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Il procedimento amministrativo di applicazione delle imposte sfocia in un provvedimento che leggi denominano << AVVISO DI ACCERTAMENTO>> .
L’ Avviso di Accertamento è un provvedimento non discrezionale ma vincolato in quanto nel nostro sistema tributario esiste il principio di legalità espresso dall’art. 23 della Cost. , secondo cui << nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge>>. La legge, dunque, pone norme materiali che disciplinano i presupposti, la misura, i soggetti passivi dell’obbligazione tributaria ; l’amministrazione finanziaria, in presenza di ciò che la legge richiede, deve emanare l’avviso di accertamento con contenuti prestabiliti dalla legge. All’ufficio non è data alcuna possibilità di scelte discrezionali: non deve decidere se emanare l’atto, che contenuto dargli, ecc., perché è tutto predeterminato dalla legge. L’avviso di accertamento viene denominato, da molti autori, << atto d’imposizione>> : con questa espressione si vuole mettere in rilievo che, con tale atto, l’ufficio fiscale costituisce unilateralmente l‘obbligazione tributaria e, quindi, la impone al contribuente.
Il potere di emettere avvisi di accertamento è sottoposto ad una serie di regole che ne condizionano la validità: queste regole riguardano la competenza ad emettere l’atto, il contenuto dell’atto, il destinatario, il termine entro cui l’atto deve essere notificato, le modalità della notificazione, ecc.. La violazione di tali regole rende l’avviso invalido ( illegittimo o inesistente). Il contenuto dell’avviso di accertamento si compone di due parti: dispositivo e motivazione. Il dispositivo dell’avviso di accertamento non è uniforme per tutte le imposte. Dobbiamo perciò distinguere:
A. In materia di imposte sui redditi, la legge prescrive che l’avviso di accertamento << deve recare l’indicazione dell’imponibile o degli imponibili accertati, delle aliquote applicate e delle imposte liquidate, al lordo e al netto delle detrazioni, delle ritenute d’acconto e dei crediti di imposta>>. Non tutte queste indicazioni appartengono al contenuto essenziale dell’atto: le statuizioni sulle detrazioni, sui crediti d’imposta, sulle ritenute sono statuizioni eventuali. Ciò che appare essenziale è soltanto la determinazione dell’imponibile; vi sono, infatti, ipotesi in cui l’atto non va oltre tale determinazione. Solitamente, l’avvivo statuisce il quantum dell’imposta dovuta, ma vi sono anche << avvisi senza imposta >>. Una prima ipotesi di << avviso senza imposta >> è data dal’accertamento dei redditi delle società di persone; con esso si ha la determinazione dell’imponibile delle società, da imputare poi, pro quota, a ciascun socio, agli effetti dell’imposta dovuta dal socio. Un’altra ipotesi si ha negli accertamenti di redditi per i quali hanno rilievo anche le perdite. Se, ad esempio, una società commerciale ha dichiarato una perdita, possiamo avere un avviso di accertamento che determina una perdita minore di quella dichiarata: un simile avviso non comporta, evidentemente, statuizioni circa l’imposta.
B. Nell’Iva il contenuto dell’avviso di accertamento si discosta dall’avviso riguardante altre imposte perché può contenere, non solo una nuova determinazione dell’imposta dovuta, ma anche una nuova determinazione dell’imposta detraibile. L’ufficio, dunque, con la rettifica della dichiarazione, determina autoritativamente il quantum delle varie operazioni, traendone le conseguenze del caso in ordine all’imposta dovuta sulle operazioni attive all’imposta detraibile e, infine, alla somma riscuotibile o rimborsabile. È da escludere , quindi, un accertamento che riguardi soltanto l’imponibile.
C. Nell’imposta di registro, l’avviso di accertamento stabilisce il valore venale dei beni o diritti ( ad es. , immobili ed aziende) sui quali deve essere applicato il tributo. A ciò di aggiunge la liquidazione dell’imposta con gli interessi e le sanzioni. L’ art 52 del T.U. del registro dispone che tale atto << deve contenere l’indicazione del valore attribuito a ciascuno dei beni o diritti in esso descritti, l’indicazione delle aliquote applicate e del calcolo della maggiore imposta, non che dell’imposta dovuta in caso di presentazione del ricorso >>.
