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L'ordinanza di rimessione
Nel procedimento in via incidentale, il giudice a quo, dopo aver accertato la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione e dopo aver costatato l'impossibilità di effettuare un'interpretazione adeguatrice della disposizione, emette l'ordinanza di rimessione, l'atto che introduce il giudizio presso la Corte Costituzionale. L'ordinanza di remissione, pur essendo un unico atto, contiene due distinti provvedimenti: a) l'immediata trasmissione degli atti relativi alla questione di legittimità; b) la sospensione del giudizio in corso.
A. Il provvedimento di trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale
Secondo un primo orientamento, il provvedimento di trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, avrebbe natura meramente processuale: scopo del giudizio incidentale, infatti, non è l'eliminazione dall'ordinamento di una norma incostituzionale, ma mettere il giudice a quo in condizioni tali da concludere il processo (G. ZAGREBELSKY). Il giudice a quo non va a giudicare la costituzionalità dell'atto ma opera un rinvio meramente tecnico all'organo ad hoc deputato a giudicare. Pur esistendo il legame pregiudiziale tra il giudizio comune e il giudizio incidentale, esso non esclude la loro separazione: tanto è vero che l'estinzione del giudizio a quo, non comporta la cessazione del giudizio ad quem. A sostegno della natura meramente processuale del provvedimento di trasmissione degli atti alla Corte, vi sono anche degli argomenti di natura linguistica. Il provvedimento è contenuto nell'ordinanza di "rimessione", dal latino "remittere": restituire. L'espressione "ordinanza di rimessione" esprime quindi un atteggiamento quasi passivo del giudice a quo, che quale eterno "Amleto" non giudica, ma si limita a trasmettere, sospendere e attendere.
Secondo un diverso orientamento, invece, il provvedimento di trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, non avrebbe natura meramente processuale, ma sarebbe l'atto conclusivo di una valutazione sostanziale compiuta dal giudice a quo. Attraverso l'ordinanza di rimessione il giudice a quo, convinto della possibile illegittimità costituzionale della norma, con un atteggiamento di rassegnata impotenza, rinuncia ad andare avanti in questo suo giudizio e lo "rimette" alla Corte. Il giudice a quo, quindi, entra nel merito del giudizio di costituzionalità e poi si ritrae. Esiste un doppio giudizio di costituzionalità: uno interrotto compiuto dal giudice a quo, l'altro definitivo (ovviamente in ipotesi di sentenza di accoglimento) compiuto dalla Corte Costituzionale. E i due giudizi hanno un identico oggetto.
La Corte Costituzionale ha indicato quali devono essere i contenuti del provvedimento di trasmissione degli atti: i termini, cioè la disposizione impugnata, la disposizione parametro e le norme da esse ricavate; i motivi, cioè gli elementi a sostegno della rilevanza, della non manifesta infondatezza della questione e dell'impossibilità di effettuare un'interpretazione adeguatrice; i profili, cioè tutti quegli elementi che non rientrano nei termini ma che sono necessari per valutare la questione (ad es. il tertium ationis); gli argomenti, cioè tutte quelle parti che non rientrano né nei profili, né nei termini, né nei motivi.
Spesso però la Corte deroga a quest'elenco, magari giudicando questioni prive dell'indicazione dei profili, oppure dando definizioni diverse allo stesso requisito. La Corte è arrivata anche a chiedere al giudice a quo di indicare egli stesso la soluzione della questione. Ciò dimostra che l'oggetto di valutazione del giudice comune e l'oggetto di valutazione della corte sono identici, e il giudice comune giudica la legittimità della legge, anche se il giudizio è solo prospettato alla Corte. Ma qual è l'oggetto del giudizio di legittimità costituzionale? Dobbiamo escludere che esso sia rappresentato dalla sola norma o dalla sola disposizione. L'oggetto è invece costituito dalla situazione normativa (A. RUGGERI), cioè da tutti gli elementi normativi e fattuali che vanno a costruire la questione di legittimità e alla cui identificazione contribuisce anche la stessa Corte Costituzionale. Di conseguenza, l'ordinanza di rimessione dovrà avere un contenuto indefinito in modo che la Corte possa modificare discrezionalmente il thema decidendum inizialmente proposto. Quindi, oggetto dell'ordinanza di rimessione e del giudizio di legittimità è la situazione normativa, che rappresenta l'unione del lavoro combinato di giudice a quo e Corte Costituzionale. Il fatto che giudici comuni e giudici costituzionali lavorino allo stesso oggetto di valutazione, contribuisce a conferire concretezza al giudizio in via incidentale.
