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L'INDUSTRIA ITALIANA E L'INDUSTRIA MANIFATTURIERA
L'INDUSTRIA ITALIANA
In Italia le prime industrie nacquero nei decenni successivi all'unità di Italia, e si consolidarono grazie ad una politica del Governo che adotto il protezionismo e sviluppò interventi indiretti; il ritardo dell'industria italiana rispetto ad altri paesi era dovuta:
alla scarsità di materie prime
alla divisione politica della penisola
alla marginalità nei confronti dei traffici atlantici.
Solo dopo la 2° guerra mondiale avvenne la trasformazione della struttura produttiva del paese, e dal '55 al '63 ci fu il cosiddetto " MIRACOLO ECONOMICO".
Negli ultimi 40 anni vi è stato uno sviluppo ineguale dell'industria perché il Nord, oltre ad essere più vicino all'Europa, ha avuto maggiori disponibilità di capitale, mentre il Sud è rimasto più legato al latifondo. Infatti al Nord sono localizzati grandi e medi impianti di produzione in settori economici avanzati; mentre il Sud rimane marginale a questo processo anche dopo l'avvio di politiche statali mirate a promuovere lo sviluppo.
Dagli anni '70 in poi sono emerse le regioni del centro-nord-est, che si sono contrapposte al dualismo nord-sud. Qui vi sono presenti la piccola e media, impresa produttrice di beni di consumo. Definita la terza Italia in quanto molto dinamica, e perché ha dato impulso all'esportazione italiana. Sempre negli anni '70 ha avuto inizio il processo di deindustrializzazione[1].
In italia sono presenti 3 modelli produttivi:
nord- ovest: comprende le regioni di più antica industria industrializzazione, è presente la grande impresa sia pubblica sia privata e i settori fondamentali sono quello siderurgico, automobilistico, chimico, elettromeccanico . che richiedono grandi dimensioni di impianti, specializzazione elevata, intensità di capitala e uso di tecnologie moderne e innovative.
Centro- nord- est: è la seconda grande area economica italiana, è presente la piccola e media impresa e i settori tradizionali sono quello alimentare, tessile, abbigliamento, meccanico, del mobile . è fortemente concorrenziale e soprattutto negli anni '90 ha rafforzato i rapporti economici con l'est europeo.
Mezzogiorno: caratterizzato per lungo tempo da industrie di base promosse dallo stato, ma con risultati poco positivi. Negli ultimi anni si è arricchito di piccole e medie imprese nei settori tessile, alimentare e dell'abbigliamento, ma rimane una sviluppo disordinato e dilaga il sommerso.
Le cause di squilibri industriale tra nord e sud sono dovute:
ai differenti livelli di sviluppo economico prima dell'unità
alla discreta disponibilità di energia
alla vicinanza ai mercati europei e all'efficienza dei trasporti per il nord
ad una borghesia imprenditoriale, nel nord, dinamica e pronta ad investire.
Lo Stato a questa situazione di divario tra nord e sud ha risposto con l'istituzione della Cassa del Mezzogiorno nel 1950 e nel 1957 con la teoria dei "poli di sviluppo":
creare grandi impianti al sud con funzione trainante per le altre imprese
creazione di leggi che concedessero incentivi finanziari, agevolazioni fiscali e dislocasse almeno il 40 % delle imprese a partecipazione statale al Sud.
I risultati furono che:
non è stata sufficientemente diffusa l'industria
non è stato risolto il problema della disoccupazione
si sono formate "cattedrali nel deserto".
L'industria manifatturiera si è sviluppata a partire dalla rivoluzione industriale e negli ultimi due secoli, si è sviluppata in modo squilibrato e ha avuto conseguenze sull'occupazione e sui livelli di reddito sia interni sia esterni.
Dal 18esimo secolo in poi furono introdotti la macchina a vapore, il telegrafo, la locomotiva e il motore a scoppio, e tutte queste invenzioni favorirono i processi di concentrazione di attività manifatturiere in alcune regioni industriali.