L’avviso di accertamento come tutti i provvedimenti amministrativi, deve essere motivato. Vale infatti anche per l’avviso di accertamento l’art. 3 della L. 7 agosto 1990, n. 241, ove è stabilito, che ogni provvedimento amministrativo deve essere motivato, indicando << i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria >>. È inoltre previsto che << se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama >>. L’obbligo di motivazione non riguarda soltanto l’avviso di accertamento, ma tutti gli atti dell’amministrazione finanziaria. Tali atti devono tassativamente indicare:
L’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento;
L’organo o l’autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell’atto in sede di autotutela;
Le modalità, il termine, l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa presso cui è possibile ricorrere. A ciò deve essere aggiunto che, nelle singole leggi d’imposta vi sono specifiche disposizioni sulla motivazione degli atti dell’amministrazione finanziaria.
In materia di imposte sui redditi, è previsto che l’avviso << deve essere motivato in relazione a quanto stabilito dalle disposizioni che sono state applicate, con distinto riferimento ai singoli redditi delle varie categorie e con la specifica indicazione dei fatti e delle circostanze che giustificano il ricorso a metodi induttivi o sintetici e delle ragioni del mancato riconoscimento di deduzioni e detrazioni >>. In materia di Iva è stabilito che negli avvisi << devono essere indicati specificamente, a pena di nullità gli errori, le omissioni e le false o inesatte indicazioni su cui è fondata la rettifica e i relativi elementi probatori >>. Per le imposte di registro è disposto che l’accertamento di maggior valore deve indicare gli elementi in base a cui è stato stabilito il maggior valore. Di solito, nelle massime delle sentenze, viene sottolineato che la motivazione deve porre il contribuente in condizione di poter esercitare il suo diritto di difesa. Un provvedimento, viziato nella motivazione, è invalido. La sua sorte è l’annullamento da parte dell’autorità giurisdizionale senza la possibilità di sanatoria.
La notificazione dell’avviso di accertamento non è soltanto una particolare procedura con cui tale atto viene portato a conoscenza del destinatario, ma è molto di più, perché l’avviso di accertamento viene ad esistenza attraverso la notificazione: << l’avviso di accertamento non è distinguibile dalla sua notificazione al contribuente; non esiste, se non in quanto è notificato >>. Mentre la notificazione degli atti processuali è eseguita dagli ufficiali giudiziari, la notificazione degli atti tributari è eseguita dai messi comunali o da messi speciali autorizzati dall’ufficio delle entrate. Il messo deve far sottoscrivere l’atto al consegnatario; la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario, salvo il caso di consegna a mani proprie; il contribuente può eleggere domicilio, ma nel comune di domicilio fiscale. Il domicilio fiscale ha un particolare rilievo ai fini delle notifiche: il legislatore presuppone che il contribuente abbia sempre un domicilio fiscale, nel quale la notifica deve essere fatta. Se nel comune di domicilio fiscale non vi è un luogo presso cui la notifica può essere fatta validamente, la notifica è fatta con la procedura prevista per gli irreperibili: l’atto da notificare è depositato presso la casa del comune, ed il messo afge un avviso presso l’albo del comune e ne da notizia al destinatario con raccomandata. Anche quando la notifica deve essere fatta ad un non residente il sistema è basato sul presupposto che il non residente abbia o elegga in Italia un luogo presso cui fare la notifica. Il non residente può nominare un rappresentante per i rapporti tributari ai fini delle imposte dirette o ai fini dell’Iva. Il non residente ha comunque in ogni caso un domicilio fiscale in Italia. Per le imposte dirette il domicilio è nel comune in cui viene prodotto il reddito; per le altre imposte, nel comune in cui si verifica il presupposto. L’avviso di accertamento viene ad esistenza attraverso la notificazione, i vizi di notificazione sono vizi dell’atto; essi non sono sanati dalla proposizione del ricorso.
