prestatore d'opera ecc.), che presta personalmente la propria opera e ha diritto perciò a un compenso. Il committente approva l'opera prestata dall'appaltatore dopo un collaudo e l'appaltatore deve garantire che la sua opera sia priva di difetti. Una disciplina autonoma è prevista per i contratti di appalto stipulati tra la pubblica amministrazione e un imprenditore privato per l'esecuzione di opere pubbliche.

Il contratto di trasporto

Con il contratto di trasporto una parte (che si chiama vettore) si obbliga verso corrispettivo a trasferire persone o cose da un luogo ad un altro. Dal punto di vista dell'oggetto si distingue il trasporto di persone dal trasporto di cose; sotto l'aspetto dell'elemento naturale attraverso cui il trasferimento avviene si distingue il trasporto terrestre dal trasporto per acqua e dal trasporto per aria: il trasporto terrestre è regolato dal codice civile, il trasporto per acqua e quello per aria sono regolati dal codice della navigazione. I servizi di linea costituiscono il servizio pubblico che viene esercitato tramite concessione amministrativa. Ad evitare abusi e per assicurare il servizio alla generalità del pubblico, sono stabiliti a carico delle imprese concessionarie due obblighi: quello di contrattare con chiunque ne faccia richiesta e quello di osservare la parità di trattamento secondo le condizioni generali stabilite o autorizzate nell'atto di concessione. La differenza fondamentale che sussiste tra il trasporto di persone e quello di cose è la seguente: nel trasporto di cose queste sono affidate al vettore, al quale incombe l'obbligo di provvedere alla custodia di esse durante il trasporto; nel trasporto di persone manca invece quest'affidamento. Le cose che il viaggiatore porta con sé durante il viaggio, siccome restano nella sua sfera di detenzione, non formano oggetto di affidamento al vettore, il quale non ha l'obbligo della custodia. ½ è la responsabilità del vettore per i sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio e la perdita o l'avaria del bagaglio hanno carattere contrattuale: perciò non spetta al passeggero provare la colpa del vettore, ma questa è presunta e incombe al vettore l'onere della prova liberatoria. Tutti principi su enunciati sulla responsabilità del vettore si applicano anche al trasporto gratuito. Vecchia questione è se si applichino anche al trasporto amichevole o a titolo di cortesia. Nonostante l'assenza di corrispettivo, il vettore ha sempre l'interesse e un motivo giuridicamente rilevante ad eseguire la prestazione. Nel trasporto amichevole manca qualsiasi vincolo giuridico, e il rapporto rientra nella sfera dell'amicizia o della cortesia.


I contratti di cooperazione nell'altrui attività giuridica

Il mandato

Il mandato è un contratto con il quale una persona (mandatario) assume l'incarico di svolgere uno o più atti giuridici nell'interesse di un'altra persona (mandante). Il contratto di mandato può essere con o senza rappresentanza: nel primo caso gli effetti giuridici degli atti posti in essere dal mandatario si riversano immediatamente nella sfera giuridica del mandante; nel secondo caso, invece, il mandatario è tenuto a trasferire, con un ulteriore negozio, i diritti acquistati in proprio nome nella sfera giuridica del mandante. Il mandato può essere generale o rilasciato per la conclusione di un solo affare; in questo secondo caso si tratta di un mandato speciale.

La commissione

Si tratta di un contratto con cui un soggetto, detto commissionario, si impegna in nome proprio a vendere o comprare merce per conto di un altro soggetto, detto committente. Due sono le caratteristiche proprie di questo tipo di contratto, che rientra nella ura più ampia del mandato:

gli atti che il commissionario si impegna a porre in essere sono sempre e solo contratti di compravendita;

il mandato è privo di rappresentanza, per cui il commissionario compra e vende per conto del committente ma lo fa in nome proprio.

Dopo che la vendita e l'acquisto sono stati posti in essere, il commissionario è tenuto, mediante un nuovo e diverso contratto, a trasferire al committente i beni o il denaro ricavato dalla vendita. Generalmente il commissionario viene ato per la propria prestazione con una provvigione proporzionale al valore dell'affare concluso. Di norma il commissionario non è tenuto a garantire al committente l'effettiva esecuzione dei contratti conclusi, ma questo può essere espressamente previsto nel contratto con una clausola, in presenza della quale il commissionario è responsabile nei confronti del committente dell'effettiva esecuzione del contratto.

Il contratto di agenzia

Il contratto di agenzia è un contratto mediante il quale una parte (agente) si obbliga di promuovere, per conto dell'altra parte (proponente), e verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata. Egli dunque procura le ordinazioni e le trasferisce al proponente: è infatti quest'ultimo a stipulare il contratto con il cliente; tuttavia, se si tratta si un agente con rappresentanza, quest'ultimo può compiere atti giuridici in nome e per conto del proponente. L'agente si assume il rischio della sua attività promozionale e non ha pertanto il diritto di ottenere il rimborso delle spese d'agenzia. Egli è retribuito dal proponente con una provvigione, in altre parole una percentuale sulle vendite pattuita in via anticipata. Si tratta di un contratto di durata, a tempo determinato o indeterminato. Il proponente e l'agente hanno il diritto reciproco di esclusiva: non possono, ovvero, stipulare altri contratti d'agenzia. L'agente è tenuto a iscriversi all'albo per agenti e rappresentanti di commercio.

Il contratto di franchising

Si tratta di un contratto con il quale una società (franchisor), concede a un'altra società (franchisee) il diritto di vendere i propri prodotti o servizi usando il proprio nome o marchio. Si parla di franchising anche quando un imprenditore proprietario di un brevetto autorizza un imprenditore straniero a produrre il proprio prodotto. Il franchising comporta solitamente un amento iniziale da parte del franchisee, detto entry fee, e successivi versamenti variabili determinati in base all'ammontare del giro d'affari del franchisee risultante dalle sue scritture contabili. Altre condizioni sono: l'impegno da parte del franchisee a rifornirsi solo presso il franchisor e a seguire gli stessi criteri di gestione, vendita, arredamento del locale degli altri franchisee; il diritto del franchisee di avere l'esclusiva di vendita dei prodotti del franchisor in una specifica zona e il divieto di venderli al di fuori di essa. I franchisee devono avere la garanzia che i profitti previsti dal franchisor siano realistici e che il franchisor li rifornisca e li assista efficientemente. Il franchising permette al franchisor di espandere il proprio volume d'affari senza perderne il controllo e anche senza investire tutto il capitale necessario. Il franchisee ha il vantaggio di poter esercitare un'attività utilizzando un marchio già affermato e senza dover quindi investire tempo e denaro nell'avviamento di una nuova attività e nella diffusione di un nuovo marchio.

