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IL LAVORO SUBORDINATO
IL TIPO “LAVORO SUBORDINATO”
Rapporto
tipico: nell’impianto del
codice al rapporto di lavoro subordinato è affidato il compito di
rappresentare il rapporto tipico. E la subordinazione viene rappresentata come
la prestazione alle dipendenze e sotto la direzione del datore di lavoro (art.
2094 cc).
La subordinazione deve permettere quindi in astratto la delimitazione della
fattispecie tipica e in concreto la riconduzione ad essa dello specifico
rapporto da qualificare.
Qualificazione del lavoro subordinato.
a) Metodo sussuntivo: è il metodo di qualificazione principale, per identità con la fattispecie legislativa.
b) Metodo tipologico: secondariamente viene utilizzato dalla giurisprudenza per qualificare il rapporto di lavoro subordinato. Si realizza con l’enunciazione di una serie di indici presenti nella ura prevalente di lavoro subordinato. Il collegamento di questi indici con le fattispecie di volta in volta esaminate avveniva poi con un giudizio di approssimazione. La tendenza è stata quella di espandere il lavoro subordinato a più fattispecie possibili. La suprema corte dal canto suo non ha mai avvallato la riconduzione agli indici, ritenendo invece corretta la valutazione delle circostanze di fatto.
c) Procedura di certificazione: da ultimo si tende ad assumere tra gli indici di qualificazione il nomen juris, ossia la definizione che le parti danno al rapporto. Tale qualificazione viene utilizzata solo in via sussidiaria. E’ stato anche introdotto uno speciale procedimento (presso gli enti e le direzioni provinciali del lavoro) che permetta di certificare e convalidare il nome che le parti danno al contratto. Una volta convalidato il nomen juris spiega tutta la sua efficacia.
Tassatività: una volta che vengono riscontrate le caratteristiche della subordinazione il rapporto va ricondotto obbligatoriamente alla fattispecie della subordinazione.
Lavoro autonomo: si caratterizza perché è senza vincolo di subordinazione e i soggetti del rapporto sono su un piano paritario.
a) Parasubordinazione: fattispecie ibrida a metà tra lavoro subordinato e autonomo soprattutto sul piano della durata della prestazione. Questa ura non viene ricondotta alla fattispecie subordinato e quindi non gode dell’accesso alla disciplina tipica.
b) Collaborazione coordinata e continuativa: nata anch’essa da un modello ibrido di lavoro subordinato e dotata di propria autonomia.
c) Lavoro a progetto: nasce per evitare che l’utilizzo delle collaborazioni coordinate e continuative siano utilizzate allo scopo di eludere la disciplina tipica. Di fatto garantisce una disciplina minimale di tutela. I requisiti per tale tipo di lavoro subordinato sono l’esistenza di un progetto o programma riconducibile ad una attività ben identificata, in assenza del quale il rapporto si considera subordinato a tempo indeterminato. Deve risultare per iscritto con la durata e il corrispettivo.
d) Lavoro occasionale e accessorio: non viene ricompreso nel lavoro a progetto se inferiore a 30 giorni annui e con retribuzione minore di 5000 €.
Lavoro gratuito: si riconduce alla fattispecie del lavoro subordinato e lo si ritiene lecito in quanto idoneo a realizzare interessi di tipo benefico ed ideologico. La gratuità viene perciò ammessa solo se le circostanze del caso concreto lo permettono.
a) Lavoro familiare: è l’ipotesi di lavoro prestato nell’ambito di un’impresa gestita da familiari ed in questo caso la giurisprudenza ha sempre fatto uso della presunzione di gratuità.
b) Volontariato: se rispettoso dei requisiti richiesti dalla legge (avvalersi in modo determinante e prevalente delle prestazioni gratuite dei propri associati) non viene ricondotto alla fattispecie subordinato e non necessità la corresponsione di alcuna retribuzione (salvo rimborsi spese).
Disciplina speciale: vista la vastità di tipi contrattuali e la parziale riconducibilità di molti di essi alla specie subordinato, il legislatore ha sovente dato vita a discipline speciali. Si evidenzia come qualsiasi disposizione della disciplina generale che non sia oggetto di diversa disciplina speciale si ritiene sempre e comunque applicabile.
a) Lavoro a domicilio: la specialità è correlata al luogo di lavoro che è l’abitazione del lavoratore, sussistendo invece tutti gli altri caratteri del lavoro subordinato (differenza dal lavoro autonomo è che in esso sono del lavoratore anche i mezzi, la loro organizzazione e i rischi).
b) Lavoro domestico: si realizza per colui che presta attività a favore di una comunità familiare o similare.
c) Lavoro giornalistico: presuppone il requisito dell’appartenenza all’ordine, senza il quale è nullo dando solo origine ad una prestazione rilevante agli effetti della pretesa retributiva. In questa disciplina speciale il vincolo di subordinazione appare più attenuato per via dei margini di autonomia più ampio concessi al prestatore (es. clausola di coscienza: mutamento di indirizzo del giornale).
d) Lavoro sportivo: intercorre tra atleti professionisti e società sportive e viene ricondotto alla fattispecie di lavoro subordinato a meno che non ricorra una delle seguenti ipotesi. Singola manifestazione sportiva; nessun vincolo sugli allenamenti; non superi 8 ore settimanale o 5 giorni al mese o 30 giorni l’anno.
e) Lavoro nautico: l’interesse per la sicurezza della navigazione (anche aerea) impone una regolamentazione rigorosa e specifica.
CONTRATTO E RAPPORTO
Teoria contrattualistica: nonostante le spinte europee che sottopongono il lavoro subordinato ad una fattispecie acontrattuale (inserimento del lavoratore nell’impresa), la nostra dottrina rimane contrattualistica, il rapporto di lavoro subordinato deriva da un contratto.
Prestazione di fatto (art. 2126 cc): il contratto è sempre necessario perché trovi applicazione la disciplina del lavoro subordinato, senza contratto ed in luogo di una prestazione di fatto, il lavoratore potrà contare soltanto sull’ingiustificato arricchimento del datore.
