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ISTITUZIONI DI DIRITTO INTERNAZIONALE
L'ADATTAMENTO DEL DIRITTO INTERNO AL DIRITTO INTERNAZIONALE
Monismo e dualismo nei rapporti tra diritto internazionale e diritto interno.
Secondo la dottrina dualista (Heinrich Triepel): il diritto interno e il diritto internazionale costituiscono due ordinamenti giuridici originari ed autonomi, separati e distinti. La volontà dello Stato e quella della Comunità internazionale sono diverse. I rapporti interni dello stato e i rapporti tra stati sono diversi.
Secondo la dottrina monista (Hans Kelsen): il diritto internazionale e i diritti nazionali dei singoli Stati devono essere riportati ad un sistema unitario di norme.
L'orientamento dualista seguito dalla giurisprudenza italiana.
La giurisprudenza italiana ha adottato l'impostazione dualista nella descrizione dei reciproci rapporti tra diritto internazionale e diritto interno. Tale impostazione si evidenzia nelle decisioni nelle quali viene precisato che i suoi destinatari immediati e diretti sono esclusivamente gli Stati che hanno stipulato il trattato nel quale la norma internazionale è stata trasmessa.
Il tradizionale principio della "indifferenza" del diritto interno rispetto al diritto internazionale che non abbia costituito oggetto d'idonee procedure d'adattamento.
Prima della riforma con la legge cost. n. 3/2001, le decisioni più significative riguardanti il problema dei rapporti tra ordinamento internazionale e ordinamento interno si avvicinano alla tradizione dualista. Questa tradizione ammette di non considerare il diritto internazionale per il diritto interno finché non intervenga "l'adattamento", cioè l'adozione della norma interna necessaria all'adempimento degli obblighi che fanno carico all'Italia in virtù del diritto internazionale.
Affinché il contenuto della convenzione internazionale s'inserisca nell'ordinamento interno, è necessario, per le materie disciplinate da legge, un analogo atto normativo del Parlamento con cui è impartito il c.d. "ordine d'esecuzione".
L'adattamento è inteso, dalla giurisprudenza, come un procedimento volto a rendere applicabile la norma internazionale all'interno dell'ordinamento italiano e costituisce una condizione necessaria d'efficacia nell'ordinamento interno della disciplina concordata in ambito internazionale.
Prima della riforma, in Italia non c'era una procedura d'adeguamento del nostro ordinamento interno; così la norma internazionale era considerata "tamquam non esset", cioè in assenza di un provvedimento legislativo interno, non può derivare alcun diritto ai cittadini.
Il principio di separazione e d'indifferenza del diritto interno con quello internazionale si riteneva operante sia nei trattati stipulati attraverso il procedimento solenne (4 fasi: negoziazione, firma, ratifica e scambio delle ratifiche), sia in quelli conclusi in forma semplificata.
Il superamento del principio in esame alla luce di quanto oggi previsto dall'art. 117, primo comma, Cost.
La nostra Costituzione prevede una norma generale d'adattamento per il diritto consuetudinario.
Prima della riforma, la mancata esecuzione nel diritto interno dei trattati internazionali vincolanti per l'Italia, in riferimento al principio "dell'indifferenza", non era considerata violazione delle norme costituzionali: non comportava violazione dei precetti costituzionali la mancanza di adozione delle norme di adattamento necessarie a dare efficacia nell'ordinamento interno a convenzioni internazionali stipulate dall'Italia.
Con la riforma del Titolo V Parte II della costituzione, il legislatore deve rispettare anche i vincoli derivanti dagli obblighi internazionali:
Art. 117 Cost.: La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Ai sensi dell'art.117. comma 1, Cost., I trattati internazionali costituiscono fonte di "obblighi internazionali" quando risultano soddisfare 2 condizioni:
Il trattato deve essere in vigore sul piano internazionale
Lo stesso trattato deve essere vincolante per l'Italia
Sono un vincolo per il legislatore nazionale gli accordi in vigore, rispetto ai quali l'Italia ha manifestato il proprio consenso ad obbligarsi nel rispetto delle norme internazionali.