I principali contratti reali

Il deposito regolare

Il deposito è il contratto reale col quale una parte (depositario) riceve dall'altra (depositante) una cosa mobile con l'obbligo di custodirla e di restituirla in natura. La funzione pratica del deposito consiste nell'assicurare la custodia di una cosa, garantendone la vigilanza necessaria per la sua conservazione ai fini della restituzione: al depositario non solo non passa la proprietà, ma nemmeno il possesso della cosa; egli la detiene soltanto nel mio interesse e non ne può disporre e nemmeno servirsene. Il deposito si presume gratuito. Secondo i principi generali, il depositario devo usare nella custodia la diligenza del buon padre di famiglia. Il deposito può essere effettuato da chiunque abbia il possesso o la detenzione della cosa, non importa se ne sia o meno proprietario.

Il deposito irregolare

ura sostanzialmente diversa da quella prima esaminata è il deposito irregolare: questo ha per oggetto una quantità di denaro o di altre cose fungibili, delle quali viene concessa al depositario la facoltà di servirsi. Il depositario acquista allora la proprietà delle cose e può, quindi, farne quel che crede: alienarle, consumarle per i propri bisogni; egli è tenuto a restituire non le stesse cose, ma la stessa quantità di esse.

Il comodato

Si tratta di un contratto con il quale una persona (comodante) dà a un'altra persona (comodatario) una cosa, che può essere sia mobile sia immobile, perché se ne serva per un uso e per un periodo di tempo determinati. L'unico onere che incombe sul comodatario è quello di restituire la stessa identica cosa oggetto del comodato. Questo istituto è molto simile al mutuo, dal quale però si discosta perché, mentre quest'ultimo può essere tanto a titolo gratuito quanto a titolo oneroso, il comodato implica sempre la gratuità. Eventuali prestazioni accessorie richieste dal comodante al comodatario non fanno venire meno il requisito fondamentale della gratuità del comodato.

Il mutuo

È il contratto con il quale una persona (mutuante) presta a un'altra (mutuatario) una somma di denaro che l'altra si obbliga a restituire. In genere è previsto nel contratto un termine per la restituzione del denaro e spesso la restituzione avviene a rate. In tal caso se il mutuatario non adempie l'obbligo di are anche una rata soltanto il mutuante ha diritto a chiedere l'intera restituzione della somma prestata.


I contratti bancari

Le operazioni di banca

Le banche sono imprese che esercitano l'attività bancaria. Per attività bancaria s'intende la raccolta del risparmio tra il pubblico e l'esercizio del credito. Le banche possono operare solo se hanno tenuto una particolare autorizzazione e siano state iscritte nell'apposito albo, curato dalla Banca d'Italia. Le operazioni bancarie si distinguono in operazioni passive, con cui le banche si indebitano verso la clientela raccogliendo fondi, operazioni attive, con cui le banche diventano creditrici dei clienti cui concedono finanziamenti, ed operazioni accessorie, che consistono nei servizi che le banche prestano utilizzando la propria organizzazione.

Il deposito bancario

Il deposito bancario costituisce la tipica operazione bancaria passiva e rappresenta lo strumento tradizionale di raccolta del risparmio, essenziale per lo svolgimento della funzione di intermediazione che le banche assolvono. Di regola il deposito è remunerato dalla banca, con un riconoscimento di interessi a favore del depositante. A richiesta del cliente la banca rilascia al depositante un libretto, sul quale si annotano i versamenti ed i prelevamenti. I libretti di risparmio possono essere 'nominativi' se vengono intestati ad una o più persone; 'al portatore' se il depositante preferisce che possono risultare legittimati ad operare anche altre persone al quale il libretto venga consegnato.

Sconto

L'imprenditore ha spesso bisogno di incassare, sia pure con qualche detrazione, crediti peculiari non ancora scaduti, in modo da procurarsi liquidità per la sua attività. A questa esigenza provvede lo sconto, che è il contratto con il quale la banca, alla quale viene ceduto un credito non ancora scaduto che il cliente ha verso terzi, anticipa a quest'ultimo l'importo del credito.

Il conto corrente

Conto corrente ordinario è il contratto con quale due parti, avendo plurimi rapporti da cui derivano crediti pecuniari reciproci, si accordano per considerare inesigibili le rispettive ragioni di credito, inserendoli in un apposito 'conto' unitario, ed accettando nella compensazione integrale, fino a concorrenza, cosicché, alle scadenze pattuite, tutte le partite risultino sistemate con il amento del solo saldo. Il conto corrente bancario, invece, è un contratto necessariamente accessorio ad altre pattuizioni, col quale si stabilisce di far confluire in un medesimo conto accrediti ed addebiti, ma con il quale il correntista può disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito. Particolare importanza ha il principio per cui la banca è tenuta ad inviare estratti conto periodici, ma questi si ritengono tacitamente approvati in mancanza di opposizione scritta da parte del cliente entro sessanta giorni dal ricevimento.

Cassette di sicurezza

Uno tra i più importanti servizi bancari accessori è costituito dalle cassette di sicurezza. Queste sono recipienti collocati in stanze corazzate, predisposte dalle banche: il cliente vi può deporre ciò che crede.


I contratti aleatori

La rendita

In economia, compenso corrisposto a un proprietario per l'uso dei terreni a fini produttivi. Le teorie sulla rendita furono elaborate dagli economisti inglesi del XVIII secolo; in particolare David Ricardo studiò le variazioni dei profitti ottenuti dalla terra a seconda della sua produttività. In seguito il termine è stato esteso a indicare il compenso ottenuto per l'uso di altri beni (miniere, edifici ecc.). Per rendita vitalizia si intende invece una prestazione eseguita per tutta la durata della vita del beneficiario o di un terzo avente per oggetto una certa quantità di cose fungibili o di denaro. La natura della rendita vitalizia è del tutto aleatoria; se ad esempio una persona decide di vendere un terreno e chiede come corrispettivo che la controparte gli costituisca una rendita vitalizia, colui che acquista il terreno non è in grado di sapere a priori se ha fatto un buon affare o meno. Può essere infatti che la persona a favore della quale è stato costituito il vitalizio viva a lungo, ma può anche accadere che il giorno seguente alla compravendita muoia; in questo caso appare evidente il vantaggio conseguito. Nella rendita vitalizia l'elemento dell'incertezza è fondamentale: infatti la sua mancanza rende il contratto nullo.