Soggetti del contratto.
a) Lavoratore: dalla natura contrattualistica del lavoro subordinato deriva una rilevanza essenziale dei soggetti che lo stipulano. Il lavoratore è infatti soggetto alla infungibilità soggettiva della prestazione, il contratto di lavoro e la relativa obbligazione non è quindi trasmissibile. La capacità giuridica speciale del soggetto costituisce poi la sua capacità al lavoro e coincide con il termine della scuola dell’obbligo e comunque età non inferiore a 15 anni. Mentre la capacità di agire consiste nella capacità a stipulare un contratto (maggiore età). Il difetto della prima determina nullità del contratto salva applicabilità del rapporto al periodo già eseguito, il difetto della seconda non comporta ostacoli all’applicabilità della disciplina.
b) Datore di lavoro: non è richiesto il possesso di nessun requisito speciale, facendosi solo distinzione tra imprenditori e non (attività a fini non lucrativi).
Forma
del contratto.
Vige in materia il generale principio della libertà di forma (nel
settore pubblico è richiesta la forma scritta). A tale principio
generale sono però affiancate numerose deroghe per cui è prevista
la forma scritta ad substantiam, senza la quale, cioè, il rapporto viene
ricondotto sotto la fattispecie tipica.
a) Consenso, vizi del consenso e simulazione:la natura contrattuale del rapporto pone in
primo piano il fattore volitivo e rinvia generalmente alla disciplina generale
sui contratti.
- L’errore sulle qualità del lavoratore può essere causa di
annullamento se direttamente inerente all’attività.
- La simulazione del contratto è anch’essa riconducibile alla disciplina
generale sui contratti. Se viene simulato in un contratto sia il rapporto che
la prestazione, non si produce nessun effetto tra le parti. Se viene simulato
solo il rapporto, questo verrà ricondotto alla fattispecie che lo
ricomprende.
b) Clausola di prova: riguarda la previsione di un periodo di prova, deve risultare per iscritto, la durata massima viene generalmente stabilita in 6 mesi dai contratti collettivi ed il recesso del datore non necessita motivazione né preavviso.
INTERVENTO PUBBLICO E PRIVATO
Il precedente regime di vincolismo operato dallo stato sul mercato del lavoro, è stato sostituito oggi dal decentramento e liberalizzazione, in un’ottica di sussidiarietà verticale (da stato a regioni ed enti) ed orizzontale (lasciare agli stessi cittadini il compito di amministrarsi).
Politiche attive: vengono tradizionalmente individuate 4 grandi aree, informazione e orientamento, incontro tra domanda e offerta, promozione dell’occupazione e sostegno ai soggetti deboli.
Informazione, orientamento e formazione professionale
a) Per quanto riguarda l’informazione la
situazione odierna vede la coesistenza di tutta una serie di strutture
pubbliche che controllano e monitorano i flussi del mercato del lavoro e
cercano di studiarne le caratteristiche e le tendenze (CNEL, Istat, Ministero
del lavoro, ecc . ).
- Inoltre esiste
- Sono state poi istituite delle banche dati di lavoratori in cerca di
impiego, che ha sostituito le liste di collocamento, corredate da schede
professionali dei lavoratori, che hanno sostituito il libretto di lavoro.
b) Per orientamento professionale (disciplinato a livello regionale) si suole indicare l’attività volta ad informare ed indirizzare un soggetto verso il tipo di impiego che più risponde alle sue caratteristiche, competenze e aspirazioni nel mercato delle richieste di lavoro.
c) Per formazione professionale (nella potestà legislativa regionale e disciplinato a livello locale) si intende il momento di raccordo tra istruzione e lavoro.
Decentramento: alle regioni è stata attribuita potestà legislativa concorrente in materia di tutela e sicurezza del lavoro, e ad esse sono stati trasferiti i compiti e le funzioni relative al collocamento e alle politiche attive del lavoro.
Liberalizzazione: la trasformazione è avvenuta con la demolizione del monopolio pubblico nell’esercizio dell’attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro, regolamentando l’ingresso dei privati in questo settore.
Collocamento disabili: fa parte
del regime vincolistico della legge 68/1999, il cui scopo è però
quello della promozione dell’inserimento ed integrazione lavorativa. Soglie:
più di 50 dipendenti, assumere il 7 % di disabili; da
Collocamento extracomunitari: la preferenza è, ovviamente, per gli extracomunitari che abbiano già un permesso di soggiorno nel nostro paese il regime è quello di parità di trattamento e piena uguaglianza, per gli altri esistono invece misure limitative concretizzate nel controllo dei flussi e nella predisposizione di quote massime in entrata.
Somministrazione di lavoro.
Storia: inizialmente la legislazione vedeva come illecita (il lavoro non è una merce) l’interposizione di manodopera, ossia quella pratica triangolare che vedeva coinvolti un committente (datore di lavoro), un interposto (detto anche caporale) e i lavoratori. La pratica consisteva nel fatto che il committente otteneva dall’interposto il numero di lavoratori necessari senza però assumerli, poiché questi rimanevano alle dipendenze dell’interposto. Definito anche decentramento: scorporare il processo produttivo affidando a terzi pezzi dello stesso.
Il legislatore a partire dalla legge 1369/1960 comincia a regolamentare il fenomeno anche con lo scopo di contenerlo. Inizialmente tali previsioni tendevano infatti a impedire il decentramento fittizio e disincentivare il decentramento regolare.
Nel 1997 la tendenza muta di segno e nasce il lavoro temporaneo tramite agenzia (interinale).
Oggi: da ultimo la riforma del 2003 rimette mano
a tutta la materia che ora è così organizzata.
Il fenomeno interpositorio continua ad essere vietato salvo la deroga
ammessa dal legislatore che la liceizza nei limiti e nelle condizioni previste
dalla disciplina, pena l’imputazione del rapporto a capo all’utilizzatore.
