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Parte II della Costituzione
Ordinamento della Repubblica
Titolo III
(art. 92-96)
Composizione e organizzazione 2
Formazione del governo 3
Cosa fa il governo 4
Le responsabilità del governo 5
Cessazione dalle funzioni 6
Il governo è il potere esecutivo; è un organo complesso. Secondo l'art. 92 Cost. il governo della Repubblica è composto da un organo collegiale e da una pluralità di organi individuali:
presidente del Consiglio dei ministri
ministri
Consiglio dei ministri.
La Costituzione italiana dedica al governo solo cinque articoli che delineano una delle parti meno felici della nostra carta fondamentale. Ciò si deve sia alla stringatezza del testo sia alla mancata identificazione chiara delle rispettive responsabilità all'interno si un organo che fu concepito come complesso; i costituenti non ritennero né di individuare una nitida gerarchia all'interno del governo, né di riconoscere all'esecutivo nel suo complesso quelle attribuzioni di cui avrebbe avuto bisogno per assolvere adeguatamente alle sue funzioni, né infine ritennero di rafforzarlo nella sua stabilità.
L'art. 95 Cost. cerca di risolvere la questione dei rapporti interni al governo fra gli organi che lo compongono.
Il presidente del Consiglio ha un compito di direzione della politica generale del governo, della quale porta personale responsabilità politica. In particolare:
ha il compito di mantenere l'unità dell'indirizzo politico ed amministrativo;
può promuovere e coordinare l'attività dei ministri;
il suo potere giuridico chiave è la proposta al presidente della Repubblica dei nomi dei ministri;
è l'unico a poter proporre la questione di fiducia al consiglio; rappresenta il governo nei rapporti con gli altri organi costituzionali;
controfirma qualsiasi atto deliberato dal Consiglio e presenta alle Camere i disegni di legge d'iniziativa governativa;
ha il potere di porre il segreto di stato; ha l'alta direzione e la responsabilità politica dei servizi di sicurezza;
promuove e coordina l'azione del governo in materia di rapporti con il sistema delle autonomie;
promuove e coordina l'azione del governo relativa alla partecipazione dell'Italia all'UE ed è responsabile dell'attuazione degli impegni assunti in quella sede.
Il presidente del Consiglio ha sede in Palazzo Chigi. È dotato di una struttura composta di numerosi dipartimenti, uffici e servizi e diverse migliaia di dipendenti e collaboratori. Questa struttura ha il nome di presidenza del Consiglio (art. 95 Cost.).
Il Consiglio dei ministri assume tutte le deliberazioni relative alla funzione di indirizzo politico: determina la politica generale del governo e dirime eventuali conflitti di competenza fra ministri. In sintesi:
decide sulla proposta del presidente del Consiglio di porre la questione di fiducia;
decide le linee di indirizzo sulla politica internazionale e comunitaria;
delibera sulla presentazione dei disegni di legge e su tutti gli atti normativi;
decide sulle nomine al vertice di enti, istituti o aziende di carattere nazionale di competenza dell'amministrazione dello Stato;
delibera su inviare alla Corte costituzionale una legge regionale o se sollevare conflitto di attribuzione contro un altro potere dello Stato o contro una regione;
decide in ordine all'uso del potere di annullamento di atti amministrativi illegittimi a tutela dell'unità dell'ordinamento.
I singoli ministri costituiscono il vertice delle amministrazioni cui sono preposti, e degli atti di queste sono responsabili. I ministeri sono 14. Tuttavia, all'atto della formazione del governo possono essere nominati in numero non limitato ministri i quali non siano a capo di alcun dicastero, ma esercitino funzioni a loro delegate dal presidente del Consiglio che ne resta il titolare: sono questi i ministri senza portafoglio, i quali siedono a pieno titolo in consiglio dei ministri al pari di quelli che di portafoglio sono dotati. Tutti i ministri rispondono insieme degli atti del Consiglio dei ministri.
