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LA CORTE COSTITUZIONALE - COMPOSIZIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE, FUNZIONAMENTO, IL GIUDIZIO SULLE LEGGI, GIUDIZIO IN VIA INCIDENTALE, GIUDIZIO IN VI

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LA CORTE COSTITUZIONALE


Organismo costituzionale deputato a vigilare sul rispetto della Costituzione da parte di tutti gli organi dello Stato, con riferimento a diritti e doveri previsti e all'attribuzione di competenze e poteri conferiti.


Le leggi ordinarie non possono disporre in contrasto con quanto prevede la Costituzione, se questo invece accade è indispensabile la presenza di un organo che intervenga per eliminare tale contrasto.


Le funzioni esercitate dalla Corte Costituzionale consento che la rigidità della Costituzione sia effettiva e non rimanga un concetto astratto e privo di qualsiasi conseguenza.




Art. 134 Cost. - La Corte Costituzionale giudica: sulle controversi relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni; sui conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato  e le Regioni, e tra le Regioni; sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione


Inoltre la L. cost. 1/1953 afferma che spetta alla Corte Costituzionale il compito di giudicare se le richieste di referendum di cui all'art. 75 Cost. sono ammissibili.


Art. 137 Cost. - Una legge costituzionale stabilisce le condizioni, le forme, i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale, e le garanzie d'indipendenza dei giudici della Corte. Con legge ordinaria sono state stabilite le norme necessarie per la costituzione e il funzionamento della Corte. Contro le decisioni della Corte non è ammessa alcune impugnazione


COMPOSIZIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE

Art. 135 Cost. - la Corte Costituzionale è composta da 15 giudici nominati per 1/3 dal Presidente della Repubblica, per 1/3 dal parlamento in seduta comune e per 1/3 dalle supreme magistrature ordinaria e amministrativa. I giudici della Corte Costituzionale sono scelti tra i magistrati anche a riposo delle giurisdizione superiori ordinaria e amministrativa, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo 20 anni di esercizio. I giudici della Corte Costituzionale sono nominati per nove anni, decorrenti per ciascuno di essi dal giorno del giuramento, e non possono essere nuovamente nominati. Alla scadenza del termine, il giudice costituzionale cessa dalla carica e dall'esercizio delle sue funzioni. La Corte elegge fra i suoi componenti, secondo le norme stabilite dalla legge, il presidente, che rimane in carica un triennio, ed è rieleggibile, fermi in ogni caso i termini di scadenza dell'ufficio di giudice. L'ufficio di giudice della Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento o d'un Consiglio regionale, con l'esercizio della professione di avvocato e con ogni altra carica ed ufficio indicati dalla legge. Nei giudizi di accusa contro il Presidente della Repubblica intervengono, oltre ai giudici ordinari della Corte, 16 membri tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l'eleggibilità a senatore, che il Parlamento compila ogni nove anni mediante elezione con le stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari


La possibilità di una composizione mista è volta a bilanciare le esigenze di carattere tecnico-giuridico e di carattere istituzionale-politico.


L'elezione del Presidente avviene a maggioranza assoluta e a scrutinio segreto. Laddove non si raggiunga la maggioranza si procede ad un ballottaggio tra i due membri che hanno ottenuto più voti; in caso di parità viene eletto quello più anziano di carica, e, in mancanza il più anziano d'età.

Le funzioni svolte dal presidente della Corte sono:

Potere di rappresentare la Corte

Potere di esternazione

Potere di convocazione

Potere di presiederne le sedute

Potere di designare i giudici relatori

Potere di fissare le udienze di trattazione dell causa

Potere di convocare la camera di consigilo


Il voto del presidente vale doppio. Egli inoltre percepisce un'indennità di retribuzione maggiorata di 1/5 rispetto a quella percepita dagli altri giudici.





Nel caso di messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica per alto tradimento o attentato alla Costituzione la Costituzione prevede l'obbligo della Corte integrata, a cui vengono cioè aggiunti 16 membri estratti a sorte da liste predisposte dal Parlamento. 


FUNZIONAMENTO


La Corte Costituzionale è un organo collegiale che può, funzionare regolarmente anche in composizione ridotta, circostanza che si verifica piuttosto frequentemente, e specialmente nei casi in cui il Parlamento in seduta comune ritarda nel provvedere alla nomina dei giudici costituzionale. La L. 87/1953 stabilisce che per il funzionamento della Corte sono sufficienti 11 giudici. La stessa norma prevede poi che i membri della corte hanno l'obbligo di intervenire alle udienze e che le decisioni sono deliberate in Camera di consiglio dai soli giudici presenti a tutte le udienze in cui si è svolto il giudizio.


Le cause che giungono alla Corte vengono prima assegnate a un giudice relatore - che sarà normalmente anche il redattore della decisione - poi discusse in pubblica udienza e, infine, decise in camera di consiglio. La fase della pubblica udienza in alcuni casi non si svolge, lasciando spazio alla sola trattazione in Camera di consiglio. Ciò avviene quando, nei giudizi sulle leggi, nessuna parte si costituisce o quando la questione sia manifestamente infondata o inammissibile.