In conclusione possiamo affermare che la natura sostanziale del provvedimento di trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale prevale su quella meramente processuale, poiché esso non è solo l'atto con cui il giudice a quo apre le porte alla Corte Costituzionale, ma è soprattutto l'atto con cui il giudice esprime il suo giudizio di costituzionalità e che va a contribuire ad individuare l'oggetto del giudizio costituzionale.
B) Il provvedimento di sospensione del processo a quo
La seconda componente dell'ordinanza di rimessione è la sospensione del giudizio a quo, la quale ha indiscutibilmente, natura meramente processuale. Parte della dottrina ha evidenziato il rischio di un uso dilatorio dell'ordinanza di rimessione, cioè il rischio che essa venga adottata solo con lo scopo di sospendere il processo. In realtà, detto rischio è piuttosto limitato, in primo luogo perché il giudice a quo funge da "filtro"e potrebbe anche rigettare l'istanza sollevata "strumentalmente" dalle parti, in secondo luogo perché, alla fine, il vantaggio temporale che ricaverebbero le parti sarebbe comunque piuttosto limitato (un paio di anni al massimo).
Il motivo per cui il giudice a quo sospende il processo è dato dal fatto che esso non può essere definito senza la risoluzione della questione di legittimità costituzionale. Il nesso tra rilevanza e sospensione è quindi strettissimo, soprattutto se s'intende la rilevanza non come mera applicabilità della norma impugnata al giudizio a quo, ma come pregiudizialità della decisione costituzionale sul processo principale. Di conseguenza i giudici, una volta accolta la questione pregiudiziale di costituzionalità, non possono ma devono sospendere il giudizio in corso.
La pregiudizialità può essere assoluta o relativa, cioè può riguardare tutto il processo principale o parte di esso. Se la pregiudizialità è solo relativa, sarà sufficiente una sospensione del processo a quo solo parziale, che riguarderà solo la questione rilevante, ogni altra questione, invece, dovrà essere risolta senza che incontri alcun ostacolo o ritardo. Al contrario se la pregiudizialità è assoluta, sarà necessaria la sospensione totale del giudizio principale.
Alcuni aspetti del contenuto necessario dell'ordinanza di rimessione
Definire il contenuto necessario dell'ordinanza di rimessione può risultare complesso. Il giudizio incidentale si caratterizza per una certa ambiguità dei suoi fini: da un lato, infatti, le parti mirano a tutelare i propri iura contro la lex incostituzionale, dall'altro il giudice/garante della Costituzione va a mediare tra lex e ius, ed emette l'atto introduttivo del giudizio di costituzionalità (G. ZAGREBELSKY). Il contenuto dell'ordinanza di remissione risente quindi di tale ambiguità dei fini.
Molto discussa è la questione della fictio litis. Sappiamo che nel nostro ordinamento, salvo i casi del procedimento in via d'azione riservato allo Stato e alle Regioni, il giudizio sull'invalidità delle leggi dipende in toto da una concreta e incidentale controversia, sicché in assenza di quest'ultima è impossibile far valere l'invalidità di una legge. (M. CHIAVARO). Inoltre, chi volesse far valere un diritto soggettivo costituzionalmente protetto ma violato da una legge, non potrebbe agire in giudizio per ottenerne incidentalmente il riconoscimento dalla Corte, in quanto il petitum del processo principale coinciderebbe con il petitum del processo incidentale, petitia che invece devono essere diversi.(A. SPADARO).
