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LE SOSPENSIONI DEL RAPPORTO DI LAVORO
Sono considerate sospensioni del rapporto di lavoro:
lo sciopero
le aspettative e i diritti sindacali
le pause e i riposi
la sospensione per crisi aziendale
la sospensione per accordo tra le parti.
Altra classificazione avviene tra:
sospensione per motivi inerenti alla sfera del prestatore di lavoro
sospensione dipendente dall'impresa.
L'art 1207 c.c. disciplina questo tipo di fattispecie come la mora del creditore, da valutare in senso ampio come comportamento oggettivamente dipendente dal datore di lavoro. Nelle ipotesi di sospensione per cause dipendenti dal lavoratore, invece, la garanzia, riconosciuta nella maggior parte dei casi dall'art 2110 c.c., è quella di un'indennità previdenziale attribuita in conformità con l'art 38 Cost.
Nei casi di impossibilità della prestazione la regola generale del diritto civile è che il rapporto di estingue automaticamente se l'impossibilità è definitiva e totale, ovvero quando si prolunga nel tempo fino a far venir meno l'interesse del creditore al suo ricevimento. Nei casi di impossibilità temporanea si sospende il rapporto di lavoro ed è garantita la conservazione del posto di lavoro.
Le regole generali sui contratti prevedono che la sospensione dell'obbligazione, possa aversi solo consensualmente e non conseguire da una iniziativa unilaterale del soggetto interessato, come avviene nei casi di sciopero, permessi e aspettative.
L'opinione prevalente è che siano ammissibili solo le deroghe specificamente previste dalla disciplina legislativa o contrattuale e che queste siano tassative.
SOSPENSIONI PER CAUSE INERENTI AL LAVORATORE
Artt. 2110 - 2111 c.c. elencano i casi più rilevanti di sospensione per motivi attinenti alla sfera del lavoratore. Essi sono:
malattia
infortunio
gravidanza e puerperio
servizio militare
in tutti questi casi vi è il principio comune alla conservazione del posto di lavoro per il c.d. PERIODO DI COMPORTO. Il potere di recesso del datore di lavoro in questo periodo viene sospeso.
Tutti i periodi di assenza dal lavoro, tranne il servizio militare, vanno computati a tutti gli effetti nell'anzianità di servizio.
Per quanto riguarda la conservazione del reddito, il lavoratore ha diritto alla retribuzione per il periodo e nella misura stabilita dalla legge o dal CCNL. La regola non vale per il servizio di leva ed è differenziata a se conda che si parli di operai o di impiegati:
a) operai: ricevono un'indennità previdenziale posta a casico dell'INPS ma anticipata dal datore di lavoro
b) impiegati: hanno diritto al mantenimento della retribuzione a carico del datore di lavoro, integrale per un certo periodo di tempo e parziale per un periodo successivo.
L'indennità è corrisposta nella misura del 60% della retribuzione normale a partire dal 3° giorno dopo l'inizio della sospensione.
Di recente il legislatore ha riconosciuto anche al collaboratore a prgetto una protezione minima in caso di malattia, infortunio e gravidanza.
MALATTIA: affezioni morbose comportanti un'incapacità al lavoro.
In questo caso la conservazione del poto è garantita per periodi variabili, di solito a seconda dell'anzianità di servizio del lavoratore e con esclusione dei dipendenti in prova.
In caso di infortunio, la conservazione del posto perdura fino alla guarigione certificata dell' INAIL. Se invece siamo nel caso della malattia professionale, finche il lavoratore riceve dall'INAIL i relativi indennizzi economici il posto viene conservato.
Malattia e infortunio sospendono il periodo di preavviso.
La contrattazione collettiva ha imposto al datore di lavoro di integrare in tutto o in parte la retribuzione agli operai fin dal primo giorno di malattia. Un tempo i primi giorni di malattia non venivano ati per scongiurare l'assenteismo sul posto di lavoro. Successivamente, la l.n.638/1983 ha imposto ai lavoratori l'obbligo di reperibilità in determinate fasce orarie, 10 - 12 e 17 - 19, salvo giustificato motivo, ai fini della visita medica. Se il lavoratore non è reperibile vi è la decadenza da ogni trattamento economico fino a 10 giorni e, solo nel caso in cui il lavoratore non venga trovato alla 2 visita, il dimezzamento della retribuzione. Questo tipo di sanzioni scattano indipendentemente dal fatto che il lavoratore sia malato o meno.