Le assicurazioni

L'assicurazione è il contratto tra due parti in base al quale l'assicuratore, a fronte del versamento di un contributo denominato "premio", si impegna indennizzare l'assicurato per i danni provocati dal verificarsi dell'evento oggetto del contratto. Il premio e l'indennizzo sono determinati nel contratto di assicurazione, denominato polizza assicurativa.


Contratti diretti a costituire una garanzia

La fideiussione

La fideiussione è un contratto che si realizza quando una persona, obbligandosi personalmente nei confronti del creditore, garantisce l'obbligazione di un terzo, il debitore, fino all'ammontare del credito. Questo tipo di contratto deve essere stipulato in modo espresso e chiaro in modo che non si considerino prestazioni di garanzia semplici opinioni circa la solvibilità di una persona. Il contratto di fideiussione viene stipulato tra due soggetti, il creditore e il fideiussore; il terzo soggetto, che è il debitore principale, rimane del tutto estraneo a tale accordo. È chiaro che nella pratica la stipulazione di un contratto di fideiussione è generalmente preceduto da intese tra il fideiussore e il debitore anche se quest'ultimo, al momento della stipula del contratto e durante l'esecuzione dello stesso, non ha alcuna rilevanza in quanto è, rispetto al contratto, del tutto estraneo.

La fideiussione omnibus

Si parla di fideiussione omnibus per indicare l'impegno assunto da un soggetto verso una banca, e con cui si garantisce l'adempimento di tutti debiti, compresi quelli che potranno sorgere successivamente al rilascio della fideiussione, che un terzo risulterà avere verso la banca nel momento della scadenza pattuita ovvero nel momento in cui la banca chiederà di recedere dal rapporto e di ottenere il saldo dei propri crediti. Il fideiussione corre il rischio di ignorare di quanto si stia espandendo il totale dei debiti del soggetto in cui favore ha rilasciato la garanzia omnibus.


Contratti diretti a dirimere una controversia

La transazione

Si tratta di un contratto per mezzo del quale due o più persone, facendosi reciproche concessioni, mettono termine a una controversia già cominciata o impediscono che questa sorga. L'elemento essenziale della transazione sono le reciproche concessioni a cui le parti giungono per evitare di rimettere a un giudice la soluzione della questione. La transazione non può essere posta in essere relativamente a qualsiasi diritto, infatti, ve ne sono alcuni - come quelli concernenti lo stato e la capacità delle persone - che esulano da una soluzione di questo tipo. Non può essere oggetto di transazione un contratto illecito e questo principalmente perché l'illiceità del contratto si rifletterebbe sull'intera transazione.


I contratti del settore turistico

Il contratto d'albergo

Il contratto d'albergo è un contratto atipico, non disciplinato ovvero dal codice civile, ma soggetto alle norme generali sui contratti e agli usi uniformi, concordati dagli operatori del turismo e raccolti nel Regolamento internazionale alberghiero. Esso è definito come "il contratto con cui una parte (albergatore) s'impegna, verso il amento di un prezzo, a fornire all'altra parte (cliente) alloggio, eventualmente vitto ed altri servizi accessori". Il contratto prevede che l'albergatore possa richiede il versamento della caparra all'atto della prenotazione, la durata presenta del contratto è di un giorno, salvo accordi diversi, la stanza va lasciata all'ora fissata (generalmente dalle 10 alle 14), i servizi accessori possono comportare un prezzo aggiuntivo. L'albergatore è obbligato dalle leggi di pubblica sicurezza alla registrazione del cliente, mediante l'annotazione dei dati anagrafici, ed alla tempestiva comunicazione al commissariato di polizia. Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione dell'altra parte. Il deposito in albergo è regolato, invece, dal codice civile in due casi distinti: "le cose portate in albergo e consegnate all'albergatore" e "le cose portate in albergo e non consegnate". Nel primo caso, la responsabilità dell'albergatore è illimitata per sottrazione, danneggiamento o distruzione. Il danno va quindi risarcito per i beni che l'albergatore accetta di prendere in custodia e per i beni che l'albergatore ha rifiutato di ricevere pur avendone l'obbligo. Nel secondo caso, invece, la responsabilità dell'albergatore è limitata ed egli può rispondere fino ad un massimo di 100 volte il prezzo dell'alloggio per una giornata.