Un problema per il legislatore italiano è capire se è oggetto di rinvio agli obblighi internazionali (in base all'art. 117 Cost.):
tutti i trattati internazionali in vigore in Italia
soltanto quei trattati che oltre a vincolare il nostro Paese sul piano internazionale, abbiano ricevuto attuazione nell'ordinamento interno, mediante l'adeguamento (pacta recepta).
Il primo comma dell'art. 117 Cost., impone al legislatore di:
legiferare non in contrasto con gli accordi internazionali in vigore per il nostro Paese (un obbligo positivo di adempimento a carico del legislatore);
dare esecuzione agli accordi che presentano le caratteristiche indicate.
In caso di inadempimento all'obbligo di adottare le norme internazionali vincolanti all'interno dell'ordinamento interno, nascono i problemi di "azionabilità" che consistono nel sanzionare comportamenti totalmente omissivi da parte degli organi dello Stato.
Il principio relativo alla (tendenziale) correlazione tra vigore nei rapporti tra Stati e applicabilità in ambito interno della norma d'origine internazionale.
L'applicazione all'interno del diritto interno della disciplina prevista da norme internazionali è condizionata da:
Adozione di idonee misure di adeguamento del diritto interno
Entrata in vigore di tale disciplina
Una norma interna può:
Anticipare l'applicazione della disciplina internazionale non ancora in vigore
Estenderne l'ambito materiale o personale di operatività.
Per la sua applicabilità, la norma internazionale deve restare in vigore nell'ordinamento internazionale.
(segue): l'eccezione all'operatività del principio in esame in caso di norme internazionali che abbiano costituito oggetto di adattamento in via ordinaria.
La regola enunciata ha un'eccezione: nel caso in cui l'adeguamento del diritto italiano sia avvenuto attraverso il procedimento c.d. ordinario. Tale procedimento consiste nella riformulazione delle norme internazionali mediante disposizioni interne emanate ad hoc, che determinano la totale "nazionalizzazione " delle norme internazionali.
il rispetto, da parte dello Stato, dei vincoli che gli fanno carico in virtù del diritto internazionale: obblighi di mezzi o di risultato?
L'individuazione delle tecniche di attuazione da parte degli stati è di regola rimessa alla loro libera determinazione. Il diritto internazionale si limita a richiedere ai suoi destinatari che venga conseguito un determinato risultato, senza precisare modalità.
Queste indicazioni riguardano sia norme consuetudinarie, sia norme d'attuazione di convenzioni recanti disposizioni self-executing, come avviene nel caso di convenzioni di diritto uniforme (queste convenzioni ordinano alle Parti contraenti l'obbligo di introdurre modifiche dei rispettivi ordinamenti interni idonee a rendere applicabile la disciplina concordata in ambito internazionale nei termini e con effetti unitari da essa stessa "voluti").
L'obbligo, a carico degli Stati, di garantire interpretazione e applicazione "uniformi" alle norme d'origine internazionale.
La giurisprudenza ha affermato che, nel nostro ordinamento, c'è un principio generale volto a sancire l'obbligo di interpretare la disciplina internazionale in base ai criteri propri dell'ordinamento.
La Convenzione di Vienna, agli articoli 31 - 32 - 33 codifica norme di diritto internazionale generale per l'interpretazione dei trattati.
La nostra Cassazione, ha rilevato la necessità di non cedere alla tentazione di letture in chiave "unilateralistica" delle norme internazionali: tutto ciò per assicurare il corretto adempimento degli obblighi internazionali e di prevenire eventuali azioni di responsabilità avviate contro l'Italia da parte degli altri Stati contraenti.
Il mancato conseguimento del risultato alla base della norma di diritto internazionale, determina un illecito fonte di responsabilità dello Stato pur in presenza di un comportamento in parte idoneo a permettere la piena operatività, nel suo ordinamento interno, della norma internazionale medesima.
Procedimento ordinario e procedimento speciale d'adattamento del diritto italiano al diritto internazionale.
Il diritto internazionale non indica quali meccanismi gli Stati devono adottare per provvedere a adeguare nei rispettivi ordinamenti interni gli obblighi internazionali.
