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CAP. I
IL SISTEMA PENALE
Nozione di sistema penale; apparato normativo di diritto penale dello Stato, cioè il diritto sostanziale, processuale, l'ordinamento penitenziario, i codici e le leggi speciali. Riguarda il sistema di previsione/applicazione della pena.
Diverse definizioni:
razionalismo, cultura illuministica, scuola classica ('800): hanno fondato lo Stato di diritto e sono caratterizzati dalla fiducia, nella possibilità di definire principi assoluti e universali (concezione formale del sistema penale);
scuola positivista: caratterizzata dall'idea di coerenza, esaustività e autoefficienza del sistema giuridico formale (concezione giuridica formalistica);
cultura odierna: oggi tendiamo a dare del "sistema" una definizione sociologica che riguarda le pratiche, le convenzioni e i soggetti sociali; tale sistema non è coerente, ma è caratterizzato da complessità.
I PRINCIPI DEL DIRITTO PENALE
Legalità (parte 1 e 199 del c.p. e 5 Cost.): nessuno può essere punito per un fatto o con pena non presente nella legge; ciò soddisfa il bisogno e il valore di "certezza del diritto"e serve ad evitare gli abusi. Ha come corollari il divieto di applicazione analogica della legge penale (art. 1 c.p.; art. 14 disp. prel.) e il principio di irretroattività (art. 2 c.p. e art. 25 Cost.) e incontra il limite della retroattività della legge più favorevole al reo. Principio del favor rei: fra due norme o interpretazioni delle quali fosse possibile l'alternativa, occorre adottare quella più favorevole al reo; un'accezione più recente del principio di legalità è quello di riserva di legge, cioè che solo la legge formale del Parlamento può essere fonte del diritto penale, questo principio è espressione della cultura democratica e corrisponde all'esigenza che la norma penale sia condivisa dalla maggioranza della collettività (principio di legittimazione democratica).
Determinatezza e tassatività: precisione e univocità del linguaggio normativo e delimitazione delle nozioni usate.
Frammentarietà: l'esigenza che le nozioni e i giudizi di responsabilità penale riguardino fatti determinati, delimitati e circoscritti.
Tipicità: riguarda l'esigenza di descrizione normativa del modello astratto e generale del fatto per il cui autore è prevista la pena, la fattispecie.
Materialità: necessaria consistenza materiale e apprezzabilità in senso fisico del fatto costitutivo del reato; il diritto penale non può perseguire il pensiero o l'intenzione.
Offensività: possibilità di argomentazione del reato come "offesa", lesione o esposizione a pericolo, di un bene o interesse, individuale o collettivo, che attraverso la previsione penale si vuole tutelare.
Sussidiarietà: esigenza del ricorso alla previsione e alla sanzione penale come extrema ratio, cioè quando altre tecniche sono inefficaci o insufficienti.
Meritevolezza: della pena, l'intervento penale deve essere limitato ai casi in cui il bene da proteggere sia rilevante.
Prevenzione generale: mediante intimidazione nei confronti della collettività considerata in generale, astrattemente.
Prevenzione speciale: nei confronti specificanti del reo, specificità dell'intimidazione, rieducazione, detenzione.
Personalità: della responsabilità penale (art. 27 Cost.); esclude la responsabilità per fatto altrui e implica il principio generale di colpevolezza (il soggetto è responsabile dei soli eventi realizzati con coscienza e volontà, con dolo e con violazione di norme) o in quanto incapace di intendere e di volere (principio di limitazione della responsabilità penale alle persone fisiche con esclusione di quelle giuridiche).
Proporzionalità: la pena deve essere proporzionata alla gravità del reato, dell'offensività e colpevolezza; più elevata è la pena più è il potere deterrente.
Rieducazione del condannato: consiste nella risocializzazione/recupero sociale del reo e il trattamento del reo ad opera di strutture opportune (art. 27 Cost.).
PRINCIPI FONDAMENTALI DEFINITI NELLA COSTITUZIONE
Principio dello stato di diritto: nessuno può limitare la libertà personale, tranne l'autorità giuridica (art. 13 Cost.).
Principio del giudice naturale: precostituito per legge (art. 25 Cost.).
Limitazione dell'estradizione: esclusa per reati politici (art. 26 Cost.).
Giustizia amministrata in nome del popolo e soggezione dei giudici solo alla legge (art. 101 Cost.).
Indipendenza della magistratura (art. 104 Cost.).
Principio del giusto processo (art. 111 Cost.).
Principio di obbligatorietà dell'azione penale (art. 112 Cost.).
CAP II
STORIA DEL DIRITTO PENALE
Pena: sofferenza inflitta in funzione deterrente, di condizionamento psicologico, atta ad evitare la realizzazione di reati.
La pena e il reato sono concetti in relazione di reciprocità, l'uno presuppone l'altro.
La funzione penale è definita dalla comunicazione, sofferenza, tipologia del fatto a cui è connessa la sofferenza.
Il messaggio violento svolge una funzione intimidativa, relativamente al tipo di fatto cui è connessa la pena.
Oggi essa ha anche una funzione rieducativa/risocializzatrice del condannato; e di prevenzione generale (collettiva), speciale (nei confronti del condannato).
La pena pubblica è un prolungamento della pratica della vendetta privata, e l'emancipazione sociale rispetto alla pratica della vendetta.
La vendetta era diffusa presso le società primitive e corrispondeva al bisogno di veder soffrire il proprio offensore, e di trarre soddisfazione dalla sua sofferenza.
Svolge anche una funzione sociale deterrente, di intimidazione, per la diffusione del messaggio e dell'idea che il soggetto potrà vendicarsi nelle situazioni dello stesso genere.
La pratica della vendetta costituisce però un disordine sociale, dunque si tese a limitarla.
La legge del taglione ha limitato la pratica della vendetta secondo il principio del corrispettivo/equivalente, ed è la manifestazione sia del potere politico, che della civiltà; tale limitazione si è avuta anche grazie alla Chiesa e alla cultura cristiana.
Nelle società barbariche: la vendetta era un dovere della faida e coinvolgeva tutta la famiglia dell'offeso contro la famiglia dell'offensore.
Editto di Costantino: vietò la pratica della vendetta, introducendo la composizione economica della lite, offerta dell'offensore per evitare di subire la vendetta da parte dell'offeso, che poteva comunque rifiutare.
Presso i longobardi: ve il concetto dell'ammenda del reo, secondo l'influenza cristiana.
Regni degli imperatori cristiani: si diffonde l'idea della retribuzione.
Medioevo: la crudeltà delle pene svolgeva una funzione di comunicazione per l'intimidazione della collettività.
Stato di diritto: la funzione di comunicazione è svolta dalla legge.
Lo strumento del carcere ha avuto una grande fortuna storica, dovuta alla sua funzione intimidativa e contenitiva di prevenzione generale e speciale, e alla astratta misurabilità rispetto alla gravità del reato che alla caratteristica di pericolosità del suo autore in termini di uguaglianza fra tutti i cittadini (mentre alla sanzione pecuniaria influisce modo diverso a seconda delle possibilità economiche del soggetto).
Cultura illuministica: pose i problemi della legalità, funzione della pena e sua "certezza", 'mitezza' e 'proporzionalità'. Espresse una straordinaria capacità di semplificazione della rappresentazione dei problemi delle soluzioni essenziali nel primato attribuito alla forma della legge e nella codificazione.
Montesquieu: sottolineano gli orrori della legislazione e dell'amministrazione giudiziaria penale; i giudici sono la bocca che pronunciano le parole della legge , essere inanimati che non possono includere la forza.
Beccaria: perché la pena non sia violenta, deve essere pubblica, pronta e necessaria, proporzionata e dettata dalla legge. Essa deve avere quel grado di intenzione che basta a rimuovere gli uomini dei delitti; la vera misura dei delitti e il danno alla società; egli sostiene di legalità di ogni pena di morte, perché va contro il contratto sociale.
Filangeri: definì la qualità del delitto secondo il danno sociale e grado del delitto seconda variabile della colpevolezza e fino al 6 grado di pena, tre dolosi e tre colposi.
Romagnosi: ritiene coerente con la funzione preventiva della pena la detenzione di questa nella misura necessaria a vivere da spinta criminosa del soggetto (scovò delle pene e quello di prevenire non quello di vendicare).
Kant: la legge penale è un imperativo categorico, la misura, il principio che la giustizia pubblica deve seguire per determinare il grado di punizione e quello di uguaglianza che consiste nel non inclinare né da una parte né dall'altra. Solo alla legge del taglione può determinare con precisione la qualità è la quantità della punizione; se gli ho ucciso deve morire, non esiste altro surrogato che possa soddisfare giustizia.
Codificazione del diritto penale: è l'attività di produzione razionale sistematica delle norme per settori generali omogenei del diritto, con lo scopo di produrre testi legislativi completi, accessibili, certi, in modo da superare problemi di stratificazione, arbitrio, incertezza dell'ancien regime.
1786 Riforma della registrazione criminale toscana: del granduca Pietro Leopoldo in cui furono aboliti pena di morte tortura, mitigate le altre pene e sanciti principi della prova e della motivazione.
1787 Codice generale sui diritti e sulle pene: promulgato da Giuseppe d'Asburgo.
Codici Napoleonici: civile (1804), di procedura civile (1808), di commercio (1810), penale (1811) di procedura penale e estesi al regno d'Italia.