Può avvenire sia a tempo determinato che indeterminato e secondo una casistica
tassativa che però è molto ampia e ulteriormente ampliabile dalle
parti sociali.
Accanto al contratto di somministrazione tra agenzia e utilizzatore troviamo
il contratto di lavoro subordinato tra agenzia e lavoratore, anch’esso a
tempo determinato o indeterminato. Sull’agenzia gravano perciò
obblighi contributivi, previdenziali ed assistenziali, inoltre per i lavoratori
somministrati è prevista una obbligazione solidale sussidiaria
dell’utilizzatore.
a) Appalto: accanto alla ura della somministrazione è prevista anche quella dell’appalto (preferita dal legislatore) distinta dalla prima perché l’appalto prevede una propria organizzazione dei mezzi, un proprio rischio d’impresa ed una gestione diretta della forza lavoro da parte dell’appaltatore.
Ammortizzatori sociali: intervento pubblico volto al sostegno del reddito della manodopera inoccupata, disoccupata e occupata ma sospesa. A metà tra politiche del lavoro e politiche assistenziali (welfare). La tendenza fino ad oggi è stata quella di prestare assistenza soprattutto alla manodopera occupata piuttosto che a quella disoccupata e inoccupata, si riscontrano però proposte di senso opposto , il cosiddetto workfare.
Liste di mobilità: lavoratore in mobilità è quello disoccupato e gode di particolare tutela economica e preferenziale nel ricollocamento. L’iscrizione in tale lista, che conferisce una posizione giuridica di vantaggio nel mercato del lavoro, avviene con richiesta alla regione (o ad altro organismo da questa delegato) da parte del lavoratore che presenti determinati requisiti, e a seconda dei requisiti godrà eventualmente anche di una indennità.
a) Indennità: riservata a operai, impiegati e quadri nel casi di disoccupazione derivante da licenziamento dopo o durante la CIGS (cassa integrazione guadagni straordinaria), procedure concorsuali o licenziamento senza passare per la CIGS; è erogata dall’INPS su richiesta dell’interessato per un periodo che va da 12 a 48 mesi a seconda dell’area geografica.
Disoccupati: sono le persone prive di lavoro e immediatamente disponibili allo svolgimento di ricerca di attività lavorativa (di lunga durata se disoccupati da 12 mesi). Spetta alle regioni il compito di fissare obiettivi e indirizzi operativi ma il legislatore impone interventi minimi.
a) Indennità ordinaria: prevista per il disoccupato involontario, rilasciata sempre dall’INPS su richiesta dell’interessato, con diverse modalità a seconda del settore.
LA PRESTAZIONE DI LAVORO
E’ l’oggetto dell’obbligazione lavorativa che si esplica solo in un comportamento, senza alcun obbligo di risultato.
Mansioni: indicano il tipo di attività del lavoratore e riflettono anche l’organizzazione dell’impresa. Solitamente le mansioni per cui un lavoratore viene assunto sono molto generiche.
Qualifiche: i gruppi di mansioni individuano le qualifiche dei lavoratori, raggruppamento che in genere individua una ura professionale.
L’individuazione delle mansioni e della qualifica avviene generalmente secondo le disposizioni previste dalla contrattazione collettiva e comunque rientra nelle materie soggette al principio di contrattualità. In mancanza di disposizioni in merito il punti di riferimento per l’individuazione delle mansioni e relativa categoria saranno quelle effettivamente svolte. Mansioni e categorie concorrono ad individuare l’oggetto della prestazione ed i tratti essenziali del trattamento economico.
Categorie: le categorie sono entità classificatorie più ampie delle qualifiche e che le racchiudono. Sono 4 (3+1) operaio, impiegato, dirigente e quadro. Le categorie servono ad individuare gli aspetti del trattamento normativo del lavoratore.
a) Operai e impiegati: attualmente è in corso un processo di identificazione delle due categorie, prima distinte dal criterio della manualità per gli uni e della professionalità per gli altri. L’unificazione è anche avvenuta sul piano retributivo grazie all’inquadramento unico.
b) Dirigenti: sono sottratti ad una serie di norme protettive in quanto costituiscono l’alter ego dell’imprenditore preposto alla direzione.
c) Quadri: sono quei lavoratori che pur non appartenenti alla categoria dei dirigenti svolgono mansioni di rilevante importanza ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettivi dell’impresa.
Jus variandi: potere unilaterale riconosciuto al datore di lavoro, di modificare le mansioni del lavoratore oltre l’ambito convenuto.
a) Limiti: invariabilità in peius della retribuzione, ed equivalenza delle mansioni cioè l’esclusione di qualsiasi mutamento verso il basso. Tale equivalenza deve essere riscontrata sul piano professionale, considerando il complesso delle attitudini e capacità acquisite dal lavoratore. Da questo punto di vista è illecito il comportamento del datore di lavoro che rifiuta la prestazione intaccando così il quadro professionale del lavoratore.
b) Violazione: oltre alla nullità dell’atto il lavoratore può chieder la reintegrazione e il risarcimento dei danni.
Nullità dei patti contrari: sia i contratti individuali che quelli collettivi che realizzano un risultato vietato dalla norma.
a) Deroghe: nel caso in cui la variazione sia dovuta a prestazioni diventate inagibili o nel caso di lavoratrici madri spostate a mansioni meno pregiudizievoli.
Mobilità verso l’alto (o verticale): riguarda l’assegnazione a mansioni superiori ed il legislatore ha stabilito che lo svolgimento di mansioni superiori protratto per più di tre mesi dà luogo ad automatica promozione. Le interruzioni di questi tre mesi non comportano il cumulo dei vari periodi, tranne il caso in cui risultino essere adottate dal datore per eludere la normativa.
a) Eccezione: sostituzione di un lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto. In questo caso il diritto alla conservazione del posto ha maggior valore della promozione automatica.
DILIGENZA, OBBEDIENZA, FEDELTA’ – LUOGO E DURATA DEL LAVORO
Diligenza, obbedienza e fedeltà sono i doveri del lavoratore.