Nel nostro ordinamento italiano, si provvede all'attuazione degli obblighi internazionali, che fanno carico allo Stato, mediante 2 diverse tecniche:
Conseguenze negative del ricorso al procedimento ordinario e casi nei quali esso si rende (tuttavia) necessario.
L'uso del procedimento ordinario porta ad avere delle conseguenze negative. Il procedimento ordinario è utilizzato per la maggior parte dei casi di "conversione" e il ricorso a tale tecnica costituisce una scelta obbligatoria per il legislatore perché le norme internazionali talvolta non sono self-executing, cioè
non dettano una disciplina completa ed autosufficiente
sono prive della compiutezza normativa necessaria per la loro applicazione immediata
attraverso il rinvio al diritto internazionale, tali norme abbisognano di un'ulteriore attività di produzione giuridica, interventi d'adeguamento, integrazione o modificazione del tessuto normativo.
In presenza di un ordine d'esecuzione di un trattato, dovranno essere adottate disposizioni "materiali" d'adeguamento riguardo alle norme non self-executing in lui contenute. L'ordine d'esecuzione è sempre necessario perché le disposizioni di un trattato internazionale possano essere recepite nell'ordinamento statale, e che lo stesso trattato contenga elementi dai quali si può ricavare norme complete. Non è, infatti, ammissibile l'immissione nell'ordinamento interno di norme il cui contenuto non è preciso e che il determinare del contenuto non è rimessa all'interprete, ma si ricorre al procedimento ordinario di adattamento.
L'adattamento "automatico" alle norme consuetudinarie previsto dall'art. 10, primo comma, Cost.
Le norme di diritto internazionale generalmente riconosciute costituiscono oggetto del rinvio dall'art. 10, primo comma, Cost.:
Art. 10. Cost.: L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
Questa è l'unica norma d'adattamento di portata generale prevista dal nostro ordinamento. S'intende per "norma d'adattamento" una disposizione volta direttamente a rendere applicabile in ambito interno la disciplina d'origine internazionale.
Ai sensi dell'art. 10, primo comma, Cost., le regole di diritto internazionale generale (cioè tutte le regole di condotta aventi per destinatari tutti i membri della società internazionale) sono recepite automaticamente dall'ordinamento interno e hanno immediata applicazione.
L'art. 117, primo comma, Cost., dopo la riforma della legge Cost. 3/2001, non è una norma d'adattamento, bensì una "norma sulla produzione giuridica interna" volta a fissare i limiti all'esercizio di Stato e Regioni della loro potestà legislativa.
Art. 117. Cost.: La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Secondo la Costituzione di Weimar del 1919, le norme di diritto internazionale generale costituiscono "parte integrante" dell'ordinamento statale.
Secondo la nostra Costituzione, è l'ordinamento italiano a conformarsi, cioè a modificarsi, alle norme internazionali.
Esclusione dell'operatività dell'art. 10, primo comma, Cost., alla stregua di norma d'adattamento applicabile anche con riguardo ai trattati internazionali.
La giurisprudenza ha escluso la tesi riguardante il "trasformatore permanente" previsto dal primo comma dell'art. 10 Cost., recependo nell'ordinamento italiano la norma consuetudinaria pacta sunt servanda, la quale funzionerebbe come norma di adattamento anche in relazione ai trattati.
Al contrario, il nostro ordinamento si è orientato con la decisione della Corte costituzionale e in pratica di escludere l'art. 10, primo comma, Cost., che possa essere invocato per giustificare l'operatività nell'ordinamento interno della disciplina prevista dei trattati internazionali di cui l'Italia è parte.
La decisione del Tribunale di Napoli, 22 aprile 1964, n. 1990: l'art. 10 Cost. istituisce un dispositivo di adattamento automatico dell'ordinamento giudico italiano alle norme di diritto internazionale generale che non si estende alle norme pattizie.