1819, 5 codici del Regno delle due Sicilie.
1820 Ducati di Parma, Piacenza, Guastalla: codice penale e di procedura penale.
1831-32 Stati pontifici: regolamento di procedura penale e regolazione dei delitti e delle pene.
1839 Regno di Sardegna: entra in vigore il codice penale fu completato il codice di procedura penale iniziato con le Regie potenti (1840).
1853 Nuovo codice penale toscano.
1859 Piemonte: codice penale e di procedura penale più legge dell'ordinamento giudiziario fondato dalla legge penale del nuovo Stato italiano, esso fu esteso tutte le province italiane, tranne Regno delle due Sicilia e Toscana (dov'era abolita la pena di morte che permaneva nel codice sardo).
1889 I codice penale d'Italia: codice Zanardelli in cui non fu prevista la pena di morte.
1930 nuovi codici penali e di procedura penale: codice Rocco (il codice penale è tuttavia dirigente, quello di procedura penale è stato sostituito in quanto è stato adottato il modello accusatorio critico del sistema anglosassone). Accanto le pene stabili: misure di sicurezza per i soggetti socialmente pericolosi: sistema doppio binario: sistema delle pene per misure di sicurezza. Esso è stato modificato dall'introduzione di: leggi di depenalizzazione, giudice unico, legislazione di repressione della criminalità organizzata, ecc.
1941 codice militare di pace e codice penale militare di guerra.
Carrara: scuola classica del diritto penale; la sua impostazione fu punto di incontro tra la cultura dell'Illuminismo, razionalismo, cattolicesimo. Egli individuò nei processi assoluti e universali della ragione espressione della volontà divina, il fondamento etico del diritto penale e distingue tra diritto e politica.
Concezione classica: si centra sulla violazione della norma.
Scuola classica:
1) Lombroso: formula la teoria del criminale noto: il soggetto è spinto al delitto causa di una necessità naturale commessa dalla normalità del tipo antropologico, all'arresto psicofisico.
2) Garofalo: analizzò il tipo psicologico del delinquente della sua vita sociale.
3) Ferri: tutto il mondo influisce nella problematica del delitto. Nel libertà del volere ed è dimostrare un'aspirazione deterministica. Egli elabora la teoria dei sostituti di penali: interventi di carattere sociale che diminuiscono la criminalità; sostiene la necessità del sistema ampio di sanzioni, non in rapporto alla qualità del delitto ma quella dei delinquenti.
Concezione positivista: si centra sulla manifestazione della pericolosità soggettiva, nega l'astratta classificazione dei delitti di cui sin della scuola classica.
Indirizzo tecnico giuridico: rifiuta il giusnaturalismo razionalistico della scuola classica e aderisce al dato normativo, tipico della scienza positiva del diritto. Non esiste altro diritto penale all'infuori di quello raccolto nella legislazione dello Stato, ma può essere ammesso un diritto penale filosofico e naturale.
CAP III
LEGGE PENALE E PRINCIPIO DI LEGALITÀ
Principio di legalità formale: necessaria disposizione espressa di legge dei reati delle pene.
Art. 1 c.p. :Sotto la rubrica reati e pene, disposizione espressa di legge, è sancito che è 'nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, ne con pene che non sono da essa stabilite'; ciò è ribadito dall'art. 199 c.p.: sotto la rubrica sottoposizione a misure di sicurezza 'nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza non espressamente stabilite dalla legge', art. 155 Cost. (principio di legalità) e art. 101 Cost. (giustifica in nome del popolo, giudici soggetti alle leggi).
Di principio è possibile cogliere due profili: 1) ha definito la cultura luministica, dello Stato liberale corrispondente all'esigenza di 'certezza del diritto' o conoscibilità preventiva delle conseguenze giuridiche di comportamenti e quindi della necessaria prevenzione normativa delle ure di reato e delle pene; fondamentale nel diritto penale che comporta il pregiudizio di beni o libertà essenziali per la tutela di beni o interessi più rilevanti; la legalità soddisfa le funzioni di comunicazione della norma (il ricorso al decreto-legge ha costituito una partenza nel percorso legislativo da parte dei governi per avere il consenso delle altre parti del parlamento in momenti difficili della vita del paese) e di garanzia del cittadino (tutti utilizzano decreti legge per modifiche ordinamento penale) di fronte all'esercizio della funzione penale; 2) riserva di legge, secondo cui la legge formale del parlamento può essere fonte della norma penale; esso corrisponde alla cultura della domanda e dell'esigenza di rappresentatività generale della norma penale, cioè la norma penale che comporta il pregiudizio di beni o libertà essenziali per la tutela di ben interessi ritenuti più rilevanti, ad dev'essere espressione della volontà dell'intera collettività del paese (parlamento). Il principio di legittimazione democratica dell'intervento penale è fondamentale per lo Stato democratico di diritto.
Dunque il polso
disfacendo esigenza di legalità nel senso di certezza del diritto, non possono
essere fonti delle norme penali: leggi regionali o regolamenti comunali decreti
legge che però negli ultimi anni è stato giustificato con le ragioni
costituzionali di necessità e urgenza, è con la gravità sociale e
imprevedibilità dei fatti connessi ai fenomeni terroristici o mafiosi (una
contraddizione nel principio di riserva di legge è l'uso del decreto-legge con
forma penale, in maniera frequente da gli anni
Il ricorso al decreto-legge ha avuto una dimensione generale in materia di introduzione di modifiche all'ordinamento penale: in questo caso la contraddizione del principio di riserva di legge è relativa e può essere contestata per via della necessaria conversione legge ordinaria del testo del decreto-legge che realizza il principio di legittimazione democratica.
Le perplessità relative al principio di riserva di legge, possono riguardare l'uso del decreto legislativo alla produzione di norme penali, ma va rilevata la necessità del rispetto dei principi definiti al parlamento nella legge di delegazione.
Corollari del principio di legalità formale: sono il divieto di analogia, cioè di applicazione analogica della legge penale, art. 1 c.p. e art. 14 disp. prel. e il principio di irretroattività della legge penale, art. 2 c.p. e art. 25 Cost.
Specificazione del principio di legalità formale: sono il principio di determinatezza (precisione e univocità), cioè la delimitazione concettuale del fatto, della fattispecie (ha rappresentato in forma tipica, come modello astratto generale) penalmente rilevante, nelle sue caratteristiche oggettive soggettive; il principio di tassatività (equivale al bisogno che la rappresentanza normativa non dia luogo a dubbi, equivoci, circa i fatti che vi sono riconducibili, in modo da soddisfare l'esigenza di certezza del diritto); della previsione legale, connessione di una pena all'autore di un fatto rappresentato in forma tipica (modello astratto generale).
Il livello di determinatezza (uso del linguaggio normativo: norma e nozione) della norma penale dipendere dalle modalità con cui assai ridotta: il ricorso della norma ad elementi descritti ivi (che fanno riferimento a dati oggettivi della realtà materiale esterna), come il concetto di uomo nella previsione di omicidio (art. 575 c.p.); elementi giuridici, concetti di altruità della previsione del furto (art. 624 c.p.); elementi extra giuridici (rissa, art. 588 c.p.; senso del pudore e atti osceni, art. 529 c.p.).
Il principio di tipicità del fatto che riguarda la corrispondenza del reato con la rappresentanza formale di questo in termini astratti generali della fattispecie; principio di offensività da riguarda l'offesa, le lesioni, la messa in pericolo dell'interesse protetto; principio di materialità cioè l'oggettiva apprezzabilità del fatto costitutivo del reato; principio di colpevolezza, riconducibilità del fatto alla coscienza e volontà del suo autore; principio di frammentarietà, la previsione e la responsabilità deve riguardare un singolo fatto determinato, circoscritto, in tal modo la tutela non riguarda qualsiasi modalità di aggressione del bene; principio di sussidiarietà, il riconoscimento alla previsione penale è considerato un'extrema ratio, tenuto conto della rilevanza, in primis dei beni individuali sacrificati con la pena (al diritto penale si deve ricorrere quando non se può fare a meno); principio di meritevolezza, il protetto dev'essere considerato meritevole di tutela penale; principio di proporzionalità, riguarda la commisurazione della pena alla gravità del reato o della responsabilità, essa corrisponde l'esigenza di giustizia ed uguaglianza fra i cittadini di fronte alla legge penale e di razionalità della prevenzione penale, per il diverso peso penale attribuito ai fatti di diversa gravità; principio di personalità (art. 27 Cost.) Esclude la responsabilità per fatto altrui; principio di rieducazione (art. 27 Cost.) definito anche risocializzazione del reo, secondo il quale la società deve farsi carico di offrire al re o, opportunità di prevenzione morale, e reinserimento nella società.
Pendenza di decodificazione: la complessità sempre più diffusa nella nostra cultura, rivela l'insufficienza della logica formale binaria del tipo semplice e la crisi attuale del sistema di legalità formale; il sistema della codificazione è concepito come esaustivo e autosufficiente, fondato sulla fiducia nella possibilità predefinitoria dei problemi e delle soluzioni oggettive del diritto. La cultura della codificazione si fondava sulla comunicazione dell'esistenza di un ordine universale, di legge di validità assoluta; l'affermazione del valore della certezza del diritto era una risposta di arbitrio e privilegi medievali ed era un elemento di razionalità della logica del mercato e della libertà di iniziativa economica, costituita dalla conoscibilità preventiva delle conseguenze giuridiche dei propri comportamenti.