Il contratto di viaggio

L'attuale legislazione italiana relativa ai contratti di viaggio è fondata su due leggi fondamentali: la legge 1084/1977, che regola tutta la materia, ed il decreto legislativo 111/1995, che è riferito specificamente "ai viaggi, alle vacanze, ai circuiti tutto compreso". I contratti di viaggio possono assumere due forme: il contratto d'organizzazione di viaggio e contratto d'intermediazione di viaggio, che fa riferimento alla ura dell'intermediario. Egli è tuttavia estraneo al contratto, i cui soggetti sono organizzatore e cliente, come si nota nella sua mancanza di responsabilità per eventi che abbiano a che fare con il viaggio. Gli obblighi generali delle parti sono, per l'agente semplicemente di comportarsi secondo i principi generali del diritto ed i "buoni usi", mentre il viaggiatore deve fornire tutte le necessarie informazioni richiestegli, nonché rispettare i regolamenti relativi al viaggio, al soggiorno e agli altri servizi. La legge prevede la prevalenza delle normative speciali nazionali quando queste siano più favorevoli per i viaggiatori, considerati come parte contrattualmente più debole. La forma del contratto deve essere scritta, in termini chiari e precisi; una copia deve essere rilasciata al cliente, sottoscritta e timbrata dall'organizzatore o dal venditore. Altre eventuali informazioni sono indicate nell'opuscolo informativo, in cui si leggono con chiarezza le informazioni relative al passaporto, i visti, gli obblighi sanitari, e le altre formalità per l'effettuazione del viaggio. Naturalmente è vietato l'uso d'informazioni ingannevoli a danno dei consumatori. Il contratto d'organizzazione del viaggio è "il contratto mediante il quale una parte (l'agente) s'impegna a suo nome a procurare ad un'altra (il cliente), verso corrispettivo, un insieme di prestazioni (che egli stesso ha organizzato), comprendenti il trasporto, il soggiorno ed eventuali altri servizi". Esso è un contratto non formale, a prestazioni corrispettive, a titolo oneroso, consensuale, e generalmente ad esecuzione differita. Nel contratto sono indicate tutte le informazioni possibili relative al viaggio. Può verificarsi, salvo che il contratto non lo escluda esplicitamente, la sostituzione del viaggiatore, sempre che quest'ultimo soddisfi le esigenze del viaggio.  Il viaggiatore può recedere dal contratto in ogni momento, a condizione d'indennizzare l'organizzatore di viaggi conformemente alla legislazione nazionale o secondo le disposizioni del contratto. Il recesso dell'agente è previsto solo nel caso di circostanze eccezionali ed imprevedibili o quando non si raggiunga il numero minimo di partecipanti. In entrambi i casi il recesso non dà luogo ad alcun indennizzo, ma solo al rimborso delle somme versate dal viaggiatore. Nel caso di variazioni del prezzo, il viaggiatore può recede dal contratto senza alcun indennizzo per aumenti superiori al 10%, con l'obbligo dell'agente di restituire le somme già versate dal cliente. La responsabilità degli organizzatori di viaggio è relativa a "qualsiasi pregiudizio causato al viaggiatore a causa dell'inadempimento totale o parziale dei suoi obblighi di organizzazione quali sono dal contratto, salvo che egli non provi a essersi comportato da organizzatore di viaggi diligente". Egli è responsabile, in sostanza, solo della corretta predisposizione de servizi, delle prenotazioni, delle informazioni, ma non di eventuali danni causati al viaggiatore durante il viaggio, salvo che non sano stati causati dai prestatori dei servizi di cui l'agente si avvale. Il contratto di intermediazione di viaggio è "il contratto mediante il quale una parte s'impegna a procurare ad un'altra parte, verso corrispettivo, un contratto di organizzazione oppure uno o più servizi separati". La responsabilità dell'agente è illimitata per dolo o colpa grave, limitata per mancanza di diligenza, esclusa per inadempimento totale o parziale relativo al viaggio, soggiorno o altri servizi di cui risponde l'organizzatore.


D) LE OBBLIGAZIONI NASCENTI DA ATTI UNILATERALI


Le promesse unilaterali

I titoli di credito

Si tratta di documenti (assegno, cambiale, titoli obbligazionari, buoni del tesoro ecc.) che attribuiscono a chi li possiede legittimamente il diritto di richiedere al debitore la prestazione o il amento in essi indicati. Secondo il principio per cui 'il possesso vale titolo', il diritto a ricevere la prestazione o il amento è incorporato nel documento, cioè è strettamente legato al possesso legittimo ed effettivo del titolo ed è indipendente dal motivo per cui il titolo è stato emesso. Caratteristiche tipiche del titolo di credito sono: la 'letteralità', cioè il fare riferimento al significato letterale delle parole scritte sul documento per determinare l'esistenza (la banca XYZ herà), le modalità (a vista, cioè alla presentazione del documento, e in una certa data) e la sostanza (la cifra scritta sul titolo) del diritto; l''autonomia', ovvero l'essere trasferibile e il conferire a chi lo possiede il diritto a ricevere la prestazione; e l''inopponibilità delle eccezioni' che non siano legate a fatti particolari, come ad esempio la falsità della firma. Esistono diversi tipi di titoli: i titoli 'al portatore', per il cui adempimento basta presentare il titolo al debitore, come i biglietti di banca, gli assegni bancari al portatore, e molti titoli di debito pubblico, ad esempio i Buoni ordinari del Tesoro (BOT); i titoli 'all'ordine', che hanno scritto il nome del titolare del diritto (ad esempio il nome del beneficiario di un assegno) e che devono essere da questi firmati per poter essere ati, o anche, salvo diversa indicazione espressa dalla scritta 'non trasferibile', girati, cioè trasferiti, a un altro soggetto, il giratario; i titoli 'nominativi', che riportano il nome della persona a cui sono intestati sia sul titolo stesso sia nei registri dell'ente che ha emesso il titolo (ad esempio una società per azioni, o un ente pubblico o lo Stato) e che sono trasferibili a un nuovo soggetto soltanto dopo l'annotazione del nome del nuovo proprietario sia sul titolo sia sul registro di chi lo ha emesso, a cura di un notaio o di un agente di cambio.

La cambiale tratta

Si tratta di un titolo di credito contenente l'ordine incondizionato rivolto da una persona (il traente) ad un'altra (il trattario) di are a vista (cioè al momento della sua presentazione), o a una data prestabilita, una specifica somma di denaro a una terza persona (il beneficiario), che è spesso il portatore della cambiale. Accettando la cambiale, il trattario diventa responsabile del amento. Le cambiali tratta sono titoli negoziabili e rappresentano uno dei principali strumenti commerciali in quasi tutti i paesi. La forma più comune di cambiale è l'assegno.

La cambiale herò

È un titolo di credito contenente una promessa incondizionata di una parte, chiamata emittente, di are a un'altra parte, chiamata beneficiario, una certa somma di denaro, sia a vista (cioè al momento della sua presentazione) sia ad una data futura. In genere, la cambiale propria o herò è trasferibile e può essere resa abile al portatore, a una parte menzionata sulla stessa cambiale oppure all'ordine della parte menzionata. La cambiale propria si differenzia dalla 'dichiarazione di credito' in quanto la prima è una promessa di amento mentre la seconda è il mero riconoscimento di un debito.

Gli assegni

Mentre la cambiale costituisce uno strumento di credito e mira, di regola, a dilazionare un adempimento, l'assegno è uno strumento di amento e mira, pertanto, a procurare al portatore l'immediata disponibilità di una somma di denaro. Le due più importanti ure di assegno sono l'assegno bancario e l'assegno circolare. L'assegno bancario ha la stessa struttura della cambiale tratta: vale a dire che consiste in un documento sul quale unilateralmente l'emittente (o traente) sottoscrive un ordine incondizionato rivolto alla banca (il cui nome è stampato sul modulo) di are una somma di denaro determinata a favore del beneficiario indicato sul titolo. L'emissione di assegni bancari deve essere autorizzata dalla banca. L'emissione dell'assegno presuppone l'esistenza, presso la banca, di una adeguata provvista, cioè di fondi disponibili, attingendo ai quali la Banca potrà provvedere a are al beneficiario l'importo indicato. L'assegno può essere emesso con la specifica indicazione del nome del beneficiario, ovvero a favore del 'portatore', e cioè di chi lo presenterà all'incasso. Un assegno può essere emesso anche a favore dello stesso traente. L'assegno circolare non può essere emesso se non da una banca; ed anche le banche possono emettere assegni circolari solo se hanno tenuto specifica autorizzazione in tal senso dalla Banca d'Italia. Naturalmente gli assegni circolari sono emessi dalle banche in quanto un cliente ne faccia richiesta e versi il relativo importo, ovvero previo addebito a suo carico dell'importo per il quale il titolo è emesso. L'emissione non può essere fatta al portatore, ma necessariamente all'ordine di uno specifico nominativo. La struttura dell'assegno circolare è quella della cambiale herò: la banca si impegna incondizionatamente a are a vista l'importo per cui il titolo è emesso, o all'intestatario dell'assegno o ad un giratario.