Questa concezione già rigorosa è stata condotta agli estremi dalla Corte Costituzionale, la quale è arrivata a considerare irrilevante una questione (sent. N. 113/1980) solo perché la parte che l'aveva sollevata non avrebbe tratto"vantaggio" dall'accoglimento della sua domanda. Ciò ha condotto parte della dottrina ad identificare la rilevanza con l'interesse processuale della parte (G. ZAGREBELSKY). In un simile sistema di giustizia costituzionale non vi sarebbe quindi spazio per la lis ficta, considerando tale una controversia in cui l'attore non ha " un autentico interesse soggettivo da far valere, bensì un più ampio interesse pubblico di cui egli si fa portatore" (M. LUCIANI). Onde evitare quindi che la questione venga rigettata dalla Corte, l'ordinanza di rimessione dovrebbe contenere necessariamente indicazioni circa l'interesse ad agire della parte che ha sollevato l'istanza.
Tra l'altro non si capisce perché il nostro ordinamento ammette questioni sollevate dal giudice per un interesse "oggettivo" (garanzia costituzionale), e respinge questioni sollevate dalle parti che non abbiano un interesse "soggettivo" (di natura privatistica). In realtà questa contrapposizione tra interesse ad agire soggettivo e interesse ad agire oggettivo va superata. Tra gli interessi soggettivi, infatti, può essere ricompreso quello all'integrità costituzionale dell'ordinamento: che la Costituzione non venga violata è, sì, un interesse di tutti i cittadini, ma quasi sempre anche l'interesse di ciascuno di essi.
L'ordinanza di rimessione, quindi non deve avere come contenuto necessario una questione in cui la parte ha avuto un interesse soggettivo all'accoglimento, essendo sufficiente che la decisione costituzionale incida sul giudizio a quo (A. SPADARO).
Nell'ipotesi in cui l'istanza venga sollevata dalle parti, dobbiamo escludere che il giudice possa accoglierla parzialmente, modificandola e trasformandola, magari reinterpretando le disposizioni impugnate e quelle parametro violate. La dottrina favorevole all'"irrilevanza" dell'istanza di parte, destinata ad essere assorbita dall'atto introduttivo, parte dal presupposto che le parti non possono modificare il thema decidendum fissato nell'ordinanza presentata alla Corte. Si tratta però di ostacoli che la parte incontra dopo che è stata emanata l'ordinanza di rimessione e non prima. Ragioni di chiarezza e di correttezza processuale impongono al giudice a quo o di accogliere l'istanza delle parti o di rigettarla. Né più e né meno. Il giudice non potrà "prendere in giro" la parte dichiarando di accettare l'istanza x, per poi modificarla nell'istanza y (A. SPADARO). Al massimo si potrebbe riconoscere al giudice la facoltà di integrare l'istanza di parte, in quanto le integrazioni aggiungono aliquid novi all'istanza ma non ne stravolgano la natura.
Cenni sulla notificazione, comunicazione e pubblicazione dell'ordinanza di rimessione
L'art 23 l.n. 87/1953 prevede che ordinanza di rimessione " . sia notificata alle parti in causa e al pubblico ministero . nonché al Presidente del Consiglio dei Ministri o al Presidente della Giunta regionale a seconda che sia in questione una legge dello Stato o di una Regione . ", che venga " comunicata ai Presidenti della due Camere e al Presidente del Consiglio regionale interessato"e che sia pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale o sul Bollettino Ufficiale regionale.
La pubblicazione dell'ordinanza dovrebbe creare uno"stato diffuso d'incertezza sulla legittimità della legge" (G. ABBAMONTE) e spingere la generalità dei soggetti a non applicarla. In realtà nel nostro ordinamento questo non può verificarsi. In primi luogo perché la grande maggioranza di questioni sollevate davanti alla Corte vengono rigettate. In secondo luogo perché non è pensabile che " . l'ordinanza del Conciliatore del mio paesello" (M. CAPPELLETTI) possa generare tali effetti su un giudice della Cassazione o del Consiglio di Stato. Né si può pretendere che i cittadini s'immergano nella lettura di centinaia e centinaia ordinanze di rimessione per poi tenere un atteggiamento " accorto" nei confronti della legge impugnata. Infine, dalla pubblicazione dell'ordinanza non può nemmeno dedursi che esiste una quaestio di legittimità, giacché la Corte potrebbe dichiarare inammissibile l'atto introduttivo stesso. La pubblicazione dell'ordinanza ha, dunque, solo uno scopo "tecnico". Consente ai professionisti di diritto (soprattutto avvocati e giudici) di sapere che altri hanno sospettato l'illegittimità della legge che essi stessi stanno esaminando. In particolare gli altri giudici potrebbero sospendere il giudizio in corso e rimettere gli atti alla Corte Costituzionale.