Profitti della destrutturazione: della funzione definita aria dello Stato di diritto è di tipo semplice regolativa dei rapporti dei conflitti tra gli individui, e anche inibitoria (svolta nella forza stessa della legge), la funzione definita aria dello Stato sociale sono segno positivo e propulsivo non definibili astrattamente nella forma della legge al pari di quella regolativa; infatti: la legge definisce la funzione da realizzare, attribuita all'operatore, si pensa la funzione di 'rieducazione del condannato', le norme definiscono quindi i criteri di orientamento e di esercizio di una discrezionalità di tipo operativo, funzionale. Il nostro codice comprende dunque ampi spazi di discrezionalità e risente dell'influenza della trasformazione culturale, si pensi ad esempio alle alternative alla detenzione, da problematica della rieducazione e d'altra talento, la funzione del servizio sociale, questa tendenza e definita di deformalizzazione-decodificazione che concerne la proliferazione della legislazione speciale (si pensi alla lotta alle forme di criminalità organizzata, alla repressione dei fenomeni terroristici e mafiosi con la legislazione di emergenza), in tutti i settori dell'ordinamento, fuori dalla forma e coerenza del codice. Si registra dunque una coerenza di determinatezza e tassatività delle nazioni normative a causa della complessità dei dati oggetto di considerazione, in relazione alla dimensione collettiva e quindi anche all'organizzazione (criminalità organizzata) la nozione di responsabilità non appare definibile in temi astratti e generali.
Viene meno ampia immagine del giudice 'bocca della legge', a causa degli ampi spazi di discrezionalità, espressione della fiducia nella capacità predefinita via della legge, e avente funzioni di cognitive del fatto e della legge.
Istituto del giudice burocratico: contraddetta dall'introduzione del modello processuale accusatorio anglosassone e dall'istituzione del gip burocratico.
Contraddizioni dell'obbligatorietà penale sono quelle che riguardano le forme di patteggiamento processuale, le tecniche di collaborazione con la giustizia ecc.
Carenze di tassatività e determinatezza riguardano anche il delitto politico: nel diritto romano del periodo monarchico e nei primi secoli della Repubblica si distinguevano: 1) idelicta (oggetto del processo civile); 2) crimina (che contraddicevano beni o interessi fondamentali della società, oggetto del processo comiziale); 3) perduellio (crimine contro l'ordine politico, alto tradimento trasformato sotto Cesare e Augusto il crimine maiestatis).
La nozione di crimine rigido aperto, non uniformata ai moderni principi di determinatezza e tassatività.
Nel 1986 il Leopoldo elimina i deliri di delibera necessità per l'impossibilità di definirli con sufficienza deterministica: ciò era un primo segno della difficoltà a distinguere il diritto dalla politica, che si propone anche oggi quando si parla di criminalità organizzata in cui è difficilmente per distinguibile alla dimensione del diritto dalla politica.
Tale problematica del delitto politico potrebbe essere definita attraverso la teoria dell'organizzazione: le forme politiche a chi rilevanza penale sono in realtà forma organizzata è di realizzazione di attività delittuose.
Corollari del principio di legalità formale: 1) art. 14 prel.: 'divieto di applicazione analogica della norma penale' (art. 1 c.p.) Le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre grassi e tempi in essere considerati. L'applicazione analogica della norma va distinta dall'interpretazione della legge (art. 12 prel.), l'interpretazione è l'operazione di attribuzione di significato della formula normativa, l'intenzione estensiva e quelle in cui il significato viene dilatato il più possibile fino a ritenere compresa e regolata dalle norme all'ipotesi di cui si tratti. L'applicazione analogica presuppone l'ipotesi in oggetto ho compresa nel significato della norma quindi non regolata dalla norma.
Il caso concreto tuttavia è simile è all'ipotesi normativa, alla ratio della norma e può essere applicato per analogia.
L'art. 12 prel., distingue tra analogia legis (se una controversa non può essere decisa con una precisa disposizione sia riguardo alle disposizioni che regolano case materie analoghe); analogia iuris (se il caso rimane dubbio, si decide secondo il principio generale dell'ordine giudiziario dello Stato).
Due modi diversi di intendere il divieto di analogia in materia penale: 1) interpretazione data del termine leggi penali (art. 14 prel.) qualsiasi disposizione della progettò la materia penale e non può essere applicata per analogia; 2) senso stretto (li soltanto le disposizioni incriminatrici, cioè le previsioni della penna o della responsabilità: secondo questa interpretazione e in base al principio del favor rei, sarebbero applicabili per analogia tutte le disposizioni a favore dell'imputato (le cause di giustificazione e le circostanze attenuanti); tale principio non si applica alle leggi che fanno eccezione.
Art. 2 c.p.: continua la disciplina della successione di leggi penali del tempo (nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato).
Art. 25 Cost.: irretroattività della legge penale che dispone solo per l'avvenire, un fatto costituisce reato in quanto sia stato previsto da una legge anteriore alla sua commissione, una nuova legge non può stabilire che un fatto commesso costituisca reato e che sia regolato più gravemente di quanto disponga la legge precedente; è esclusa inoltre l'ultràattività della legge penale che non può disporre per un tempo successivo alla sua urgenza.
Art. 11 prel.: irretroattività della norma penale è fissa il principio di retroattività della norma in generale.
Limiti: un limite al di retroattività è rappresentato dalla principio della retroattività della legge favorevole al reo: principio del favor rei (le legge successiva alla commissione del fatto può essere più favorevole all'imputato perché ne elimina il carattere di reato se viene meno l'anti giuridicità penale; si applica anche alla sentenza passata in giudicato che la sua applicazione richiede un intervento entro il processo, a nessuno restare alcun effetto di condanna per un fatto di cui con una legge successiva è stata esclusa la rilevanza penale.
Il caso dell'abrogazione: nessuno può essere punito per un fatto che secondo una legge posteriore, non costituisca reato è sempre stata condanna, necessitano l'esecuzione e gli effetti penali.
Caso di modificazione: nell'ipotesi in cui con la legge successiva, non viene meno il carattere di reato, ma la disciplina penale della modificata, si applica la legge più favorevole, tranne che la sentenza sia diventata definitiva, si applica ai processi ancora in corso perché la legge presso applicata richiede la valutazione del giudice, il processo si è concluso tra le legge non si applica anche se più favorevole per esigenze di comunicazione sessuale, perché l'applicazione richiederebbe la riapertura del processo.
Per le leggi eccezionali temporanee (art. 2 c.p.) non si applica il principio dell'applicazione retroattiva della legge più favorevole al reo.
Eccezionali: leggi la cui giustificazione e la cui vigenza sono legate a un interesse eccezionale cui era necessario far fronte.
Temporanee: leggi la cui vigenza è sottoposto ad un tema prefissato, scaduto il quale, cessa di avere efficacia; ciò tende ad impedire che la nuova legge più favorevole venga applicata a scapito della legge eccezionale temporaneo o che la legge eccezionale o temporanee più favorevole si applichi a fatti precedenti, data la sua giustificazione con riferimento ad un intervento particolare e ad un tempo determinato. L'applicazione della legge più favorevole era estesa anche casi di decreto-legge nonno convertito con emendamenti, da corte così serale dichiarato ciò illegittimo (legge 51/ 85).
Principio di territorialità: (art. 6 c.p.) le legge italiana si applica a coloro che, cittadini, o stranieri, chiamo come se reato nel criterio dello Stato.
Per i reati commessi all'estero sia da cittadini che stranieri, la legge italiana si applica sempre per determinate tipologie delittuose (art. 7 c. p.) falsità moneta o dei righi contro lo Stato, altri reati (art. 9 c.p.; art. 10 c.p.).
Eccezioni: le immunità, strumento di garanzia della libertà di esercizio della pubblica funzione, piuttosto a che privilegio di singoli individui, e di governanti sa della rappresenta abilità di tutti gli interessi.
Art. 12 c.p.: disciplina il riconoscimento dell'interesse penale straniero.
Art. 13 c.p.: disciplina l'estradizione (art. 10 Cost., art. 26 Cost.)
Art. 8 c.p.: delitto politico, agli effetti della legge penale e delitto politico, ogni delitto che offende un interesse politico dello Stato o un diritto politico del cittadino; è inoltre considerato delitto politico, un diritto comune, determinato in tutto o in parte da motivi politici.
Principio di presunzione di conoscenza della legge penale: (art. 5 c.p.) sotto la rubrica 'ignoranza della legge penale' è stabilito che 'nessuno può ignorare a propria scusa l'ignoranza della legge penale', in esso contenuta la presunzione di conoscenza della legge penale è il primo principio fondamentale cioè la 'certezza del diritto'. La corte costituzionale ha dichiarato però illegittima questa norma perché in contrasto con il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), principio di legalità (art. 25 Cost.) e di personalità che ha responsabilità penale e di rieducazione (art. 27 Cost.) nella parte in cui non esclude dall'imprescindibilità dell'ignoranza della legge penale l'ignoranza inevitabile. L'ignoranza e inevitabile nei casi di complessità/oscurità del testo normativo, di mancato recapito delle Gazzette Ufficiali, di contrasti giurisprudenziali non risolti.