I giudici che non condividano l'opinione della maggioranza, le decisioni sono assunte infatti a maggioranza semplice, non hanno la possibilità di esprimere formalmente un dissenso. L'unico caso in cui è possibile rilevare la mancanza di unanimità all'interno del collegio si ha quando il giudice relatore resti in minoranza e rifiuti di scrivere la motivazione della sentenza.


È inoltre importante sottolineare la gratuità del processo costituzionale, fatti salvi gli onorari degli avvocati, nessuna imposta o tassa è prevista per i procedimenti davanti all'organo di giustizia costituzionale a carico di chi vi ricorra o di chi intervenga nei giudizi.


IL GIUDIZIO SULLE LEGGI


ASPETTI COMUNI

OGGETTO. Leggi o atti aventi forza di legge sottoposte allo scrutinio della Corte. Sono possibile oggetto del sindacato di legittimità costituzionale anche le leggi di revisione costituzionale nonché le varie leggi rinforzate.

PARAMETRO. È la norma di rango costituzionale in base alla quale viene effettuato il controllo di legittimità. Non sempre il parametro è costituito però da norme di rango costituzionale; vi sono infatti casi in cui il raffronto deve essere fatto con una norma di rango primario, definita norma interposta, che, prevista dalla Costituzione, impone alcune scelte del legislatore ordinario.


VIZI DI INCOSTITUZIONALITA'

VIZI FORMALI (O PROCEDIMENTALI). Sono quelli che attengono alla modalità di formazione delle leggi e si verificano qualora il legislatore n on rispetti i procedimenti previsti dalla Costituzione.

 VIZI MATERIALI (O SOSTANZIALI).riguardano il contenuto della norma. Le leggi si rivelano viziate da un punto di vista materiale in tutti quei casi in cui sono in contrasto con il contenuto delle Costituzione.


Particolarmente delicato è il caso in cui l'incostituzionalità della legge non è causata da un espresso contrasto con il contenuto di norme costituzionali, ma dalla irragionevolezza della legge stessa. Dall'art. 3 Cost. la Corte Costituzionale ha ricavato un generale principio di ragionevolezza e di coerenza cui deve conformarsi l'intero ordinamento. Tale principio prevede che trattamenti differenziati devono trovare un'adeguata giustificazione e non devo essere pertanto arbitrarie scelte del legislatore.


Talvolta le scelte della Corte Costituzionale si conurano come vere e proprie scelte di valore, volte ad attuare un bilanciamento tra interessi e diritti costituzionalmente garantiti.




GIUDIZIO IN VIA INCIDENTALE


LEGITTIMAZIONE A SOLLEVARE QUESTIONE DI LEGITTIMITA'


L'art. 1 della L. Cost. 1/1948 dispone la via di accesso incidentale del giudizio di costituzionalità, stabilendo che "La questione di legittimità costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge della Repubblica, rilevata di ufficio o sollevata da una delle parti e non ritenuta dal giudice manifestamente infondata, è rimessa alla Corte Costituzionale per la sua decisione.


Si parla di giudizio in via incidentale perché esso nasce come un incidente processuale (questione processuale o pregiudiziale) all'interno di un altro processo (giudizio a quo o giudizio principale). È esclusivamente il giudice a quo a poter sollecitare l'intervento della Corte costituzionale affinchè essa possa decidere sulla legittimità della norma.


Requisiti al fine che la Corte possa dichiarare ammissibili le questioni di legittimità:

Esistenza di un giudizio (requisito oggettivo). Per il requisito oggettivo la Corte ha ritenuto necessaria l'applicazione oggettiva del diritto in un caso concreto.

Il giudizio sia dinnanzi a un'autorità giurisdizionale (requisito soggettivo, si intendo i magistrati ordinari, i giudici speciali e la stessa Corte Costituzionale). Il requisito soggettivo è fondato sul principio che l'autorità remittente deve avere i caratteri dell'indipendenza, della terzietà e della neutralità.


Nella sentenza 83/1966 la Corte ha affermato che è sufficiente che la questione venga sollevata da un giudice o nel corso di un giudiziose, e che non siano indispensabili contemporaneamente entrambi i requisiti.


Qualora la questione di costituzionalità venga sottoposta alla Corte da un organo illegittimo la corte la dichiarerà INNAMMISSIBILE. Resta comunque sempre il giudice, e non le parti, a dover sollevare questione di legittimità, anche se tale azione avvenga su richiesta di queste ultime. La possibilità di sollevare questione di legittimità riconosciuta alla parti e al PM è soltanto indiretta, tale istanza è sempre diretta al giudice a quo.


REQUISITI DELL'ORDINANZA DI RIMESSIONE

Il giudice a quo deve rivolgersi alla Corte attraverso un procedimento chiamato ORDINANZA DI RIMESSIONE, dovrà sospendere il processo che si svolge dinanzi a lui e dovrà contestualmente trasmettere gli atti alla Corte.