In caso di infortunio bisogna comunicare immediatamente al datore. Il termine è prolungato a 2 giorni in caso di malattia, per cui occorre un certificato di diagnosi da parte del medico curante.
Per le malattie brevi e reiterate vediamo la fattispecie del COMPORTO SECCO (riferito ad un unico episodio morboso) e del COMPORTO PER SOMMATORIA (malattia reiterata).
Il licenziamento è ritenuto legittimo se i vari episodi di malattia verificatesi entro un determinato periodo, sommati insieme , superino il periodo di comporto per sommatoria.
È previsto il godimento di CURE TERMALI in misura non superiore a 15 giorni all'anno, solo per esigenze terapeutiche e su prescrizione del medico specialista.
Per quanto riguarda GRAVIDANZA e PUERPERIO, vi è una tutela costituzionale di queste situazioni ex artt 31,2 e 37.
Nel mondo del lavoro entrambi i genitori sono ritenuti portatori di una essenziale funzione sociale, che si espande dalla fase biologica della procreazione sino alle fasi successive di crescita e di educazione dei li naturali, adottivi o affidatari.
Solo alla lavoratrice madre però è concesso il CONGEDO DI MATERNITà PRE - PARTO, con conseguente divieto di lavoro:
a) nei 2 mesi prima della presunta data del parto
b) se il parto avviene oltre tale data, nel periodo tra la data presunta e la data effettiva.
Nel caso di complicanze della gravidanza o quando le condizioni di lavoro possono risultare pericolose per la salute della gestante e del nascituro, il congedo può essere anticipato.
Il CONGEDO POST - PARTO invece copre:
a) i 3 mesi successivi al parto
b) gli ulteriori giorni non goduti prima del parto in caso di parto anticipato.
In totale quindi abbiamo 5 mesi di congedo. L'inosservanza di tali termini è punita penalmente con l'arresto fino a 6 mesi.
Le lavoratrici hanno comunque la possibilità di goderne secondo na modulazine diversa astenendosi dal lavoro un mese prima e recuperare tale mese nel periodo post parto, ove il medico lo autorizzi.
L'indennità giornaliera pari all'80% della retribuzione normale è a carico dell'INPS, ma è il datore ad anticiparla salvo successivo conguaglio. I periodi di congedo vanno computati nell'anzianità di servizio a tutti gli effetti.
È riconosciuto il prolungamento della maternità per le lavoratrici che si trovino alla fine disoccupate a causa di una sospensione, purchè tra l'inizio della sospensione e l'inizio del congedo siano passati più di 60 giorni. Questo anche quando la causa di sospensione sia dovuta a licenziamento per giusta causa o cessazione d'azienda.
Anche le lavoratrici parasubordinate iscritte all'INPS possono fruire di tale trattamento.
Per le lavoratrici a progetto vi è una proroga di 180 giorni della durata del contratto.
Leggi nazionali o regionali prevedono inoltre assegni di maternità, assegni per il nucleo familiare e per le famiglie con reddito limitato.
È nullo il licenziamento intimato alla lavoratrice nel periodo che va dall'inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino, salvo casi eccezionali.
Per evitare di mascherare i licenziamenti con le dimissioni del lavoratore, ci dev'essere la convalida delle dimissioni da parte della direzione provinciale del lavoro. Questo vale sia per la madre che per il padre.
Il diritto al RIENTRO prevede:
la conservazione del posto di lavoro
il diritto alle stesse mansioni svolte in precedenza
il diritto a rimanere nella stessa unità produttiva.
Il CONGEDO DI PATERNITà funziona invece solo per i 3 mesi post - parto, per quei casi gravi come morte o infermità mentale della madre, affidamento esclusivo del bambino al padre.
Un congedo di 3 mesi con relativa indennità, può essere chiesto dalla lavoratrice che abbia adottato o ottenuto in affidamento un bambino italiano di età inferiore a 6 anni o uno straniero fino a 18. il divieto di licenziamento si applica fino ad un anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare.
I CONGEDI PARENTALI spettano invece ad entrambi i genitori per un massimo di 10 mesi complessivi all'anno per ciascun bambino nei suoi primi 8 anni di vita.
Il congedo parentale può essere goduto contemporaneamente o separatamente dai genitori.
Per questa disciplina i genitori hanno diritto ad un'indennità pari al 30% della retribuzione fino al 3 anno di vita del bambino e er un periodo complessivo massimo di 6 mesi; dal 3 anno l'indennità è dovuta solo se il reddito individuale del genitore è basso. Tutti i periodi sono computati in anzianità di servizio.