Art. 27 Cost.: la bella non solo l'essenzialità della colpa dell'agente rispondente agli aventi più significativi della fattispecie tipica ma anche l'indispensabilità penale personale, alla cui base sta un requisito minimo e cioè la possibilità effettiva di conoscere la legge, nessun presupposto della responsabilità dell'agente; secondo la corte, così come il cittadino è tenuto a rispettare l'ordine democratico, questa delle torri privati in grado di corrisponderlo senza comprimere la loro sfera giuridica con divieti non riconducibili a scansione non prevedibili.
Principio di specialità (art. 15 c.p.): specialità (art. 15 c.p.) sotto la rubrica 'materia regolata da più leggi penali disposizioni della stessa legge penale', disciplina il concorso di norme penali secondo il principio di specialità; quando più leggi penali disposizioni penali regolino la stessa materia la legge alla disposizione speciale deroga alla legge disposizione di legge generale, salvo alternative stabilite. È speciale una norma che contiene tutti gli elementi di un'altra con elementi ulteriori, e che perciò definisce un contenuto più ristretto. La rapina (art. 628 c.p.) è speciale in confronto a quella del furto (art. 624 c.p., art. 625 c.p.) perché richiede inoltre la violenza o minaccia; il peculato (art. 314 c.p.) è speciale nei confronti dell'appropriazione indebita (art. 646 c.p.) perché presuppone la qualità di pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio.
Art. 16 c.p.: leggi penali speciali, le disposizioni di questo codice si abitano anche alle materie regolata dalle altre leggi penali, in quanto non sia da queste stabilito altrimenti.
Principio di sussidiarietà: il rapporto fra norme penali diverse è di sussidiarietà, quando una norma ha uno spazio di applicazione ulteriore rispetto ad un'altra che prevede una maggiore pena.
Art. 326 c.p.: prevede punisce,
fra i diritti dei Pubblici Ufficiali contro
Art. 379 bis c.p.: allarga la sfera di responsabilità ai soggetti diversi a protezione del procedimento penale, per la rivelazione dei segreti in merito o procedimento penale; questa previsione di minore gravità e sussidiarie nei confronti dell'altra.
PRINCIPI COSTITUZIONALI IN MATERIA PENALE
Art. 25 Cost. principio del giudice naturale;
Art. 27 Cost. principio di responsabilità penale personale, in cui è implicito il principio di colpevolezza il principio di rieducazione/ risocializzazione del condannato; in esso è esclusa la pena di morte, prevista dalle leggi penali militari, ma anche lì abolita; l'imputato non è colpevole fino alla condanna definitiva;
Art. 10 Cost. diritto d'asilo;
Art. 26 Cost. estradizione;
Art. 13 Cost. principio generale che qualsiasi forma di restrizione della libertà personale è possibile solo nei casi nei modi previsti dalla legge, i termini di scarcerazione custodia preventiva sono stati sostituiti da custodia cautelare;
Art. 79 Cost. amnistia e indulto; è richiesta la maggioranza qualificata per approvare tre provvedimenti, essi sono concessi dal Presidente della Repubblica sul legge di delegazione delle Camere, le legge deve essere deliberata maggioranza dei 2/3 dei componenti della Camera;
Art. 87 Cost. il Pesidente della Repubblica (art. 90 Cost., art. 134 Cost., art. 135 Cost., art. 96 Cost.);
Art. 101 Cost., art. 102 Cost., art. 104 Cost., art. 105 Cost., art. 107 Cost., art. 109 Cost., art. 111 Cost.: principio del giusto processo, di legalità, uno del contraddittorio e della parità fra le parti, del giudice, di ragionevole durata; Art. 112 Cost. il pubblico ministero all'obbligo di esercitare l'azione penale; art. 113 Cost. tutela dei diritti e degli interessi legittimi contro gli atti della Pubblica Amministrazione.
CAP IV
Reato: offesa dell'interesse protetto mediante la previsione del reato previsione normativa; fatto per il cui autore è stabilita una pena, per evitarne la realizzazione. La pena è definita dalla connessione, reciprocità con il tipo del fatto che ha la funzione di evitare.
Si distingue in: 1) delitti: sono quelli per cui sono previste le pene dell'ergastolo (detenzione perpetuo), reclusione, multa in essi perciò che riguarda il criterio di imputazione è essenziale il dolo, salvi casi di delitto preterintenzionale o colposo; 2) contravvenzioni: quelli per cui sono previste le pene dell'arresto dell'ammenda; sono violazioni di minore gravità rispetta i diritti (delitti minori); nella responsabilità per le contravvenzioni è indifferente il dolo o la colpa del soggetto.
Nel codice Zanardelli, napoleonico, sardo (distingue fra crimini, dell'azione di maggiore gravità contro lo Stato della persona punita con pena afflittiva; delitti, puniti con pene convenzionali; contravvenzioni, punite con pene di polizia), francese, romano (si distingue tra crimina e delicta), tedesco (distingue i reati in crimini puniti con la pena detentiva, e delitti con pena detentiva non inferiore a minimo un anno o con la pena pecuniaria) si distingue tra delitti contravvenzioni.
Oggi si rivela una tendenza al superamento della distinzione tra delitti e contravvenzioni ed è stata introdotta la distinzione fra illecito penale in cui la sanzione è applicata dal giudice penale, e illecito amministrativo in cui la sanzione è applicata dall'intervento giudiziario. ½ è la tendenza alla depenalizzazione dei delitti delle contravvenzioni che sono diventati illeciti amministrativi puniti con la pena pecuniaria, salvo né le ipotesi aggravanti in cui sono puniti con la pena detentiva, tranne quelli punibili a querela di parte.
Struttura del reato: concerne il complesso degli elementi dell'argomentazione della responsabilità, costituisce la struttura logica dell'argomentazione della responsabilità.
Fattispecie: del reato è il modello del fatto definita in termini di astrattezza e generalità, descritto, rappresentato nella norma, per il cui autore è prevista una pena.
Pena edittale: è quella prevista strettamente nella norma per il reato, con un limite inferiore e un limite superiore.
Soggetto attivo: del reato è quello che lo commette, da solo o con altri.
Reo: e il responsabile del reato, il soggetto cui è attribuita la responsabilità del reato; egli può non essere responsabile per mancanza di dolo, colpa, imputabilità. Nel nostro ordinamento, penalmente responsabile della persona fisica, nel sistema anglosassone esiste la ura del corporate crime cioè delitto commesso da una corporazione. Nel codice penale francese è stata introdotta la responsabilità penale delle persone giuridiche (responsabilità amministrativa) per i delitti commessi da soggetti e in modi inerenti alle attività delle imprese (truffa).
Soggetto passivo, persona offesa o vittima: è quello che subisce reato, il titolare dell'interesse leso dal reato, protetto mediante la prevenzione penale. La persona offesa al diritto di proporre querela (art. 120 c.p.) necessaria per la perseguibilità di determinati delitti non molto gravi al quale il reato ha recato dolo e i suoli eredi universali (art. 90 c.p.p., diritti e facoltà della persona offesa dal reato).
Danneggiato: è colui che subito il danno, costituito dal reato (parenti delle vittime).
Processo: strumento della mediazione fra le parti e il giudice.
Struttura del
reato: a) reato oggettivo, può essere dato: 1) dall'evento, (art. 40 c.p., accadimento costitutivo
del reato) che ha due aspetti, va inteso in senso naturalistico come
modificazione del mondo eterno (reato di evento, omicidio art. 575 c.p., il
giudice deve accettare il nesso di causalità); ma inteso in senso giuridico con
offesa del bene tutelato o interesse o interesse protetto con la previsione
normativa); 2) dalla condotta, che è sinonimo di comportamento più conveniente
in un'azione (movimento corporeo) o in una ommissione (è un'inerzia,
considerata in confronto un obbligo/dovere di agire), riguarda anche i reati di
mera condotta (furto art. 624 c.p., omissione di atti d'ufficio art. 328 c.p.); b) reato oggettivo
giuridico è il bene tutelato dalla prevenzione penale (libertà personale,
patrimonio); 1) offesa, riguarda tanto la lesione, quanto l'esposizione al
pericolo del bene protetto; 2) reato plurioffensivo, è la ura di reato in
cui sono tutelati e offesi (lesi o posti in pericolo) più beni giuridici (art. 628 c.p., rapina, offesa a
patrimonio più libertà), la rapina è un delitto in cui sono offesi patrimonio e
libertà personale (art. 317 c.p., la
concussione offende
Concezione naturalistica: distingue reati di 'evento' (art. 575 c.p., omicidio) e reati 'mera condotta' (art. 624 c.p., furto) omissioni di atti d'ufficio (art. 328 c.p.).
Reati omissivi (prevede un'omissione): 1) propri, sono reati d'omissione propri, quelli previsti nel codice dalla legge, sia se provocano, sia che non provocano un evento naturalistico; 2) impropri, non sono reati previsti nel codice, ma costruiti sulla base dell'art. 40 c.p., per cui c'è un evento naturalistico conseguenza dell'omissione; non sono scritti espressamente nella legge ma si ricavano dalla combinazione dell'art. 40 c.p. più una norma di parte speciale; si riferisce solo ad alcuni soggetti che hanno l'obbligo giuridico (genitori); 3) di pura omissione, avvengono quando un evento è cagionato da una omissione (omissione di soccorso, art. 593 c.p.); 4) reato commissivo, prevede un'azione (furto, art. 624 c.p.); 5) reato commissivo mediante omissione (omicidio colposo art. 589 c.p., madre che non nutre il bambino).
