diritto |
Questo procedimento ha lo scopo di agevolare la formazione del titolo esecutivo. Chi agisce per un credito di denaro o di cose fungibili o per ottenere la consegna di una cosa determinata o anche una prestazione di servizi, può ottenere dal giudice un ordine di amento o di consegna, senza chiamare in giudizio l'obbligato, Solo dopo l'emanazione del provvedimento, questo viene notificato all'altra parte, la quale può fare opposizione e provocare così, assumendo il ruolo di attore, il giudizio in contraddittorio. Se la parte intimata non insorge, il provvedimento acquista efficacia esecutiva. Il procedimento di ingiunzione può quindi essere sperimentato vantaggiosamente, allorquando si prevede che la parte intimata non sia per opporre contestazione.
Requisito necessario per l'ammissibilità del procedimento di ingiunzione è la prova scritta del credito o del diritto del ricorrente. Non è richiesta la prova scritta per i crediti riguardanti onorari o rimborsi di spese spettanti ad avvocati, procuratori, ufficiali giudiziari o di chiunque altro abbia prestato la sua opera in occasione di un processo, ovvero a notai o ad altri esercenti una libera professione o arte per la quale esista una tariffa legalmente approvata.
La competenza a emanare il provvedimento ingiuntivo spetta al giudice di pace, al pretore o al presidente del tribunale che sarebbe competente per la domanda in via ordinaria. Per i crediti riguardanti onorari per prestazioni giudiziali, la competenza spetta al capo dell'ufficio giudiziario che ha deciso la causa alla quale il credito si riferisce.
La domanda si propone con ricorso sottoscritto dal procuratore, indicando tutti gli elementi della domanda, le prove che si producono.
Il giudice può invitare il ricorrente ad integrare la prova; quindi decide con decreto.
Se il giudice ravvisa fondata la domanda emette l'ordine di amento o di consegna ingiungendo alla parte di adempiere entro quaranta giorni. In mancanza di opposizione alla scadenza del termine si procede ad esecuzione forzata.
Il decreto ingiuntivo non ha efficacia esecutiva neppure ai fini della iscrizione dell'ipoteca giudiziale; ma il giudice può dichiararlo provvisoriamente esecutivo se vi sia grave pericolo di ritardo.
Il decreto ingiuntivo deve essere notificato entro sessanta giorni altrimenti perde efficacia. La notificazione del decreto determina la pendenza della lite e apre il termine per proporre opposizione.
L'opposizione ha lo scopo e l'effetto di provocare il normale procedimento di cognizione in contraddittorio. Si propone mediante citazione nelle forme ordinarie davanti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto.
L'opposizione può anche essere proposta dopo la scadenza del termine fissato nel decreto, non oltre dieci giorni dal primo atto di esecuzione, se l'opponente prova di non aver avuto conoscenza del decreto per irregolarità della notificazione o di non aver potuto presentare l'opposizione nel termine per caso fortuito o forza maggiore.
Il decreto ingiuntivo che sia stato dichiarato esecutivo per difetto di tempestiva opposizione ai sensi dell'art. 647, può essere ancora impugnato con i rimedi straordinari della revocazione, per i motivi indicati dall'art. 395 numeri 1,2,5,6 e dell'opposizione di terzo revocatoria. Non è ammessa l'opposizione di terzo semplice.
Il procedimento per convalida di sfratto ha il fine, come il decreto ingiuntivo, di raggiungere una rapida formazione del titolo esecutivo. A differenza del procedimento di ingiunzione, tuttavia, la convalida di sfratto presuppone l'immediata instaurazione del contraddittorio.
La citazione si propone davanti al pretore del luogo dove si trova la cosa locata (competenza territoriale inderogabile); è costituita dalla intimazione di rilasciare l'immobile locato e dalla contestuale citazione per la convalida.
Tra il giorno di notificazione e quello dell'udienza di izione debbono intercorrere non meno di venti giorni liberi.
L'intimato dopo la semplice izione è legittimato a proporre l'opposizione e a svolgere le altre attività difensive che gli competono.
L'ordinanza di convalida di sfratto per morosità non costituisce titolo per ottenere il amento dei canoni dovuti. Il locatore può proporre domanda di ingiunzione per il amento di questi canoni insieme con l'intimazione di sfratto, ma su questa domanda il giudice deve pronunciare separatamente, con decreto ingiuntivo, steso in calce a una copia dell'intimazione.
