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LO STATO
Lo Stato è quel soggetto (ente sovrano, originario ed indipendente) che comanda anche mediante l'uso della forza armata, della quale detiene il monopolio. Alla parola Stato si riferiscono due concetti distinti:
Da quest'ultima definizione emerge che lo Stato è anche un ente territoriale, in quanto individuato da una porzione di territorio che è soggetta alla sua sovranità. Stato sovrano: dal latino superanus, colui che sta al di sopra; lo Stato è superiore ad ogni altro soggetto entro i suoi confini. Per essere tale, la sovranità deve manifestarsi come 'indipendenza' nei rapporti reciproci; per tale ragione, allora, lo Stato è indipendente e sovrano; sovrano al suo interno, indipendente nei confronti degli altri Stati. Lo Stato è originario poiché i suoi poteri derivano solo da sé stesso e da nessun altro. Con ciò si sostiene che esso non è subordinato ad altri soggetti e quindi è indipendente e sovrano. L'organo stato é forse rappresentabile come il pozzo di tutti quei beni e poteri tanto importanti o tanto potenti da non poter essere di nessun altro che di un soggetto che agisca nell'interesse collettivo; questi poteri sono sostanzialmente la sovranità (esercitata attraverso i tre poteri pubblici Legislativo, Esecutivo e Giudiziario) e il monopolio della forza affinché vi sia un fondamento obbligatorio. Lo stato si pone perciò in una condizione di necessarietà di democrazia, ovvero é necessario che esista un unico soggetto che imponga coercittivamente l'ordine e il quadro giuridico entro il quale si svolge la vita dei cittadini e protegga l'interesse di tutti, tanto quanto quest'organo sia controllato comunque sempre dallo stesso popolo, tale che operi nei suoi interessi.
Numerosi studiosi di politica hanno cercato di dare definizioni più precise del concetto di Stato, cercando di enunciare anche le condizioni necessarie affinché esso possa essere considerato tale. Per Max Weber per Stato si deve intendere «un'impresa istituzionale di carattere politico in cui l'apparato amministrativo avanza con successo una pretesa di monopolio della coercizione della forza legittima in vista dell'attuazione degli ordinamenti». Un'altra definizione è tentata da Charles Tilly: «Un'organizzazione che controlla la popolazione occupante un determinato territorio costituisce uno Stato se e in quanto
Lo Stato moderno si afferma in Europa tra il XV e il XVII secolo. La sua formazione avviene attraverso un progressivo accentramento del potere e della territorialità dell'obbligazione politica. Infatti scompaiono le frammentazioni del sistema feudale in favore di un potere centrale, e anche la Chiesa si subordina allo Stato. Avviene una concentrazione del potere su uno specifico territorio. Lo Stato acquiscise poi il monopolio legittimo dell'uso della forza, che avviene tramite la burocrazia e la polizia; la forza è necessaria per mantenere l'ordine interno e difendere la comunità da attacchi esterni. Infine lo Stato moderno si basa sull'impersonalità del comando politico: la legittimazione proviene da regole, da un'obbedienza non dettata dalla paura ma dal riconoscimento da parte dei soggetti della legittimità del potere esercitato.
Fondamentale per la nascita dello Stato moderno fu l'affermarsi di un'economia monetaria: chi opera in uno Stato viene in questo modo ricompensato con salari e non più in natura, come accadeva nel sistema feudale. Questo porta alla nascita di una burocrazia efficiente e legata allo Stato. Attraverso la tassazione, inoltre, lo Stato può mantenere la sua burocrazia. La prima forma di Stato fu lo Stato assoluto. Esso nacque grazie ai conflitti militari: è una "macchina da guerra" perché nasce dall'esigenza della guerra. L'esigenza della guerra porta alla nascita del prelievo fiscale per are le spese belliche, porta alla crescita dell'amministrazione statale per far funzionare lo sforzo bellico, porta all'accumulo di debiti per cui è necessario aumentare l'intervento statale nell'economia. Tuttavia al termine del conflitto è necessario assicurare ai cittadini dei diritti che erano stati loro promessi in tempo di guerra per ottenere consenso. Di qui si passa dunque allo Stato democratico, poiché il bisogno di legittimazione del potere centrale necessita lo sviluppo di un consenso possibile solo trasformando i sudditi in cittadini. In tempi recenti lo Stato democratico si è evoluto in Stato del benessere (welfare state), sempre più teso a garantire il benessere dei cittadini da cui gli deriva il consenso e la legittimazione.