Concezione giuridica: non ci sono reati senza evento, il reato è la violazione dell'interesse protetto con la previsione normativa.
Danno: situazione consistente nella lesione di una situazione giuridica soggettiva che legittima la costituzione di parte civile (art. 76 c.p. costituzione di parte civile, l'azione civile nel processo penale è esercitata mediante parte civile), tale funzione è coerente con la funzione risarcitoria; il danno è oggettivo della funzione preventiva, proprio della pena; accezione civilistica, situazione che di per sé legittima la pretesa risarcitoria (art. 185 c.p. restituzione e risarcimento del danno), ogni reato obbliga a restituzioni, secondo la legge civile, ogni reato che cagiona un danno patrimoniale e non patrimoniale, obbliga al risarcimento, il colpevole e le persone che devono rispondere per il fatto da lui commesso.
Danno non patrimoniale (art. 2059 c.p.): il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge; il caso principale è proprio quello che il fatto che ha causato il danno, costituisca reato (art. 185 c.p.).
Pericolo: possibilità del verificarsi di un evento dannoso nella situazione oggettiva di giudizio; si distinguono in: 1) reati di danno e reati di pericolo, a seconda che ne sia essenziale e un evento dannoso; 2) reato di modalità di lesione (sono quei reati imperniati nella produzione di un evento, art. 575 c.p., omicidio) e reato di pericolo, a seconda che il bene sia leso o esposto a pericolo; 3) reato di modalità di lesione o a forma libera o causali puri o di eventi a forma vincolata (il reato è descritto nella norma, in essa è descritta la condotta (fattispecie), esempio epidemia (art. 438 c.p.), truffa (art. 640 c.p.).
Reati di pericolo concreto: sono reati la cui conurazione implica la dimostrazione dell'esposizione al pericolo, in concreto, del bene tutelato o dell'interesse protetto con una norma (art. 423 c.p. incendio). Il giudice verifica e valuta la condotta che espone al pericolo (incolumità pubblica); è un elemento costitutivo del reato, il condannato presenta tutti gli elementi descritti nella norma.
Reato di pericolo astratto: valutazione in astratto di un fatto pericoloso, non è menzionato in pericolo, è il legislatore stabilisce. Di questi reati è descritta la condotta, di cui si assume che la realizzazione costituisca un pericolo per il bene tutelato o interesse protetto, cioè la cui pericolosità è costituita dalla realizzazione della condotta descritta nella previsione normativa.
Reato di pericolo presunto: sono quei reati alla cui realizzazione si ritiene collegata una presunzione di pericolo; se la presunzione non è vincibile, assoluta la categoria così definita è sovrapponibile con quella di pericolo astratto; la categoria è autonoma se la presunzione è vincibile. Il metodo di costruzione: il pericolo non è un elemento costitutivo della fattispecie, oggetto dell'accertamento del giudice, che fondandosi nell'esperienza, seleziona le condotte che recano pericolo.
Rapporto di causalità: teoria "nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l'evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l'esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione o omissione (equivalenza dell'omissione alla causazione: non impedire un evento che si ha l'obbligo di impedire equivale a cagionarlo). Riguarda diverse teorie: 1) teoria moderna della responsabilità: si fonda nella nozione di "causalità", che è il rapporto logico-conoscitivo tra una coppia di avvenimenti, secondo cui il verificarsi dell'uno, costituisce una spiegazione del verificarsi dell'altro; 2) teoria della "condicio sine qua non" o teoria condizionalistica o controfattuale della cosa: questa teoria utilizza il metodo della eliminazione mentale di Hill, che affermava che, data la successione temporale fra due eventi , A e B, l'evento A può essere definito causa dell'evento B, quando possa dirsi che l'evento B non si sarebbe verificato in assenza del verificarsi dell'evento A, in quanto questo sia condizione senza la quale l'altro non si sarebbe verificato (metodo di condizionali controfattuali o di falsificazione di Popper); 3) teoria della causalità adeguata, integra la teoria della condicio sine qua non, ma oltre ad essere la condizione in più, deve essere adeguata, idonea risposta al verificarsi di un evento; 4) teoria dell'equivalenza, pone tutte le condizioni necessarie alla produzione dell'evento, tutte nello stesso piano; perché il soggetto sia chiamato a rispondere, occorre che la condotta non sia più rilevante, ma sia sufficiente, analizzare l'evento, così come si è realizzato concretamente; 5) teoria della causalità umana (Antolisei): secondo questa teoria, una condotta è causa di un evento in quanto ne sia una condizione senza la quale l'evento non si sarebbe verificato, e, l'evento non si sia comunque verificato per l'intervento di fattori eccezionali, estranei alla possibilità di controllo dell'autonomia (causa alternativa ipotetica); 6) teoria della causalità addizionale: il danno è dato dalla concomitanza di cause (A e B avvelenano C).
Critiche della teoria condizionalistica: "regresso all'infinito", la catena causale coinvolge anche soggetti anche non direttamente coinvolti nel reato, occorre dunque una delimitazione della catena causale; questa teoria non è sempre facile da applicare, richiede leggi scientifiche che gli permettano di individuare il nesso di causalità tra condotta e agente, che non sono però sempre universali, possono anche essere statistiche ma con un alto grado di credibilità razionale, capace cioè di stabilire che l'evento si verifichi in un numero elevato di casi; le valutazione di causalità ha anche dimensioni di carattere sociologico, legato al contesto sociale, culturale e giuridico.
Correttivi alla teoria condizionalistica: limitare la catena causale, il numero di casi elevato costituito dai reati d'evento deve essere sempre accertato dal giudice mediante leggi scientifiche.
Insufficienza dello schema causale nell'analisi della complicità: la categoria causale diventa insufficiente nell'analisi della complicità.
Bertalanffy: distingue tra complessità organizzata (si fonda nella nozione di "sistema" complesso di dinamiche, di relazioni funzionali stabili e su quello di "organizzazione", cioè la condizione di attività particolari per la realizzazione di un'attività di carattere criminale) e complessità non organizzata o termodinamica (riguarda l'analisi dei flussi, si occupa di fenomeni statistici come prodotto di eventi fortuiti; si occupa di eventi non direzionati, forze cieche, si fonda sulla causalità lineare o a senso unico, causa seguita da effetto, relazione tra due o più variabili).
Relazione funzionale: è il risultato di una osservazione di contesto.
Funzione: è la relazione di co-variazione fra due variabili; in un sistema, la funzione di qualsiasi elemento è considerata in relazione a quella di altri elementi con quella dell'intero sistema; la nozione di funzione presuppone la stabilità della relazione.
Luhman: oppone il metodo funzionalista all'analisi causalistica; l'analisi funzionale dei fattori causali non si occupa solo della relazione fra cause ed effetti, l'analisi si centra o sulla ricerca di possibili cause assumendo come principio di riferimento un determinato effetto, o nella ricerca di effetti, assumendo come principio di riferimento, una determinata causa. Gli elementi del procedimento causale, siano esiti causa o effetto, una volta utilizzati come criteri di riferimento funzionali, non sono intesi nella loro fattualità antologica ma sono assunti in quanto problemi.
Teoria analitica del reato: scompone il reato in elementi fondamentali descrivendo sia la condotta (elemento oggettivo), sia la volontà/ colpa (elemento soggettivo); la norma fornisce tutti gli elementi da valutare.
Teoria tripartita: il giudice verifica la corrispondenza di tre elementi: 1) tipicità, corrispondenza del fatto storico con la descrizione della norma (furto, verifica della sottrazione della cosa a chi la detiene); 2) antigiuridicità, contrarietà della condotta dell'ordinamento nel suo complesso; sia un elemento + che è dato dalla corrispondenza della condotta alla norma è un elemento - cioè l'assenza di cause di giustificazioni; 3) colpevolezza, attiene alla motivazione, volontà; il giudice indaga la capacità di intendere di volere (art. 85 c. p.) o la parziale capacità per i minorenni, se è fatto con dolo colpa (rimproverabilità).
Teoria bipartita: l'analisi del reato si compone di due momenti, la distinzione tra queste due teorie è convenzionale: 1) oggettivo, il fatto rilevante è il fatto tipico meno le cause di giustificazione; 2) soggettivo, colpevolezza e motivazioni.
Causalità dell'omissione (art. 40 c.p.): non impedire un evento che si ha l'obbligo di impedire, equivale a cagionarlo. L'evento è attribuibile alla condotta se si può dire che esso non si sarebbe verificato senza il verificarsi dell'omissione, tra l'omissione e l'evento vi è una relazione di tipicità in quanto la violazione della funzione doverosa determina l'evento dannoso che può essere considerato rischio tipico; e tale funzione, oggetto del dovere, serviva perciò ad evitarlo.