Diligenza: rappresenta il criterio della misura della prestazione dovuta dal lavoratore e si deduce in riferimento a due principali criteri.
a) Natura della prestazione: si riferisce alla qualità del lavoro prestato risultante dalle mansioni e relative qualifiche.
b) Interesse dell’impresa: la natura della prestazione v rapportata, oltre che ai criteri di cui sopra, anche alle esigenze organizzative aziendali.
Obbedienza: posizione di soggezione giuridica del
lavoratore alle disposizioni impartite dall’imprenditore con l’obbligo di
eseguirle.
La tendenza è quella di spersonalizzare il rapporto di lavoro per
evitare aspetti di soggezione.
Difatti il lavoratore è anche titolare di una generale autotutela nel
senso che potrà legittimamente rifiutare di eseguire disposizioni
datoriali se illegittime o contrastanti con lo statuto dei lavoratori.
Fedeltà: non è un vero e proprio obbligo di essere fedele, ma ricomprende in genere una serie di comportamenti omissivi che il lavoratore deve tenere nel rispetto dell’interesse alla concorrenza e alla posizione nel mercato dell’impresa.
a) Obbligo di non concorrenza: implica l’astensione dl lavoratore da ogni atto di concorrenza che possa arrecare danno all’impresa ed ha valore per la sola durata del rapporto contrattuale di lavoro.
b) Patto di non concorrenza: aumenta la durata dell’obbligo di non concorrenza oltre la durata del rapporto di lavoro, necessita la forma scritta, non può essere superiore a tre anni e gli segue un corrispettivo.
c) Riservatezza: divieto di divulgare notizie di carattere organizzativo e produttivo conosciute dal dipendente, perdura anche dopo la cessazione del rapporto. Dal divieto sono escluse le competenze e conoscenze professionali conseguite dal lavoratore.
Luogo della prestazione: se non risulta dal contratto, deve desumersi dagli
usi o da altre circostanze, prima fra tutte quella della natura della
prestazione.
Limiti: tale potere direttivo del datore di lavoro è soggetto
però a dei limiti riguardo i trasferimenti esterni. Ossia devono essere
giustificati dall’esistenza di ragioni tecniche, produttive e organizzative ed
un nesso di causalità tra queste e lo spostamento.
Durata della prestazione: costituisce la misura della prestazione dovuta dal lavoratore. Questa disciplina viene regolata sia dalla legge sia dalla contrattazione collettiva.
Orario massimo normale: è il limite oltre il quale la prestazione è da considerarsi straordinaria e consta di 40 ore settimanali con la facoltà per i contratti collettivi di ridurlo riferendosi a periodi ultrasettimanali inferiori all’anno.
a) Orario multiperiodale: consiste nel superamento dei limiti normali massimi salvo compensazione nell’anno e valorizza il ruolo della contrattazione collettiva.
b) Orario settimanale massimo: riguarda la regolamentazione della durata massima della settimana lavorativa compreso anche lo straordinario ed è affidata ai contratti collettivi col limite legale di 48 ore elevabile per ogni settimana in un arco temporale non superiore a 4 mesi.
c) Orario giornaliero: la legge non fa più alcun riferimento alla durata dell’orario giornaliero che può essere però dedotto dalla norma sul riposo giornaliero (11 ore di riposo consecutive ogni 24 ore e pausa di almeno 10 minuti) = 12,50 ore.
Lavoro effettivo: tutti i termini sopra esposti si riferiscono al lavoro effettivamente svolto, con esclusione delle soste non inferiori a 10 minuti, pause pranzo, tempo per giungere al lavoro e cambiarsi e tempo per timbrare il sectiunellino.
a) Lavoro
straordinario: è
quello prestato oltre l’orario normale settimanale fissato dalla legge
(40 ore). E’ visto con sfavore dal legislatore che stabilisce che non deve
superare l’orario massimo settimanale, deve avere il consenso del lavoratore
ed essere collegato a particolari esigenze (salvo diverse disposizioni dei
contratti collettivi di settore), per le aziende con più di dieci
dipendenti c’è l’obbligo di informare
b) Lavoro notturno: anch’esso, se non compreso in regolari turni, deve essere maggiormente retribuito. La legge rinvia poi alla contrattazione collettiva per la determinazione dei limiti (di durata e requisiti dei lavoratori) e della maggiorazione. Nel caso dei lavoratori notturni compresi in regolari turni, il lavoro notturno non può superare le 8 ore complessive su 24, salva la libertà dei contratti collettivi di individuare un periodo di riferimento più ampio delle 24 ore cui riferire il limite delle 8 ore. Sono altresì imposti controlli sanitari periodici ogni 2 anni e il divieto di adibire apprendisti e donne in gravidanza (fino al compimento di un anno del bambino) a lavori notturni.
Riposo giornaliero: 11 ore consecutive ogni 24, derogabili in caso di lavoro frazionato.
Pausa giornaliera: stabilita dai contratti collettivi per orari giornalieri di più di 6 ore, altrimenti di 10 minuti.
Riposo settimanale: il lavoratore ha diritto ogni sette giorni ad un periodo di riposi di 24 ore solitamente coincidente con la domenica. Il lavoro nella giornata domenicale da diritto ad una maggiorazione retributiva. La prestazione durante giornata festiva è illecita ma non pregiudica il diritto alla retribuzione.
Ferie: il lavoratore ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite (art. 36 cost.) che la legge individua in 4 settimane, garantendo altresì 1/12 di ferie per ogni mese. Salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi vanno godute almeno 2 settimane consecutive. La retribuzione viene definita dai contratti collettivi di settore.
POTERI E DOVERI DEL DATORE DI LAVORO
Potere direttivo
La natura contrattuale del rapporto di lavoro a portato alla riduzione dei poteri di comando del lavoratore e al rafforzamento della contrattazione collettiva.
Principio
di non discriminazione:
deriva principalmente dal principio costituzionale di uguaglianza e
parità fra tutti i cittadini e fra lavoratori e lavoratrici, poi
ribadito dalla normativa europea e fatto proprio dallo statuto dei lavoratori.