L’avviso di accertamento deve essere notificato entro un termine previsto a pena di decadenza; l’avviso notificato dopo la scadenza del termine è illegittimo. Per le imposte sui redditi e per l’Iva l’amministrazione deve notificare l’avviso entro il 31 dicembre del 4° anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione; nei casi di omessa presentazione della dichiarazione, o di presentazione di dichiarazione nulla il termine scade il 31 dicembre del 5° anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. Per l’imposta di registro vi è un termine di 5 anni per gli atti non registrati, e di 3 anni per quelli registrati; analogamente, per l’imposta sulle successioni vi è un termine di 5 anni per le successioni non denunciate, e di 3 per quelle denunciate.
Il tema dell’invalidità dell’ avviso di accertamento esige alcune precisazioni istituzionali in quanto di tanto in tanto sorgono equivoci, talvolta generati dal linguaggio impreciso del legislatore. Infatti, secondo le norme del C.C. , il contratto può essere nullo o annullabile. Il contratto nullo è inefficace, invece, il contratto annullabile è efficace precariamente. Nel diritto amministrativo il provvedimento viziato si dice illegittimo; e quando si parla di provvedimento nullo si ci riferisce ad un provvedimento precariamente efficace suscettibile di eliminazione ( ossia annullabile). Inoltre, in diritto amministrativo, l’illegittimità di un provvedimento può dipendere da 3 tipi vizi:
Incompetenza
Violazione di legge
Eccesso di potere
Nel diritto tributario valgono gli schemi del diritto amministrativo e quindi la nullità dell’avviso di accertamento sancita nel diritto tributario, non deve essere intesa nel senso in cui il codice civile parla di nullità dei contratti. L’avviso di accertamento nullo è infatti un atto che pur se viziato, produce effetti ( come un provvedimento valido ); in sostanza la nullità dell’avviso di accertamento, corrisponde all’annullabilità del contratto. L’avviso di accertamento nullo è un atto viziato, che tutta via produce i suoi effetti fino a quando non è annullato dal giudice; preferibile dunque dire che è illegittimo, o annullabile ( anche se la legge parla di nullità ). In diritto tributario non essendovi atti discrezionali, non si danno vizi di << eccesso di potere >>. Ogni possibile vizio è insomma un vizio di << violazione di legge>>. Tra i vizi degli avvisi di accertamento, possiamo distinguere vizi di contenuto e vizi di forma. I primi riguardano la parte dispositiva dell’atto e sono costituiti da violazioni delle norme tributarie sostanziali, che si riflettono sull’an o sul quantum dell’imponibile dell’imposta. I vizi formali, invece, riguardano l’iter formativo dell’atto, la motivazione, il rispetto dei termini, la competenza, ecc. . Per il negozio giuridico e per gli atti processuali vi sono regole precise che indicano quando un atto è invalido; invece, nel diritto amministrativo, in generale, ed in quello tributario, in particolare, non è stabilito un criterio preciso per discernere i vizi innocui ( che generano l’irregolarità dell’atto ) dai vizi invalidanti. In diritto tributario vi sono molte norme che stabilisco che un certo requisito è richiesto a pena di nullità dell’atto; ad es. in materia di imposte dirette è stabilita in modo esplicito la nullità degli accertamenti non sottoscritti o non motivati.
Non è sottoscritto;
È intestato ad un soggetto inesistente;
È emesso in situazione di carenza di potere;
È emesso da un ufficio territorialmente incompetente;
Non è notificato;
È privo di elementi essenziali della parte dispositiva.
L’atto inesistente non genera effetti, non genera alcuna preclusione; poiché non sembra ammissibile un azione volta a farne dichiarare l’inesistenza, il contribuente può tutelarsi impugnando l’atto successivo che gli viene notificato.