Se l'intimato e e contesta il fondamento dell'intimazione o solleva eccezioni, il giudizio deve proseguire per la risoluzione della controversia. L'opposizione all'intimazione ha luogo così nello svolgimento del giudizio instaurato con la citazione per convalida e non assume la forma di un'impugnazione, come l'opposizione al decreto ingiuntivo.
I provvedimenti cautelari sono preordinati a fornire una tutela provvisoria del diritto, sul presupposto di un pericolo nel ritardo; tutela che consiste nella anticipazione provvisoria dei provvedimenti che dovrebbero essere dati a conclusione del giudizio sul merito.
La competenza a provvedere sulla domanda di provvedimento cautelare, se non è stata ancora iniziata la causa di merito, spetta al giudice competente per la causa di merito; se questo è il giudice di pace allora la domanda va proposta al pretore del luogo dove si dovrebbe svolgere la causa.
La domanda di provvedimento cautelare si propone con ricorso, che deve essere depositato nella cancelleria del giudice competente.
Il giudice provvede sulla domanda con ordinanza, dopo aver sentito le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, e assunta cognizione dei fatti, compiendo gli atti di istruzione necessari a questo scopo.
Il ricorso e il decreto devono essere notificati all'istante nel termine perentorio di otto giorni.
Se la domanda di provvedimento cautelare viene accolta, il procedimento prosegue e deve essere collegato al processo sul merito; se questo non è ancora iniziato, deve essere promosso a cura della parte che ha ottenuto il provvedimento, nel termine perentorio fissato dal giudice di non oltre trenta giorni.
L'efficacia del provvedimento cautelare è condizionata dalla pendenza e dall'esito del processo di merito, dato che il provvedimento ha la funzione di garantire il risultato di quel processo.
Avverso l'ordinanza che provvede sulla istanza di provvedimento cautelare è previsto anche uno speciale reclamo, che può essere proposto nel breve termine di dieci giorni e nelle forme stabilite per i procedimenti in camera di consiglio.
Il sequestro, provvedimento cautelare tipico, tende a garantire l'indisponibilità di determinati beni o cose, necessari al fine che il processo raggiunga il suo pratico risultato. Presupposti del sequestro sono: una pretesa di diritto, di cui si sia riconosciuto il probabile fondamento, e il pericolo che i beni, che formano oggetto di quella pretesa, siano sottratti o dispersi. Si distinguono due specie di sequestro:
giudiziario: tende a garantire un preteso diritto su una cosa specifica e costituisce quindi il mezzo di garantire la successiva esecuzione per consegna o rilascio;
conservativo: tende a garantire un preteso diritto di credito e può avere ad oggetto qualunque bene che, trovandosi nel patrimonio del debitore, costituisca la garanzia del diritto del creditore. Presupposto del sequestro conservativo è il fondato timore del creditore di perdere le garanzie del credito: timore che deve essere giustificato da circostanze oggettive, quali le diminuite o precarie condizioni economiche del debitore o anche solo l'imprudente o malizioso comportamento di lui.
La domanda di sequestro si richiede con ricorso; il giudice provvede con ordinanza o, in caso di particolare urgenza, con decreto. In ogni caso il giudice emana il provvedimento che dispone il sequestro quando possa ritenere, in base ad una cognizione sommaria, il fumus boni iuris della pretesa vantata dal richiedente e l'esistenza di grave pericolo di pregiudizio nel ritardo; e dell'accertamento di questi presupposti deve dare ragione nella concisa motivazione del provvedimento.
Il sequestro giudiziario e il sequestro conservativo si eseguono rispettivamente nelle forme dell'esecuzione per consegna o rilascio e dell'espropriazione.
Gli effetti del sequestro sono analoghi a quelli del pignoramento e affine è la natura giuridica dei due istituti. Il sequestro crea un vincolo sui beni, ne assicura la destinazione ai fini del processo; quindi rende inefficaci gli atti di alienazione e in genere di disposizione del proprietario nei confronti del creditore sequestrante. Il debitore sequestrato può ottenere la revoca del sequestro prestando idonea cauzione: in questo caso si ha una sostituzione, oltre che dell'oggetto, della forma della cautela.