La legislazione vigente prevede una serie di altri organi costituzionalmente non necessari che integrano la composizione dell'organo complesso governo. Si tratta di:
comitati di ministri che è facoltà del presidente del Consiglio istituire con compiti sostanzialmente istruttori, fra questi il consiglio di gabinetto, organo di supporto politico del presidente, composto da ministri di particolare importanza per il dicastero che guidano e, soprattutto, per il partito che rappresentano;
uno o più vicepresidenti del Consiglio dei ministri;
una serie di sottosegretari di stato, i quali hanno il compito di coadiuvare il ministro e, su sua delega, esercitare determinate funzioni che a lui appartengono. Fra i sottosegretari alla presidenza del Consiglio, uno viene nominato segretario del Consiglio dei ministri ed è responsabile del verbale. Fra gli altri sottosegretari, su proposta del presidente del Consiglio, il Consiglio dei ministri può individuarne non più di dieci che assumano il titolo di
viceministro. I viceministri possono, senza diritto di voto, partecipare al Consiglio dei ministri per riferire su questioni di loro competenza. Su proposta sempre del presidente del Consiglio, infine, il Consiglio dei ministri può deliberare la nomina di
uno o più commissari straordinari del governo, ai quali siano affidati specifici progetti o particolari funzioni di coordinamento fra diverse amministrazioni statali.
Il governo non è un organo a durata fissa. La sua formazione deve considerarsi consequenziale rispetto alle elezioni parlamentari.
Il governo si costituisce per nomina del presidente della Repubblica (art. 92 Cost.). Il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questi, i singoli ministri.
Il governo deve godere della fiducia di entrambe le Camere; questa fiducia non è presunta, ma deve essere ottenuta dal governo nominato che si deve presentare alle Camere entro 10 giorni dal giuramento.
Il presidente della Repubblica consulta a tale scopo le forze politiche al fine di trarne i necessari orientamenti. Le consultazioni presidenziali precedenti la formazione del governo devono considerarsi una prassi consolidata, pur non previste in alcuna norma scritta.
La prassi è che il presidente della Repubblica, anche una volta esperite le sue consultazioni, non nomini subito il presidente del Consiglio, ma affidi l'incarico a formare il governo alla personalità prescelta. La persona incaricata, a sua volta, è in genere nella necessità di compiere proprie consultazioni finalizzate alla conclusione del patto di maggioranza fra le forze cui appartiene o che comunque trattano con lui il sostegno parlamentare.
Il presidente della Repubblica procede alla nomina formale solo nel momento in cui, sciolta la riserva con la quale il presidente incaricato aveva accettato, appunto, l'incarico di formare il governo, questi gli presenta la lista dei ministri.
Il presidente del Consiglio è nominato prima della fiducia parlamentare e, su sua proposta, il presidente nomina gli altri ministri. Questo vuol dire che il Parlamento è chiamato a giudicare insieme i vari elementi della formazione del governo: presidente del Consiglio, comine ministeriale, programma.
È il presidente nominato a controfirmare il proprio decreto presidenziale di nomina; subito dopo vengono firmati i decreti di nomina dei ministri (sempre controfirmati dal nuovo presidente del Consiglio); contestualmente, presidente del Consiglio e ministri giurano davanti al presidente della Repubblica (art. 93 Cost.). Col giuramento il governo entra in carica e i singoli suoi componenti prendono letteralmente possesso dei loro uffici, assumendo tutte le responsabilità che la Costituzione e le leggi ad essi attribuiscono.
La correttezza costituzionale impone che un governo in attesa di fiducia limiti la propria attività alla c.d. ordinaria amministrazione rinunciando cioè alle iniziative di rilievo politico.
Le fasi successive alla formazione del governo prevedono: il completamento della formazione del governo mediante la nomina dei sottosegretari e dei viceministri; la stesura del programma che verrà presentato entro 10 giorni alle Camere dal presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei ministri; infine la presentazione alle Camere che avviene alternativamente una volta in un ramo e una volta nell'altro, senza che il presidente debba ripetere il suo discorso due volte. Il dibattito, invece, si svolge parimenti in entrambe le Camere e si conclude con l'approvazione di una mozione di fiducia, per prassi presentata dai capigruppo della maggioranza, che non è motivata, ma si limita a far riferimento alle dichiarazioni programmatiche del presidente. Va da sé che il governo deve ottenere la maggioranza semplice dei voti, fermo il quorum strutturale della metà più uno dei componenti; la votazione avviene mediante scrutinio palese e appello nominale per diretta previsione costituzionale.
Il governo, come vertice del potere esecutivo, costituisce l'organo pubblico che realizza le c.d. politiche pubbliche; i programmi di azione che un'autorità pubblica progetta e cerca di realizzare per perseguire i fini che essa stessa o altra autorità ha selezionato.
In particolare, il governo in senso stretto, è anche l'organo che detiene, in ultima analisi, la facoltà di far ricorso alla forza coercitiva legale. Sua è la responsabilità di mantenere l'ordine interno e della difesa della comunità verso l'esterno.
