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Le controversie internazionali e la loro soluzione

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Le controversie internazionali e la loro soluzione



Nozione di controversia internazionale.



Nel diritto internazionale il concetto di controversia differisce da quello di conflitto di interessi che si verifica ogni volta che l'interesse di uno Stato non coincide con l'interesse di un altro Stato (il conflitto d'interessi non sempre sfocia in controversia). Una controversia internazionale si ha quando uno Stato pretende il soddisfacimento di un certo interesse e l'altro Stato resiste a detta richiesta ( esempio di due stati che hanno lo stesso interesse per la pesca in tratto di mare o la stessa pretesa di proprietà sullo stesso territorio). Se il conflitto non si risolve naturalmente (o perché lo stato desiste dalla richiesta o perchè trovano un accordo pacifico), scaturisce una controversia che si instaura quando due soggetti internazionali reclamano lo stesso diritto soggettivo su una questione: si parla, quindi, di pretesa contestata, nel caso in cui la controparte non riconosce alla prima l'esistenza del diritto di questa e contesta l'esercizio dello stesso - contestazione detta anche resistenza che si conura in una controversia, in quanto la controparte afferma un proprio diritto (contropretesa).




Conurazione delle controversie: controversie giuridiche e politiche


Esistono due categorie di controversie a seconda del carattere giuridico o politico della loro ragione, intendendosi per ragione l'oggetto del contendere posto a base della controversia.

Mentre una controversia di carattere giuridico riguarda l'interpretazione dei trattati, una norma di diritto internazionale o cogente, una controversia politica può avere ragioni più svariate (il conflitto in Israele si considera politico). Se la controversia ha carattere politico, e sono la maggioranza, i modi di risoluzione sono di carattere politico sebbene nulla vieti il ricorso a strumenti giuridici.


Soluzione delle controversie: la soluzione delle controversie nelle Nazioni Unite.

L'art.33 della Carta delle Nazioni Unite contiene un elenco di mezzi pacifici (negoziato, inchiesta, mediazione, conciliazione, arbitrato, regolamento giudiziale, ecc) da utilizzare per risolvere una controversia che possa mettere in pericolo la pace e la sicurezza internazionale. La scelta del mezzo è lasciata alle parti, ma se non viene trovato l'accordo, l'articolo citato prevede che il Consiglio di Sicurezza possa invitare le parti a scegliere uno dei mezzi elencati.

I negoziati rappresentano dei tentativi di creare un accordo tra le parti mettendole in diretto contatto. Se l'accordo non riesce, le Nazioni Unite possono nominare una "Commissione di inchiesta" o deferire l'esercizio del potere di inchiesta al Segretario Generale delle Nazioni Unite per analizzare le cause della controversia e i termini della stessa.

La mediazione si realizza con la nomina di un mediatore ( spesso lo stesso Segretario come nel caso del conflitto con l'Afghanistan) che, dopo aver approfondito la questione tenta di avvicinare le parti predisponendo un piano di conciliazione, che le parti dovranno sottoscrivere, chiamato erroneamente compromesso (il compromesso ha carattere giudiziale, il testo proposto dal mediatore realizza un metodo di risoluzione della controversia con carattere stragiudiziale).

La Commissione di Conciliazione esamina la posizione delle parti ed indica le vie praticabili di conciliazione senza partecipare direttamente all'evento negoziato.

L'art.34 della Carta delle Nazioni Unite attribuisce al Consiglio di Sicurezza poteri di indagine nei confronti di una controversia già in atto e la possibilità di prevenire una controversia che potrebbe sorgere. L'intervento del Consiglio può essere chiesto dagli Stati membri dell'Organizzazione sulla base di una facoltà accordata ai Paesi membri a prescindere dall'eventuale coinvolgimento della controversia, e da quelli non membri, sempre che vi sia un accordo fra lo Stato non membro e l'Organizzazione per l'adozione di mezzi pacifici di risoluzione della controversia. Il Consiglio dovrà comunque rispettare l'attività che le parti hanno già posto in essere opera la risoluzione della controversia. La Corte Internazionale di Giustizia è chiamata ad intervenire se le controversie sono di carattere giuridico.