Il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o il possessore, il quale abbia ragione di temere danno da una nuova opera da altri intrapresa, ovvero da un edificio, albero o altra cosa altrui già esistenti, può denunciare all'autorità giudiziaria la nuova opera o la situazione delle cose pericolose per il suo diritto, al fine di ottenere un provvedimento idoneo a evitare il danno.
La domanda si propone con ricorso al pretore salvo che non sia già pendente il giudizio di merito. Il provvedimento adottato dal giudice può avere vario contenuto: ordine di sospensione dei lavori, di demolizione e riduzione in pristino, imposizione di idonee cautele nella continuazione dell'opera, ordine di versamento di una cauzione ecc.
L'esperimento preventivo della prova per testimoni, dell'accertamento tecnico e dell'ispezione giudiziale è ammesso, quando vi sia fondato motivo di temere che l'assunzione della prova o l'accertamento dei fatti possa divenire impossibile in seguito.
Normalmente l'assunzione preventiva della prova viene richiesta per l'eventualità di un processo futuro; la competenza a provvedere spetta in questo caso al giudice che sarebbe competente per la causa di merito. L'istanza viene proposta con ricorso, indicando i motivi dell'urgenza, l'oggetto della prova, i testimoni da interrogare e l'esposizione sommaria delle domande o eccezioni alle quali la prova è preordinata.
Il giudice ordina con decreto la izione delle parti, quindi da il provvedimento nella forma dell'ordinanza non impugnabile, previa assunzione, ove occorra, di sommarie informazioni. In taluni casi peraltro l'eccezionale urgenza di assumere la prova può rendere praticamente impossibile l'adozione del provvedimento in contraddittorio. Il giudice allora può disporre l'assunzione della prova con decreto, nominando un procuratore che assista alla prova, per la tutela degli interessi delle parti assenti; e a queste parti il decreto deve essere immediatamente notificato a cura del cancelliere.
La prova assunta preventivamente non è ancora una prova ammessa. Sull'ammissione deve provvedere nei modi normali il giudice al momento della trattazione della causa di merito; e in questa occasione può anche essere disposta la rinnovazione della prova.
Il provvedimento di rigetto di una istanza di istruzione preventiva, come ogni altro provvedimento negativo in materia cautelare, non ha effetto preclusivo.
Il provvedimento d'urgenza può essere chiesto da chi, fuori dalle ipotesi in cui possono essere emessi i provvedimenti cautelari tipici fin qui esaminati, abbia fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio grave e irreparabile (art. 700).
Il provvedimento d'urgenza ha trovato applicazione in situazioni moto diverse: con provvedimento d'urgenza è stato interdetto l'uso del nome di una persona celebre a fini di pubblicità; è stata proibita la proiezione di un film; ordinata l'eliminazione di disturbi a trasmissioni televisive ecc.
La domanda si propone con ricorso al giudice competente per materia; se pende la causa di merito, va proposta al giudice che tratta quella causa.
I procedimenti possessori hanno presupposto affine e struttura analoga ai procedimenti cautelari. La turbativa nel possesso è spesso cagione di urgente pericolo, oltre che di danno; e l'invocazione della tutela possessoria prelude o si accomna non di rado alla controversia sulla proprietà. Quindi al giudizio possessorio, nel quale ha luogo l'emanazione di provvedimenti urgenti, spesso segue il giudizio petitorio.
La competenza a giudicare sulle controversie possessorie spetta al pretore del luogo dove è avvenuta la turbativa del possesso.
La domanda si propone con ricorso al pretore che provvede con ordinanza dopo aver sentito le parti interessate.
Il procedimento di separazione coniugale può assumere sia la forma contenziosa (separazione giudiziale) sia quella volontaria (separazione consensuale).
Quest'ultima inizia con un tentativo di conciliazione da parte del presidente. Se la conciliazione non si raggiunge, il presidente deve dare atto in verbale del consenso dei coniugi alla separazione e del regolamento concordato dei rapporti fra coniugi. L'accordo così documentato nel verbale deve essere poi omologato dal tribunale per acquistare efficacia. L'omologazione ha la forma del decreto.