A norma dell'art. 23 L. 87/1953, a pena di inammissibilità, l'ordinanza deve:

Indicare il thema decidendum, esso deve contenere norma oggetto e  norma parametro, oltre che il petitum (dubbio) sulla questione di incostituzionalità; nessun potere hanno le parti che intervengono nel processo di modificare tale requisito così come prospettato dal giudice a quo.


Essere adeguatamente motivata in ordine alla rilevanza e alla non manifesta infondatezza; il giudice ha il compito di descrivere la fattispecie sottoposta al suo giudizio e motivare in maniera chiara e completa le ragioni che lo inducono a ritenere la questione rilevante nel processo. L'ordinanza di remissione deve essere quindi autosufficiente. La rilevanza è il nesso pregiudiziale che fa dipendere il processo a quo dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale. Sono ritenute inammissibili tutte le questioni concernenti leggi che il giudice non deve applicare nel processo in corso.


La rilevanza deve essere attuale, le norme della cui costituzionalità si dubita devono essere applicate proprio in quel momento del giudizio (non saranno ammesse dalla Corte Costituzionale questioni tardive o premature).


Vi è poi l'eventualità che eventi sopravvenuti possano modificare il quadro delineato dall'ordinanza di remissione; in tal caso, se i fatti riguardano il processo a quo, essi non hanno incidenza sulla questione di legittimità costituzionale, mentre se riguardano le norme oggetto della questione la Corte è solita restituire gli atti al giudice affinchè verifichi se la modifica (jus superveniens) abbia inciso o meno sulla rilevanza della questione stessa.


L'ordinanza deve poi contenere una motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza della questione.


Dare conto di alcune operazioni interpretazioni sulla norma in oggetto, ed in particolare alla così detta interpretazione conforme a Costituzione. Il giudice deve cioè dimostrare di aver tentato un'interpretazione adeguatrice della norma a Costituzione, senza ottenere un risultato positivamente apprezzabile.


Sentenza 356 del 1996 - INTERPRETAZIONE CONFORME A COSTITUZIONE. Il giudice remittente solleva questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 109/1992 concernente etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari.


La Corte costituzionale dichiara l'inammissibilità del ricorso in quanto le leggi non si dichiarano in costituzionalmente illegittime perché è possibile darne interpretazioni incostituzionali, ma perché è impossibile darne interpretazioni conformi a Costituzione


Questo principio trova un'eccezione nei casi in cui il giudice faccia propria un'interpretazione che costituisce diritto vivente. Nel caso in cui una interpretazione si sia consolidata in giurisprudenza, il giudice non è tenuto a ricercare un'interpretazione conforme a Costituzione e la Corte Costituzionale non potrà esimersi dal valutare la conformità della norma nell'interpretazione che di essa dà il diritto vivente.


La Corte non procede allo scrutinio nel merito di questioni basate su erronei presupposti interpretativi. Le questioni di questo genere sono dichiarate manifestamente infondate.


SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO DAVANTI ALLA CORTE

L'ordinanza trasmessa alla Corte Costituzionale deve essere rimessa alle parti del processo, nonché al Presidente del Consiglio dei Ministri (se ad essere impugnata è una legge statale) o al Presidente della Giunta Regionale (se ad essere impugnata è una norma regionale).


Giunta l'ordinanza alla corte il giudice ne dispone la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. L'art. 25 L. 87/1953 stabilisce che entro 20 giorni dalla notificazione (in realtà si sottende pubblicazione), le parti del processo a quo, eleggendo domicilio in Roma e affidando la difesa ad avvocati abilitati a difendere presso le giurisdizioni superiori, possano costituirsi nel giudizio che si svolge dinanzi alla Corte, depositando le loro deduzioni: si tratta di una partecipazione eventuale e non necessaria; il termine previsto è perentorio. Le parti costituite possono poi depositare memorie fino a 12 giorni prima dell'udienza o della Camera di consiglio.


La costituzione delle parti del processo a quo impone lo svolgimento dell'udienza pubblica.


Entro 20 giorni dalla Pubblicazione il Presidente nomina il giudice relatore. La Corte può disporre con ordinanza eventuali mezzi di prova.


La decisione viene successivamente presa in Camera di consiglio a maggioranza. Fatti salvi i casi di forte dissenso, la redazione della decisione è curata dallo stesso giudice relatore. Essa può assumere la forma di sentenza (si definisce un giudizio, affrontando quasi tutte le questioni di merito e talvolta anche quelle processuali) o di ordinanza (si adottano provvedimenti interlocutori con i quali si definisce l'inammissibilità o infondatezza della questione - sono decisioni più semplici).


Il giudizio trova la sua conclusione con il deposito della pronuncia presso la Cancelleria della Corte, cui segue la pubblicazione in GU.


PROVVEDIMENTI DELLA CORTE COSTITUZIONALE


In primis è necessario precisare che nel caso in cui la Corte può ritenere l'ordinanza del giudice a quo

INAMMISSIBILE

Sono pronunciate in tutti i casi in cui manchino i requisiti essenziali per sollevare la questione (requisito oggettivo e soggettivo). Comporta che il processo costituzionale si interrompa. Gli effetti successivi sono che il giudice, in pregiudicato al merito, può ripresentare la questione.