La lavoratrice madre o in alternativa l lavoratore padre di minore con handicap grave hanno diritto al prolungamento fino a 3 anni del congedo parentale.
Per i lavoratori subordinati, i riposi giornalieri sono di 2 ore al giorno per il primo anno di vita del lio. In caso di parto plurimo il tempo raddoppia.
Entrambe i genitri ma in maniera alternata possono asentarsi dal lavoro per le malattie del lio previo certificato, nei primi 3 anni del lio per tutta la durata della malattia, dai 3 agli 8 anni fino a un max di 5 giorni all'anno. In caso di ricovero del lio viene interrotto il periodo di ferie.
Il rifiuto e l'opposizione a tali diritti sono puniti con sanzioni amministrative ed è nullo il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione di congedo parentale.
I LICENZIAMENTI COLLETTIVI
Il licenziamento collettivo è disciplinato dalla l. 223/91. prima erano regolati da 2 accordi interconfederali. Il licenziamento collettivo è connesso allo strumento della Cassa integrazione guadagni (ammortizzatore sociale). Il licenziamento collettivo seguito da mobilità diviene lo strumento con cui risolvere i problemi di eccedenza definitiva di personale attraverso una intelligente ed assistita getione extra - aziendale, della forza lavoro esuberante.
La 223/91 interviene su un sistema vecchio che prevedeva un'intervento importante della cassa integrazione. Il suo uso era stato distorto percjè si applicava anche a imprese che non potevano riprendersi. La nuova legge straordinarizza la cassa integrazione.
La l. 223/91 contempla 2 fattispecie di licenziamento collettivo:
per riduzione del personale: serve che l'azienda abbia un organico minimo di 15 dipendenti che intenda licenziare almeno 5 lavoratori nella provincia o in arco temporale di 20 giorni. Il numero dei lavoratori può anche diminutire e il licenziamento rimane sempre collettivo se all'inizio se ne volevano licenziare alemeno 5. Facciamo notare che non si tratta di unità produttive. La causa della dismissione dev'essere unitaria e riconducibile a una RIDUZIONE O TRASFORMAZIONE DI ATTIVITA' DI IMPRESA. Fanno licenziamento collettivo anche 2 licenziamenti + 2 dimissioni + un mutuo consenso per la stessa ragione.
Il giudice valuta la legittimità del licenziamento e non può sindacare la scelta né dare alternative. Il compito del giudice è quello di:
accertare la sussistenza del presupposto causale
verificare il nesso tra il ridimensionamento e i singoli provvedimenti di recesso.
Valutare la correttezza procedurale dell'operazione
per messa in mobilità:
l'imprenditore con + di 15 dipendenti può avviare il procedimento di
messa in mobilità alla fine di un periodo di CIG straordinaria, e
ritenga dinon essere in grado di reimpiegare tutti i lavoratori sospesi e di
non poter ricorrere a misure alternative. Deriva quindi da una situazione
oggettiva e anche un unico licenziamento dopo
La procedura è prevista dagli artt 4 e 5 223/91. questa impone all'imprenditore l'bbligo di comunicare preventivamente e per iscritto alle RSA e RSU ed alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative i motivi tecnici ed organizzativ che determinano la necessità di ridurre il personale. Il datore ha l'obbligo di comunicare:
n dei lavoratori
qualifiche
motivi
conseguenze
misure per far fronte al licenziamento collettivo
per ogni lavoratore il datore deve versare una somma a titolo di anticipo sul TRATTAMENTO DI MOBILITA'. Si effettua con un versamento all'inps ed è un costo per l'impresa.
La prima fase di questa procedura è una fase SINDACALE che ha luogo per iniziativa del sindacato entro 7 giorni dalla data di ricevimento della comunicazione e deve svolgersi entro 45 giorni. È un libero confronto tra l'imprenditore e il sindacato finalizzato a ricercare un accordo che risolva in tutto o in parte il problema delle eccedente- il datore di lavoro ha l'onere di buona fede verso il lavoratore.
Il legislatore non si è spinto al di la dell'obniettivo di incentivare il dialogo con finalità conciliative, visto che l'imprenditore resta libero di non accettare le proposte sindacali e il sindacato può fare altrettanto. L'imprenditore è incentivato a concludere l'accordo dal momento che in questo caso beneficia di una consistente decurtazione dei costi del licenziamento. È prevista altresì l'ipotesi in cui un recesso possa essere evitato spostando il lavoratore a mansioni anche non equivalenti a quelle di provenienza.