L'adattamento automatico dell'ordinamento italiano ai trattati internazionali non può attuarsi attraverso la regola della pacta sunt servanda, perché questa non è una norma suscettiva di esecuzione nell'ordine interno, ma è un principio di carattere generale che preesiste nell'ordinamento internazionale e che assume come propri destinatari soltanto gli Stati in quanto soggetti di diritto internazionale.
L'adattamento dei trattati internazionali tramite ordine d'esecuzione.
La tecnica dell'adattamento in via "speciale", è fondata sull'ordine d'esecuzione, per l'adeguamento del diritto italiano alla disciplina prevista dai trattati.
Il procedimento speciale di adattamento, consiste nel rinvio a convenzioni internazionali formulato nell'ordine di esecuzione. Questo ha delle somiglianze con la tecnica impiegata dall'art.10, primo comma, Cost., che si differenzia però per un aspetto essenziale:
Il rinvio fato dall'art. 10 ha carattere generale
Il rinvio fatto dal legislatore interno tramite l'ordine d'esecuzione si riferisce solo al singolo trattato, lo stesso richiamato dall'ordine d'esecuzione.
L'ordine di esecuzione è l'atto legislativo mediante il quale lo Stato, per dare piena esecuzione al trattato, rinvia in blocco alle norme in esso contenute, inserendole in tal modo nel proprio ordinamento.
La caratteristica del procedimento speciale è quella di affidare all'interprete il compito di determinare quali modificazioni giuridiche siano necessarie per rendere completo l'adattamento: in sostanza, è l'interprete che, in base all'ordine di esecuzione, deve stabilire quali siano state le variazioni dell'ordinamento statale venutesi a determinare per effetto dell'adattamento.
Art. 80. Cost.: Le Camere autorizzano con legge la ratifica (conferma, convalida) dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi.
Caratteristiche ed effetti del rinvio ai trattati internazionali formulato nell'ordine di esecuzione ad essi relativo.
L'ordine d'esecuzione dispone di un rinvio alla disciplina prevista nelle convenzioni internazionali che ne costituiscono oggetto: i trattati e le convenzioni internazionali hanno per oggetto di obbligare i soggetti contraenti poiché tali, cioè come persone di diritto internazionale.
La disciplina pattizia oggetto di rinvio presenta la propria "matrice internazionale" e determina a livello dell'ordinamento interno richiamante, soltanto le modifiche strettamente necessarie a garantire l'adempimento degli obblighi assunti dallo Stato attraverso la conclusione del trattato. L'ordine di esecuzione produce tutte le norme interne necessarie e indispensabili perché lo Stato possa adempiere gli obblighi sul piano internazionale.Le norme interne preesistenti verranno sostituite da quelle previste dalla convenzione internazionale soltanto quando:
Volontà da parte degli Stati contraenti, per ragioni d'uniformità
Per abrogazione dovuta ad incompatibilità, quando la disciplina prevista dalla convenzione regola esaustivo le situazioni da escludere qualsiasi applicazione residuale del diritto comune
Enti sub-statali e diritto internazionale: il principio fondamentale operante in materia.
L'art. 117 Cost., dopo la legge cost. 3/2001, contiene diverse disposizioni riguardanti le competenze riconosciute alle Regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano in materia di rapporti internazionali. Alcune disposizioni sono innovative, come l'ultimo comma dell'art. 117:
Art. 117 Cost., ultimo comma Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato
Le innovazioni non mettono in discussione il principio secondo il quale va esclusa la soggettività internazionale degli enti sub-statali, infatti, soltanto lo Stato è soggetto nell'ordinamento internazionale ed ad esso vengono imputati in tale ordinamento gli atti delle Regioni. Le limitazioni poste all'autonomia delle Regioni sono legittime, anche nelle materie di loro competenza: il nuovo testo prevede in proposito
Art. 117 Cost., comma quinto Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
Art. 120. Cost secondo comma: Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.
I poteri regionali d'attuazione ed esecuzione dei trattati a norma del quinto comma dell'art. 117 Cost.
Nel nostro ordinamento si è affermata la competenza regionale a concludere accordi internazionali nei limiti delle loro materie attribuite.