Qualora la Corte invece accerti che l'ordinanza sia stata correttamente redatta la decisione entra nel merito ed affronterà i dubbi di costituzionalità della norma impugnata, dichiarando la fondatezza o meno della questione stessa. Pertanto la questione può essere dichiarata infondata in seguito all'esame della Corte.




INFONDATEZZA DELLA QUESTIONE

Si conura nel sostenimento da parte della Corte costituzionale dell'infondatezza della questione, il dubbio di legittimità sollevato dal giudice a quo non si ritiene rilevante in quanto la Corte ritiene la norma conforme a Costituzione. Se il giudice solleva dubbi di costituzionalità modificando la motivazione dell'ordinanza di remissione la Corte sarà costretta a esaminarla, cosa che non accadrebbe se il giudice a quo tentasse di ripresentare la stessa ordinanza. Si dice pertanto che tale decisione ha effetto inter partes, in quanto vincola solo i giudici coinvolti. Un giudice diverso può sollevare medesima questione.


È possibile poi distinguere la tipologia dei provvedimenti di merito in:


DECISIONI INTERPRETATIVE


ACCOGLIMENTO

Art. 136 Cost. - Quando la Corte dichiara l'illegittimità costituzionale di  una norma di legge o di un atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. La decisione della Corte è pubblicata e comunicata alle Camere ed ai Consigli regionali interessati, affinchè, ove lo ritengano necessario, provvedano nelle forme costituzionali


A differenza delle altre sentenze, quelle di accoglimento, in seguito pubblicazione in GU, hanno effetto erga omnes. Le norme dichiarate incostituzionali, infatti, non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. Gli effetti della decisione di incostituzionalità si dispiegano in relazione a tutti i processi pendenti e i rapporti giuridici sorti prima della dichiarazione di incostituzionalità (efficacia retroattiva della sentenza di accoglimento). Tale efficacia incontra dei limiti, relativamente ai rapporti giuridici esauriti, vale a dire quelle situazioni giuridiche che sono esaurite e non possono più essere modificate (sentenze passate in giudicato). In caso di dichiarazione di norme sulla cui base sono state pronunciate sentenze irrevocabili di condanna, l'art. 30 L. 87/1953 prevede che cessi l'esecuzione della sentenza e tutti gli effetti penali da essa derivanti (retroattività in melius).


La Corte quando ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di una norma può anche dichiarare quali sono le altre disposizioni legislative la cui illegittimità costituzionale deriva come conseguenza della decisione adottata. L'illegittimità consequenziale dichiara quindi l'incostituzionalità (superando il limite del petitum et decisum) di norme che, anche se non impugnate dal giudice a quo, se autonomamente sottoposte allo scrutinio di costituzionalità, non poterebbero che subire la stessa sorte della norma impugnata.


Nella categoria delle sentenze di accoglimento rientrano le SENTENZE MANIPOLATIVE, che possono essere:

DI ACCOGLIMENTO PARZIALE (dette anche in dottrina RIDUTTIVE o ABLATIVE). La Corte dichiara l'illegittimità costituzionale della norma solo in alcune sue parti.


Sentenza 266 del 2006 - ESEMPIO DI SENTENZA DI ACCOGLIMENTO PARZIALE. Viene sollevata questione di legittimità costituzionale in relazione all'art. 235 c.c., il quale prevede che il padre ritenuto legittimo può disconoscere il lio tramite apporto di prove biologiche solo in seguito alla dimostrazione dell'adulterio della moglie nel periodo del concepimento.


È oramai diritto vivente quello per il quale l'indagine sul verificarsi dell'adulterio ha carattere preliminare rispetto a quella sulla sussistenza o meno del rapporto procreativo, con la conseguenza che la prova genetica o ematologica, anche se esperita contemporaneamente alla prova dell'adulterio, può essere esaminata solo subordinariamente al raggiungimento di quest'ultima; con ulteriore conseguenza che, in difetto di prova dell'adulterio, anche in presenza della dimostrazione che il lio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguineo incompatibili con quelle del presunto padre, l'azione di disconoscimento della paternità deve essere respinta.


Il subordinare l'accesso alle prove tecniche che, da sole, consentono di affermare se il lio è nato o meno da colui che è considerato il padre legittimo, alla previa prova dell'adulterio è, da una parte irragionevole, attesa l'irrilevanza di quest'ultima al fine dell'accoglimento, nel merito, della domanda proposta; e, dall'altra, si risolve in un sostanziale impedimento all'esercizio del diritto di azione garantito dall'art. 24 Cost. E' perciò  che la corte dichiara l'illegittimità costituzionale della norma impugnata nella parte in cui, ai fini dell'azione di disconoscimento della paternità, subordina l'esame delle prove tecniche, da cui risulta che il lio presenta caratteristiche genetiche e sanguine incompatibili con quelle del presunto padre, alla dimostrazione dell'adulterio della moglie


ADDITIVE. La corte dichiara la norma incostituzionale nella parte in cui non prevede un determinato disposto. Esse possono essere anche di principio quanto la corte indica l'incostituzionalità inerente la mancanza di un principio, che indica, e che dovrà poi essere sviluppato dal legislatore.