E) OBBLIGAZIONI NASCENTI DALLA LEGGE


Obbligazioni nascenti dalla legge

La gestione di affari

ure di obbligazioni nascenti dalla legge sono la gestione di affari, la ripetizione di indebito e l'arricchimento senza causa. Si ha la gestione di affari altrui nell'ipotesi in cui taluno, senza esservi obbligato, si intromette negli affari di un altro, che non sia in grado di provvedervi. La legge ne fa derivare innanzitutto un obbligo a carico del gestore di continuare la gestione intrapresa fino a quando il dominus non possa intervenire direttamente. A sua volta il dominus è tenuto ad adempiere le obbligazioni che il gestore ha assunto in nome di lui e deve tenere indenne il gestore per quelle che questi abbia assunto in nome proprio.

La ripetizione in indebito

Il amento serve ad estinguere un'obbligazione: è logico, quindi, che, se si è fatto un amento senza che preesista un debito, chi l'ha fatto abbia diritto alla restituzione di ciò che ha ato, mentre non era dovuto. È necessario tener ben distinte due diverse ure di indebito:

si ha l'indebito oggettivo allorquando viene effettuato un amento benché non esiste alcun debito;

si ha l'indebito soggettivo quando chi non è debitore, tuttavia, credendosi erroneamente tale, a il creditore quanto è, in realtà, dovuto a quest'ultimo da un terzo.

L'ingiustificato arricchimento

L'ordinamento giuridico non può consentire che una persona riceva un vantaggio dal danno arrecato ad altri, senza che vi sia una causa che giustifichi lo spostamento patrimoniale da un soggetto ad un altro. La legge ha concesso come rimedio generale l'azione di ingiustificato arricchimento: essa ha carattere sussidiario, ovvero è proponibile quando il danneggiato non può esperire altra azione per rimuovere il pregiudizio. Elementi dell'azione sono:

l'arricchimento di una persona;

la diminuzione patrimoniale di un'altra;

il nesso causale tra la diminuzione patrimoniale e l'arricchimento;

la mancanza di causa giustificativa dell'arricchimento dell'uno e della perdita dell'altro.


F) OBBLIGAZIONI NASCENTI DA ATTO ILLECITO


La responsabilità per atto illecito

Responsabilità civile extracontrattuale

Le fonti delle obbligazioni sono, dunque, fondamentalmente, i contratti e gli atti o fatti illeciti (art. 2043). Per gli atti illeciti si parla di responsabilità extracontrattuale, con riferimento ad una pluralità di atti, tra i quali si sono aggiunti, ad opera della giurisprudenza della Corte di cassazione, anche quelli relativi ad interessi legittimi. L'art. 2043 contiene la fattispecie generale di illecito civile, con obbligo del risarcimento, che è un principio giusnaturalistico. La fattispecie generale si applica dove non esiste una disciplina specifica (art. 2048 e successivi o leggi speciali).

Risarcimento per fatto illecito

Qualunque fatto doloso, o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno. Sono evidenziabili due elementi costitutivi del fatto illecito: uno soggettivo, della consapevolezza (dolo o colpa) di colui che ha agito; e uno oggettivo, l'ingiustizia del danno, ovvero la lesione di un interesse meritevole di tutela. E sono due elementi essenziali, perché entrambi sono necessari, ma non sufficienti. Cioè, chi cagiona un danno ingiusto, ma ne' con colpa e ne' con dolo, può essere tenuto al risarcimento. Tra il danno e il comportamento di chi ha agito deve esserci il nesso di causalità. La colpa consiste nell'inosservanza di leggi, regolamenti, ordini dell'autorità, discipline varie, con un'azione svolta con negligenza, imprudenza o imperizia, ma senza il carattere della volontarietà del danno. Il dolo implica invece una certa intenzionalità nel cercare gli effetti che portano al danneggiamento. A ciò va aggiunto il criterio di imputabilità (2046), cioè la capacità naturale di agire, la capacità di intendere e di volere, a meno che il suo stato di assenza non dipenda da causa (es. ubriachezza), appunto imputabile al soggetto agente. L'incapace legale, invece, risponde del danno causato (es. il minore d'età). Se il soggetto non era in grado di intendere e di volere, non sarà ritenuto responsabile e non dovrà risarcire il danno. Infatti, nel caso di danno arrecato da un incapace, il risarcimento è dovuto dai genitori o dal suo sorvegliante, se questo non dimostra di non aver potuto impedirlo (2047), e se questo non può risarcire, il giudice può stabilire un indennizzo a carico dell'incapace. Se un bambino, invece, è capace naturale (capacità naturale = capacità di intendere e di volere), risponde lui in prima persona. È imputabile solo il soggetto che ha agito con la capacità naturale. Una responsabilità extracontrattuale può trasformarsi in contrattuale se si verifica in violazione di un ordine o di un obbligo preciso preesistente. Questo può verificarsi, per esempio, in un incidente stradale, il soggetto danneggiato chiede il risarcimento; se il danneggiante non adempie, il danneggiato si rivolgerà al giudice, il quale emanerà una sentenza di condanna al amento, cioè un ordine, ossia un obbligo preciso. Se dopo la sentenza il convenuto continua a non voler are, sarà soggetto a responsabilità contrattuale. Gli effetti si riferiscono soprattutto alla prescrizione. Nella responsabilità extracontrattuale, l'onere della prova, in via generale, è a carico del danneggiato, che deve provare sia l'esistenza dell'elemento oggettivo, il danno ingiusto (nel suo ammontare), che quello soggettivo della colpa (o il dolo). Il danno dev'essere ingiusto. Il terzo elemento è il nesso di causalità, cioè il rapporto di dipendenza del danno dal comportamento del danneggiante. La responsabilità extracontrattuale si relaziona ai soli danni immediati e diretti causati da qualcuno. Questo è il senso del terzo elemento dell'atto illecito: l'imputabilità. Per danno risarcibile si deve intendere, oltre che la lesione di un diritto assoluto (la proprietà, oppure un diritto della personalità, per esempi), anche la lesione di un interesse inteso come diritto di credito, che ad esempio non venisse onorato dal debitore per colpa di un terzo, il quale potrà essere chiamato a rispondere del danno direttamente dal creditore principale.