Dopo questa fase si conurano 2 situazioni:
se si raggiunge l'intesa viene formalizzata in un accordo
se la procedura è risultata infruttuosa c'è una nuova fase conciliativa in sede amministrativa. L'organo amministrativo ha numerosi dati per la ricollocazione dei lavoratori.
Qui non ci sono ancora i nomi dei lavoratori. L'intera procedura non può avere durata superiore a 7 giorni. Il datore ha facoltà di individuare i lavoratori utilizzando appositi criteri in concorso tra loro posti in CCNL o stabiliti in via sussidiaria nella l 223/91 che sono:
esigenze tecnico - produttive
carichi di famiglia
anzianità contributiva
in base alle esigenze dell'impresa si darà + valore a un criterio piuttosto che ad un altro. Tutto deve avvenire con buona fede e trasparenza.
Anche in questo tipo di licenziamento occorre la forma scritta. Se il rapporto cessa immediatamente verrà corrisposta l'indennità d preavviso. L'atto di recesso permette l'iscrizione del lavoratore nelle liste di mobilità con dovuta informazione alle autorità pubbliche e sindacali da parte del datore.
I lavoratori nelle liste di mobilità hanno diritto a:
a) sostegno al reddito: indennità di mobilità al massimo per 2 anni
b) ricollocazione: la regione crea corsi professionali d seguire per non perdere i benefici.
Il licenziamento collettivo è VIZIATO quando sia intimato:
senza l'osservanza delle forme previste (forma scritta),
non siano state osservate le procedure
non corretta applicazione dei criteri di scelta: manca il requisito della motivazione del licenziamento.
Se il giudice dichiara illegittimo il licenziamento ne dichiara:
INEFFICACIA: se c'è difetto di forma o mancato rispetto della procedura
ANNULLABILITA': per violazione dei criteri di scelta
In ambo i casi si
ordina
Esiste però un correttivo per cui il datore ha la facoltà di intimare il licenziamento ad un altro lavoratore facendo un corretto uso ei criteri di scelta, con l'unico onere aggiuntivo di una comunicazione preventiva alle rappresentanze sindacali aziendali.
Il TFR: trattaemento di fine rapporto è un'indennità che spetta al lavoratore in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro. La disciplina è dettata dalla l 297/82. prima si chiamava indennità di anzianità. Veniva corrisposto sempre tranne in caso di licenziamento.
La vecchia indennità veniva calcolata con una moltiplicazione dell'ultima retribuzione per un coefficiente proporzionale alla durata del rapporto. Per ciascun anno di servizio si isolava una quota pari alla complessiva retribuzione annuale divisa per 13,5. nella nuova disciplina acquista un carattere previdenziale da corrispondere anche in caso di licenziamento.
il CCNL può agire solo sul dividendo stabilendo cosa rientra e cosa no.
Una delle novità è l'equiparazione del trattamento epr impiegati ed operai, annullando gli svantaggi che quest'ultima categoria poteva ancora registrare a livello di contrattazione collettiva.
Le quote della retribuzione annuale devono essere rivalutate ogni anno con l'applicazione di un tasso dell'1,5% in misura fissa e dal 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo accertato dall'Istat. Il nuovo sistema di computo del TFR concerne solo le anzianità di lavoro maturate dopo il 31 maggio 1982.
Il lavoratore con almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore può ottenere un'anticipazione del TFR non superiore al 70% del trattamento maturato. Ci sono però precisi vincoli per la domanda di anticipazione:
spese sanitarie per terapie
acquisto della prima casa di abitazione per se o li
spese durante i periodi di formazione
astensioni da lavoro dei genitori dei primi 8 anni del bambino.
Anche il limite dei beneficiari.
Viene previsto un fondo di garanzia alimentato da contributi datoriali e destinato a sostituire il datore di lavoro nell'erogazione del TFR in alcuni casi di insolvenza o inadempimento. Il fondo interviene in caso di:
a) fallimento
b) concordato preventivo
c) liquidazione coatta
d) amministrazione straordinaria.
2004= RIFORMA MARONI: mira a facilitare l'afflusso del TFR ai fondi pensionistici complementari. Non vien prevista una forma di conferimento ma un silenzio assenso. La volontà del lavoratore a non aderire al fondo pensione dev'essere espressa entro 6 mesi dall'entrata in vigore del relativo decreto legislativo.
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