L’avviso di accertamento diventa definitivo quando sono decorsi i termini di impugnazione ( 60 giorni ), e non è impugnato. Se l’atto è tempestivamente impugnato con ricorso non inammissibile, si crea una situazione di pendenza, al termine della quale o il ricorso è accolto, ed in tal caso cessa di esistere perché annullato dal giudice, o il ricorso è respinto, e in tal caso l’atto sopravvive al processo come atto definitivo. La definitivtà, dunque, è solo il riflesso dell’estinzione del potere di impugnarlo. La definitività dell’avviso di accertamento non è una condizione di stabilità e immutabilità dell’avviso. Infatti la stessa amministrazione può annullarlo in sede di autotutela; inoltre se riguarda un coobbligato solidale la giurisprudenza ne ammette la disapplicazione se un altro coobbligato ottiene un giudicato favorevole.
L’avviso di accertamento esplica effetti nei confronti dei soggetti contemplati come suoi destinatari, ed ai quali sia notificata. In linea di principio non vi sono altri soggetti investiti dall’atto. I soli casi in nei quali l’atto esplica effetti verso i soggetti diversi da quelli in esso contemplati sembrano essere i seguenti:
Quando un soggetto subentri ad un altro nell’obbligazione; quando cioè vi sia successione ne debito d’imposta;
Quando l’amministrazione sia titolare di privilegio speciale, perché in tal caso l’atto emesso nei confronti del soggetto passivo legittima l’esecuzione l’esecuzione sul bene indipendentemente dalla proprietà del bene stesso.
Come i giudici non possono pronunciarsi due volte sulla medesima controversia, così l’Amministrazione finanziaria non deve sottoporre ad imposta due volte lo stesso presupposto. Il divieto di doppia imposizione implica che è vietato accertare due volte, a carico dello stesso soggetto la stessa imposta su di un medesimo presupposto. Nelle sue articolazioni più significative il divieto implica:
Che non può essere applicata la stessa imposta sullo stesso presupposto nei confronti di soggetti diversi;
Il divieto opera anche quando sono coinvolte imposte diverse: perciò un reddito non può essere tassato prima come reddito di una società di capitali, poi di una persona fisica, con l’applicazione dell’ ex IRPEG in un caso e dell’ex IRPEF nell’altro.
L’avviso di accertamento assume denominazioni diverse a seconda del metodo con cui viene determinato l’imponibile. Si distingue, sotto questo profilo tra accertamento analitico e sintetico, analitico-contabile ed induttivo, presuntivo, ecc. . Per analizzare la materia bisogna distinguere non solo tra le varie imposte ma anche tra accertamento del reddito complessivo e accertamento dei singoli redditi.
L’accertamento analitico è quello che ricostruisce l’imponibile considerandone le singoli componenti. Più precisamente per le persone fisiche si ha accertamento analitico quando il reddito complessivo imponibile viene determinato con riferimento alle singole categorie reddituali; essendo note le fonti dei redditi distinti per categorie, si quantificano i redditi delle varie categorie. L’accertamento è analitico anche se ha per oggetto un solo tipo di reddito; ciò che lo caratterizza è infatti la conoscenza della fonte del reddito. Per i redditi di impresa l’accertamento analitico è quello effettuato determinando o rettificando singoli componenti del reddito; esso presuppone che la contabilità nel suo complesso non venga considerata inattendibile, e che se ne rettifichino singoli risultanze; ecco perché detto analitico-contabile. Anche nell’Iva si ha accertamento analitico quando la rettifica investe singoli componenti dell’imponibile; nelle altre imposte indirette non ha ragione d’essere la distinzione tra più metodi di accertamento, salvo ipotesi particolari.
Di accertamento sintetico si parla a proposito del reddito complessivo delle persone fisiche. Mentre l’accertamento analitico ha per oggetto redditi appartenenti a singole categorie, con l’accertamento sintetico si ottiene direttamente la misura del reddito complessivo. Con il metodo analitico l’iter conoscitivo ha come punto di partenza specifiche fonti reddituali e come esito la quantificazione del reddito attribuibile a tali fonti; il metodo sintetico, invece, ha come punto di partenza l’individuazione di elementi e fatti economici diversi dalle fonti di reddito. Perciò l’accertamento sintetico viene anche indicato come accertamento basato sulla spesa.