Per la Dottrina sociale cristiana, lasciati ai cittadini la responsabilità ed il compito di determinare, a seconda delle mutevoli esigenze, l'organizzazione politica, tecnica ed istituzionale dello Stato, questo deve rispondere, sempre e comunque, ad alcuni requisiti:
Attualmente lo Stato che maggiormente si avvicina al concetto ideale di Stato della dottrina sociale cristiana è senza dubbio lo Stato democratico.
Per la teoria marxista-leninista lo Stato è destinato a sire, anche se non è precisato quando. Intanto, lo Stato è un'organizzazione che non tanto degenera garantendo i privilegi di pochi, quanto che non può mai, per la sua natura, perseguire il bene comune. Lo Stato, cioè, è per il comunismo, sempre classista e si fonda, per sua natura, sulla costrizione e la violenza.
Diceva Lenin: Lo Stato é il prodotto e
la manifestazione dell'antagonismo inconciliabile delle classi
Per Engels, inoltre: Lo Stato è, per principio, lo Stato della classe più
potente, della classe economicamente e politicamente dominante Da ciò
deriva, secondo il comunismo, la inevitabilità di annientare e conquistare lo
Stato borghese con la violenza (sempre Lenin affermava: Lo Stato borghese
non muore, ma è annientato dal proletariato nel corso della rivoluzione)
e la necessità della dittatura del proletariato e di uno Stato ancora più forte
per annientare la borghesia (tra la Società capitalistica e la Società
comunista, si pone il periodo rivoluzionario di trasformazione dalla prima
nella seconda, cui corrisponde un periodo di transizione nel quale lo Stato non
potrebbe essere altro se non la dittatura rivoluzionaria del proletariato di
Karl Marx).
Circa la natura del nuovo stato proletario, ecco cosa ha scritto Lenin: esso sarà al tempo stesso democratico e dittatoriale; è, anzi, lo Stato più tirannico che la storia abbia conosciuto. Questa concezione spiega, al di là dei crimini commessi, quanto è accaduto nei paesi del comunismo reale per buona parte del XX secolo.
LA COSTITUZIONE
Si intende come costituzione vera e propria (in senso stretto) un corpo di leggi fondamentali prodotte dalla sovranità del popolo, di solito per il tramite di una assemblea costituente. Se la costituzione è invece il risultato di una cessione di autorità da parte di un monarca si parla più propriamente di statuto (es. Statuto albertino del 1848) o di carta costituzionale. Lo statuto è una costituzione ottriata (cioè concessa). La maggioranza degli Stati ha alla base del proprio ordinamento una Costituzione scritta (es. Italia, Stati Uniti d'America), mentre altri - solitamente di lunga tradizione democratica - non hanno una costituzione esplicita, ma alcune leggi di riferimento e delle consuetudini, che nel loro complesso possono essere considerate una costituzione materiale (es. Regno Unito e leggi come Habeas corpus oppure Magna Charta).
Alcune costituzioni sono protette contro modifiche, nel senso che per la loro modifica richiedono un procedimento legislativo gravato da maggiori oneri procedurali rispetto alla leggi ordinarie. Un esempio è l'Italia, dove servono due passaggi in Parlamento, distanti non meno di tre mesi l'uno dall'altro, ed una maggioranza assoluta o di due terzi dei componenti, nella seconda votazione, per le modifiche costituzionali. Se i due terzi non sono raggiunti, alcuni soggetti possono chiedere la sottoposizione a referendum del progetto. Le costituzioni si dicono rigide quando sono protette contro modifiche rispetto alle leggi ordinarie (caso della costituzione italiana). Sono invece flessibili negli altri casi, quando cioè la costituzione, dal punto di vista della modificabilità, è analoga ad una legge normale. Le procedure di aggravamento dell'iter legislativo per la modifica della costituzione sono volte ad ottenere il maggior consenso possibile da parte della collettività. Per questo per l'approvazione di tali leggi è spesso richiesta una maggioranza parlamentare qualificata, molte costituzioni richiedono l'approvazione popolare dell'emendamento tramite referendum oppure l'approvazione degli stati membri per gli stati federali (es. USA).