La domanda si propone con ricorso al tribunale del luogo dove ha residenza o domicilio l'interdicendo o l'inabilitando: essa deve contenere l'esposizione dei fatti e l'indicazione di tutte le persone, che sono legittimati ai sensi dell'articolo 417 del codice civile a proporre l'istanza d'interdizione, e della loro residenza. Il presidente ordina la comunicazione del ricorso al pubblico ministero; quindi, su richiesta del pubblico ministero può rigettare senz'altro l'istanza, se la ritiene infondata. In caso contrario deve provvedere con decreto alla nomina del giudice istruttore e fissare l'udienza. Il giudice istruttore deve procedere all'esame della l'interdicendo o inabilitando, sentire il parere delle altre persone citate e può assumere ulteriori informazioni.
Alla nomina del curatore dello sso, prevista dall'articolo 48 del codice civile, provvede il tribunale dell'ultimo domicilio dell'ultima residenza, su istanza degli interessati, nelle forme della camera di consiglio. La domanda per dichiarazione d'assenza deve essere notificata ai presunti successori e all'eventuale procuratore o rappresentante dello sso, insieme con il decreto di fissazione udienza. Dopo che il giudice ha interrogato queste persone ed ha assunto le opportune informazioni, il tribunale provvede in camera di consiglio, con sentenza. Le sentenze in materia di assenza e di morte presunta sono impugnabili in appello e quindi in cassazione. Le sentenze che dichiarano l'assenza la morte presunta non possono essere eseguite finché non siano passate in giudicato.
L'autorità giudiziaria ha il compito di emanare numerosi provvedimenti, previsti dal codice civile, per la protezione degli interessi personali e patrimoniali dei minori, degli interdetti e degli inabilitati. Questi provvedimenti, nei quali si esplica una speciale funzione tutoria attribuita ai giudici, possono avere contenuto molto diverso ma rientrano tutti nella giurisdizione volontaria.
La legge 19 maggio 1975, numero 151, di riforma del diritto di famiglia, ha abolito l'istituto del patrimonio familiare, al quale si riferiscono gli articoli 735 e 736, ma ha attribuito all'autorità giudiziaria una competenza in varie questioni relative ai rapporti patrimoniali fra coniugi, con riferimento alla gestione della comunione dei beni, che costituisce ora il regime normale. Il tribunale deve provvedere col rito della camera di consiglio, sentito il pubblico ministero. La forma del provvedimento è la sentenza, nel caso di separazione giudiziale dei beni; negli altri casi debbono essere seguite le forme del rito camerale previste dagli articoli 737, 742. Peraltro, quando il procedimento riguarda materia contenziosa, deve essere osservato il principio del contraddittorio e il decreto, per il suo contenuto decisorio, è impugnabile, oltre che in secondo grado, a norma dell'articolo 739, anche in cassazione, a norma dell'articolo 111 della costituzione.
L'autorizzazione alla vendita dei beni ereditari, prevista in diverse ipotesi dal codice civile, deve essere chiesta nella forma del ricorso al pretore, se i beni sono mobili, o al tribunale, se i beni sono immobili, del luogo dell'aperta successione; deve essere sentito il giudice tutelare se i beni appartengono a incapaci. Il procedimento si svolge nelle forme normali della camera di consiglio; la vendita si esegue nelle forme della vendita dei beni dei minori.
L'istanza per ottenere la fissazione di un termine entro il quale una persona deve emettere una dichiarazione o compiere un determinato atto, si propone con ricorso al pretore del luogo dell'aperta successione; il pretore provvede con ordinanza.
L'istanza per l'imposizione di una cauzione all'erede, al legatario o all'esecutore testamentario si propone con ricorso al presidente del tribunale del luogo dell'aperta successione; il presidente provvede con decreto dopo aver sentito gli interessati.
La scelta del beneficiario può essere chiesta con ricorso al presidente del tribunale del luogo dell'aperta successione il quale provvede con decreto, dopo aver sentito gli interessati.
L'apposizione dei sigilli ha lo scopo di assicurare la conservazione dei beni mobili pertinenti ha un patrimonio ereditario e dei documenti relativi, nell'interesse dell'erede o di chi altro possa avervi diritto. Competente a provvedere è il pretore, ma nei casi d'urgenza, nei comuni in cui non ha sede il pretore, può provvedere anche il giudice di pace.