Per quanto riguarda i presupposti dell’accertamento sintetico va rilevato:
A- L’ufficio non è obbligato a verificare la congruità dei singoli redditi dichiarati prima di adottare il metodo sintetico;
B- L’ufficio può procedere all’accertamento sintetico in base ad elementi e circostanze di fatto certi in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze;
C- I fatti o indici su cui può essere fondato un accertamento sintetico non sono predeterminati dal legislatore e sono dati in genere o dal datore di vita, o da investimenti;
D- L’accertamento è ammesso solo quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato;
E- L’accertamento sintetico può essere adottato come conseguenza della mancata collaborazione del contribuente all’attività istruttoria dell’ufficio.
Per quanto riguarda il risultato, va notato che dall’impiego del metodo sintetico si ottiene la determinazione del reddito complessivo netto; perciò non hanno rilievo le spese di produzione del reddito e non sono deducibili gli oneri che sono invece deducibili dal reddito complessivo determinato in via anale.
Schematicamente, possiamo enucleare tre criteri di quantificazione del reddito sintetico.
A) Innanzitutto, occorre dire del << redditometro >>. La legge attribuisce al ministro delle finanze il potere di individuare dei fatti-indice, in base ai quali gli uffici possono determinare induttivamente il reddito globale. Il redditometro può essere adottato solo nel caso in cui il reddito dichiarato non risulti congruo per almeno due periodi di imposta. Il decreto ministeriale considera come indici la disponibilità di aerei, navi, imbarcazioni da diporto, automobili e altri mezzi di trasporto; residenze principali e secondarie. Tale decreto ha natura regolamentare; pertanto ne è possibile il sindacato giurisdizionale, si da parte del giudice amministrativo, sia da parte del giudice tributario. Esso contiene delle presunzioni. Accertata l’esistenza di determinati indici, l’ufficio ne può desumere la quantificazione del reddito usando i coefficienti stabiliti dal decreto ministeriale.
B) L’accertamento sintetico può essere effettuato anche in base ad altri fatti tra cui ha un rilievo preminente la spesa per incrementi patrimoniali. Quando l’esborso è molto elevato in rapporto ai redditi dichiarati dal contribuente nell’anno in cui viene fatta la spesa e negli anni precedenti, è legittimo presumere che siano stati utilizzati redditi non dichiarati. Per delimitare la discrezionalità degli uffici, la legge stabilisce che qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta con redditi conseguiti in quote costanti nell’anno in cui è stata effettuata e nei cinque anni precedenti. L’ufficio deve tener conto della somma effettivamente sborsata; quindi se in contribuente acquista un immobile ando il prezzo in parte in contanti e in parte con l’assunzione di un mutuo l’ufficio non dovrà tener conto della somma mutata.
C) Il redditometro è fondato sull’assunto che in base a determinate spese si può desumere il reddito globale; la prassi in uso prima del redditometro muoveva dalla ricostruzione presuntiva della spesa globale per inferire da questa il reddito globale. In sostanza, veniva quantificata presuntivamente la somma spesa dal singolo contribuente e dal suo nucleo familiare nel periodo d’imposta; a questa veniva aggiunta la così detta quota-risparmio ( la somma che presuntivamente il contribuente accantona ); ed il reddito complessivamente prodotto veniva considerato pari alla somma di quanto speso per vivere e della quota-risparmio.
L’accertamento analitico-contabile dei redditi d’impresa è quello che consta di rettifiche di singole componenti del reddito imponibile. In pratica la rettifica può scaturire :
A) Dal confronto tra dichiarazione, bilancio e scritture contabili;
B) Dall’esame dalla documentazione che sta a base della contabilità;
C) Da circostanze estranee alla contabilità o alla sfera dell’impresa.