Vengono quindi ritenuti nulli tutti quegli atti o fatti che tendono a
discriminare il lavoratore per motivi sindacali, religiosi, sessuali, politici,
razziali, ecc .
Discriminazioni
sessuali (pari opportunità): sancisce la parità dei sessi per l’accesso al lavoro, nonché
nell’attribuzione di qualifiche, mansioni e nella progressione di carriera.
Pertanto gli atti o patti che rechino tali pregiudizi alla lavoratrice sono
nulli, anche se indiretti (formalmente neutri ma che svantaggiano un sesso in
modo maggiore).
Azioni positive: iniziative volte a rimuovere tutti gli ostacoli che si frappongono alla pari opportunità. Anche se sono uno strumento diseguale vengono considerate lecite perché transitorie. L’attuazione di queste azioni è affidata ad un numero determinato di organi promotori sia istituzionali (consiglieri di parità) sia privati (sindacati).
a) Comitato Nazionale della Parità: funzioni propositive e consultive in ambito di pari opportunità tramite programmi-obiettivo annuali.
b) Consiglieri di parità: nominati ad ogni livello di governo per promuovere e controllare l’applicazione dei principi di parità, sono pubblici ufficiali ed hanno l’obbligo di segnalare i reati.
c) Azione: sia individuale, sempre concessa al soggetto
discriminato, sia istituzionale su delega o d’ufficio da parte del consigliere
di parità.
L’azione individuale porterà solo ad effetti individuali, mentre quella
promossa dal consigliere porterà alla definizione di un piano collettivo
di rimozione degli effetti discriminatori.
Inversione della prova: al ricorrente
basta provare l’esistenza di elementi di fatto idonei a fondare l’esistenza di
una pratica discriminatoria, spettando poi al convenuto dimostrarne
l’inesistenza.
Potere di controllo
Limiti
al potere di vigilanza: sono
stabiliti dallo statuto dei lavoratori e riguardano le guardie giurate, che
hanno particolari privilegi connessi alla loro funzione, il personale di
vigilanza sul lavoro, i cui nominativi devono essere comunicati ai dipendenti,
il divieto di riprendere il lavoro con impianti audiovisivi e gli stringenti
limiti al controllo personale dei lavoratori (perquisizioni, ecc . ).
Lo statuto stabilisce altresì che il controllo sui lavoratori assenti
non possa essere esercitato direttamente dal datore, ma dagli istituti
competenti (INAIL e ASL) per un generale principio di imparzialità.
Divieto
d’indagine: la generale
tendenza alla spersonalizzazione del lavoro, (Obbedienza: posizione di soggezione giuridica del
lavoratore alle disposizioni impartite dall’imprenditore con l’obbligo di
eseguirle.
La tendenza è quella di spersonalizzare il rapporto di lavoro per
evitare aspetti di soggezione.
Difatti il lavoratore è anche titolare di una generale autotutela nel
senso che potrà legittimamente rifiutare di eseguire disposizioni
datoriali se illegittime o contrastanti con lo statuto dei lavoratori) si
riscontra nello statuto dei lavoratori anche quando vieta al datore di fare
indagini sui lavoratori da assumere su fatti che non rilevano ai fini delle
attitudini professionali. Altri limiti ai poteri del datore di lavoro sono
contenuti nella legge per la tutela della privacy.
Il potere disciplinare
L’inosservanza degli obblighi di lavoro da parte del lavoratore, può dar luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari.
Requisiti: spetta al datore provare la sussistenza del fatto addebitato, la sanzione deve essere proporzionata all’infrazione (tenendo anche conto dell’eventuale recidiva).
Procedimento: nell’azienda deve essere emesso ed esposto
un codice disciplinare che individui, anche in modo schematico e riassuntivo,
procedure, infrazioni e sanzioni.
- Il datore di lavoro prima di irrogare la sanzione deve permettere al
lavoratore di essere ascoltato in contraddittorio.
- Il lavoratore può appellarsi, oltre che all’autorità
giudiziaria, anche all’arbitrato irrituale della direzione provinciale del
lavoro.
Doveri del datore di lavoro
Obbligo
di sicurezza: il datore deve
adottare tutte le misure che sono necessarie per tutelare l’integrità
fisica e morale dei suoi lavoratori secondo il principio della massima
sicurezza tecnologicamente possibile.
- Accanto al datore di lavoro, che resta comunque il maggior responsabile, lo
statuto dei lavoratori permette ad altri organi di effettuare controlli sulla
sicurezza: agli stessi lavoratori (mediante loro rappresentanze); agli
organismi pubblici (ASL e Direzione del lavoro); ad altre ure interne
all’azienda (responsabile per la sicurezza).
- Per adempiere a tale obbligo il datore di lavoro deve mettere in pratica un
procedimento che consiste dapprima nell’individuazione dei possibili rischi,
poi nella stesura di un progetto di rimozione / riduzione di questi (insieme
con le altre ure competenti).
Assicurazione infortuni e malattia: ai lavoratori addetti a particolari lavorazioni viene imposto l’obbligo di tale assicurazione (gestita dall’INAIL) che copre il danno biologico, patrimoniale e anche in itinere.
Ulteriori obblighi: sono gli obblighi di informazione che stanno avendo sempre crescente importanza, e la cooperazione nell’adempimento della prestazione da parte del lavoratore.
Fonti
Il
codice civile: stabilisce
che la retribuzione costituisce la prestazione fondamentale del datore di
lavoro nei confronti del lavoratore.
Al giudice è stato dato il potere di determinare gli indicatori della
sufficienza retributiva.
I
minimi tariffari: sono stati
applicati, a partire dagli anni 50, anche ai datori e lavoratori non iscritti
sulla base dell’art. 36 cost. che garantisce ai lavoratori il diritto ad una
retribuzione proporzionata per una vita dignitosa. I giudici hanno rinvenuto
nei minimi dei contratti collettivi il valore della retribuzione dignitosa e
proporzionata.