La rimozione dei sigilli è coordinata dal pretore con decreto su istanza dell'esecutore testamentario o di coloro che possono avere diritto alla successione o dei creditori. Chiunque abbia interesse può fare opposizione alla rimozione dei sigilli con dichiarazione inserita nel processo verbale di apposizione o con ricorso al pretore.
L'inventario consiste essenzialmente nella formazione ad opera di un pubblico ufficiale di un verbale definitivo dei beni compresi in un determinato patrimonio e dei relativi documenti, al fine di accertare la consistenza l'identità dei beni stessi. L'istanza per ottenere l'inventario può essere proposta con ricorso dalle persone che hanno diritto a chiedere la rimozione dei sigilli. Il provvedimento è dato con decreto; l'esecuzione è affidata al cancelliere della pretura o ad un notaio designato dal defunto con testamento o nominato dal pretore.
Anche questo procedimento sembra sia da ascrivere alla volontaria giurisdizione, sebbene ciò sia per lo più negato. I pubblici depositari di atti autorizzati a spedirne copia, hanno il dovere di rilasciarne copia autentica a chiunque ne faccia istanza, salve le disposizioni speciali delle leggi sulle tasse di registro e di bollo. Egualmente, cancelliere e depositari di pubblici registri hanno il dovere di rilasciare le copie e gli estratti degli atti giudiziari da essi detenuti.
L'intemperanza di questo dovere fa incorrere il pubblico depositario o il cancelliere in responsabilità per i danni cagionati. Ma il codice stabilisce anche uno speciale procedimento per ottenere l'ordine di spedizione della copia nel caso di rifiuto o di ritardo del depositario o del cancelliere. L'istanza si propone con ricorso al presidente del tribunale del luogo dove il pubblico depositario degli atti esercita le sue funzioni, o al capo dell'ufficio giudiziario presso il quale il cancelliere o il pubblico depositario dei registri esercita le sue funzioni. il presidente provvede con decreto, dopo aver sentito il pubblico ufficiale. Chi ha ottenuto copia di un atto pubblico ha poi diritto di collazionarla con l'originale in presenza del pubblico ufficiale; e, se questi si rifiuta, può ricorrere al pretore del mandamento nel quale il depositario esercita le sue funzioni. Il pretore, sentito il depositario, da con decreto le disposizioni opportune per la collazione e può darvi egli stesso esecuzione, recandosi nell'ufficio del depositario. Avverso questi decreti si deve ritenere ammissibile il reclamo nelle forme della camera di consiglio.
Il codice civile riconosce a chi sia partecipe di una comunione il diritto di domandarne lo scioglimento. Quando la divisione non possa essere ottenuta sull'accordo dei comunisti, ciascuno di essi può sperimentare l'azione di divisione e promuovere il relativo giudizio.
Il procedimento di divisione inizia con la citazione di tutti i coeredi e degli eventuali creditori opponenti (litisconsorzio necessario).
Mediante le operazioni di divisione si perviene alla redazione di un progetto di riparto della massa in diverse porzioni da attribuire o da assegnare mediante sorteggio ai vari partecipanti alla divisione (art. 729 c.c.).
Se si raggiunge l'accordo sul progetto predisposto dal giudice, questi dichiara il processo esecutivo con ordinanza non impugnabile.
Se le parti non sono d'accordo è necessario procedere nelle forme del giudizio contenzioso alla risoluzione della controversia.
Il terzo acquirente dei beni ipotecati che ha trascritto il suo titolo e non è personalmente obbligato a are i creditori ipotecari, ha facoltà di liberare i beni da ogni ipoteca trascritta anteriormente alla trascrizione del suo titolo di acquisto.
Per esercitare questo suo diritto, il terzo deve offrire ai creditori il prezzo stipulato o il valore dell'immobile da lui stesso dichiarato, se il bene gli è pervenuto a titolo gratuito, e il prezzo del bene non deve essere inferiore a quello stabilito per la vendita all'incanto.
