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La discrezionalità amministrativa

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La discrezionalità amministrativa

L'attività amministrativa rispetto al principio di legalità è solitamente distinta in:

a. Attività vincolata

b. Attività discrezionale

L'ATTIVITÀ VINCOLATA è caratterizzata da ciò che il legislatore ha disciplinato integralmente (sia dal punto di

vista procedimentale che sostanziale) l'agire amministrativo. Con la conseguenza che anche la soluzione

concreta che corrisponde al soddisfacimento dell'interesse pubblico, per la cura del quale è stato attribuito

un potere amministrativo (c.d. fattispecie astrattamente delineata), è predeterminata dalla legge.

Ne deriva che esiste una sola determinazione che corrisponde al legittimo esercizio del potere (es.



nell'attività di amministrazione di controllo, ravvisata l'illegittimità dell'atto controllato, l'autorità amministrativa

può soltanto adottare la misura repressiva prevista).

L'ATTIVITÀ DISCREZIONALE, al contrario, è 'libera' nel momento della scelta: il legislatore non ha

predeterminato a monte la soluzione concreta che soddisfa meglio l'interesse pubblico che è alla base

dell'attribuzione del potere. Quindi, è l'amministrazione che deve operare una scelta tra tutte le soluzioni

astrattamente compatibili con la fattispecie delineata.

La 'libertà' dell'agire amministrativo discrezionale, tuttavia, non è assoluta, bensì è condizionata da alcuni

vincoli (c.d. criteri che regolano l'esercizio dell'attività discrezionale):

1. la natura funzionale dell'attività amministrativa. La scelta discrezionale dell'amministrazione deve essere

una scelta funzionalizzata al perseguimento dell'interesse pubblico;

2. l'esclusività dell'interesse pubblico che è alla base dell'attribuzione di ogni potere amministrativo. La

scelta discrezionale dell'amministrazione deve essere una scelta funzionalizzata al soddisfacimento

dell'interesse pubblico per il quale è stato attribuito quel particolare e determinato potere (c.d. interesse

pubblico primario);

3. la realtà sulla quale la scelta viene ad incidere. In ogni vicenda concreta sono coinvolti una pluralità

d'interessi pubblici (c.d. secondari) che devono esser tenuti in considerazione dall'autorità agente,

siccome gli interessi privati, atteso che il loro sacrificio è ammissibile qualora ciò sia necessario per il

soddisfacimento di un interesse della collettività.

Ne deriva che, la scelta discrezionale si traduce in una scelta ponderativa che impone la completa

acquisizione e azione di tutti gli interessi pubblici e privati coinvolti dall'azione

amministrativa con l'interesse pubblico primario secondo il canone della ragionevolezza

E così risulta evidente che la discrezionalità amministrativa è concetto diverso e non abile con quello

di 'DISCREZIONALITÀ TECNICA'.

La 'discrezionalità tecnica', infatti, è un concetto utilizzato per descrivere le ipotesi in cui l'amministrazione

adotta le sue determinazioni sulla base di cognizioni tecniche e scientifiche di carattere specialistico (es.

'sostanze tossiche', 'malattie infettive' . ).

Tale attività si esaurisce in un momento conoscitivo che ha lo scopo di chiarire il significato e la portata di

alcune locuzioni (c.d. apprezzamento tecnico) e che può dare esiti più o meno certi (es. la determinazione

della gradazione alcolica di un liquido non lascia margini di opinabilità, come, al contrario, li può lasciare

l'attribuzione di 'rilevante pregio artistico' ad un immobile).

Tale ultima circostanza, però, non consente di confondere dal punto di vista logico la discrezionalità tecnica

e quella amministrativa: ai risultati cui l'amministrazione perviene applicando le regole del sapere

specialistico può seguire un'attività vincolata ovvero discrezionale (né in tal caso è opportuno ricorrere

all'enucleazione del tertium genus della 'discrezionalità mista', privo, secondo la più autorevole dottrina, di

fondamento giuridico e di utilità pratica).

Al (rectius: oltre il) confine della discrezionalità si pone il MERITO dell'attività amministrativa, che identifica

l'ambito delle libere scelte dell'amministrazione: osservati tutti i limiti ed i criteri che presiedono all'esercizio

dell'attività, anche discrezionale, della p.a., se residua un novero di soluzioni tutte astrattamente praticabili,

la scelta dell'una o dell'altra è una 'questione di merito'.

Si tratta, cioè, del profilo che attiene all'adeguatezza concreta del provvedimento rispetto al risultato:

l'opportunità dell'atto amministrativo adottato rispetto alla situazione concreta, ovvero la sua capacità di

soddisfare adeguatamente l'interesse pubblico primario.

Tale aspetto dell'agire amministrativo è retto dalle regole non giuridiche di buona amministrazione, ed è

sottratto, salvo casi particolari (es. ricorsi gerarchico, giurisdizione amministrativa esclusiva), a qualunque

sindacato.

Ne deriva che la distinzione tra discrezionalità e merito dell'azione amministrativa segna il confine tra ambito

sindacabile ed ambito non sindacabile dell'agire amministrativo.





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