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Il
silenzio nel diritto amministrativo
Il comportamento dell'ordinamento di fronte al 'silenzio' ed 'all'inerzia' della p.a. non è uniforme.
In alcuni casi, il legislatore ha qualificato i comportamenti omissivi della p.a.: ha attribuito loro un significato
tipico, ed ha predisposto opportuni rimedi (es. potere sostitutivo, sanzioni . ).
In altri casi, al contrario, il legislatore ha omesso ogni forma di qualificazione lasciando aperto il problema del
valore giuridico dell'inerzia della p.a., e, conseguentemente, della tutela del privtao avverso tale
comportamento.
Ne deriva che si può distinguere:
A. SILENZIO QUALIFICATO = Silenzio
significativo = Silenzio tipico.
Silenzio con valore legale tipico di un atto amministrativo
Tale locuzione indica le ipotesi nelle quali il silenzio è considerato dall'ordinamento (fictio iuris)
come un atto amministrativo esplicito.
a. silenzio-assenso = silenzio provvedimentale: il legislatore attribuisce al silenzio il
valore di provvedimento di accoglimento di un'istanza (generalmente diretta ad
ottenere un'autorizzazione). Ed infatti, l'art. 20 l.n. 241/90 (che ha realizzato
l'ampliamento dell'ambito di applicazione dell'istituto - cfr. lezione 7, allegato 'Istituti di
semplificazione del procedimento amministrativo' -) dispone espressamente che
'l'atto di assenso' formato possa essere annullato.
b. silenzio-rigetto = silenzio provvedimentale: il legislatore attribuisce al silenzio il valore
di provvedimento di diniego di accoglimento di un'istanza (es. art. 25, comma 4, l.n.
241/90, in tema di accesso ai documenti amministrativi) o di un ricorso (es. art. 6,
d.p.r. n. 1199/71, in tema di ricorso gerarchico).
c. silenzio-approvazione = particolare ipotesi di silenzio assenso, che GUARINO
distingue, poiché attiene ai rapporti interorganici. Invero, in caso di controllo
amministrativo, la legge dispone che il controllo si considera esercitato con esito
positivo, se, entro il termine tassativo di esercizio del relativo potere, l'autorità
controllante non adotta il diniego di
approvazione (es. art. 29 l.n. 70/75).
Silenzio a carattere procedimentale
Tale locuzione si riferisce ai casi in cui il comportamento inerte delle amministrazioni è tenuto
nel corso del procedimento amministrativo. Cioè a dire ha ad oggetto attività 'interne' suscettibili
di ripercuotersi negativamente sull'esito del procedimento e, conseguentemente, sul destinatario
del provvedimento finale e sulla economicità, sull'efficacia e sull'efficienza dell'azione
amministrativa.
Al fine di evitare tali conseguenze, il legislatore ha generalizzato, con la legge sul procedimento
amministrativo, l'operare di 'meccanismi di aggiramento-prevenzione':
a. silenzio facoltativo = quando, nel corso del procedimento amministrativo, l'esercizio
di determinate competenze da parte di alcune autorità è 'meramente facoltativo',
l'autorità procedente, decorso inutilmente il termine per il loro esercizio, ha la facoltà di
procedere al compimento delle attività successive, senza pregiudizio per gli effetti
finali del procedimento (cfr., per tutti, art. 16 l.n. 241/90).
b. silenzio devolutivo = quando, nel corso del procedimento amministrativo, l'esercizio
di determinate competenze da parte di alcune autorità è 'indispensabile', ma queste
non vi provvedano nei termini prefissati, l'amministrazione procedente può 'attribuire'
l'esercizio di quelle competenze ad altre autorità che abbiano competenze
equipollenti, rivolgendosi loro per ottenere ciò di cui ha bisogno (cfr., per tutti, art. 17
l.n. 241/90).
c. silenzio illecito = in tutti i casi in cui all'esercizio di un potere è apposto un termine
nell'interesse del destinatario del provvedimento, l'inutile decorso del termine causa
una lesione di un diritto soggettivo legittimando il destinatario alla richiesta di
risarcimento danni.