Nella prassi si usa distinguere tra accertamento analitico tout court e accertamento analitico-induttivo.
Accertamento analitico tout court è quello che deduce l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione in modo certo e diretto da una delle risultanze probatorie acquisite dall’ufficio attraverso i verbali, le risposte ai questionari, l’esame dei conti bancari ecc..
Accertamento analitico-induttivo è invece quello che rettifica la dichiarazione sulla base di presunzioni. La legge consente infatti all’ufficio di affermare l’esistenza di attività non dichiarata o l’inesistenza di passività dichiarate anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi precise e concordanti.
Inoltre gli accertamenti analitico-induttivi possono essere fondati anche sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta ovvero dagli studi di settore.
L’accertamento analitico-induttivo può essere dunque fondato:
Su presunzioni ( gravi, precise e concordanti)
Su gravi incongruenze
Sugli studi di settore
Secondo l’art. 39 del D.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, il metodo induttivo-extracontabile può essere adottato nei seguenti casi:
Quando il reddito d’impresa non è stato indicato nella dichiarazione;
Quando dal verbale di ispezione risulta che il contribuente non ha tenuto o ha sottratto all’ispezione una o più delle scritture contabili prescritte ai fini fiscali o quando le scritture non sono disponibili per causa di forza maggiore;
Quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate mediante verbale di ispezione o le irregolarità formali delle scritture contabili sono così gravi, numerose, ripetute da rendere nel complesso inattendibili le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica;
Quando il contribuente non ha dato seguito all’invito a trasmettere o esibire atti o documenti e non ha risposto al questionario.
In presenza di tali situazioni l’ufficio può procedere ad una forma particolare di accertamento, che è caratterizzata da tre facoltà:
A) L’ufficio può avvalersi dei dati e delle notizie raccolti o venuti a sua conoscenza;
B) L’ufficio può prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili;
C) L’ufficio può avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione, e concordanza.
L’ufficio può ritenere inattendibile la contabilità solo in base a prove circostanziate circa le irregolarità contabili; a questi fini quindi non può servirsi di dati astratti ma deve basarsi su prove concrete riguardanti in singolo contribuente. Una volta appurata in modo concreto l’inattendibilità della contabilità rivolta a ricostruire il reddito: in questa seconda fase l’ufficio può prescindere dalla contabilità, e servirsi di dati ed elementi raccolti e di presunzioni non assistite dai requisiti, gravità e concordanza. Solo in questa seconda fase l’ufficio può servirsi di medie statistiche ed altri consimili dati di carattere astratto non desunti dalla situazione concreta del singolo contribuente.
Gli studi di settore si propongono di determinare ricavi o i compensi attribuibili al contribuente sulla base della sua capacità potenziale di produrre ricavo, definita in base ad una varietà di fattori interni ed esterni all’azienda.
In concreto, gli studi di settore sono realizzati rilevando per ogni gruppo omogeneo di imprese le relazioni esistenti tra le variabili contabili e strutturali e i ricavi ottenibili.
Per quanto riguarda i criteri per l’elaborazione dei singoli studi di settore, le e imprese vengono divise in gruppi omogenei ( Cluster ) in base ad una molteplicità di fattori ( Modelli organizzativi, tipo di clientela, area di mercato, ecc. ).
Viene quindi determinata, per ciascun cluster, una funzione matematica, in base alla quale sono stati calcolati ricavi (variabile dipendente ) muovendo dai dati contabili e strutturali (variabile indipendenti ) sulla base di tali elaborazioni è stata individuata la relazione esistente tra le caratteristiche dell’attività e l’ammontare dei ricavi o dei compensi. Così muovendo dai dati relativi alle caratteristiche e modalità di esercizio dell’attività può essere calcolato l’importo presunto dei ricavi o dei compensi ottenuti nel periodo d’imposta.