Le definizioni più comuni della costituzione fanno riferimento ad essa come sorgente del diritto, da cui discendono le altre leggi. Tale approccio ha però senso in una visione statica o almeno in una prospettiva di tipo storico. Una visione dinamica di costituzione non può fare a meno di vedere come essa sia una rappresentazione formalizzata (quasi una fotografia) dei rapporti di potere tra le varie classi sociali. Chi non ama il concetto di classe sociale può considerare termini come lobby o gruppo d'interesse. L'evoluzione dei rapporti di potere porta gradatamente ad uno scollamento tra la legge scritta e quella applicata. Il progressivo scollamento tra la costituzione scritta e quella applicata può portare a situazioni traumatiche (o rivoluzionarie, o catastrofiche) in cui i poteri cambiano ed i nuovi rapporti di potere vengono sanciti in una versione rivista della carta costituzionale. È forse il caso di dire che spesso alcune leggi di dettaglio che sanciscono i nuovi rapporti di potere possono ire prima della modifica costituzionale. Nello stesso tempo ci può essere un contributo della giurisprudenza ad interpretare le leggi esistenti secondo i nuovi rapporti di potere che si vanno conurando. A ciò si possono sommare atti dell'esecutivo (del governo) non in aderenza con la Costituzione scritta. L'assieme di nuove leggi, di nuova giurisprudenza, di atti dell'esecutivo, si possono conurare come una organizzazione di fatto dello stato, cioè una costituzione materiale, diversa da quella scritta. Andrebbero forse aggiunte agli interpreti della costituzione materiale anche le parti sociali coinvolte, che percepiscono i cambiamenti del potere reale e si adeguano ad esso (esempio: sindacati). In questo approccio evolutivo, forse crudo ma abbastanza realistico, la Costituzione non è tanto la madre di tutte le leggi ma quasi la lia dello stato di fatto che ha prodotto un cambiamento della costituzione materiale, mentre le classi sociali o i gruppi d'interesse che erano meglio rappresentati dalla costituzione scritta restavano incapaci di difendere la loro costituzione. I primi studi sulla Costituzione materiale risalgono al 1940 con Costantino Mortati ( 1891-l985 ). Tali studi sono stati riscoperti alla fine del XX secolo.
È la costituzione scritta, quindi un atto normativo, che può coincidere o meno con la costituzione materiale.
Il processo di integrazione europea (per quanto oggi appaia in una fase di stanca) ha già raggiunto risultati notevoli ed impone un ripensamento del concetto di costituzione e del concetto correlato di sovranità. È opportuno chiarire che in pratica una costituzione materiale europea già esiste (in base ai tanti trattati già approvati ed alla percezione comune) indipendentemente dall'approvazione del Trattato che definisce una Costituzione Europea. Il progressivo muoversi della sovranità dal livello nazionale a quello soprannazionale (sia esso comunitario o federativo, da vedere come si concretizzerà) sta avvenendo in buona parte in forma di trattati tra gli stati-nazione comunitari. In rare occasioni si è fatto ricorso al referendum. A questo punto un'eventuale Costituzione europea sarebbe ancora basata sulla sovranità popolare? Nel frattempo, come espresso da Maduro, le legislazioni europee prevalgono sulle leggi nazionali, integrandosi finora in modo sufficientemente armonico, a meno che non vadano a toccare i principi fondamentali, solitamente espressi nelle parti iniziali delle costituzioni nazionali. In tali casi alcuni stati (tra cui l'Italia) hanno considerato che siano le Corti costituzionali nazionali a decidere, considerando irrinunciabili i diritti fondamentali. Se in caso di contrasti è la Corte costituzionale nazionale a decidere, è lì che oggi risiede la sovranità. Un'eventuale Costituzione europea presumibilmente tenderebbe a privare di tale potere le corti nazionali.
Principi fondamentali
Art. 1
l'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Art. 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Art. 4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Art. 5
La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.
Art. 6
La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.
Art.7
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi.
Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.[1]
Art. 8
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.[2]
Art. 9
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Art. 10
l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici.[3]
Art. 11
l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
Art. 12
La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.
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