L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, inoltre, ha competenza su tutte le questioni relative al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale( art.36-37-38) e può adottare misure economiche o militari, successive o preventive, sotto forma di raccomandazione o di risoluzione. Il potere dell'Assemblea incontra un limite se la controversia è sottoposta al vaglio del Consiglio; in questo caso essa dovrà astenersi dal fare raccomandazioni, a meno che non sia sollecitata in tal senso dal Consiglio stesso che ha una supremazia assoluta sulle questioni di carattere politico. All'Assemblea possono rivolgersi i Paesi membri delle Nazioni Unite, i Paesi non membri e il Consiglio di Sicurezza.

L'art.98 della Carta attribuisce al Segretario Generale il compito di richiamare l'attenzione del Consiglio di Sicurezza su qualunque questione che possa minacciare il mantenimento della pace. Egli può agire autonomamente quando esplica attività di mediazione, conciliazione e di buoni uffici, pur non essendo previste dallo Statuto dell'ONU.


I mezzi giurisdizionali delle controversie: l'arbitrato.


L'arbitrato è una forma di regolamento giudiziario che si sostanzia nella nomina di un arbitro, scelto da tutte le parti, cui sarà devoluta la risoluzione della controversia attraverso un accordo. L'accordo che prevede la nomina, la competenza e anche le norme sulle quali il giudizio arbitrale deve conformarsi, si chiama compromesso e si differenzia dalla transazione che è il negoziato stragiudiziario in base al quale le parti si accordano. L'istituzione dell'arbitro può anche risultare da un trattato più ampio e la clausola che contempla la designazione dell'arbitro è detta clausola compromissoria. Spesso le parti, allo scopo di evitare controversie future, possono preventivamente istituire ed indicare in precisi trattati il collegio arbitrale competente ad intervenire.

E questo accade perché nel diritto interno si indica il foro competente per territorio, mentre nel diritto internazionale non esiste una competenza esclusiva della Corte Inter.di Giustizia.

Nel trattato di compromesso sono già indicate le norme da applicare in caso di controversie.

La conclusione del giudizio di arbitrato è la pronuncia da parte dell'arbitro di una sentenza arbitrale motivata che decide su una controversia e che è considerata vincolante ed obbligatoria per le parti ed è inappellabile, a meno della scoperta di fatti nuovi ed in questo caso si richiede la revisione.


La Corte Internazionale di Giustizia.


È composta da 15 giudici nominati a titolo personale e non rappresentanti degli Stati ma scelti per la loro preparazione e per l'alta qualità morale; la durata del mandato è di nove anni ma tutti i giudici sono rieleggibili. La Corte In.di Giustizia, oltre alla giurisdizione in materia di controversie o contenzioso svolge anche un'importante funzione consultiva ed infatti possono chiedere pareri alla Corte: il Consiglio di Sicurezza, l'Assemblea Generale su qualsiasi questione giuridica e, dietro autorizzazione di quest'ultima, gli altri organi dell'Organizzazione e gli istituti specializzati su questioni giuridiche inerenti la loro attività. I pareri della Corte non hanno forza vincolante e possono adirla solo gli Stati e non i singolo individui.

La Corte può chiedere informazioni ad organizzazioni pubbliche su questioni su cui essa sia stata investita e le organizzazioni possono fornire informazioni alla Corte di propria iniziativa. Se una discussione riguarda l'interpretazione di uno statuto o di una convenzione pubblica, il Cancelliere deve dare notizia alla pubblica amministrazione interessata, pena la invalidità del procedimento. Solo gli Stati che hanno aderito allo statuto della Corte possono adirla in quanto non tutti gli stati aderenti alla carta delle N.U. hanno aderito allo statuto istitutivo della Corte; quelli che non hanno aderito possono farlo rispettando alcune condizioni poste dal Consiglio di Sicurezza.

La Corte può pronunciarsi solo sulle controversie sottoposte al suo giudizio dagli Stati interessati tralasciando tutte le altre questioni. La volontà di adire la Corte rappresenta una scelta politica e lo Stato che decide di adire la Corte è consapevole che la sua questione avrà un rilievo internazionale e molti stati non preferiscono dare pubblicità alle proprie controversie.

Gli Stati che aderiscono allo Statuto della Corte possono chiedere il parere della Corte previo rilascio di una dichiarazione con la quale entrambi i contendenti accettano la sua giurisdizione.