Per quanto riguarda i casi e nei confronti di quali soggetti sono applicati gli studi di settore: assumono rilievo gli imprenditori in regime di contabilità semplificata; nei confronti di tali soggetti può essere sempre applicato lo studio di settore per il solo fatto che ritratta di soggetti in contabilità semplificata. Invece nei confronti di soggetti in regime di contabilità ordinaria e nei confronti degli esercenti arti e professioni, gli studi di settore possono essere applicati solo se l’ammontare dei ricavi determinabili sulla base degli studi e superiore dei ricavi dichiarati in almeno due periodi di imposta su tre consecutivi. Infine gli studi di settore possono essere applicati nei confronti dei soggetti in regime di contabilità ordinaria qualora si riscontri l’inattendibilità della contabilità.
I responsabili dei CAF delle imprese ed i professionisti abilitati possono rilasciare su richiesta dei contribuenti una speciale asseverazione detta << visto pesante >>. Con tale visto viene asseverato che gli elementi comunicati all’amministrazione finanziaria nella dichiarazione dei redditi, e rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, corrispondono ala contabilità e alla documentazione dell’impresa. Inoltre il visto implica l’attestazione che i ricavi dichiarati sono congrui rispetto a quelli determinabili sulla base degli studi di settore. Il << visto pesante >> produce due ordini di effetti:
A) Le dichiarazioni accomnate dal visto pesante non possono essere rettificate col metodo induttivo; possono essere rettificate in base agli studi di settore ma entro la fine del terzo anno successivo alla presentazione della dichiarazione;
B) In caso di rettifica il ricorso impedisce la riscossione fino alla sentenza di primo grado.
La rettifica, in qualsiasi modo svolta, presuppone una dichiarazione del contribuente. In caso di omessa presentazione della dichiarazione ( fattispecie cui va assimilata la presentazione di dichiarazioni radicalmente nulle ), l’Ufficio procede ad accertare d’ufficio, determinando il reddito complessivo del contribuente sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolte o di cui sia venuta a conoscenza con facoltà di avvalersi di presunzioni non qualificate e di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze delle dichiarazioni o delle scritture contabili del contribuente. L’ufficio può procedere all’accertamento in oggetto entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui avrebbe dovuto essere presentata la dichiarazione.
L’accertamento parziale è quello che si fonda su segnalazioni provenienti dal centro informativo delle imposte dirette, dalla guardia di finanza, da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici, o dall’anagrafe tributaria. In base a tali segnalazioni l’ufficio delle entrate può rettificare la dichiarazione accertando un reddito non dichiarato, il maggiore ammontare di un reddito parzialmente dichiarato, o la non spettanza di deduzioni, esenzioni o agevolazioni. L’accertamento parziale si caratterizza dunque sotto due profili: per i soggetti da cui provengono i dati e per l’oggetto delle segnalazioni. L’oggetto delle segnalazioni è costituito da dati riguardanti un determinato reddito o da elementi che incidono sulle deduzioni, sulle esenzioni o sulle agevolazioni; di regola quindi l’accertamento parziale è un accertamento analitico. Alla natura parziale di simili accertamenti si collegano due conseguenze:
A) La prima è che resta impregiudicata l’ulteriore eventuale attività istruttoria dell’ufficio, e la possibilità di emanare un successivo avviso di accertamento anche in base ad elementi gia acquisiti dall’ufficio al momento dell’emissione dell’accertamento parziale;
B) La seconda è che l’accertamento parziale e che non richiede la collaborazione del comune.
Dall’ art. 43 del D.p.r. 29 settembre n. 600 del 1973 si desume che << fino alla scadenza del termine stabilito,l’accertamento può essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. Nell’avviso devono essere indicati a pene di nullità i nuovi elementi e gli atti o fatti atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell’ufficio dell’imposte >>. Tale disposizione, dunque, presupponendo la regola per cui l’ufficio, nell’emettere un accertamento utilizza tutti i dati raccolti, consente l’emanazione di nuovi accertamenti solo in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. Va rilevato che il limite posto da tale disposizione all’azione accertatrice degli uffici riguarda soltanto gli accertamenti integrativi ( comportanti cioè un aumento dell’imponibile o dell’imposta precedentemente accertati ) o modificativi ( comportanti ad es. una diversa quantificazione del reddito), ma non impedisce all’ufficio l’esercizio del potere di ridurre o annullare il precedente accertamento perché l’ufficio si avvede di aver errato a danno del contribuente.