Silenzio-rinuncia = silenzio-estinzione: l'amministrazione che non esercita un determinato potere
entro un certo termine causa l'estinzione del
potere medesimo (cfr., art.7 l.n. 865/71).
B. SILENZIO NON QUALIFICATO = Silenzio non significativo = silenzio non tipico.
In questa categoria si collocano le ipotesi di c.d. silenzio-inadempimento (ovvero, silenzio-rifiuto). Cioè a
dire i casi d'inerzia della p.a. (anche nell'esercizio dell'attività di diritto privato) di fronte ad una richiesta di
provvedere formulata da un privato, che non sono qualificati dalla norma giuridica.
Per effetto dell'art. 2 l.n. 241/90 sull'amministrazione che inizia od è sollecitata ad iniziare un procedimento
amministrativo incombe, sempre, l'obbligo giuridico di concludere il procedimento con l'esternazione del
provvedimento nel termine prefissato.
Ne deriva, come ha sottolineato la giurisprudenza, che il comportamento omissivo dell'autorità procedente
può avere sempre valore giuridico di silenzio-rifiuto, con esclusione dei soli casi in cui l'iniziativa
procedimentale sia manifestamente infondata o
generica.
Il silenzio-inadempimento, tuttavia, nonostante il diverso parere espresso da una parte della dottrina dopo
l'entrata in vigore della legge sul procedimento amministrativo, non opera automaticamente.
La maggior parte della dottrina e della giurisprudenza ritengono ancora necessaria l'attivazione del
procedimento di formazione, che, per costante insegnamento del Consiglio di Stato (cfr., per tutte,
sentenza n. 10/78), è modellato analogicamente sul procedimento disciplinato dall'art. 25 t.u. imp.civ. (cfr.,
nello stesso senso, circolare del Ministro
della funzione pubblica n. 60397-7/463 dell'8-l-l991).
Cioè a dire:
1. inerzia di almeno 60gg dell'amministrazione rispetto all'istanza del privato;
2. notifica a mezzo di ufficiale giudiziario di una formale diffida ad adempiere;
3. inerzia dell'amministrazione di almeno 30gg. dopo la notifica.
Per questa via, forma(lizza)tosi il silenzio-inadempimento, il privato può ottenere la tutela giurisdizionale
dal giudice amministrativo, che, però, in principio si limitava ad accertare l'esistenza o no dell'obbligo, ed a
rinviare, in caso affermativo, alla stessa amministrazione affinché provvedesse.
Dalla sentenza del 1978, tuttavia, si è andato consolidando l'orientamento, oggi dominante, per il quale il
giudice amministrativo può andare oltre il mero accertamento dell'illegittimità del comportamento: in caso di
attività vincolata od a discrezionalità non elevata, l'autorità giudiziaria può valutare anche la fondatezza della
domanda del privato.
Tale soluzione interpretativa non sembra necessitare di revisione neppure dopo la riforma processuale
realizzata dall'art. 2 l.n. 205/00, che ha introdotto l'art. 21bis nella legge TAR, che detta norme di disciplina
dei ricorsi avverso il silenzio dell'amministrazione.
Ed infatti, l'art. 21bis, nel dettare la disciplina camerale per il nuovo rito accelerato, si limita a disporre
genericamente che, accertata l'illegittimità del comportamento dell'amministrazione, il giudice ordina di
provvedere. Qualora l'autorità amministrativa perseveri nel proprio comportamento omissivo, nomina un
commissario ad acta, che provvede in sostituzione dell'autorità procedente.
Ciò che non contrasta con l'interpretazione giurisprudenziale, che, nei casi di ricorso avverso il silenzio
dell'amministrazione, limita il sindacato sulla pretesa sostanziale del privato alle ipotesi di comportamento
omissivo in attività vincolata od a non elevato tasso di discrezionalità.
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