Sentenza 233 del 2005 - ESEMPIO DI SENTENZA ADDITIVA. Art 42 comma 5 D.Lgs. 151/2001. Detta norma consente ai fratelli e sorelle di soggetti portatori di handicap invalidante di ottenere congedo lavorativo anticipato solo in seguito a scomparsa dei genitori.


La norma censurata non prende in considerazione il caso in cui uno dei genitori pur essendo in vita, si trovi tuttavia nell'oggettiva impossibilità di prestare assistenza al lio, in quanto a sua volta totalmente inabile.


È incostituzionale tale articolo nella parte in cui irragionevolmente limita il congedo in capo a fratelli e sorelle del soggetto inabile al caso di scomparsa dei genitori, non estendendo la tutela al caso di genitori impossibilitati a provvedere al lio con handicap, trattandosi di una situazione che esige la stessa protezione di quella esplicitata dalla norma


SOSTITUTIVE. La Corte dichiara l'incostituzionalità della norma nella parte in cui prevede un determinato disposto al posto di un altro (esercitando così una funzione paralegislativa). Tale funzione è esercitata nel riconoscimento della necessità di "decisioni a rime obbligate" con tale termine intendendo che la decisione non è una scelta discrezionale della Corte, al contrario essa è diretta e necessaria interpretazione della Costituzione.


Sentenza 149 del 1995 - ESEMPIO DI SENTENZA SOSTITUTIVA. Viene sollevata questione di legittimità costituzionale in merito all'art. 251 c.c. nella parte in cui prevede il giuramento di fronte a Dio per ciò che viene affermato, come causa di disparità per i non credenti.


L'irragionevole disparità di trattamento in relazione alla garanzia della libertà di coscienza religiosa consente di oltrepassare i limiti del giuramento del testimone e di affrontare il problema del giuramento in generale. La soluzione prescelta dal legislatore nel processo penale (TERTIUM ATIONIS) rappresenta un'attuazione fra quelle possibili del "principio supremo della laicità dello Stato" che è uno dei profili della forma di stato delineato dalla carta costituzionale della Repubblica: un "principio che implica non indifferenza dello stato davanti alle regioni, ma garanzia dello stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di PLURALISMO CONFESSIONALE e culturale.


A seguito di questa pronunzia di accoglimento l'art. 251 c.c. risulta essere così formulato: "il giudice istruttore avverte il testimone dell'obbligo di dire la verità e delle conseguenze penali di dichiarazioni false e reticenti e lo invita a rendere la seguente dichiarazione: -consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi pegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza


RIGETTO

Con la sentenza di rigetto la Corte dichiara che la questione di legittimità costituzionale è infondata. L'infondatezza riguarda esclusivamente quella determinata questione su cui si è svolto il giudizio. Ciò non esclude quindi che la norma possa essere ripresentata alla Corte in merito a questioni diverse, ovvero in relazione ad un diverso parametro costituzionale. La stessa questione potrà essere riproposta in un diverso grado di processo. Nell'ambito delle sentenze di rigetto si possono distinguere:


SENTENZE INTERPRETATIVE DI RIGETTO. La Corte dichiara infondata la questione di legittimità costituzionale, poiché, nonostante il giudice remittente non vi abbia provveduto, è possibile un'interpretazione conforme a Costituzione. Interpretazione di cui la stessa Corte da conto nella motivazione. Proprio il riferimento all'interpretazione convenuta nella motivazione caratterizza il dispositivo delle decisioni in questione.

Tra di esse si distinguono:

SENTENZE CORRETTIVE. Che dichiarano infondate le questioni di legittimità costituzionale perché sollevate dal giudice a quo in senso contrario al diritto vivente;

SENTENZE INTERPRETATIVE DI RIGETTO IN SENSO STRETTO (ADEGUATRICI). Con le quali la Corte propone un'interpretazione conforme a Costituzione.


Frequente è il caso della doppia pronuncia, la Corte anziché ribadire una interpretazione già fornita, si limita a dichiarare l'incostituzionalità di quella fornita dai giudici a quibus. All'interpretativa di rigetto segue quindi una interpretativa di accoglimento, con cui si dichiara dunque l'illegittimità costituzionale dell'interpretazione adottata dal giudice remittente. Tali decisioni, a differenza delle prime, hanno efficacia vincolante, in quanto comunque appartenenti al genus delle sentenze di accoglimento.



Sentenza 198 del 2003 - ESEMPIO DI SENTENZA INTERPRETATIVA DI RIGETTO. D.Lgs. 286/1998 art 32 comma 1. Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.


La questione appare infondata poiché tutela e affidamento, benché basandosi su  presupposti differenti, conducono al medesimo fine, la protezione del minore.


