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Lo sciopero, da sempre mezzo tipico di lotta sindacale, può considerarsi la principale forma di autotutela dei lavoratori. Esso si conura come una astensione totale e concertata dal lavoro da parte di più lavoratori subordinati per la tutela dei loro interessi collettivi. La titolarità del diritto di sciopero è attribuita al singolo prestatore di lavoro, il quale lo può esercitare senza il bisogno di alcun benestare sindacale. Tuttavia, se è vero che il diritto di sciopero si conura come individuale quanto alla sua titolarità, è anche vero che si conura come collettivo quanto al suo esercizio.
Limiti al diritto di sciopero
Il diritto di sciopero incontra limiti esterni (relativi cioè ad eventuali contrasti tra l'interesse garantito dal diritto di sciopero con altri interessi costituzionalmente tutelati) ed interni (derivanti cioè dalla stessa nozione di sciopero).
Quanto ai primi, la necessità di assicurare il godimento di diritti costituzionalmente garantiti ha comportato l'esclusione della titolarità del diritto di sciopero per tutti quei lavoratori occupati in attività connesse o strumentali alla tutela di tali diritti. In specie si discute circa l'ammissibilità dello sciopero per le seguenti categorie di lavoratori:
Per quanto riguarda i possibili limiti oggettivi al diritto di sciopero, la Corte Costituzionale ha stabilito la legittimità dello sciopero politico (inteso quale modo di partecipazione dei lavoratori alle decisioni politiche) purché esso non sia inteso a sovvertire l'ordinamento costituzionale ed impedire od ostacolare il libero esercizio dei legittimi poteri nei quali si esprime la sovranità popolare.
Lo sciopero nei servizi pubblici essenziali
Al fine di "contemperare l'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali con il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà e alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all'assistenza e previdenza sociale, all'istruzione ed alla libertà di comunicazione" è stata emanata la L. 146/90.
Il diritto di sciopero, nei servizi pubblici essenziali, è consentito nel rispetto di tre condizioni:
I soggetti che promuovono lo sciopero devono garantire un minimo esercizio del servizio, nonché le prestazioni indispensabili. Inoltre, una apposita Commissione permanente nominata dal Presidente della Repubblica, deve procedere ad un tentativo di conciliazione fra le parti. Nel caso in cui lo sciopero possa recare gravi pregiudizi ai diritti della persona costituzionalmente garantiti, la pubblica autorità può precettare le organizzazioni sindacali ed i singoli lavoratori, affinché il servizio non sia sospeso. Infine, sono previste sanzioni in caso di inosservanza delle prescrizioni legislative per i prestatori di lavoro (è escluso tuttavia il licenziamento), le organizzazioni sindacali e di datori di lavoro.
Mezzi di lotta del datore di lavoro: la serrata
La serrata è la chiusura, da parte del datore di lavoro, dei normali luoghi di lavoro, tale da rendere impossibili le prestazioni lavorative. Le finalità della serrata possono identificarsi nell'impedire eventuali azioni illegittime da parte dei lavoratori o per indurre gli stessi a recedere da un determinato comportamento (serrata di ritorsione). L'art. 502 c.p., che punisce la serrata, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 29/60 della C. Cost. La Costituzione, mentre riconosce il diritto di sciopero, nulla dice per quanto riguarda la serrata. Parte della dottrina ritiene ammissibile, in caso di serrata (considerata come illecito civile), l'azione di risarcimento danni da parte del dipendente per "mora accipiendi" ex art. 1206 c.c. e segg
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