Il d.lgs. 112/1998, che disciplina il conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle Regioni e agli enti locali, stabilisce all'art. 2 che: spettano allo Stato i compiti preordinati ad assicurare l'esecuzione a livello nazionale degli obblighi derivanti dagli accordi internazionali e ogni altra attività d'esecuzione è esercitata dalle Regioni e enti locali, secondo le attribuzioni previste dalle norme vigenti.
Ultimo comma, art. 117 Cost., assegna un ruolo attivo alle Regioni in sede di attuazione degli accordi internazionali conclusi nelle materie di loro competenza, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di adempienza.
Le Regioni e le Province autonome, per l'attuazione e l'esecuzione degli accordi internazionali nelle loro materie competenza, devono comunicare in modo preventivo al Ministero degli affari esteri ed alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
L'attuazione delle fonti c.d. di terzo grado (diverse da quelle della Comunità e dell'Unione europea) nella prassi seguita dalla giurisprudenza italiana.
Per quanto riguarda l'adattamento agli atti adottati da organizzazioni internazionali ed enti, diversi dalla Comunità ed Unione Europea, si ripropone l'alternativa tra procedimento ordinario e procedimento speciale di adattamento.
La particolarità delle fonti c.d. di terzo grado (sono fonti d'atti emanati da organizzazioni internazionali in base ai propri statuti) consiste nel univoco orientamento della prassi a condizionare la loro efficacia nell'ordinamento interno all'adozione di norme ad hoc da parte del legislatore italiano volte al recepimento diretto della disciplina in essa contenuta.
Critica della prassi favorevole al ricorso generalizzato al procedimento d'adattamento in via ordinaria in caso di fonti previste dai trattati.
La dottrina censura l'orientamento della giurisprudenza in ambito nazionale circa l'adozione delle norme ad hoc di adeguamento in via ordinaria. In particolare, viene sottolineato l'argomento che riguarda la volontà del legislatore che ha autorizzato a ratifica e ha ordinato l'esecuzione di un trattato il quale produce l'effetto di rendere operative e vincolanti nell'ordinamento statale tutte le disposizioni contenute nel trattato medesimo, comprese quelle che istituiscono fonti di 3 grado e quelle che prevedono l'obbligo per gli stati contraenti a rispettarle.
Il rango delle norme risultanti dall'adattamento del diritto italiano al diritto internazionale.
Nell'ordinamento italiano, per le norme generate dall'adattamento del diritto interno al diritto internazionale si è creato un principio generale a livello giurisprudenziale: tale principio si attiene al rango (livello) che tali norme assumono nell'ambito della gerarchia delle fonti interne. Il livello di tali norme di adattamento coincidono con quello dello stesso strumento normativo con il quale si è provveduto ad "immettere", nell'ordinamento interno, la disciplina internazionale.
L'adattamento delle norme internazionali pattizie avviene per ogni singolo trattato con un atto ad hoc consistente nell'ordine di esecuzione adottato di regola con legge ordinaria.
La Corte ha anche affermato l'illegittimità costituzionale della normativa prevista dalla legge ordinaria in contrasto con il contenuto di una disposizione di diritto internazionale generale, oggetto di rinvio ad opera dell'art. 10, primo comma, Cost.
Rapporti tra norme risultanti dall'adattamento al diritto consuetudinario e norme, incompatibili con le prime, autonomamente adottate dal legislatore nazionale.
La giurisprudenza si è imbattuta nel problema dei rapporti tra le norme risultanti dall'adattamento del diritto internazionale e le norme interne adottate autonomamente dal legislatore in contrasto con le prime.
Nelle ipotesi nelle quali il problema è stato riscontrato, è stato enunciato il principio secondo il quale si dichiara l'incostituzionalità delle disposizioni interne incompatibili con quelle di adeguamento del nostro sistema alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute.
La Corte, in una famosa decisione, ha affermato la prevalenza a titolo di "specialità" rispetto alle disposizioni interne di rango costituzionale delle norme risultanti dall'adattamento al diritto consuetudinario.
La "specialità" delle norme risultanti dall'adattamento ai trattati internazionali.