Scopo della notificazione al Presidente del Consiglio dei Ministri dovrebbe essere quello di consentire al Governo di intervenire con un decreto d'urgenza per modificare la legge prima che venga dichiarata illegittima dalla Corte. In realtà non si capisce perché l'ordinanza di rimessione, un atto che emettono migliaia di magistrati della Repubblica, dovrebbe suscitare tanto clamore sul Governo, in quanto si tratta solo di un"tentativo"di aprire la questione di legittimità di una legge. In secondo luogo, se il Governo intervenisse abrogando la legge, non è chiaro perché esso dovrebbe anticipare il lavoro della Corte, salvo che l'atto non sia palesemente incostituzionale e i danni sociali che potrebbe produrre impongono un intervento tempestivo, o si temi che la Corte rigetti la questione. In realtà scopo della notificazione è quello di consentire ai soggetti interessati di intervenire o di costituirsi in giudizio, tanto è vero che essa è rivolta anche alle parti, al P.M. e al Presidente della Giunta regionale, che non ha poteri di urgenza.
Quanto alla comunicazione dell'ordinanza ai Presidenti delle Camere, essa fino ad ora non ha mai dato luogo ad interventi di natura preventiva.
L'impugnabilità e la revocabilità dell'ordinanza di rigetto e di rimessione.
La decisione del giudice a quo di accettare l'istanza delle parti emettendo l'ordinanza di remissione, o di rifiutarla, emettendo l'ordinanza di rigetto, assume notevole importanza per il processo principale. Ci si è allora domandato se l'ordinanza di rigetto possa essere impugnata. Ora la legge stabilisce che " l'eccezione può essere riproposta all'inizio di ogni grado ulteriore del processo" (art 24 l. n 87/1953). La formula è piuttosto ambigua ma, a nostro giudizio, essa consente sia di sollevare di nuovo la quaestio all'inizio del giudizio promosso nel grado successivo, sia impugnare la sentenza del giudice a quo, proprio in virtù del mancato accoglimento della questione. (A. SPADARO). L'adesione a questa seconda tesi comporta il riconoscimento dell'impugnabilità, seppure indiretta, dell'ordinanza di rigetto. L'impugnazione indiretta dell'ordinanza di rigetto è l'unico mezzo che attenua i difetti strutturali di questa fase "negativa" dell'introduzione incidentale del giudizio sulle leggi, e rappresenta l'unica possibilità ove la questione venga proposta nell'ultimo grado del giudizio.
La dottrina non esclude la revocabilità del provvedimento di rigetto del giudice a quo.
Infatti, è possibile che il giudice ripensi la propria decisione negativa e, alla luce di nuovi elementi, revochi l'ordinanza di rigetto. La revoca può essere considerata tacita nel momento in cui il giudice a quo sollevi ex officio la stessa questione prima rigettata.
L'ordinanza di remissione non è né impugnabile né revocabile. Non è impugnabile perché nessuno può sindacare le valutazioni del giudice a quo, trattandosi di funzioni a lui riservate in via esclusiva. ½ è solo un caso in cui potrebbe individuarsi l'impugnabilità dell'atto (G. ABBAMONTE): quando l'ordinanza di rimessione è stata emanata da un giudice incompetente a decidere la questione. Per quanto riguarda la revocabilità dell'atto introduttivo del giudizio costituzionale, la dottrina maggioritaria la esclude, ma c'è chi, invece ritiene revocabile il solo provvedimento di sospensione del giudizio a quo (M. CAPPELLETTI). Questa tesi non è condivisibile perché sappiamo che i provvedimenti di sospensione/rinvio sono inscindibili e poi perché comunque se una parte del processo a principale non è interessata dal giudizio costituzionale, si sarebbe già ricorso alla sospensione parziale.
Conclusioni
Da quanto abbiamo detto, è emersa una struttura ambigua dello strumento d'introduzione del giudizio incidentale: è come se un alone d'incertezza circondasse il provvedimento di rinvio/sospensione e, di riflesso, lo stesso processo costituzionale incidentale. Per superare queste complessità sarebbe necessaria una riforma dell'intero sistema di giustizia costituzionale.
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