È necessario interpretare tale decreto legislativo sistematicamente con la legge 184/1983 (relativa all'affidamento amministrativo, giudiziario e di fatto) e in via di estensione analogica con la tutela dei minori prevista in Costituzione.


Ciò detto si ha come conseguenza logica la considerazione della sostanziale uguaglianza delle situazioni di fatto nelle quali si trovano i minori stranieri posti in affidamento o sottoposti a tutela.


È possibile un'interpretazione conforme a Costituzione, la questione è quindi infondata


GIUDIZIO IN VIA PRINCIPALE O IN VIA D'AZIONE

La questione di legittimità costituzionale viene portata allo scrutinio della Corte direttamente dallo Stato e/o dalle Regioni che si ritengono lesi nelle competenze legislative loro attribuite.


LEGITTIMAZIONE A SOLLEVARE QUESTIONE DI LEGITTIMITA'


I soggetti legittimati a promuovere la questione di legittimità costituzionale sono lo Stato, che a ciò provvede tramite il Presidente del Consiglio dei Ministri, e le Regioni, tramite il Presidente della Giunta regionale.


Il fatto che le impugnative siano consecutive a una delibera del Consiglio dei Ministri e della Giunta evidenzia quanto esse siano il frutto di una decisione politica. Da ciò deriva la facoltatività del ricorso.


IL RICORSO

Il ricorso è l'atto con cui prende avvio il giudizio che, a pena di inammissibilità, deve essere conforme al contenuto delle citate deliberazioni, le quali a loro  volta devono quindi contenere la specifica indicazione delle norme da impugnare.


Art. 127 Cost. - Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della regione, può promuovere questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro 60 giorni dalla sua pubblicazione. La Regione, quando ritenga che una legge  o un atto avente forza di legge dello stato o di un'altra regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro 60 giorni dalla pubblicazione della legge o dell'atto avente valore di legge


Il ricordo deve contenere:

L'OGGETTO, legge regionale o statale lesiva della competenza legislativa.

IL PARAMETRO; le regioni possono impugnare le leggi statali solo quando lesive della loro competenza legislativa (prevista dall'art. 117 Cost), mentre lo Stato può impugnare le leggi regioni oltre che per lesione della competenza anche in quanto ledano principi costituzionali.  (interesse a ricorrere).


LA MOTIVAZIONE ossia una sintetica argomentazione in merito alla pretesa di incostituzionalità delle norme impugnate. Sono concesse impugnative relativamente a intere leggi solo qualora il ricorso contenga differenziate e motivate censure in ordine a ciascuna norma. La motivazione non deve essere contraddittoria, ovvero generica o assertiva.


Questo principio trova un'eccezione nei casi in cui il giudice faccia propria un'interpretazione che costituisce diritto vivente. Nel caso in cui una interpretazione si sia consolidata in giurisprudenza, il giudice non è tenuto a ricercare un'interpretazione conforme a Costituzione e la Corte Costituzionale non potrà esimersi dal valutare la conformità della norma nell'interpretazione che di essa dà il diritto vivente.


La Corte non procede allo scrutinio nel merito di questioni basate su erronei presupposti interpretativi. Le questioni di questo genere sono dichiarate manifestamente infondate.


PROCESSO

Il processo si svolge in pubblica udienza e la decisione viene presa in Camera di consiglio. L'udienza di discussione viene fissata entro il 90° giorno dal deposito del ricorso, tale termine è interpretato nel senso che, entro i 90 giorni, dovrà essere calendarizzata la discussione del ricorso, che però potrà avvenire anche in epoca successiva. La Corte, quando ritenga che l'esecuzione delle leggi oggetto del ricorso possa causare un irreparabile pregiudizio all'interesse pubblico o all'ordinamento giuridico della Repubblica o per il cittadino, può adottare d'ufficio o su istanza di una parte, un provvedimento di sospensione dell'efficacia delle leggi impugnate.


Le decisioni sono le medesime di quelle inerenti alla questione di legittimità costituzionale.


IL CONTROLLO DEGLI STATUTI REGIONALI

La riforma del'art. 123 Cost. con la L. Cost. 1/1999 ha attribuito una nuova competenza alla Corte, relativa al controllo sugli Statuti delle Regioni ordinarie. Dopo la doppia approvazione del Consiglio Regionali al Governo è infatti concesso di promuovere questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte entro 30 giorni dalla data di pubblicazione. La Corte costituzionale che per pubblicazione si intende quella notiziale, quindi il controllo sugli statuti regionali si svolge in via preventiva. Può essere dedotto qualsiasi vizio di illegittimità costituzionale, anche se particolare rilievo assume l'armonia con la Costituzione.


CONFLITTI DI ATTRIBUZIONE SUI POTERI DELLO STATO

I giudizi sui conflitti di attribuzione tra i Poteri dello Stato, di natura costituzionale in quanto la ripartizione dei poteri tra gli organi costituzionali è stabilita dalla Costituzione stessa, sono demandati alla cognizione della Corte Costituzionale.