Tipologia del danno

I danni possono essere di tre tipi: economico, non patrimoniale, biologico. Quest'ultimo è di derivazione giurisprudenziale, ed è quantificabile con l'ausilio di alcune tabelle predeterminate dai tribunali e dai periti. Il danno non patrimoniale corrisponde ad un risarcimento solo nel caso in cui l'illecito civile si rifletta da un reato penale, e si conura nel danno morale, ossia il prezzo per il dolore. Nel danno economico rientra l'incapacità lavorativa, ossia quella situazione di impossibilità a produrre il proprio reddito col lavoro, e si quantifica anch'esso con l'ausilio di tabelle. Se il danno è riferito alla persona, scattano automaticamente tutti e tre i tipi di danno. Si è quindi considerato ingiusto che la persona che era stata privata della capacità lavorativa non fosse risarcita del danno. Il danno biologico è risarcibile indipendentemente dalla natura penale dell'illecito. Riepilogando, per atto o fatto illecito, sono risarcibili: il danno economico (lucro cessante e danno emergente), il danno morale (quando è associato ad un reato) e il danno biologico (che un D.L. ha cercato di disciplinare nella sua determinazione, ma che poi è stato convertito in legge con modifiche senza la disciplina dettata in materia di risarcimento). Il danno biologico è stato concesso anche ai parenti del danneggiato che hanno lamentato l'insorgenza di una nevrosi connessa all'assistenza che hanno dovuto prestare al parente paziente.


L'impresa

Si parla di impresa come organismo atto alla produzione e alla commercializzazione di beni e servizi al fine di ricavarne un profitto. Da un punto di vista economico, l'impresa corrisponde all'azienda di produzione; essa è cioè un soggetto tecnico-economico complesso basato sull'organizzazione dei fattori di produzione umani e materiali. Al fine quindi di assicurarsi un profitto, un'impresa deve considerare tutti gli aspetti legati all'organizzazione del lavoro (con particolare attenzione alle relazioni umane, all'introduzione di nuove tecnologie e allo sfruttamento degli impianti), al reperimento dei capitali e delle materie prime, alle caratteristiche del mercato e delle reti distributive, alle leggi che ne possono regolare o limitare l'attività. Da un punto di vista giuridico, l'impresa è un'istituzione costituita da persone (fisiche o giuridiche) tra cui intercorrono dei rapporti economici. Queste relazioni e l'attività complessiva dell'impresa sono a loro volta soggette alle leggi dello stato. Nell'economia di mercato, l'impresa opera nell'incertezza del conseguimento del profitto. Essa espone quindi a rischio, detto "rischio d'impresa", il proprio capitale (o il capitale di quanti vi partecipano indirettamente, ad esempio attraverso le azioni). Diverso è invece il caso dell'impresa pubblica. Questa produce e fornisce beni o servizi di pubblico interesse, perseguendo un fine sociale e non lucrativo. L'impresa pubblica è volta cioè ad assicurare a tutta la comunità la possibilità di godere di un bene di rilevante importanza ando un prezzo stabilito dalle istituzioni pubbliche. L'impresa può essere privata o pubblica. Queste due forme possono tuttavia intrecciarsi, dando vita a imprese di proprietà mista.


Il rapporto di lavoro subordinato

I diritti e i doveri del lavoratore sono disciplinati dal contratto (tra lavoratore e datore di lavoro) che definisce il salario e le ferie spettanti al lavoratore, la retribuzione in caso di malattia, le disposizioni per la pensione e l'orario di lavoro. Nella conclusione del contratto devono essere rispettate le norme di legge (codice civile e statuto dei lavoratori) che stabiliscono i diritti fondamentali dei lavoratori e gli accordi collettivi conclusi tra i sindacati e le associazioni dei datori di lavoro. Gli accordi collettivi servono a tutelare da un lato i salari e le condizioni di lavoro dei dipendenti e dall'altro a garantire ai datori di lavoro una continuità di produzione.


Le procedure concorsuali

L'esecuzione concorsuale

Oltre all'esecuzione forzata, il nostro ordinamento riconosce anche la procedura dell'esecuzione concorsuale cioè il procedimento di risoluzione di particolari situazioni in cui il commerciante si trova a dover rispondere di numerosi e gravosi debiti. Lo scopo del fallimento è quello di garantire la pars condicio creditorum. La materia è di vitale importanza, tanto che sono previsti dei reati per la conurazione di particolari situazioni illecite del fallito negligente o disonesto contro l'interesse pubblico. Le norme fallimentari prevedono delle forti limitazioni al patrimonio del fallito al fine di tutelare e limitare la responsabilità patrimoniale nei confronti dei numerosi creditori che accedono a tale procedura. Il fallimento richiede un importante e sostanziale intervento giudiziale. In mancanza del giudice il fallito diverrà semplice debitore inadempiente. Presupposti per la dichiarazione di fallimento dell'impresa commerciale sono:

l'esistenza dell'imprenditore commerciale;

l'insolvenza dell'imprenditore medesimo.

Ragioni storiche e pratiche escludono dal fallimento il piccolo imprenditore e l'imprenditore agricolo. Il fallimento viene dichiarato ed aperto nella sede del Tribunale in cui si trova l'impresa commerciale in difficoltà e lo stesso ha la competenza di tutto l'intero procedimento restante. Il fallimento può avvenire per domanda:

dello stesso imprenditore titolare dell'impresa in difficoltà;

di uno dei creditori in attesa;

del pubblico ministero;

d'ufficio quando il fallimento scaturisca da altri procedimenti giudiziari.