Il criterio della "specialità" è stato utilizzato per risolvere le anatomie tra norme risultanti dall'adattamento ai trattati e norme di origine interna.
Il carattere "speciale" delle norme risultanti dall'adattamento del diritto interno alle convenzioni è stato affermato dalle loro caratteristiche: queste norme sono speciali perché dotate di apposite regole di applicazione.
L'interesse dello Stato al rispetto degli obblighi internazionali e la tesi della conseguente "resistenza all'abrogazione" propria delle norme risultanti dall'adattamento ai trattati.
Altri casi in cui per garantire l'applicazione delle norme di adattamento alle convenzioni internazionali conformemente agli impegni assunti dall'Italia nei confronti degli altri stati contraenti, c'è quello dell'interesse generale dello Stato ad un puntuale adempimento degli obblighi internazionali che gli fanno carico.
Si esclude inoltre che la volontà di violare il trattato possa desumersi dalla successiva adozione di norme interne, da parte del legislatore nazionale.
Altro argomento di interesse dello Stato è l'osservanza delle norme di derivazione pattizia con riferimento a quelle previste dalle convenzioni in materia di diritti umani.
La particolare "resistenza all'abrogazione" delle norme interne d'adattamento alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
La particolare "resistenza all'abrogazione" delle norme interne d'adattamento alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU o Convenzione di Roma) è stata motivata in ragione del contenuto di tale convenzione, e perché è considerata la "codificatrice dei principi generali" alla base del nostro ordinamento.
(segue): il ricorso alla Convenzione Europea in funzione integrativa del disposto di norme costituzionali.
La giurisprudenza ammette la possibilità che la CEDU venga impiegata come insieme di norme per orientare l'interpretazione non solo della legge, ma anche della stessa Costituzione.
Il sindacato di costituzionalità sulle norme risultanti dall'adattamento al diritto internazionale ed i parametri di giudizio impiegati dalla Corte.
Se viene ipotizzato un contrasto tra norme risultanti dall'adattamento al diritto internazionale e norme o principi costituzionali, il sindacato di legittimità avrà ad oggetto la norma interna per il tramite della quale è stata recepita nell'ordinamento statale la norma di origine internazionale, cioè l'atto che formula l'ordine di esecuzione , e può concludersi affermano l'illegittimità solo alla parte in cui tale atto consente l'ingresso nell'ordinamento interno di specifiche disposizioni contrarie a norme o principi costituzionali.
La Corte costituzionale ha il compito di accertare l'eventuale contrasto alle norme risultanti dall'adattamento al diritto internazionale con
"i principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale dello stato"
"dei diritti inalienabili della persona".
La verifica in ordine alla compatibilità di norme d'origine interna con norme d'esecuzione di convenzioni internazionali.
Nell'ipotesi in cui le norme adottate dal legislatore nazionale siano in contrasto con le norme risultanti dall'adattamento a convenzioni internazionali, tale problema è stato risolto dalla recente riforma del Titolo V della Costituzione, il quale pone l'obbligo al giudice di sollevare una questione di legittimità costituzionale in via incidentale per violazione da parte della disposizione legislativa interna.
Ancora sul vincolo, per il legislatore italiano, al rispetto degli "obblighi internazionali", a norma dell'art. 117, primo comma, Cost.
L'art. 117, primo comma, Cost.:
Non modifica il sistema d'adeguamento dell'ordinamento interno al diritto internazionale
Non è una norma d'adattamento ma una norma sulla produzione giuridica, cioè come norma sull'adattamento.
Dopo la riforma, le norme risultanti dall'adattamento ai trattati acquisiscono il valore di "norme interposte", cioè di norme di cui la Costituzione prescrive il rispetto da parte del legislatore. In caso di violazione di tali norme da parte di disposizioni interne incompatibili, la Corte costituzionale prende in esame l'illegittimità delle norme interne incompatibili.
L'art. 117, primo comma, Cost. mette a carico del legislatore 2 vincoli:
Negativo: divieto di adottare disposizioni in contrasto con gli obblighi internazionali
Positivo: garantire l'adempimento dei medesimi obblighi sul piano interno.
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