Scopo di questi giudizi è di garantire che venga rispettato il quadro delle competenze costituzionalmente disposto, obbiettivo fondamentale è quindi il mantenimento dell'equilibrato disegno realizzato dal costituente in merito alla separazione dei poteri dello Stato.


Tale conflitto è risolto dalla Corte se insorge tra organi competenti a dichiarare la volontà definitiva dei poteri cui appartengono e per la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali.


I soggetti legittimati sono i poteri classici (legislativo, esecutivo e giudiziario) ma anche tutti i poteri cui la costituzione attribuisce una o più sfere di competenza. Tali poteri possono anche essere estranei allo Stato-apparato.


La L. 87/1953 introduce, accanto al concetto di potere, quello di organo. Ratio di questa non semplice distinzione è quella di distinguere i "poteri-organo", che sono quei poteri che si esauriscono in un solo organo, dagli "organi-potere" che sono invece poteri che si estrinsecano in più organi. In quest'ultimo caso il conflitto è sollevato dagli organi abilitati a dichiarare in via definitiva la volontà. In ciò sta la ratio della distinzione effettuata dalla norma citata: individuare in concreto gli organi dei "poteri pluriorganici" legittimati a sollevare conflitto di attribuzione.

Quindi i soggetti sono: il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio dei Ministri, i magistrati aventi espresso una sentenza passata in giudicato.


La Corte costituzionale è chiamata a effettuare una delimitazione della sfera di attribuzione determinata da norme costituzionale in capo ai vari poteri statali, oltre che dichiarare a quale di essi spetti in concreto l'esercizio delle attribuzioni oggetto della contestazione.


In base ai profili oggettivi del conflitto un potere dello stato può sollevare conflitto di attribuzione di fronte alla Corte quando ritenga che un altro potere abbia emanato un atto o tenuto un comportamento lesivo delle competenze ad esso attribuite. OGGETTO del conflitto è dunque qualunque atto o comportamento imputabile a un potere dello stato, mentre il PARAMETRO sarà norma costituzionale attributiva della specifica competenza.


I conflitti di attribuzione si distinguono in conflitti:

DA USURPAZIONE (vindicatio potestatis). In cui il potere ricorrente ritiene che un altro potere abbia esercitato una competenza a lui esclusivamente riservata;

DA INTERFERENZA (o menomazione). Il ricorrente rivendica non la titolarità di una attribuzione, ma censura le modalità con cui tale attribuzione, spettante ad altro potere, è stata esercitata, modalità che ritiene lesive delle proprie competenze.


L'assenza di termini di decadenza per istaurare il rapporto è un altro delle caratteristiche di maggior rilievo. La Corte ritiene sufficiente che permanga l'interesse a ricorrere da parte del ricorrente.


Il conflitto, che si svolge in due fasi autonome, prende avvio con il deposito del ricorso presso la cancelleria della Corte costituzionale. Distinguiamone le fasi:

DELIBERAZIONE DELL'AMMISSIBILITA'. Si svolge in assenza del contradditorio e in Camera di consiglio, la Corte effettua un primo sommario controllo sull'ammissibilità del conflitto stesso, verificando l'esistenza dei profili oggettivi  e soggettivi.

In CASO POSITIVO la Corte delibera l'ammissibilità del conflitto e invita il ricorrente a notificare il ricorso alla controparte nel termine perentorio che la Corte stessa indica nella decisione di ammissibilità. Ciò non preclude che la corte possa comunque dichiarare il conflitto inammissibile.

Notificato il ricorso, questo va depositato presso la cancelleria a cura del ricorrente entro 20 giorni dall'ultima notificazione. Il mancato rispetto di questi termini comporta l'improcedibilità del conflitto e, a sua volta, l'improcedibilità comporta l'impossibilità di riproporre il conflitto medesimo.

DI MERITO. Si svolge in udienza pubblica. Per quanto attiene al contraddittorio, a cui possono partecipare soltanto gli organi dei poteri in conflitto. Eccezioni sono i casi in cui l'esito di un conflitto pregiudichi le posizioni di un soggetto privato ad esso estraneo.


Gli organi interessati possono essere difesi e rappresentati da liberi professionisti abilitati al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori.


La tipologia di decisioni può comprendere provvedimenti di inammissibilità ( cui devono aggiungersi le decisioni con cui il processo si estingue per rinuncia al ricordo accettata dal resistente) e sentenze risolutive del conflitto, con le quali si evidenzia l'organo a cui spettano le attribuzioni oggetto del conflitto.


CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE TRA STATO E REGIONI E TRA REGIONI E REGIONI

La corte costituzionale ha competenza a dirimere anche i conflitti di attribuzione che sorgono tra Stato e Regioni e tra Regioni.


Se la Regione invade con un atto la sfera di competenza assegnata dalla Costituzione allo Stato, ovvero ad altra Regione, lo Stato o la Regione rispettivamente interessata possono proporre ricorso alla Corte Costituzionale per il regolamento di competenza. Del pari può produrre ricorso la Regione la cui competenza costituzionale è stata invasa dallo Stato. Sono quindi soggetti legittimati lo Stato, attraverso il Presidente del Consiglio dei Ministri e le Regioni, attraverso il Presidente della Giunta Regionale o provinciale.