Aperto il fallimento, la sentenza dichiarativa verrà pubblicata immediatamente presso il competente Tribunale e nei luoghi in cui ha sede l'impresa dichiarata fallita. Con la dichiarazione di fallimento vengono sospesi tutti gli interessi nei confronti della ditta, sia di tipo legale che di tipo convenzionale, e viene allontanato dai beni dell'impresa il titolare, fino alla chiusura del procedimento. Nella sentenza dichiarativa di fallimento vengono, tra l'altro, nominate due ure molto importanti e fondamentali:

il giudice delegato che dirige le operazioni del fallimento e vigila sull'operato del secondo e dell'intero procedimento. Come prima cosa, inoltre, egli nomina da tre a cinque fra creditori per costituire il comitato dei creditori che ha funzioni deliberative e di controllo sull'intera procedura;

il curatore fallimentare che amministra il patrimonio fallimentare essendo l'organo attivo del procedimento per eccellenza. Viene retribuito dal tribunale in quanto pubblico ufficiale ed è scelto, su nomina, tra gli albi professionali di avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e procuratori legali.

La procedura fallimentare si suddivide in due grandi gruppi di operazioni: il primo riguarda la determinazione dell'intera massa dell'attivo dell'impresa, mentre il secondo ha il compito di riunire e distribuire l'attivo stesso. Il risultato è intuitivo: si confrontano matematicamente l'attivo con il passivo. Dal risultato, che rappresenta l'utile disponibile, lo si suddivide in proporzione ai vari creditori rispettando, però nel amento, le eventuali prelazioni di privilegio. Durante l'accertamento del passivo ai creditori è assegnato, dalla sentenza dichiarativa, un termine di 30 giorni massimo per la presentazione delle domande di insinuazione del credito da loro preteso. In base alla totalità delle domande di credito, il giudice delegato creerà lo stato passivo dell'impresa. In esso tutti i crediti pervengono, tramite le relative domande, espressamente quantificati in denaro liquido per una semplicità di calcolo. In seguito si procede con la formazione dell'attivo che viene affidata al curatore fallimentare e che rappresenta il momento più difficile e delicato dell'intero procedimento. Essa consiste nell'inventariare tutti i beni dell'impresa, nella vendita degli stessi e nella riscossione di tutti i crediti. Una volta accumulato il denaro liquido, dalla vendita fallimentare e dalla riscossione degli eventuali crediti esistenti, si procederà alla divisione proporzionale delle somme ai creditori. Il procedimento si definisce chiuso con:

il amento di tutti i crediti;

la mancanza dell'attivo;

con la mancanza delle domande di ammissione all'attivo.

Il concordato

Il concordato è un accordo che si viene a creare tra i creditori e il commerciante debitore per evitare il lungo, fastidioso e costoso procedimento fallimentare (concordato preventivo) o per chiuderlo (concordato fallimentare). Per la scelta di una delle due procedure è necessario la votazione maggioritaria di almeno la metà dei creditori che in tal caso impegneranno anche gli assenti alla votazione e i dissenzienti. La procedura può essere un concordato preventivo, che è un istituto riservato all'imprenditore sfortunato ma non disonesto. Per ottenerlo deve possedere tali requisiti: non deve essere stato condannato per reati contro il patrimonio o coinvolto in procedimenti fallimentari negli ultimi 5 anni e deve dimostrare di avere le garanzie per are almeno il 46 % dei debiti. In tal caso il Tribunale nominerà un commissario giudiziale che, sotto la guida ed il controllo del giudice delegato, procederà immediatamente alla verifica dei creditori, dei debitori e all'inventario dei beni facendone una relazione. Una volta stipulata la relazione, si riuniranno tutti i creditori ai quali verrà illustrata la situazione e verrà chiesto di porre ai voti eventuali accordi presi con criterio maggioritario. Una volta eseguita la votazione, questa verrà convalidata dal Tribunale rendendola obbligatoria e definitiva. Se nel corso del procedimento il commissario giudiziale avverte gravi irregolarità del debitore può procedere alla dichiarazione del fallimento. Il concordato fallimentare è una procedura che viene chiesta dallo stesso commerciante titolare dell'impresa dichiarata fallita solamente dopo che verranno verificati tutti i crediti relativi all'impresa stessa. Anche esso consente di evitare le lungaggini e le spese del procedimento fallimentare ordinario. La procedura del concordato fallimentare consiste nell'offerta che fa il fallito di una percentuale che egli è in grado di offrire ai vari creditori e se ritenuta valida questa viene messa ai voti dei creditori dal giudice delegato sentiti prima il curatore fallimentare ed il comitato dei creditori. Se la proposta del debitore fallito viene accettata dai creditori questa viene convalidata dal Tribunale competente e resa obbligatoria e definitiva estinguendo ogni precedente obbligazione Civile tra il debitore fallito e i vari creditori.

Le procedure parafallimentari

La legge fallimentare prevede anche altre procedure para-fallimentari che si muovono parallelamente al procedimento fallimentare ordinario per evitare la morte dell'attività commerciale eventualmente dichiarata fallita. Invece che dichiarare il fallimento dell'impresa, quando i debiti e la situazione lo consentano e quando il debitore lo meriti, è possibile procedere con un'amministrazione controllata dell'impresa. Questa scelta, se fatta, sarà opportuna e conveniente sia per l'impresa che non morirà, sia per la politica nazionale che per i creditori che seppur non immediatamente potranno pretendere i loro crediti per l'intera somma loro dovuta. Questo procedimento viene affidato ad un commissario giudiziale per un periodo di tempo non superiore a due anni. Quando l'impresa presenta aspetti di interesse pubblico, la legge provvede alla sua gestione, anziché al fallimento, mediante l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. In questo procedimento si perseguono anche gli interessi pubblici sovrastando quelli dei singoli creditori. In questo caso il commissario è nominato dal Ministero del Lavoro con un mandato non superiore a due anni svantaggiando, così, i creditori già in attesa che dovranno comunque aspettare la programmatica ripresa dell'attività commerciale ad  opera del commissario ministeriale e non potendo usufruire dei relativi benefici di un eventuale procedimento fallimentare ordinario o concordatario.