Il prodotto dell'azione dei pubblici poteri sono servizi per i cittadini, opere pubbliche ed altre utilità della più variegata natura.
La predisposizione, prima, e la gestione, una volta votato dal Parlamento, del bilancio dello Stato è uno dei compiti principali del governo.
In diversi ambiti il governo non ha solo compiti di progettazione, di promozione, di assistenza, di controllo, di eventuale intervento sostitutivo, ma assume il compito di realizzare direttamente le proprie politiche. Si tratta di compiti che vanno via via restringendosi. Dopo le riforme degli anni 90 essi riguardano prevalentemente ambiti quali la pubblica sicurezza, la giustizia, la difesa, la tutela dell'ambiente, i beni e le attività culturali di rilevanza nazionale, le grandi infrastrutture, il riequilibrio dello sviluppo economico sul territorio, alcune limitate politiche sociali, la promozione del commercio estero.
Il governo risponde del proprio operato a vario titolo. Prima di tutto, esso è legato ovviamente da un rapporto di responsabilità politica in senso tecnico-giuridico con il Parlamento: ciascuna delle due Camere può sfiduciarlo, votando una mozione ad hoc, oppure anche negando la fiducia quando è il governo che la sollecita ponendo la questione di fiducia.
Ciascun ministro risponde dal punto di vista politico anche individualmente.
Sotto il profilo della responsabilità civile e amministrativa i membri del governo rispondono alla stregua di coloro che sono preposti a pubblici uffici.
Per quel che riguarda la responsabilità penale occorre distinguere fra reati commessi dai membri del governo nell'esercizio delle funzioni e tutti gli altri reati: per i primi è prevista una disciplina diversa da quella ordinaria, per i secondi il ministro è giudicato come ogni altro cittadino.
Questa disciplina speciale prevede:
Le indagini preliminari sono affidate a un collegio composto di tre magistrati; questi sono estratti a sorte ogni due anni fra tutti quelli del distretto competente che hanno anzianità almeno quinquennale di magistrato di tribunale; ove il collegio non disponga l'archiviazione, gli atti sono trasmessi alla camera competente;
L'autorizzazione è deliberata dal Senato;
Il tribunale del capoluogo del distretto territorialmente competente è giudice naturale in primo grado;
L'autorizzazione può essere negata solo ove la camera competente reputi a maggioranza dei componenti che l'inquisito "abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico". Tale valutazione è comunque insindacabile.
Il governo cessa dalle sue funzioni nel momento in cui un nuovo governo giura nelle mani del presidente della Repubblica. Tuttavia, dal momento in cui esso entra in crisi, elementari norme di correttezza costituzionale impongono che si attenga alla c.d. ordinaria amministrazione, ovvero ai c.d. affari correnti.
È prassi che il presidente del Consiglio dimissionario indirizzi ai propri ministri una lettera circolare che specifica ciò che essi possono e debbono fare in pendenza della crisi.
La crisi di governo è conseguenza delle dimissioni di questo e, in particolare, del presidente del Consiglio dei ministri. È prassi che questi convochi il consiglio per annunciare il suo intendimento, ma non è richiesta alcuna deliberazione, le dimissioni essendo un atto individuale ed anzi, nella sostanza, la minaccia di farvi ricorso costituisce uno degli strumenti principali di influenza politica del presidente del Consiglio.
Si usa invece chiamare rimpasto la semplice sostituzione di più ministri senza mutamento del programma e dell'indirizzo di governo né crisi.
Solo in caso di approvazione da parte di una delle Camere di una mozione di sfiducia, il governo è obbligato a dimettersi.
In base ai regolamenti parlamentari, potendo il governo porre la questione di fiducia in occasione di una qualsiasi deliberazione parlamentare, il voto contrario equivale in questo caso ad approvazione di una mozione di sfiducia: e dunque determina l'obbligo di dimissioni.
In tutti questi casi il voto avviene con voto palese e appello nominale.
In parte diverso, il caso dei governi che cessano dalle loro funzioni non per dimissioni di natura politica, ma per dimissioni conseguenti all'avvio di una nuova legislatura. I governi in carica hanno sempre presentato le loro dimissioni all'indomani del voto.
Naturalmente, una volta date le dimissioni, anche questi governi sono tenuti ad attenersi all'ordinaria amministrazione.
Quanto ai singoli ministri, la nostra Costituzione non ne prevede la revoca. Il regolamento della Camera e la prassi anche del Senato ammettono la mozione di sfiducia individuale contro un singolo ministro.
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