Il terzo, dopo aver notificato la dichiarazione di voler liberare l'immobile, deve chiedere con ricorso al presidente del tribunale competente per l'espropriazione la determinazione dei modi per il deposito del prezzo offerto: il presidente dà il relativo provvedimento con decreto. Se entro quaranta giorni dalla notificazione della dichiarazione non viene fatta richiesta di espropriazione, il terzo deve provvedere al deposito del prezzo e deve poi presentare in cancelleria il relativo certificato e gli altri documenti indicati dall'art. 792/2 (tutto ciò nel termine di sessanta giorni). Quindi il presidente nomina con decreto un giudice e fissa l'udienza per la izione dei soggetti interessati.
Il giudice, se non sono state proposte istanze di espropriazione, dispone con ordinanza la cancellazione delle ipoteche anteriori alla trascrizione del titolo del terzo istante e provvede alla distribuzione della somma depositata ai creditori.
Il procedimento di delibazione ha il fine di attribuire efficacia alle sentenze straniere, alle sentenze arbitrali formate all'estero, ai provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione e agli atti pubblici ricevuti all'estero.
La competenza per il procedimento di delibazione è attribuita in unico grado alla corte d'appello del luogo in cui la sentenza deve avere attuazione. Questa competenza ha carattere funzionale e inderogabile.
La domanda deve essere proposta mediante citazione di coloro nei cui confronti si vuol far valere la sentenza e altresì di coloro che furono parti nel processo straniero.
Al fine di attribuire efficacia alla sentenza straniera, la corte deve anzitutto riconoscere in essa gli elementi essenziali, che secondo il nostro ordinamento caratterizzano la sentenza.
Può essere delibata soltanto la sentenza passata in giudicato; non quindi la sentenza esecutiva non ancora passata in giudicato, la quale non può avere esecuzione in Italia.
Sulla controversia decisa dalla sentenza straniera non deve avere pronunciato sentenza il giudice italiano e non deve essere neppure pendente un processo nello Stato.
La legge consente alle parti di differire la risoluzione delle controversie, insorte o che siano per insorgere tra loro, a soggetti privati, gli arbitri, in luogo di farle decidere dagli organi giurisdizionali competenti. Gli arbitri formano il giudizio, ma non agiscono come organi dello stato, non subiscono dei poteri d'autorità, che sono inerenti all'esercizio della funzione giurisdizionale, e la decisione che suggella il loro giudizio, il lodo, non ha l'efficacia della sentenza; ma una efficacia analoga può essere conferita dall'autorità giudiziaria con un apposito provvedimento, il decreto del pretore.
Con la legge nove febbraio 1983 numero 28, emanata per adeguare la disciplina dell'arbitrato alle convenzioni internazionali alle quali l'Italia aderito, è stata attribuita al lodo una immediata efficacia vincolante, obbligatoria, che deriva dalla volontà contrattuale delle parti espressa nel compromesso. Il successivo deposito del lodo, per fargli assumere efficacia esecutiva, è divenuto facoltà e compito delle parti.
L'accordo delle parti di differire agli arbitri determinate controversie fra loro insorte, costituisce uno speciale negozio giuridico, il compromesso. Con questo accordo le parti regolano l'esercizio del loro diritto di azione, disponendo nell'ambito della loro autonomia, senza deroga al principio costituzionale che riserva la funzione giurisdizionale a giudici precostituiti, dato che il differimento della lite agli arbitri non implica conferimento di poteri giurisdizionali.
L'arbitrato libero si ha quando le parti mirano non già al perfezionamento di un contratto, ma propriamente alla risoluzione di una controversia che peraltro stabiliscono dare alla controversia risoluzione convenzionale, a mezzo di un terzo (come nell'arbitraggio). Il fondamento dell'arbitrato rituale va riconosciuto nella facoltà, compresa nell'autonomia convenzionale delle parti, di risolvere le controversie mediante transazione.
Il compromesso deve avere forma scritta. Per la conclusione del compromesso sono richiesti la stessa capacità gli stessi requisiti stabiliti per la formazione dei contratti eccedenti l'ordinaria amministrazione. Il codice prescrive che sia specificato nel compromesso l'oggetto della controversia e siano designati gli arbitri ovvero sia indicato il loro numero, che deve essere sempre dispari. Le parti possono compromettere controversia non ancora sorte, che possono derivare dall'interpretazione o dall'esecuzione di un determinato contratto, mediante un'espressa pattuizione, la clausola compromissoria, inserita nel contratto medesimo o in atto successivo.