Le società

La società è il contratto in base al quale, secondo quanto dispone l'articolo 2247 del codice civile, due o più persone conferiscono beni o servizi per l'esercizio in comune di un'attività economica allo scopo di dividerne gli utili. Caratteristiche proprie della società sono dunque il fine di lucro (cioè lo svolgimento di un'attività economica con l'obiettivo di un guadagno), il conferimento di beni o servizi (ad esempio denaro per costituire il capitale sociale, o macchinari, o anche esperienze professionali), l'esercizio in comune dell'attività, il nome della società (detto 'ragione sociale' o 'denominazione sociale'), la sede sociale (il luogo dove si svolge l'attività), lo statuto (il documento che fornisce indicazioni sull'obiettivo della società), l'organizzazione e il funzionamento della società, lo scopo della divisione degli utili (elemento che non ricorre nell'ambito delle società cooperative). Accanto alle cosiddette società di fatto, costituite senza le formalità previste dalla legge e quindi prive di una regolamentazione giuridica, si distinguono le società di persone (società semplice, società in nome collettivo e società in accomandita semplice), le società di capitali (società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata) e le società mutualistiche (società di mutua assicurazione e società cooperative). Nelle società di persone i soci sono responsabili per eventuali passività anche con il proprio patrimonio personale, mentre nelle società di capitale rispondono finanziariamente nei limiti del capitale sociale versato, salvo la responsabilità civile e la responsabilità penale di amministratori e soci in caso di irregolarità. L'esistenza della società deve essere resa pubblica con il deposito dell'atto costitutivo presso la cancelleria del tribunale e con l'iscrizione nel registro delle imprese (tali requisiti non sono previsti per la società semplice).


Le successioni

Premessa

Quando un soggetto muore il suo patrimonio va ai suoi eredi. La terminologia "successione mortis causa" sta ad indicare che un soggetto subentra nei diritti del defunto. Anche la costituzione definisce le regole generali delle successioni facendo distinzione tra legittima e testamentaria. Tutto questo è legato al sistema della proprietà provata.

Erede universale e legatario

L'erede universale è colui che subentra in tutti i rapporti, anche quelli passivi, è vi risponde anche con il proprio patrimonio. Il successore a titolo particolare (legatario), è colui che succede solo nei rapporti espressamente indicati. Mentre per l'erede è richiesta l'accettazione, per il legatario no, anche se può comunque rinunciare. Il legatario succede immediatamente. Nei confronti del legatario è tenuto l'erede, quindi il primo può chiedere al giudice di fissare un termine per l'accettazione dell'eredità. Talvolta, però, non è semplice capire se il chiamato a succedere nel testamento sia erede o legatario.

Successione legale

Nel nostro ordinamento, la successione mortis causa, si apre nell'ultimo domicilio del defunto. C'è anche la possibilità di redigere un testamento, che è un atto di liberalità mortis causa. Quindi, nell'apertura della successione, bisognerà vedere prima di tutto se c'è un testamento. Se è così, si avrà una successione, in parte per testamento, e in parte legale. Se non c'è testamento si darà luogo alla successione legale. La vocazione ereditaria è la chiamata a succedere. Una volta individuato l'erede, perché sia tale, c'è bisogno della sua accettazione. L'accettazione può essere anche tacita.

Successione necessaria

Il nostro codice definisce sei categorie di succedibili, cioè fino al sesto grado di parentela, dopo di che succede lo Stato. C'è, però, una forte tutela della famiglia evidenziata dalle norme della successione necessaria in favore di eredi legittimati, cioè indicati tassativamente dalla legge. Sono eredi legittimati:

il coniuge;

i discendenti legittimi, naturali e adottivi;

gli ascendenti, se in assenza dei precedenti.

Una quota dell'asse ereditario deve essere necessariamente riservata a questi eredi. Le norme della successione legittima hanno riguardo di questo. E' invece nella successione testamentaria che si può verificare una lesione degli interessi degli eredi legittimati. Se il testamento non rispetta le quote legittime, le sue disposizioni di volontà non sono nulle, ma inefficaci nei confronti dei legittimati, i quali hanno dieci anni di tempo per impugnare il testamento è chiedere l'azione di riduzione. Questa è un'azione personale che non può neanche essere chiesta dai creditori dell'erede leso nella legittima.

Successione testamentaria

I testamenti ammessi dal nostro ordinamento sono tre: olografo, pubblico e segreto. L'olografo è quello privato redatto dal testatore di suo pugno, gli altri sono quelli redatti dal pubblico ufficiale. L'olografo viene tenuto con se dal testatore nella sua abitazione. Può succedere che il testamento sia nullo o che sia annullabile. Ognuno dei testamenti richiede delle forme specifiche, in mancanza delle quali si arriva alla nullità. L'olografo deve essere scritto di pugno e sottoscritto; è richiesta poi anche la data. La sottoscrizione serve per identificare la paternità dell'atto e può anche essere una sigla o un diminutivo usuale. Il testamento pubblico è ricevuto verbalmente dal notaio e messo per iscritto in presenza di due testimoni, che ascolteranno la rilettura da parte del testatore, prima di sottoscriverlo (forma solenne). Il testamento segreto può essere scritto dal testatore, o da un terzo (nel qual caso deve riportare la firma del testatore sopra ogni mezzo foglio). Il notaio poi quando lo riceve, deve assolvere altre necessarie formalità per rendere valido il testamento segreto. Il notaio non conosce il contenuto, ma adempie solo alle formalità del visto.

Istituti di tutela

Ci sono degl'istituti tipici delle successioni, come l'azione interrogatoria, o la rappresentazione, che consente la successione dei discendenti in luogo dell'ascendente che non vuole o non può diventare erede. Questo però si applica solo quando il chiamato a succedere è lio o fratello del defunto. In questo caso, si avrà una successione per stirpi. Un altro istituto tipico è quello della collazione, che ha lo scopo di assicurare la parità di condizione tra li legittimi e naturali e il coniuge, i quali devono conferire agli eredi tutto ciò che hanno avuto dal defunto in donazione, per riequilibrare eventuali situazioni di disparità di trattamento. Ovviamente salva la lesione della legittima. Ci sono beni che sono sottratti alla collazione come per esempio le donazioni di modico valore fatta al coniuge e le spese di mantenimento.

Accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario del successore a titolo universale

Un caso di tacita accettazione dell'eredità è quando l'erede è nel possesso dei beni del defunto. In questo caso ha tre mesi di tempo per dichiarare o meno se accetta l'eredità. L'inventario si deve fare entro quaranta giorni dall'accettazione con beneficio d'inventario. Un altro caso di tacita accettazione dell'eredità è la riscossione di un credito del defunto. Il termine per accettare l'eredità è di dieci anni. Ci sono casi in cui il soggetto deve accettare con beneficio d'inventario, come nel caso dei genitori o del tutore che accettano l'eredità per conto di un lio minore o di un interdetto giudiziale. Devono poi accettare con beneficio d'inventario anche tutte le persone giuridiche, quindi anche gli enti pubblici.





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