La costituzione: stabilisce che il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto e che sia sufficiente per avere un’esistenza dignitosa. Anche in tema di retribuzione trovano applicazione i principi generali di parità e non discriminazione.
a) Proporzionalità: la giurisprudenza ha sempre dato più valore a tale principio rispetto a quello della sufficienza che si ritiene sempre rispettato quando lo sia il primo. In tal modo è stato individuato un principio di retribuzione minima.
Contratti: la retribuzione è stabilita nel contratto, ma nel caso non venga rispettata la retribuzione minima, questa si inserisce automaticamente. Retribuzione base (o tabellare): è il nucleo centrale della retribuzione che risulta dalle contrattazioni collettive di categoria.
Retribuzione: dalle molteplici fonti emerge una definizione di retribuzione molto ampia, ossia tutte le somme a qualunque titolo percepite in relazione al rapporto di lavoro.
a) Unitarietà: la giurisprudenza ha elaborato alcuni caratteri strutturali propri della retribuzione unitariamente intesa.
b) Determinatezza: definirne la quantità in misura sia fissa sia variabile.
c) Obbligatorietà: esclude le prestazioni eventuali rientranti nella discrezionalità del datore.
d) Corrispettività: generica riconducibilità al rapporto di lavoro.
e) Continuità: che ricorre con regolarità nel tempo.
L’utilizzo di questi principi sta lentamente scemando poiché si sono rivelati portatori di effetti discorsivi.
Forme: essendo molteplici i tipi di lavoro, e molteplici i criteri di classificazione, troviamo più forme retributive.
Retribuzione a tempo: determinata in ragione del tempo della prestazione lavorativa (quella più usata).
a) Diretta: nei singoli periodi di durata del rapporto.
b) Differita: corrisposta in modo posticipato, annualmente o alla fine del rapporto (TFR).
Retribuzione a cottimo: questa prende in considerazione anche il risultato, ma solo in quanto si identifichi in concreto con l’attività del lavoratore, altrimenti deve basarsi sulla quantità, quindi il rendimento.
a) Obbligatorio: nelle ipotesi in cui il lavoratore è vincolato a un certo ritmo produttivo o quando la retribuzione viene calcolata sui tempi di lavorazione.
Provvigione: si realizza quando il compenso del lavoratore è ragguagliato in percentuale agli affari trattati.
a) Partecipazione ai prodotti: specie della provvigione che consiste nel bene fisico oggetto dell’attività.
b) Partecipazione agli utili: tende a perseguire un coinvolgimento del lavoratore nell’andamento dell’impresa.
Scatti di anzianità: sono aumenti periodici in rapporto all’anzianità di servizio.
Superminimi: incrementi assegnati collettivamente (frutto della contrattazione collettiva) o singolarmente (per meriti).
Gratifiche: elementi integrativi corrisposti una volta l’anno per far fronte a particolari esigenze o bisogni del lavoratore.
Indennità: adattare il compenso del lavoratore alle particolarità del proprio lavoro senza che si riscontrino però dei veri e propri rimborsi spese.
SOSPENSIONI DEL RAPPORTO DI LAVORO
Elemento comune a tutti i tipi di sospensione del rapporto è la relativa e conseguente sospensione dell’obbligazione di lavoro e degli obblighi per il suo adempimento.
Per cause inerenti al lavoratore
Disciplina comune: conservazione del posto per il periodo di tempo stabilito dalla legge, dai contratti o secondo equità (periodo di comporto); la computazione del periodo di assenza nell’anzianità di servizio; conservazione e continuazione del reddito secondo la legge, gli accordi o equità.
Malattia ed infortunio: il posto è garantito di solito per periodi variabili a seconda dell’anzianità. Il reddito è garantito integralmente fino ad un certo periodo dopodiché diventa parziale. I lavoratori hanno l’obbligo di reperibilità in determinate fasce orarie per la sottoposizione a visita medica e l’obbligo di comunicazione al datore la causa dell’assenza.
Gravidanza,
puerperio e congedi parentali:
alle madri è garantito il congedo nei due mesi precedenti il parto e nei
tre mesi dopo con in più la possibilità di recuperare il congedo
eventualmente non goduto prima, percependo un’indennità pari all’80%
della retribuzione normale (l’inosservanza è punita con l’arresto fino a
sei mesi).
I congedi parentali sono previsti invece per entrambi i genitori fino
all’ottavo anno di vita del bambino, non possono superare i dieci mesi (in
tutto) e i sei mesi (a testa) e prevedono la corresponsione di
un’indennità pari al 30 % fino ai tre anni del bambino.
Per cause inerenti all’impresa
Cassa integrazione guadagni: rappresenta una forma di intervento pubblico per salvare l’azienda e salvaguardare l’occupazione e il reddito.
Intervento ordinario: in situazioni aziendali temporanee e transitorie
non imputabili agli imprenditori o operai oppure imputabili a situazioni temporanee
di mercato.
Per le imprese industriali, riservata a operai, impiegati e quadri.
Consiste nell’80 % della retribuzione per le ore non lavorate e comunque non
oltre le 40 settimanali, e viene rivalutato annualmente.
Previsto per tre mesi con eventuali
proroghe trimestrali fino al massimo di 12 mesi.
Procedura: per cause non prevedibili
è prevista una comunicazione successiva alle rappresentanze sindacali,
negli altri casi è prevista anche una comunicazione preventiva. Si ha
poi una consultazione sindacale presso l’INPS.
Intervento straordinario: in situazioni di ristrutturazione,
riorganizzazione, conversione o crisi aziendale.
Per le imprese con più di 15
dipendenti, riservata a operai, impiegati e quadri ed anche i soci delle
cooperative.
Consiste nell’80 % della retribuzione per le ore non lavorate e comunque non
oltre le 40 settimanali, e viene rivalutato annualmente.
Previsto per tempi diversi a seconda
della cause (2 anni ristrutturazione, riorganizzazione, conversione o 12 mesi
per crisi).