Non possono essere definite agli arbitri le controversie relative a rapporti indisponibili. Le parti possono autorizzare gli arbitri a giudicare secondo equità. Ma, anche se autorizzati a giudicare secondo equità, gli arbitri non possono derogare dalle norme di ordine pubblico.
L'accordo di differire agli arbitri il giudizio ha l'effetto di rendere improponibile la domanda davanti al Giudice, effetto praticamente analogo quello dell'incompetenza.
Le parti possono designare gli arbitri nel compromesso o nella clausola compromissoria, ovvero possono riservare si di nominarli in seguito o riservarne la nomina all'autorità giudiziaria o a un terzo.
La designazione degli arbitri comunque avvenuta non investe gli stessi dell'incarico, né produce nei loro confronti obbligazioni. Perché questo avvenga è necessaria l'accettazione degli arbitri, la quale deve essere data per iscritto o anche con semplice sottoscrizione del compromesso.
La disciplina del procedimento davanti agli arbitri può essere stabilita dalle parti nel compromesso o nella clausola compromissoria o con atto successivo, purché anteriore al processo, se le parti non hanno dato disposizioni in proposito, gli arbitri stessi possono regolare lo svolgimento del giudizio nel modo che credono opportuno. La parte che da' inizio all'arbitrato notifica alle altre parti un atto nel quale dichiara la propria intenzione di promuovere il giudizio arbitrale, propone la domanda e provvede alla nomina dell'arbitro o degli arbitri che fosse di sua spettanza.
Il procedimento arbitrale si conclude con una pronuncia decisoria, il lodo. Il codice stabilisce alcune regole temporali e formali per l'emanazione del lodo. Il potere attribuito agli arbitri è contenuto entro un limite di tempo, che può essere stabilito dalle parti e, in difetto, viene stabilito dalla legge in 180 giorni. Questo termine decorre dall'accettazione della nomina da parte degli arbitri ed entro il termine il lodo deve essere non soltanto deliberato, ma anche sottoscritto. La decorrenza del termine importa la decadenza degli arbitri rende nulla la decisione.
Ciascuna delle parti ha la facoltà di provvedere al deposito del lodo per fargli acquistare, con decreto del pretore, l'efficacia esecutiva. Il pretore deve compiere un esame estrinseco di legittimità sul lodo, analogo al giudizio di delibazione sul giudicato straniero.
il lodo che conclude il procedimento arbitrale, è una pronuncia vincolante per le parti; e come tale può formare oggetto di impugnazione indipendentemente dal decreto di esecutorietà.
Oltre al mezzo di impugnazione caratteristico costituito dalla impugnazione per nullità, sono previsti la revocazione e l'opposizione di terzo. Il termine per la proposizione dell'impugnazione nullità è di 90 giorni e decorre dalla notificazione del lodo. Il termine annuale per l'impugnazione del lodo non modificato decorre invece dall'ultima sottoscrizione del lodo.
Le controversie relative ai rapporti di lavoro subordinato privato, di affitto a coltivatore diretto, di agenzia, di rappresentanza commerciale, ecc. sono in primo grado di competenza del pretore in funzione di giudice del lavoro. Competente per territorio è il giudice nella cui circoscrizione è sorto il rapporto ovvero si trova l'azienda alla quale è addetto il lavoratore; per i rapporti di agenzia e simili è competente il giudice nella cui circoscrizione si trova il domicilio del lavoratore. La domanda si propone con ricorso, che viene depositato presso la cancelleria del pretore competente il quale fissa l'udienza di discussione con decreto. Questo è notificato con il ricorso al convenuto. Nell'udienza di discussione il giudice interroga liberamente le parti e tenta la conciliazione della lite. Se questa non riesce, egli procede all'istruzione probatoria, alla quale seguono la discussione orale, le conclusioni delle parti e la pronuncia della sentenza il cui dispositivo viene immediatamente letto in aula. La sentenza è provvisoriamente esecutiva: se pronunciata a favore del lavoratore può essere sospesa dal tribunale (giudice d'appello per il p. del lavoro) se all'altra parte può derivare un gravissimo danno e ciò per le cifre superiori a 500.000 lire; se pronunciata a favore del datore di lavoro può essere sospesa quando ricorrono gravi motivi.
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