Responsabilità: è un concetto bifronte, vuol dire 'essere responsabili' cioè essere la causa materiale e morale ed essere fatto responsabile, portare il peso di qualcosa; presuppone la possibilità per il soggetto di agire diversamente, in caso contrario il rispettivo della norma non è esigibile. Il giudizio di responsabilità colpevole equivale all'attribuzione del fatto alla scelta dell'individuo; le responsabilità penale può avere diverse forme dal principio di responsabilità soggettiva: 1) dolo (forma tipica della responsabilità penale); 2) colpa (criterio di minore gravità concerne le ipotesi previste dalla legge di protezione di beni di maggiore rilevanza, la vita, l'incolumità personale); 3) preterintenzione e le forme di responsabilità oggettiva o senza rimproverabilità, cioè responsabilità senza colpevolezza, cioè senza dolo, non è colpa da cui dimostrazione prescinde dall'accertamento sia della volontà colpevole del soggetto sia della violazione delle cautele doverosa nello svolgimento di un'attività (esempio di responsabilità oggettiva, in sede civile è il 'rischio di impresa', il soggetto economicamente più forte la, l'imprenditore risponde con te, nel codice penale le forme di responsabilità oggettiva del direttore risponde della pubblicazione periodica, trasformate in ipotesi di responsabilità per l'omissione della funzione di controllo.
Colpevolezza o rimprovera abilità: è la riconducibilità del fatto alla coscienza, volontà del suo autore, a prescindere dalla quale la televisione penale non può svolgere una funzione preventiva; colpevolezza o meritevolezza della pena (art. 42 c.p.), nessuno può essere punito per un'azione o omissione, se non la commessa con coscienza in volontà (art. 45 c.p.), forza maggiore (art. 46 c.p.).
Presupposto soggettivo della colpevolezza e della responsabilità è l'imputabilità (art. 75 c.p.), la capacità di intendere di volere definita dal principio di responsabilità penale come la capacità del soggetto di subire il meccanismo psicologico dell'intimidazione penale e rieducazione tramite la pena (inutilità della pena nei suoi confronti).
Dolo: è la forma di vita della responsabilità per delitto; il delitto è doloso o secondo intenzione, quando l'evento dannoso o pericoloso, risultato dell'azione o omissione è dalla gente preveduto e voluto come conseguenza della procreazione ed omissione (art. 43 c.p., elemento psicologico del reato).
Art. 42 c.p.: nessuno può essere punito per un delitto, se non l'ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo.
Art. 575 c.p.: omicidio; la risposta di questa ura è dolosa, cioè l'attribuita a titolo di dolo.
Art. 582 c.p.: lesione personale.
Art. 635 c.p.: delitto di danneggiamento, non esiste danno colposo ma solo doloso.
Art. 640 c.p.: delitto di truffa.
Art. 624 c.p.: furto; non esiste il furto corposo ma solo doloso.
La responsabilità civile è indifferente dolorosa o colposa per il danno cagionato ingiustamente in relazione qualsiasi bene (art. 2043 c.p.).
La responsabilità penale dolosa riguarda anche la condotta pericolosa (attentato) o delitti colposi di comune pericolo per l'incolumità pubblica (art. 449 c.p.).
Tipi di dolo: 1) diretto (l'evento del delitto è lo scopo per cui il soggetto agisce, agisce per cagionare l'evento); 2) indiretto (l'evento e commessa la condotta della gente senza costituire lo scopo, la ragione d'agire); 3) d'impeto (il soggetto agisce con coscienza e volontà di produrre l'evento, in modo emotivo e non frutto di calcolo); 4) preterintenzione (art. 577 c.p.; è una circostanza aggravante dell'omicidio, presuppone il calcolo, la predisposizione di mezzi); 5) specifico (richiesto nella norma, art. 624, furto,; in cui il profitto definisce il dolo, ma non è essenziale della sussistenza del reato in modo formale); 6) generico (ha per oggetto genericamente il fatto come rappresentazione nella norma; art. 575 c.p., omicidio; lo stesso vale per i delitti di danneggiamento e truffa, art. 635 c.p., art. 640 c.p.); 7) eventuale (è quello del soggetto che senza volere direttamente l'evento come conseguenza della sua azione od omissione, dolo indiretto, agisce accettando il rischio del verificarsi di quello.
Colpa (art. 43 c.p.): il delitto è colposo o contro l'intenzione, quando l'evento non è voluto anche se previsto dall' agente e si verifica a causa di negligenza, imprudenza o imperizia o per inosservanza di leggi, regolamenti, discipline.
La colpa può essere: 1) colpa generica (per negligenza, imprudenza o imperizia); 2) specifica (qui la norma violata è fissata da una fonte, può essere data da inosservanza di leggi, incidenti stradali); 3 professionale (commessa dell'esercizio di una professione).
Il dolo è colposo in quanto il soggetto non voleva il verificarsi dell'evento, di cui pure abbia previsto la possibilità e abbia agito con violazione di regole di cautela, dettate dagli usi sociali.
La colpa è costituita oggettivamente da: 1) violazione di una norma cautelare (nello svolgimento dell'attività rispetto cui possa prevedersi, ad evitarsi l'evento dannoso); 2) superamento del livello di rischio socialmente accettato (consentito nello svolgimento di un'attività).
Criteri per l'accertamento della colpa: prevedibilità ed evitabilità, cioè possibilità di prevedere ed evitare il verificarsi dell'evento, considerando le conseguenze o le capacità medie dei soggetti.
La colpa non riguarda l'atteggiamento psicologico del soggetto agente, è un concetto normativo che riguarda la violazione di norme di cautela.
Il delitto colposo riguarda la tutela dei beni della vita e incolumità personale, risponde alla lesione e alle situazioni di comune pericolo per l'incolumità pubblica collettiva.
L'illecito civile è indifferentemente doloso o colposo circa il danno cagionato ingiustamente a qualsiasi tipo di bene.
La nozione di colpa è un concetto sociologico, il giudice considera colpa ciò che gli sembra più opportuno.
Il concetto di cautela doverosa è definito dalle condizioni culturali, professionali, tecniche della società nel momento in cui si giudica.
Colpa cosciente: è la colpa con previsione dell'evento (art. 61 c.p.) come circostanza aggravante generale nei delitti colposi; il soggetto agisce prevedendo la possibilità del verificarsi dell'evento, e tuttavia con la sicura convinzione che l'evento non si verificherà.
Colpa impropria: sono le situazioni di errore di fatto dovuto a colpa (art. 47 c.p.), di eccesso colposo (art. 55 c.p.), nelle quali il soggetto cagiona l'evento volontariamente ma per un processo politico viziato da un errore determinato da colpa.
Distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente secondo la forma di Prant: 1) dolo eventuale (non è contenuto nel codice), il reo persegue un fine concreto e agisce anche se ha previsto il risultato lesivo come necessariamente commesso dalla sua azione; il soggetto agisce per i suoi scopi costituendo una situazione di rischio, che viene valutata secondo la sua entità oggettiva; il soggetto accetta il rischio del verificarsi di un evento diverso da quello perseguito contro; 2) colpa cosciente (art. 61 c.p,), è una circostanza aggravante generale di delitti colposi; sia colpa cosciente e con previsione, quando nell'ipotesi il reo si sarebbe astenuto dal compiere l'azione.
Differenze tra i due: 1) la colpa cosciente è prevista nel codice come circostanza aggravante generale nei delitti colposi (art. 61 c.p.); la nozione di dolo eventuale non è contenuto ad alcun luogo del codice e avrebbe potuto essere prevista come circostanza attenuante del delitto doloso; 2) incompatibilità tra delitto doloso e secondo intenzione (art. 43 c.p.) e dolo eventuale, incompatibile anche con il delitto tentato (art. 56 c.p.) che richiede che il soggetto compia atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto; non sussistono invece differenze tra delitto consumato e delitto tentato, essi sono identici sotto il profilo psicologico, salvo che l'evento non si è verificato o l'azione non si è compiuta per ragioni indipendenti dalla volontà dell'autore; 3) la conurazione del dolo eventuale e della colpa cosciente come categorie confinanti appare contraddittoria dalla distanza tra la pena minima prevista per la forma dolosa (omicidio volontario, art. 575 c.p., reclusione non inferiore a 21 anni), e la pena massima prevista per la forma con posa dell'omicidio (art. 58 9 c.p.) ha unito a ora reclusione da sei mesi a cinque anni, e da 1 5 anni se il fatto commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, a cui bisogna aggiungere la circostanza aggravante della previsione dell'evento, con aumento della pena fino a 1/3 (colpa cosciente, art. 61 c.p.).
Preterintenzione (art. 43 c.p.): o oltre l'intenzione,
quando dall'azione o dall'omissione deriva un evento dannoso pericoloso più
grave di quello voluto dal soggetto (art.
584 c.p., omicidio preterintenzionale, responsabilità oggettiva), chiunque
commetta uno dei delitti previsti, quali, percosse (art. 581 c.p.) e lesioni personali (art. 582 c.p.), cagiona la morte di un uomo, è punito con la
reclusione da
Art. 42 c.p.: contiene la previsione legislativa dei casi di delitto preterintenzionale e colposo.
Art. 82 c.p.: aberratio ictus persona diversa, si cagiona offesa monolesiva a persona diversa da quella cui l'offesa era diretta e nella forma plurilesiva ad entrambe.
Art. 81 c.p.: reato continuato, concorso di reato o cumulo giuridico delle pene (il triplo della pena).
