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Per beni mobili ed immobili indica genericamente tutto ciò che può arrecare utilità agli uomini ed è suscettibile di appropriazione. La distinzione tra beni mobili, come il bestiame, e beni immobili, come la terra e gli edifici costruiti su di essa, era già presente nel diritto romano, che aveva però previsto regole identiche per il trasferimento della terra, degli schiavi e degli animali, e regole diverse per tutto ciò che non era direttamente collegato al lavoro agricolo. Secondo una definizione giuridica moderna, il bene mobile è invece quello che può essere spostato, mentre l'immobile è incorporato nel suolo (un campo, una sorgente, un corso d'acqua, un edificio): la distinzione ha importanti conseguenze soprattutto per quanto riguarda i modi di trasferimento della proprietà del bene. Nel diritto italiano, la categoria dei beni mobili si costituisce per esclusione: sono cioè beni mobili quei beni che il legislatore non ha disposto siano immobili.
Nel codice vediamo che il bene immobile (1537)può essere a misura o a corpo, secondo rispettivamente che in contratto si faccia o meno riferimento all'estensione superficiaria del bene per la determinazione del prezzo. Se, ad esempio, la vendita avviene per un corrispettivo di X euro per metro quadrato, si tratta di una vendita a misura, diversamente è una vendita a corpo. La circostanza rileva anche in ordine ad eventuali successive compensazioni del prezzo, che possono essere richieste anche dopo la conclusione del contratto, qualora si riscontri una differenza rispetto alla superficie dichiarata.
Il contratto di vendita di cosa futura è un contratto che prevede il trasferimento della proprietà di una cosa che ancora non esiste, ma che verrà realizzata (ad esempio una casa da costruirsi). Il mancata concretizzazione dell'evento nel termine convenuto (la venuta ad esistenza della cosa oggetto del contratto), determina la risoluzione del contratto per sopravvenuta impossibilità della prestazione. Infatti se la cosa non viene ad esistenza, qualora la parti non abbiano voluto concludere un contratto aleatorio (se vantaggi e svantaggi si conosceranno solo in un momento
successivi), la vendita è nulla (1472).
La vendita di cosa parzialmente altrui è disciplinata dall'art 1480 c.c. , il quale statuisce che se la cosa che il compratore riteneva di proprietà del venditore era solo in parte di proprietà altrui, il compratore può chiedere la risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno qualora debba ritenersi, date le circostanze,che non avrebbe acquistato la cosa senza quella parte di cui non è divenuto proprietario; altrimenti può solo ottenere una riduzione del prezzo,oltre al risarcimento del danno
Nella vendita a rate con riserva di proprietà, il compratore acquista la proprietà della cosa solo con il amento dell'ultima rata di prezzo, ma assume i rischi dal momento della consegna (1523). Se il compratore non a, alle scadenze pattuite, le rate del prezzo, il venditore può ottenere la risoluzione del contratto. Non può però ottenerla per il mancato amento di una sola rata che non superi l'ottava parte del prezzo,nonostante ogni patto contrario. Risolto il contratto il venditore esigerà la restituzione delle cosa, ma dovrà a sua volta restituire le rate già riscosse, salvo il diritto a trattenerne una quota a titolo di compenso per l'uso che il compratore ha fatto della cosa.
La vendita può essere conclusa con patto di riscatto:il venditore si riserva il diritto di riacquistare la proprietà della cosa venduta mediante la restituzione del medesimo prezzo,maggiorato delle spese che l'acquirente ha dovuto affrontare per la vendita,per le riparazioni necessarie e,nei limiti dell'aumento,delle spese che hanno aumentato il valore della cosa. Il patto di restituire un prezzo superiore a quello stipulato per la vendita è nullo per l'eccedenza. Il termine per il riscatto non può essere maggiore di 2 anni nella vendita di cose mobili;di 5 anni per gli immobili. Il patto di riscatto crea sulla cosa venduta un vincolo reale: se il compratore vende la cosa, il venditore può riscattarla anche nei confronti del terzo acquirente,purché il patto sia ad esso opponibile.
Conclusioni
Concludendo vorrei ricordare alcune clausole particolari:
La vendita a prova: si ha vendita a prova quando le parti stabiliscono che il contratto avrà effetto solo dopo che si sia dimostrato, attraverso un'apposita prova, che la cosa venduta possiede le qualità pattuite.
La Vendita su campione che si ha quando le parti stabiliscono che la merce venduta debba corrispondere esattamente, per la qualità, a quella scelta come campione. In tale caso, qualsiasi difformità, anche minima, attribuisce al compratore il diritto alla risoluzione del contratto.
La caparra confirmatoria: l'acquirente versa una somma che, al momento della stipula dell'atto definitivo, verrà detratta dal prezzo di vendita pattuito.
La permuta.Il contratto di compravendita non va confuso con la "permuta", che è il contratto, che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose o di altri diritti, da un contraente all'altro (1552).
La vendita a distanza (o compravendita per corrispondenza)
Vediamo meglio quest'ultima che riflette le attuali tendenze dei giovani: una
volta si intendevano soprattutto quelle per catalogo; oggi invece interessano
soprattutto il WEB ( uno tra i più grandi centri commerciali on line è e-bay): sono le "vendite a distanza", quei contratti di compravendita di prodotti, che si realizzano senza contatto diretto tra consumatore e venditore. Queste vendite sono comunque disciplinate da un decreto legislativo: la disciplina si riferisce tanto ai contratti on-line, quanto a quelli conclusi tramite altri strumenti di contatto "virtuale" ( TV, televideo o mediavideo, telefono).
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