La Corte si pronuncia solo su controversie giuridiche in quanto per quelle politiche è competente il Consiglio di Sicurezza e le competenze della Corte possono anche riguardare l'interpretazione di un trattato.

Essa ha anche il potere di decidere nel caso che una delle parti contesti la sua incompetenza (questa questione è pregiudiziale, cioè preliminare alla presentazione dell'oggetto della controversia).

La Corte si pronuncia:

su controversie giuridiche;

su ogni questione di diritto internazionale, ossia su qualsiasi argomento rilevante sul piano giuridico internazionale;

sull'esistenza di un fatto che, se accertato, costituirebbe violazione di un obbligo internazionale.( l'invasione del Kuwait rappresentava ad esempio una questione sulla quale la Corte avrebbe potuto pronunciarsi se solo l'Iraq ne avesse accettato la giurisdizione).

Quando si ha violazione di un obbligo internazionale, la Corte ha il compito di valutare la natura del danno e di decidere le conseguenze possono essere di vario tipo:

- la soddisfazione, si verifica quando il danno ha un carattere morale;

- la riparazione comporta o il ripristino dello stato di fatto o il risarcimento previa determinazione dell'ammontare

o la restituzione come nel caso del Kuwait, in aggiunta ad un risarcimento per i danni subiti.

L'art.38 dello statuto della Corte è fondamentale ed in base ad esso la Corte int.di Giustizia pronuncia le sue sentenze le cui decisioni devono fondarsi su norme di diritto internazionale e non sulla base di nessun diritto interno. A tale proposito vi è un particolare ordine gerarchico sulle norme da applicare:

al primo posto, anziché la consuetudine, si trovano le convenzioni internazionali generali e particolari. Il termine "generale" sta ad indicare che la convenzione riguarda un elevato numero di Stati; si parla ad esempio di convenzione generale di arbitrato per indicare una convenzione conclusa da un gran numero di stati per risolvere eventuali controversie e alla quale uno stato per poterne essere parte deve aderire, mentre quella "particolare", di origine pattizia, indica che riguarda le norme dei trattati sottoscritti dagli Stati che hanno proposto la controversia. Inoltre le stesse parti dovranno indicare al giudice internazionale le norme da applicare per la risoluzione di quella determinata controversia;

successivamente, in ordine subordinato ai trattati, la Corte può giovarsi della "consuetudine", intesa come pratica consolidata generale accettata come diritto;

al terzo posto, di questa scala gerarchica, si fa riferimento ai"principi generali del diritto" e alle "nazioni civili". I principi del diritto a cui si fa riferimento non sono quelli costituzionali, ma quelli fondamentali presenti in tutti gli ordinamenti, anche diversi fra loro.

Inoltre, nell'ordinamento internazionale prevale il principio della impossibilità di adire per due volte la Corte per la stessa controversia;

al punto 2 dell'art.38 è previsto che la Corte può utilizzare dei criteri equitativi per dirimere una controversia: qualora le parti non siano d'accordo circa l'applicazione del diritto internazionale convenzionale o sulle consuetudini internazionali la Corte potrà decidere ex aequo et bono, ( secondo equità) purché ciò conduca ad una sentenza dispositiva.

Il funzionamento e l'organizzazione della Corte richiedono alcune precisazioni:

le lingue ufficiali della Corte sono l'inglese ed il francese, al contrario di quanto avviene in campo comunitario dove tutte le lingue sono considerate ufficiali;

durante il processo si può usare l'una o l'altra lingua mentre le sentenze dovranno essere trascritte in entrambe le lingue;

le controversie sono sollevate dinanzi alla Corte mediante la notificazione del compromesso o mediante istanza scritta a seconda dei casi, con l'obbligo della indicazione dell'oggetto della controversia e delle parti. Ogni parte in causa dovrà ricevere la notificazione della stessa ed ogni Stato, parte della controversia, dovrà inviare un agente che lo rappresenterà dinanzi alla Corte e sarà affiancato da avvocati e da consulenti. Tutti i delegati degli Stati godono delle immunità e dei privilegi necessari per l'esercizio indipendente delle loro funzioni.