Procedura: è comunque prevista
una comunicazione preventiva alle rappresentanze sindacali. Si ha poi una
consultazione al ministero del lavoro.
CESSAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO
Licenziamento individuale
Recesso: può avvenire sia da parte del lavoratore che da parte del datore.
a) Comunicazione: la parte che recede ha l’obbligo di darne regolare preavviso (quantificato dalla contrattazione collettiva) all’altra parte onde consentire la sostituzione (dimissioni) o la ricerca di un altro impiego (licenziamento). Il preavviso può essere sostituito con una indennità
I)
Eccezioni: il recesso per giusta causa non prevede l’obbligo
di comunicazione, poiché rende comunque e sempre impossibile la continuazione
del rapporto.
La malattia e le ferie sospendono la possibilità di licenziamento e la
computa del periodo di preavviso.
Necessaria giustificazione del licenziamento: a tutela del lavoratore che con il licenziamento perde valori e beni di rilevante importanza, la legge prevede che il licenziamento sia sorretto da giusta causa o motivo, prevedendo in caso contrario la riassunzione o il amento di una penale risarcitoria a scelta del datore. Lo statuto dei lavoratori ha ribaltato questa situazione imputando la scelta al lavoratore (da stabilità obbligatoria a reale).
a) Giusta causa: consente alle parti di non dare preavviso della cessazione del rapporto. Deve essere una causa talmente grave da non consentire la prosecuzione del rapporto, ed il recesso deve avere carattere sussidiario rispetto ad altre soluzioni meno estreme.
b) Giustificato motivo soggettivo: si realizza quando il prestatore incorre in un notevole (la nocevolezza si deve desumere dal grado di colpa, non di utilità del datore) inadempimento degli obblighi derivanti dal contratto.
c) Giustificato motivo oggettivo: consiste in ragioni inerenti all’attività, organizzazione e funzionamento del lavoro. Tali esigenze devono essere reali ed effettive ed in stretto rapporto di causalità col licenziamento.
Periodi di irrecedibilità: sono quelli protetti quali malattia, gravidanza, infortunio nonché matrimonio. Il licenziamento in questi periodi è inefficace.
Licenziamento non disciplinare: deve essere comunicato per iscritto anche senza l’indicazione dei motivi salvo che li richieda successivamente il lavoratore. Produce effetto dal momento in cui viene a conoscenza e può essere rinnovato se viziato nella forma.
Licenziamento disciplinare: innanzitutto deve essere stato affisso il regolamento disciplinare poi deve essere contestato l’addebito per iscritto e concesso un termine per difendersi al lavoratore più una pausa di riflessione prima dell’applicazione.
Impugnativa: entro 60 giorni dalla comunicazione, e può essere sia giudiziale che stragiudiziale. La prova della giusta causa o giusto motivo spetta al datore. Una inversione si ha nel caso di motivo illecito, spettando al lavoratore la prova delle regioni di discriminazioni.
Sanzioni: il regime sanzionatorio è doppio.
a) Tutela obbligatoria: nelle unità produttive di minori dimensioni e consta nella riassunzione entro tre giorni ovvero nella corresponsione di una indennità.
b) Tutela reale (art. 18): nelle unità produttive con maggiori livelli occupazionali prevede la reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento del danno subito.
Licenziamenti collettivi
Il licenziamento collettivo (risolve problemi di eccedenza) è connesso con la cassa integrazione guadagni (funzione di sostegno).
Per riduzione del personale: si applica all’imprenditore con più di 15 dipendenti e che intende licenziarne almeno 5. La causa deve essere unitaria per tutti e riconducibile a trasformazione o riduzione di attività. Il giudice non può sindacare il merito delle scelte ma deve solo verificare la correttezza procedurale, l’effettiva necessità di riduzione o trasformazione dell’attività e il nesso tra questa e i licenziamenti.
Per messa in mobilità: quando alla fine di una CIG straordinaria (Intervento straordinario: in situazioni di ristrutturazione, riorganizzazione, conversione o crisi aziendale. Per le imprese con più di 15 dipendenti, riservata a operai, impiegati e quadri ed anche i soci delle cooperative. Consiste nell’80 % della retribuzione per le ore non lavorate e comunque non oltre le 40 settimanali, e viene rivalutato annualmente. Previsto per tempi diversi a seconda della cause (2 anni ristrutturazione, riorganizzazione, conversione o 12 mesi per crisi). Procedura: è comunque prevista una comunicazione preventiva alle rappresentanze sindacali. Si ha poi una consultazione al ministero del lavoro) l’imprenditore sostiene di non poter reintegrare i lavoratori.
Procedura: c’è in capo all’imprenditore un
obbligo di comunicare preventivamente alle organizzazioni sindacali i motivi
tecnici ed organizzativi che determinano il licenziamento collettivo, il
nominativo e i dati del personale che si intende licenziare e le eventuali
misure programmate per fronteggiare la situazione. Tale comunicazione deve
essere idonea ad aprire un confronto sindacale che si articola in due fasi.
- La prima fase, non superiore a 45 giorni, è sindacale e consiste in un
libero confronto alla ricerca di accordi e soluzioni.
- La seconda fase si apre qualora tali accordi non siano stati trovati ed
è amministrativa, nella direzione provinciale del lavoro.
Trattamento di fine rapporto
Per ciascun anno di lavoro (importante l’anzianità di servizio) si isola una quota pari alla totale retribuzione (l’autonomia collettiva è libera di espungere alcune somme) divisa per 13,5, con rivalutazione annua e l’applicazione di un tasso fisso e uno in misura dell’aumento dei prezzi.
Anticipazione: non maggiore del 70 % può essere chiesta dal lavoratore con almeno 8 anni di servizio con precisi vincoli finalistici.