Nel procedimento di accertamento possono intervenire anche degli accordi tra ufficio e contribuente: in tal caso la rettifica della base imponibile dichiarata è fatta in contraddittorio tra ufficio e contribuente e si concreta in un atto dell’ufficio al quale si aggiunge l‘adesione del contribuente. In tale ipotesi l’accertamento è correttamente detto concordato. L’accertamento con adesione non è fatto con provvedimento notificato al contribuente, ma dopo che contribuente e ufficio hanno raggiunto un accordo, con un atto dell’ufficio che viene sottoscritto anche per adesione dal contribuente. Per quanto riguarda l’oggetto e gli effetti del concordato: esso può avere per oggetto il reddito o il volume d’affari soggetto ad Iva. Se viene concordato il reddito di un attività soggetto ad Iva la quantificazione fatta ai fini reddituali vale anche ai fini dell’Iva. Inoltre il concordato può riguardare la base imponibile dell’imposta di registro. L’accertamento con adesione impegna il contribuente ed impegna anche l’ufficio infatti il contribuente non può proporre ricorso ne l’ufficio può modificarlo. Il concordato in generale non ha effetti extratributari ma rileva per i contributi previdenziali e assistenziali, la cui base imponibile è riconducibile a quella delle imposte sui redditi. ½ sono però dei casi tassativamente previsti in cui il concordato può essere integrato con un successivo accertamento; ciò è consentito:
A) Se sopravviene la conoscenza di nuovi elementi dai quali si desume un maggior reddito superiore al 50% del reddito definito e comunque non inferiore al 77.000 € ;
B) Se l’accertamento riguarda accertamenti parziali;
C) Se l’accertamento riguarda i redditi di società o enti per i quali vale il principio di trasparenza.
Secondo quando dispone il terzo comma dell’Art. 2 del D.L.gs. 21897, l’accertamento definito con adesione:
Non è impugnabile da parte del contribuente;
Non è integrabile o modificabile da parte dell’ufficio;
Non rileva ai fini dell’ICIAP a e ai fini extratributari;
Comporta la riduzione delle sanzioni amministrative ad 14 del minimo
Per quanto riguarda la procedura: essa può essere avviata dall’ufficio finanziario competente, che invita in contribuente a ire indicandogli i periodi di imposta suscettibili di accertamento, non che il giorno e l’ora della izione. Anche il contribuente può prendere l’iniziativa, quando ha subito accessi, ispezioni o verifiche, o quando gli è notificato un avviso di accertamento. Raggiunto l’accordo viene redatto un atto sottoscritto dal titolare dell’ufficio e dal contribuente. L’accertamento con adesione ha contenuto analogo all’accertamento normale; deve essere infatti motivato e deve contenere la liquidazione delle imposte e degli altri importi dovuti. Il amento dell’importo dovuto deve essere effettuato mediante versamento diretto ed è il versamento che perfeziona il concordato; se il contribuente non versa, il concordato viene meno e l’ufficio riacquista la sua normale potestà impositiva.
L’avviso di liquidazione è emesso nei casi in cui essendo gia determinato l’imponibile si tratta solo di liquidare l’imposta e chiederne il amento. In quanto atto determinativo dell’imposta, l’avviso di liquidazione è atto impositivo; se il contribuente intende contestare la liquidazione dell’imposta, deve impugnare l’avviso. In quanto atto con cui viene richiesto in amento dell’imposta, l’avviso di liquidazione è atto della procedura di riscossione. Se l’avviso di liquidazione non segue il amento del tributo, l’amministrazione provvede alla riscossione coattiva mediante iscrizione a ruolo.
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