Il procedimento si divide in una parte scritta ed in un'altra orale. Il procedimento scritto consiste nella presentazione da parte degli Stati alla Corte di memorie, contro memorie, repliche e di tutti i possibili documenti probatori da parte degli stati alla Corte e agli altri contendenti, tramite il Cancelliere. Ogni parte deve ricevere una copia autenticata di tutti i documenti proposti mentre il

procedimento orale consiste nell'ascolto da parte della Corte di testimoni, esperti, agenti e avvocati. Se è necessario notificare atti a persone diverse dagli agenti, dai consulenti e dagli avvocati, ci si rivolge direttamente al Governo dello Stato nel cui territorio deve essere eseguita la notificazione.

Le udienze della Corte sono normalmente pubbliche sempre che le parti non richiedano espressamente l'esclusione del pubblico o la Corte stessa non decida in tal senso. Di ogni udienza è ufficialmente redatto un verbale, unico documento a fare fede, firmato dal Cancelliere e dal Presidente. La Corte Internazionale di Giustizia emette delle ordinanze durante lo svolgimento del processo. Essa è libera di decidere la forma e i termini per la presentazione delle conclusioni finali e non è vincolata da una procedura obbligatoria, come invece lo sono i tribunali nazionali. La Corte può richiedere alle parti, in qualsiasi momento del giudizio, di produrre documenti o fornire spiegazioni, prendendo atto di possibili rifiuti (valutabili come mezzo di prova a carico) e può interpellare periti ed esperti a cui affidare inchieste o indagini.

Le decisioni della Corte vengono prese a maggioranza dei giudici presenti; in caso di parità il voto decisivo è quello del Presidente. La sentenza, che contiene i motivi e i nomi dei giudici, è composta da tre parti: l'esposizione in fatto e in diritto dei motivi reali e concreti in causa (l'antefatto); la motivazione della sentenza che è la spiegazione in fatto e in diritto del perché si giunge ad una decisione; il dispositivo che contiene la decisione della controversia con possibili misure punitive che è la parte più importante. La sentenza della Corte è definitiva e senza appello e dunque non impugnabile davanti ad altro tribunale, salvo il caso della revocazione, sulla base di una istanza di revisione prevista dallo Statuto della Corte Internazionale di Giustizia.

La sentenza così emessa, fa stato tra le parti solo sulla questione che ne forma oggetto e una delle parte può solo presentare istanza di revisione nel caso in cui sia stato scoperto un "elemento decisivo" che non può essere dolosamente precostituito. I termini per la presentazione della istanza di revisione sono sei mesi dalla scoperta del fatto nuovo e dieci anni dall'emanazione della prima sentenza e l'iter da seguire per la revisione del processo è il seguente : sulla base di un motivo non doloso la Corte si riunisce e dichiara la ricevibilità o non ricevibilità del fatto nuovo dopo di chè si può operare la revisione.


Le sentenze della Corte Internazionale di Giustizia: la sentenza come fatto giuridico.


Secondo una parte della dottrina la Corte deve essere considerata come un istituto collettivo e le sentenze che essa emana non possono essere riferite come proprie all'unione di Stati e ne consegue che la sentenza pur essendo propria del giudice non può essere considerato un atto giuridico ma un fatto giuridico. La sentenza è idonea a risolvere una controversia ma non è imputabile nemmeno agli Stati che hanno istituito il giudice in quanto vi sarebbe identità tra giudice e parti. Infine la sentenza costituisce un fatto giuridico perché non è riferibile ad un soggetto di diritto internazionale ma resta attribuita alla Corte che è un istituto collettivo.

La Corte emana sentenza vincolanti per le parti che ne hanno accettato preventivamente la giurisdizione. Se una delle parti non vi si adegua commetterà un illecito internazionale nei confronti della Carta delle N.U. e in tal caso, la controparte potrà ricorrere al Consiglio di Sicurezza che ha la facoltà di fare raccomandazioni o di decidere circa le misure da prendere per far rispettare la sentenza. Occorre rilevare che fino ad oggi tutte le sentenze della Corte sono state eseguite.


Classificazione delle sentenze: sentenze dispositive e sentenze di accertamento


La Corte Internazionale di Giustizia emana due tipi di sentenze: di accertamento e dispositive.