CONTRATTI A TERMINE, FLESSIBILI E FORMATIVI
Contratto a termine: l’apposizione de termine al contratto deve risultare per iscritto, altrimenti si intende a tempo indeterminato, e contenere le ragioni giustificatrici (anche molto generiche). Alla contrattazione collettiva spetta poi individuare le clausole di contingenza, ossia il limite quantitativo di assunzioni a termine rispetto al totale.
a) Proroga: il termine può essere prorogato per ragioni oggettive e comunque non può durare più di tre anni, altrimenti si considera a tempo indeterminato. La continuazione oltre il termine e oltre l’eventuale proroga si considera a tempo indeterminato.
Contratti flessibili: flessibile nel regime d’orario e di organizzazione.
Lavoro a tempo parziale: l’orario di lavoro fissato dal contratto risulta minore dell’orario normale stabilito dai contratti collettivi. Per tale clausola è prevista la forma scritta contenente precise indicazioni circa la riduzione altrimenti si considera a tempo pieno
a) Orizzontale: la riduzione è prevista in relazione all’orario normale giornaliero. Può variare in aumento su accordo tra le parti ed entro i limiti dell’orario pieno, secondo i limiti posti dalla contrattazione collettiva
b) Verticale: orario giornaliero pieno e riduzione in relazione a periodi. Può variare in aumento se nel contratto vengono inserite le clausole flessibili (elastiche)
c) Misto: combinazione di orizzontale e verticale.
d) Trasformazione: da tempo pieno a parziale deve provenire da accordo tra datore e prestatore convalidato dalla direzione provinciale del lavoro.
Lavoro ripartito: definito anche lavoro a coppia perché vede coinvolti due lavoratori nell’assunzione dell’obbligazione lavorativa. Ognuno dei due è personalmente e direttamente responsabile per intero. Le parti al momento dell’accordo devono stabilire le modalità e quantità precise della ripartizione del lavoro e ciascuno dei due deve coprire l’altro in caso di assenza.
Lavoro intermittente: il lavoratore è a disposizione del datore che ne può utilizzare la prestazione. Spetta al datore decidere se e quando chiamarlo e al lavoratore decidere se andare (tranne se presente la clausola di obbligo di disponibilità)
Contratti formativi: coniugano lavoro e istruzione.
Apprendistato (tirocinio nel cc): per i giovani tra i 16 e i 24 anni, a seguito di visita medica e secondo le condizioni stabilite dai contratti collettivi. Il numero di apprendisti non può superare il numero di personale già specializzato.
a) Formazione: consiste sia in addestramento pratico all’interno dell’azienda, sia nella partecipazione a corsi e iniziative esterni. Se al termine il datore non disdice, l’apprendista si considera assunto con la qualifica acquisita durante l’apprendistato.
Contratto di formazione lavoro (CFL): per giovani tra 16 e 32 nel pubblico impiego. Può essere forte o leggero a seconda della proporzione tra durata e attività formativa.
Contratto di inserimento: ha finalità più occupazionali che formative e va a sostituire il sovra citato CFL. Previsto per categorie di persone particolarmente deboli prevede la definizione (nel contratto) di un progetto individuale volto ad adeguare le competenze del soggetto al contesto lavorativo in cui andrà inserito e deve durare dai 9 ai 18 mesi.
Stage (tirocinio formativo e di orientamento): inserimento temporaneo di un soggetto all’interno del mondo produttivo per sperimentarne un contatto diretto. Solitamente gratuito a volte prevede l’erogazione di una borsa premio al termine.
GARANZIE DEI DIRITTI DEL LAVORATORE
L’ordinamento interviene precludendo che l’autonomia contrattuale eluda la disciplina legislativa protezione del lavoratore. Tali diritti sono perciò inderogabili e indisponibili.
Rinunzie transazioni di diritti del lavoratore (che siano comunque già entrati nella sua disponibilità): sono puniti con l’annullabilità, cui è legittimato il solo lavoratore, da far valere entro 6 mesi.
Prescrizione: per i crediti retributivi è di 5 anni. Si verifica poi una prescrizione presuntiva una volta trascorsi tre anni che può essere superata col giuramento o la confessione giudiziale. Per quei lavori carenti del requisito della stabilità la prescrizione comincia a decorrere dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Decadenza: nella legge si riscontrano solo due ipotesi che sono l’impugnazione del licenziamento entro 60 giorni e delle transazioni e rinunzie entro 6 mesi. Altre decadenze sono invece previste dai contratti collettivi.
Privilegi: per i crediti derivanti da obbligazione retributiva, è concessa al lavoratore una causa legittima di prelazione (in particolare per il TFR).
Impignorabilità, insequestrabilità, incedibilità: i crediti di cui gode il lavoratore a titolo retributivo godono anche di particolare protezione verso i creditori del lavoratore stesso.
Tutela giurisdizionale
a) Ricorso: la domanda al giudice va proposta con ricorso quanto più completo e analitico onde favorire una rapida trattazione della causa. E’ generalmente preclusa la possibilità di integrare successivamente il ricorso.
b) Udienze: alla prima udienza si procede all’interrogatorio libero delle parti, e si dovrebbe anche procedere all’assunzione dei mezzi di prova, che in realtà vengono quasi sempre differiti ad altra udienza.
c) Giudice: i poteri istruttori del giudice sono molto ampi in quanto può concedere in qualsiasi momento qualsiasi mezzo di prova.
d) Sentenza: nell’udienza di discussione finale il giudice redige la sentenza dando lettura del dispositivo in udienza depositandola poi nei successivi 15 giorni. Nella condanna al amento di somme il datore di lavoro è altresì condannato a are gli interessi legali e il maggior danno in modo tale da disincentivare la lunga durata del processo.
Conciliazione: può avvenire sia in via giudiziale, che amministrativa che sindacale ed è obbligatoria prima di procedere alla controversia.
Arbitrato: deferire ad un terzo il potere di decidere della controversia.
a) Rituale: conduca all’emanazione di un giudicato (lodo) che acquista valore di sentenza se e quando omologato dal giudice. E’ ammesso solo se previsto dalla legge o dalla contrattazione collettiva, deve essere facoltativo e l’arbitro deve decidere secondo diritto.
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