Art. 83 c.p.: aberration delicti evento diverso, si cagiona un evento di tipo diverso (monolesivo), da quello preso di mira, e nella forma plurilesiva, l'evento diverso più quello voluto.
Art. 635 c.p.: danneggiamento.
Art. 590 c.p.: lesioni colpose.
Art. 60 c.p.: errore sulla persona dell'offeso, non sono poste a carico dell'agente le circostanze aggravanti, che riguardano le condizioni o la qualità della persona offesa, o I rapporti tra offeso e colpevole, che sono invece valutate come circostanze attenuanti.
Art. 116 c.p.: reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, se il reato commesso è diverso da quello voluto, la pena è diminuita di 1/3 riguardo a chi volle il reato meno grave; qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde; se l'evento è conseguenza della sua azione o omissione.
Corte Costituzionale, sentenza n. 42/1965: di questa norma è stata sollevata la questione di legittimità in relazione ai principi in di personalità della responsabilità penale e della funzione educativa della pena; ha dichiarato non fondata la questione, il presupposto per la norma e stinger un rapporto di causalità psicologica, nel senso che il reato diverso e più grave commesso dal concorrente, debba potere rappresentare alla psiche dell'agente, come uno sviluppo logicamente prevedibile.
Nel progetto per un nuovo codice penale, è contenuta la proposta di modificare l'art. 116 c.p. in agevolazione colposa del delitto realizzato da altri, dove è stata proposta l'agevolazione della preterintenzione e dei delitti aggravati dall'evento, nelle quali l'imputazione dell'evento aggravante non sia conseguenza prevedibile della commissione del reato a base dolosa.
Le condizioni direttive di punibilità: 1) art. 44 c.p., condizione obiettiva di punibilità, quando per punibilità del reato la legge richiede il verificarsi di una condizione, il colpevole risponde del reato anche se l'evento, da cui dipende il verificarsi della condizione, non è da lui voluto; 2 ) art. 558 c.p., induzione al matrimonio mediante inganno, la punibilità del delitto è subordinata al verificarsi della condizione direttiva che il matrimonio venga successivamente annullato causa dell'impedimento occultato, che non sia quello derivante da un precedente matrimonio, nel qual caso il soggetto risponde del delitto di "bigamia" (art. 556 c.p.), l'annullamento del matrimonio costituisce la condizione obiettiva di punibilità di questo delitto; 3) art. 564 c.p., incesto, il pubblico scandalo è la condizione abitativa di punibilità.
Senza responsabilità: 1) caso fortuito (art. 45 c.p.), è un'ipotesi di mancanza di colpa relativa al verificarsi di un evento del tutto imprevedibile; 2) forza maggiore (art. 45 c.p.) è un'ipotesi di mancanza di coscienza e volontà del fatto, del comportamento, di mancanza di nesso psichico tra soggetto condotta (nessuno può essere punito però fatto prevista dalla legge come reato o se non l'abbia commesso con coscienza volontà, art. 42 c.p.); 3) costringe metafisico (art. 46 c.p. non è punibile che ha commesso il fatto per essersi stato da altri costretta, mediante violenza fisica, alla quale non poteva resistere/sottrarsi, in tal caso, del fatto commesso dalla persona costretta risponde l'autore della violenza), è un'ipotesi di forza maggiore, e di mancanza di coscienza volontà del fatto che dipende dalla costrizione, mediante violenza fisica, da parte di un'altra persona; il costringimento si ficcò è una situazione di coartazione assoluta, cui il soggetto non abbia perciò alcuna possibilità fisica di sottrarsi; la situazione di costringimento psichico costituisce invece uno stato di necessità.
Disciplina
dell'essere: A) errore vizio della "volontà", cioè l'errata o falsa
rappresentazione della realtà che incide sul processo formativo della volontà;
1) errore di fatto (art. 47 c.p.),
l'errore sul fatto che costituisce reato esclude la punibilità dell'agente;
l'errore sul fatto costitutivo del reato esclude la punibilità dell'agente per
dolo; se invece si tratta di errore determinato la colpa la punibilità non è
esclusa, quando il fatto è previsto dalla legge come delitto colposo; l'errore
sul fatto che costituisce reato non esclude la punibilità per un reato diverso
(art. 647 c.p., appropriazione di
cosa smarrita nel caso in cui ci si appropria di una cosa mobile altrui
ritenendola per errore smarrita; art. 48
c.p., errore determinato dall'altro mi inganno e in tal caso, del fatto
commesso dalla persona ingannata risponde chi l'ha determinata a commetterlo; art 49 c.p., non è punibile chi
commette un fatto non costituente reato, 'reato supposto erroneamente,
reato imponibile); 2) errore colpevole, o 'colpa impropria', cioè
quando il fatto è commesso volontariamente, ma per effetto di un errore
determinato da colpa, cioè rimproverarmi del titolo di negligenza, imprudenza e
imperizia; 3) errore di 'diritto', può riguardare la legge penale
alla legge diversa da quella penale (art.
5 c.p., disciplina l'ignoranza della legge penale, nessuno può invocare
appropria scusa l'ignoranza della legge penale),
Norma penale in bianco: è una norma penale che fa riferimento ad un'altra norma.
Cause di giustificazione o circostanze discriminanti: sono elementi negativi dell'antigiuridicità è l'area del fatto, cioè la quintessenza fa venir meno la rilevanza penale del fatto riconducibile ad una ura delittuosa; un fatto, corrispondente ad una ura delittuosa, secondo tutti i suoi elementi, commesso in presenza di una causa di giustificazione, non costituisce reato.
Art. 50 c.p.: consenso dell'avente diritto, non è punibile chi lede o pone in pericolo 11, col consenso della persona che può validamente disporre; occorre distinguere i diritti disponibili (patrimonio) e diritti in disponibili (vita e integrità fisica).
Art. 51 c.p.: esercizio di un diritto o adempimento di un dovere, imposto da una norma giuridica o da un ordine della Pubblica Autorità, esclude la punibilità del fatto commesso per un ordine illegittimo rispetto che ha dato l'ordine e chi l'ha eseguito; punibile che segue l'ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun rendiconto sulla legittimità dell'ordine.
Art 52 c.p.: legittima difesa, è lo stato di chi difende se od altri, legittimamente contro un aggressore; non è punibile chi ha commesso un fatto per essere stato costretto dalla necessità di difender un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa.
Art. 53 c.p.: uso legittimo delle armi, non è punibile il Pubblico Ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa usò coordina di far uso delle armi o di mezzi di colazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all'autorità, e impedirne delitti di strage ecc.; la stessa disposizione si applica a qualsiasi persona che, richiesta da Pubblico Ufficiale, presti assistenza.
Art 54 c.p.: stato di necessità, è quello di chi sacrifica il bene di una persona per difendere se ho altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, non è punibile che ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare se od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionata in pericolo; questa disposizione non si applica a chi ha un dovere giuridico di esporsi al pericolo (vigile del fuoco); la disposizione si applica anche se lo stato di necessità e determinato da altrui minaccia, ma in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l'ha costretta a commetterlo; non può essere invocato a propria scusa da chi ha posto in essere la situazione di pericolo; la condotta dallo stato di necessità pregiudica una persona nascente, che non ha posto in essere la situazione di pericolo.
Giudizio di proporzionalità: implica due tipi di azione: 1) fra i beni,, bene pregiudicato è difeso; 2) fra i mezzi: usati dal soggetto in relazione a quelli che aveva disposizione per respingere il pericolo.
Il soggetto della proporzionalità della difesa rispetto all'offesa, e del fatto rispondente al pericolo che da luogo a art. 55 c.p., eccesso colposo, che, s è dovuto a colpa, il soggetto risponde al titolo di colpa del delitto, quando questa punito dalla legge in forma colposa; se l'eccesso involuto, cioè doloso, il soggetto risponde in forma dolosa.
Colpa impropria: il fatto è commesso volontariamente, in presenza di una causa di giustificazione.
Nel codice civile: art. 2044 c.c., legittima difesa, esclude la responsabilità (non è responsabile chi ragiona il danno per legittima difesa di sé o di altri); art. 2045 c.c., stato di necessità, stabilisce il dovere di un'indennità a favore del danneggiato (quando chi ha compiuto il fatto dal nostro vi è stato costretto dalla necessità di salvare se ho altri dal pericolo attuale di un danno grave della persona e il pericolo non è stato da lui volontariamente causato ne era altrimenti evitabile al danneggiato, è dovuta una modalità stabilita dal giudice).
Art. 57 c.p.: responsabilità per reati commessi con mezzo della stampa: per i reati commessi con mezzo della stampa si osservano le disposizioni seguenti: 1) qualora si tratti di stampa periodica, chi riveste la qualità di direttore o redattore responsabile del reato commesso, salva la responsabilità dell'autore della pubblicazione; 2) qualora si tratti di stampa non periodica, del reato commesso risponde l'autore della pubblicazione e se questi è ignoto o non è imputabile a, l'editore o se questi è ignoto o non è imputabile, lo stampatore; salva la responsabilità della pubblicazione, il direttorio vicedirettore responsabile, che omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto, il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati è punto a titolo di colpa.