La sentenza di accertamento ha la funzione di assicurare la certezza del diritto attraverso la verifica dell'esistenza o meno di una data situazione giuridica vantata da una delle due parti. Non produce nuovo diritto ma accerta che ad una data situazione deve essere regolata da una norma giuridica. ½ sono dei casi in cui la norma giuridica non esiste nel diritto internazionale e il giudice dovrebbe rigettare la causa ma ciò non avviene in concreto in quanto, in questi casi, il giudice si pronuncia sulla base di consuetudini o di convenzioni e la sentenza sarà di accertamento.

Se si avvarrà invece di criteri extragiuridici quali i principi generali di diritto, la dottrina o l'equità, la sentenza è dispositiva.

Con la sentenza di accertamento la situazione giuridica è accertata tra le parti in causa; con la sentenza dispositiva il giudice crea nuovo diritto che diventa norma internazionale con validità solo tra le parti in causa (la sentenza ha due funzioni: dispone sulla controversia e crea una norma precedentemente inesistente cui il giudice successivo può attingere). La sentenza è dispositiva se non si fonda su una norma giuridica preesistente. Nel caso in cui la Corte non è riuscita a trovare una norma, una consuetudine o un precedente giudiziale, si può pronunciare s ex aequo et bono ( secondo equità) solo se le parti si mostrano d'accordo.


La Corte di Giustizia della Comunità Europea.

La Corte di Giustizia della Comunità Europea effettua un controllo di legittimità sugli atti posti in essere dalle istituzioni comunitarie (sugli atti posti in essere congiuntamente dal Parlamento, dal Consiglio, dalla BCE, dalla Commissione e gli atti del Parlamento Europeo, destinati a produrre effetti giuridici nei confronti dei terzi).

Possono adire la Corte, al fine di chiedere l'annullamento degli atti, la Commissione, il Consiglio, gli Stati membri, il privato direttamente interessato, il Parlamento Europeo e la Banca Centrale Europea. La Corte, oltre al potere di annullamento, ha anche il potere di condannare gli Stati in caso di violazione di norme comunitarie. Lo Stato è tenuto a prendere provvedimenti per eseguire la sentenza della Corte. In caso contrario, la Commissione precisa i punti sui quali lo Stato membro non si è attenuto e può adire la Corte precisando l'importo della somma forfetaria o della penalità che lo Stato deve versare.

La Corte può pronunciarsi, su richiesta di un tribunale nazionale, sull'interpretazione delle disposizioni di diritto comunitario, ed è competente ad occuparsi di qualsiasi controversia tra Stati membri riguardo a questioni del Trattato CEE, quando queste controversie le vengono sottoposte. Le sentenze della Corte si impongono su tutti ed esse prevalgono sull'autorità dei tribunali nazionali e contribuiscono alla creazione di un vero e proprio diritto europeo. Con l'atto unico europeo è stato istituito il tribunale di prima istanza che, composto da 15 giudici ha sede in Lussemburgo e a competenza a giudicare tutti i ricorsi proposti da persone fisiche o giuriche.


La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo verso il futuro.

La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo è prevista dagli artt.38 e segg. della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali del 1950. Essa è attualmente composta dallo stesso numero di Stati che compongono il Consiglio d'Europa (40). Inoltre, il protocollo dell'11 maggio 1994 ha previsto la fusione tra la Commissione e la Corte con la creazione di una Corte unica, con un doppio grado di giurisdizione. Infatti è prevista una Camera ristretta di primo grado formata da sette giudici che esamina la ricevibilità del ricorso, che si conura quando:

il ricorrente ha rispettato la regola del previo esaurimento di ricorso interno e lo presenta entro sei mesi dalla decisione interna definitiva;

il ricorso non deve essere anonimo;

il ricorso non deve avere il medesimo contenuto di un precedente ricorso già presentato presso la stessa Corte o innanzi ad altro organismo internazionale a meno che nello stesso tempo non siano presenti nuovi elementi;

il ricorso non deve essere manifestamente infondato o abusivo.

La Camera ristretta esperisce inoltre i tentativi di conciliazione.

Il Protocollo prevede poi la creazione della Grande Camera composta da diciassette giudici cui può essere presentato appello sempre che la questione riguardi l'interpretazione o l'applicazione della Convenzione e dei suoi Protocolli o una questione grave di carattere generale.





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