Nel caso in cui la Regione impugni un atto giurisdizionale, il ricorso deve essere notificato non solo al Presidente del Consiglio dei ministri, ma anche all'organo giudiziario che ha emanato l'atto.


OGGETTO del conflitto è qualsiasi atto regionale o statale, tranne quelli aventi forza di legge, in quanto essi sono impugnabili mediante giudizio di legittimità. Tali atti devono essere dotati di efficacia e rilevanza esterna, e deve esprimere in modo chiaro ed in equivoco la pretesa di esercitare una data di competenza, il cui svolgimento, determini una invasione nella sfera altrui di attribuzioni o, una menomazione altrettanto attuale delle possibilità di esercizio della medesima. Il PARAMETRO invece è composto da norme costituzionali, leggi primarie integrative di norme costituzionali e dal PRINCIPIO DI LEALE COLLABORAZIONE [principio di rango costituzionale ricavato dalla giurisprudenza costituzionale, si sostanzia nella necessità di effettuare un reciproco coinvolgimento istituzionale tra Stato e Regioni e di coordinare i livelli di governo statale e regionale. Si tratta di un principio assai elastico ed adattabile alle diverse situazioni di un possibile conflitto].


Il giudizio va promosso con ricorso da notificare alla controparte entro il termine di 60 giorni dalla pubblicazione dell'atto che si deve impugnare; solo dopo la notificazione (entro 20 gg) si deve provvedere al deposito presso la cancelleria della Corte. Il ricorso deve indicare oggetto e parametro, ossia l'atto dal quale sarebbe invasa la sfera di competenza, nonché le disposizioni della Costituzione e delle leggi costituzionali che si ritengono violate.


La Corte costituzionale può definire il giudizio con una sentenza di inammissibilità, con una dichiarazione di cessazione della materia del contendere o con una sentenza che dichiari a quale ente spettano le competenze contestate, che eventualmente annulli l'atto viziato per incompetenza.


GIUDIZIO SULL'AMMISSIBILITA' DEL REFERENDUM ABROGATIVO

Secondo la Corte costituzionale il giudizio di ammissibilità si conura come un procedimento a carattere artificioso diverso da un giudizio di parti.


Subito dopo aver ricevuto comunicazione della legittimità del requisito del referendum da parte dell'Ufficio centrale della Corte di Cassazione, il Presidente della Corte Costituzionale fissa la data della deliberazione in Camera di consiglio, che deve tenersi entro il 20 gennaio e nomina il relatore. Di ciò vengono informati i promotori del referendum e il Presidente del Consiglio dei ministri, che hanno la possibilità di depositare memorie sulla legittimità costituzionale delle richieste del referendum. La Corte ha aperto all'intervento nel giudizio di ammissibilità di soggetti diversi dal Governo e dai promotori: mentre a questi ultimi è riconosciuto il diritto non solo di depositare memorie, ma anche di illustrarne il contenuto durante la camera di consigli, i soggetti terzi possono depositare memorie scritte, senza avere però il diritto di illustrarle in Camera di consiglio. La decisione con la quale si decide sull'ammissione o meno del quesito referendario viene emanata con sentenza e deve essere depositata entro il 10 febbraio. Termini così stretti sono necessari al fine di consentire lo svolgimento della votazione popolare nel periodo che va tra il 15 aprile e il 15 giugno. Vedi sentenze.


È inoltre previsto il divieto di REFERENDUM MANIPOLATIVI.


GIUDIZIO SULLE ACCUSE MOSSE AL PRESIDENTE PER ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE E ALTO TRADIMENTO


Nella prima fase, in sede parlamentare, un Comitato composto da membri delle Giunte per le autorizzazioni a procedere di Camera e Senato svolge le indagini sulla notitia crimis, disponendo dei poteri spettanti al pubblico ministero nella fase delle indagini preliminari; tali indagini devono essere concluse entro cinque mesi.


 Il Comitato al termine delle indagini in due casi il processo si arresta: quando il Comitato dichiara la propria incompetenza, se rileva che si tratta di reati diversi da quelli previsti dall'art. 90 Cost., oppure quando tale organo archivia la denuncia per manifestata infondatezza.


Qualora invece venga rilevata la sussistenza della notitia criminis, il Comitato redige una relazione sulla quale il parlamento, in seduta comune ed a maggioranza assoluta, delibera la messa in stato di accusa del Presidente. Lo stesso Parlamento elegge poi i commissari incaricati di sostenere l'accusa nella seconda fase del procedimento che si svolge davanti alla Corte Costituzionale [in composizione integrata].


In caso di condanna, la Corte può applicare le sanzioni penali nei limiti del massimo di pena e le sanzioni, costituzionali, civili e amministrative, adeguate al fatto. La sentenza di condanna è irrevocabile, fatta eccezione per il fatto che si scoprano nuovi elementi di prova o fatti, che rendano evidente che il fatto non sussiste ovvero che il condannato non lo ha commesso.





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