Art. 57 bis c.p.: reati commessi con mezzo della stampa non periodica, le disposizioni dell'articolo precedente si attirano l'editore, se l'autore della pubblicazione è ignoto o non imputabile o allo stampatore se l'editore non è indicato o non è imputabile.
Art. 58 c.p.: stampa clandestina,
le disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche se non sono state
osservate le leggi sulla pubblicazione della stampa; se sono ignoto o non
imputabile persona dei reati commessi rispondono tutti coloro che divulgano gli
stampati; la legge n.
Art. 58 bis c.p.: procedibilità per i reati commessi con mezzo della stampa, la querela, istanza richiesta, presentata contro il direttorio vicedirettore responsabile, e Vittorio stampatore, a effetto anche nei confronti dell'autore della pubblicazione per il reato commesso; non si può procedere per ideati sopra esposti, è necessaria un'autorizzazione di procedura per il reato commesso dall'autore della pubblicazione, fino a quando l'autorizzazione non è concessa.
Art. 59 c.p.: errore sulle cause di giustificazione dietro la circostanza non conosciuta o erroneamente supposte; 1) se la gente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione dalla pena, queste sono sempre valutata favore di lui; tuttavia se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è previsto come diritto colposo o colpa impropria; 2) l'errore di fatto, cioè sulla causa di giustificazione è rilevante, in quanto il soggetto ritiene di essere in presenza di una situazione che se si stesse sarebbe recidivante; 3) l'errore di diritto è irrilevante, cioè se il soggetto ritenga di poter agire così per un errata opinione di carattere giuridico; 4 6 soggetto per errore ritiene che esistano circostanze aggravanti o attenuanti, queste non sono valutate contro o a favore di lui.
CAP VI
IL REO
E
Imputabilità: riguarda la colpevolezza, è la capacità soggettiva di rendersi conto delle conseguenze dei propri comportamenti, di intendere e di volere e quindi di essere suscettibile del meccanismo intimi del tipo della prevenzione penale.
Art. 85 c.p.: capacità di intendere di volere, nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, dal momento in cui lo ha commesso, non era imputabile; è imputabile chi ha la capacità di intendere di volere; essa è l'attitudine a comprendere il significato sociale dei comportamenti e ad orientare le proprie scelte in relazione ad un sistema di valori, e a tradurre in comportamenti le valutazioni delle scelte effettuate; il soggetto non imputabile, non è responsabile, e quindi non è punibile; in quanto si è ritenuto socialmente pericoloso, gli dev'essere applicata una misura di sicurezza; nell'impostazione originaria del codice, erano molte le situazioni di pericolosità presunta stabilita dall'art. 204 c.p. poi abrogato con la sentenza n. 663, della Corte Costituzionale, che ha stabilito che tale valutazione deve essere sempre effettuata in concreto dal giudice per l'applicazione della misura di sicurezza.
Art. 86 c.p.: determinazione in altri dello stato l'incapacità, allo scopo di far commettere un reato: se taluno mette altri in uno stato di incapacità di intendere di volere, al fine di fargli commettere un reato, del reato commesso dalla persona incapace risponde che ha cagionato lo stato di incapacità.
Art 87 c.p.: stato preordinato di incapacità di intendere di volere, la disposizione dell'art. 85 c.p. non si applica a chi si è messa è stato di incapacità a fine di commettere il reato o di prepararsi una scusa; la colpevolezza va riferita al momento in cui il soggetto si apposta nello stato di incapacità, e nel reato doloso va limitata ai casi di convergenza fra evento programmato ed evento realizzato; 'actio libera in causa', è l'ipotesi di chi mette se stesso nella condizione di incapacità a fine di commettere il reato, ubriacandosi o eccitandosi con l'assunzione di sostanze stupefacenti, al fine di usarlo come scusa.
Art 87 e seguenti c.p.: contemo
le cause di esclusione diminuzione dell'imputabilità: 1) infermità mentale (art. 88 c.p., vizio totale di mente,
non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per
infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere di
volere; art. 222 c.p., prevedeva per
tali soggetti il ricovero in manicomio giudiziario, questa norma è stata
dichiarata incostituzionale, nella parte in cui non subordinava il ricovero in
ospedale psichiatrico al concreto accertamento da parte del giudice della
persistente pericolosità sociale del soggetto, legge n. 139/82, la
stessa norma è stata dichiarata incostituzionale nella parte in cui ammetteva
l'applicazione della misura di ricovero all'ospedale giudiziario ai soggetti
minorenni; art. 89 c.p., vizio
parziale di mente, chi nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per
infermità in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderlo, la
capacità di intendere di volere, rispondendo del reato commesso, ma la pena è
diminuita, art. 65 c.p., fino a 1/3,
e con la sostituzione dell'ergastolo, con la reclusione da
Codice napoleonico: distingueva secondo che l'accusato minore di anni sedici avesse agito: 1) senza discernimento, se non aveva compiuto 14 anni veniva rilasciato e condotto in casa di correzione; 2) con discernimento, le pene saranno diminuita e il minore verrà sottoposto alla sorveglianza della polizia per un tempo non minore di 5 anni hanno maggiore di 10.
Codice sardo: il minore che ha compiuto 21 anni avrà una pena ordinaria, il minore di 14 anni, che ha agito senza discernimento, non avrà pena; il minore di anni 14, che ha agito con discernimento avrà diminuzioni di pena.
Codice Zanardelli: prevede che non si possa procedere contro minore di nove anni che però sarà rinchiusa in un istituto di educazione-correzione non oltre la maggiore età o di obbligare genitori a vigilare nella sua condotta sotto pena di un'ammenda.
Recidiva (art. 99 c.p.): è la condizione di chi commette un reato essendo già stato condannato in precedenza per un altro reato; essa può essere: 1) specifica, quando il reato commesso è della stessa indole del precedente; 2) infraquinquennale, se il nuovo reato è stato commesso 25 anni del precedente; 3) reiterata, quando il reato commesso da colui cui era già applicata la recidiva.
In tutti e tre i casi, le pene aumentata fino a 1/3, qualora ricorrano più circostanza lo mentre fino alla metà.
Recidiva facoltativa (art. 100 c.p.): il giudice, salvo che si tratti di reati della stessa indole, alla facoltà di escludere la recidiva tra delitti contravvenzioni, tra delitti dolosi e preterintenzionali o colposi o fra contravvenzioni (abrogato).
Art. 101 c.p.: reati della stessa indole, sono considerati reati della stessa indole, non solo quelli che violano una stessa disposizione di legge, ma anche quelli che presentano nei casi concreti, caratteri fondamentali comuni.
Art. 102 c.p. e art. 109 c.p.: nozioni di abitualità professionalità nel reato e di tendenza a delinquere, comportano un aumento della pena per la recidiva, l'applicazione della misura di sicurezza, previo giudizio di pericolosità sociale dell'individuo.
Art. 120 e successivi: 1) diritto di querela, è una condizione di procedibilità che subordina lo svolgersi del procedimento penale e la punizione del colpevole, alla manifestazione di volontà della persona offesa da un fatto previsto dalla legge come reato; esso può essere ritirato (ne hanno diritto i minori di anni 14 e gli interdetti dall'infermità di mente, questo diritto è esercitato rispettivamente dal genitore e dal tutore); 2) denuncia, comunicazione della notizia di un reato, perseguibile d'ufficio, fatta al P.M. o ad un agente di polizia giudiziaria ora il mento per iscritto, dal privato o dal Pubblico Ufficiale che ne abbia l'obbligo; è obbligatoria solo riguardo ai delitti contro la persona dello Stato, e al sequestro di persona a scopo di esternazione; 3) referto (art. 365 c.p.), comunicazione obbligatoria l'autorità giudiziaria o ad alta autorità che, quell'abbia l'obbligo di riforma da parte di chi, nell'esercizio di una professione sanitaria, abbia prestato la propria esistenza in casi che possono presentare caratteri di un delitto perseguibile d'ufficio.
Art. 414 c.c.: persone che devono essere interdette: il maggiore dei età o minore emancipato che si trovano in condizione di abituar infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi.
Art. 415 c.c.: persone che possono essere inabilitate: in maggio è di età infermo di menta, coloro che fanno uso di alcol e stupefacenti abitualmente, il sordomuto, il cieco dalla nascita, se non hanno ricevuto un'educazione sufficiente.
Art. 121 c.p.: diritto di querela esercitato da un curatore speciale: nei casi in cui la persona offesa e non minore di 14 anni o infermo di mente e non vi è rappresentanza.
Art. 122 c.p.: querela di uno fra più offesi: il reato di commesso in danno di più persone punibili anche se la querela proposta da solo uno di essi.
Art. 123 c.p.: estensione della querela: tutti coloro che hanno come se reato.
Art. 124 c.p.: termine per proporre querela: non può essere esercitato il diritto di querela si sono trascorsi tre mesi del giorno del fatto che costituisce reato, non può essere esercitato su colui al quale spetta all'esercizio in rinuncia.
Art. 125 c.p.: querela del minore o inabilitato nel corso di ricerca del rappresentante.
Art. 126 c.p.: estinzione del diritto di querela: si estingue colla morte della persona offesa, se è già stata proposta la morta della persona offesa non estingue reato.
Art. 127 c.p.: richiesta di procedimento per delitti contro il Presidente della Repubblica: in questi casi la querela sostituita dalla richiesta del ministro della giustizia.
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