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La pena secondo
La nostra Carta Costituzionale detta
all'art. 27, alcune disposizioni in materia di pena: "La responsabilità penale è
personale. L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna
definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di
umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è
ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di
guerra. La responsabilità penale è personale. Non è
ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di
guerra."
Il problema relativo al fondamento e alla funzione della pena viene a collocarsi in una prospettiva in seguito all'entrata in vigore della Costituzione Repubblicana. Il Legislatore Costituzionale, infatti prende esplicita posizione al riguardo, affermando all'art. 27, comma 3°:"le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato"[1]
E'evidente in tutto questo lo sforzo del Legislatore nel passare dalla considerazione del solo valore retributivo della pena e - quindi - da una funzione punitiva custodialistica degli istituti di pena, ad una visione finalistica e appunto alla rieducazione ed al reinserimento sociale.
Tale evoluzione di pensiero trae la sua origine già nel Beccaria, il quale affermava che nel carcere non importa il crimine commesso ma la pena : "entra l'uomo e il reato resta alla porta".
Anche il nostro Ordinamento
penitenziario, naturalmente, ha recepito e fatto propri i principi che hanno segnato l'evoluzione
della scienza penitenzialistica nonché quelli sanciti a tutela dei diritti
fondamentali della persona basandosi principalmente sulle disposizioni
contenute del sopracitato articolo della Costituzione. Esso trae le sue origini
da alcune leggi fondamentali dello Stato quali ad esempio
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