L'industria può avere due significati: uno in senso stretto e l'altro in senso lato:
in senso lato per industria si comprende svariate fasi e tipi di attività economica;
in senso stretto è sinonimo di settore secondario, cioè l'insieme delle attività di trasformazione di prodotti primari in beni di consumo.
L'industria opera attraverso relazioni funzionali che possono essere semplici o complesse.
per quelle semplici si parla di piccole- medie imprese che hanno rapporti limitati con l'ambiente esterno;
per quelle complesse si parla di imprese sempre più grandi con un livello tecnologico sempre maggiore che hanno rapporti sia con il territorio circostante sia nelle relazioni ad ampio raggio.
I fattori che hanno determinato i primi insediamenti industriali sono stati la presenza di giacimenti minerari e le fonti di energia. Nel 19esimo secolo, infatti, i primi insediamenti di manifatture tessili si sono avuti nella zona dello Yorkshire e di Norkfolk, mentre i primi impianti di lavorazione dei metalli nella Slesia, nella Boemia e nel Basso Reno.
Le condizioni di localizzazione delle industrie sono state 3:
la disponibilità di materie prime ed energetiche
la presenza di un bacino di forza lavoro
la presenza di un bacino di mercato.
Cercando di massimizzare i profitti e di ridurre e costi di funzionamento.
Le prime potenze industriali sono state: Gran Bretagna, Francia, Germania e Stati Uniti.
I vantaggi derivanti dall'agglomerazione sono molteplici:
si hanno relazione di scambio di forniture, semilavorati e parti di prodotto fra più imprese;
vi sono migliori servizi in quanto le infrastrutture sono collettive e di livello superiore;
vi è la possibilità di un unico sistema infrastrutturale fra più imprese, come le vie di comunicazione;
si dispone di un'ampia gamma di servizi per la produzione in quanto vi sono organismi di ricerca e consulenza;
è presente un' atmosfera che consente un rapido scambio delle informazioni e la concorrenza stimola il processo produttivo;
vi è la reputazione del prodotto da mantenere;
è presente un mercato del lavoro differenziato per età, sesso, specializzazione ecc . ;
è presente, infine, un mercato di sbocco.
Le strutture industriali sono state modificate anche da avari fattori quali:
le diseconomie di agglomerazione (cioè tutti gli svantaggi derivanti dall'agglomerazione; tutto quello che prima era un vantaggio, ora rappresenta uno svantaggio);
le politiche regionali (tese a favorire la localizzazione di imprese in regioni non industrializzate);
lo sviluppo tecnologico ( per favorire la dispersione delle imprese nel territorio).
I processi di deglomerazione sono stati:
il decentramento produttivo (scomposizione dell'azienda in unità più piccole);
il decentramento territoriale:
o spostando l'impresa in zone periferiche alle grandi agglomerazioni [suburbanizzazione];
o spostando l'impresa in aree esterne a quelle d'origine [rilocalizzzione];
o spostando l'impresa in altre parti del globo [decentramento globale];
la formazione di sistemi industriali periferici, con una crescita industriale endogena.
Le politiche regionali sono forme di controllo e di indirizzo degli investimenti da parte dello Stato e possono avere tre forme diverse:
intervento indiretto: favorendo la localizzazione di imprese private con agevolazioni fiscali, finanziamenti, interventi per la qualificazione della manodopera . ;
intervento diretto: localizzazando le imprese pubbliche con la strategia della polarizzazione;
pianificazione totale: tipica forma delle economie socialiste.
Gli obiettivi delle politiche regionali sono:
sociali: per ridurre la disoccupazione;
economici: per la piena utilizzazione delle risorse esistenti;
strategici: quando il decentramento dipende da tensioni politico- militari;
politici: evidenti nei paesi a struttura federativa.
Deindustrializzazione: tendenza di un sistema economico a ridurre l'attività industriale a vantaggio dello sviluppo del terziario.
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