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UFFICIO DEL PUBBLICO MINISTERO. (magistratura requirente).
Sotto lo Statuto Albertino, il pubblico ministero era qualificato come "il rappresentante del potere esecutivo" presso l'autorità giudiziaria, ed era posto, quindi, sotto la direzione del Ministro della giustizia.
Di segno opposto è stata la scelta della Costituzione che ha inteso estendere anche a tale organo le garanzie proprie della magistratura in generale; in primis, quelle connesse all'autonomia e alla indipendenza dagli altri poteri dello Stato.
L'opportunità di svincolare il Pubblico Ministero da legami con l'esecutivo si connette alla delicatezza della funzione: tale organo ha l'obbligo di esercitare l'azione penale (art. 112 Costituzione ); deve, cioè, procedere ogni volta che si trovi dinnanzi a una notitia criminis. Un legame con il potere esecutivo potrebbe condizionarne l'azione: sia ostacolando l'avvio di procedimenti, sia imponendo l'esercizio dell'azione penale fuori delle ipotesi previste dalla legge.
L'obbligo indicato dall'art. 112 Costituzione, da un lato, non implica il necessario monopolio dell'azione penale, dall'altro non esclude la sussistenza di margini di discrezionalità: spetta, infatti, al Pubblico Ministero verificare la sussistenza di presupposti di fatto e di diritto, nonché di valutare l'opportunità di adottare misure cautelari, o provvedimenti restrittivi della libertà personale dell'imputato.
Va, poi, precisato che il Pubblico Ministero svolge la sua funzione a tutela dell'intersesse generale, nell'interesse dello Stato - comunità; per cui non è obbligato a sostenere in ogni caso l'accusa, ma può anche disporre per l'archiviazione, o adoperarsi per fare riconoscere l'innocenza di in imputato.
Pur usufruendo delle garanzie proprie dei magistrati giudicanti, la particolarità della funzione requirente impone che il Pubblico Ministero sia inserito all'interno di una struttura organizzato in modo gerarchico - la procura -; è ritenuta ammissibile in capo al Ministro della giustizia la permanenza di un potere di vigilanza.
Principio della inamovibilità e divieto di rapporti di dipendenza gerarchica all'interno della magistratura.
inamovibilità (vedi art. 107), riguarda tanto la sede, quanto le funzioni esercitate:
Tale garanzia, però, non è assoluta, ma strumentale: tende a tutelare il corretto servizio della funzione, piuttosto che un privilegio corporativo agli appartenenti all'ordine giudiziario. La inamovibilità è rivolta a assicurare che il magistrato eserciti le proprie funzioni senza temere sanzioni o sperare di ricevere vantaggi a causa delle scelte assunte. Il divieto di trasferimento deve coordinarsi con le esigenze organizzative degli uffici.
La legge consente il trasferimento di ufficio dei magistrati nei casi di:
a) incompatibilità.
b) soppressione di un ufficio giudiziario.
c) riduzione dell'organico di un ufficio.
d) assegnazione di nuove funzioni in seguito a promozione.
e) impossibilità per qualsiasi causa di amministrare giustizia nella propria sede nelle condizioni richieste dal prestigio dell'ordine giudiziario.
L'art. 107 Costituzione esclude ogni forma di gerarchia interna. La funzione è l'unico criterio distintivo ammissibile: funzione giudicante, funzione requirente; di merito e di legittimità.
Non è ammissibile, certo, un controllo sull'operato del giudice: le decisioni e i provvedimenti dei giudici sono insindacabili. Ma esiste un diritto di critica - o controllo diffuso che la comunità può e deve esercitare alla luce del principio di sovranità popolare - nonché l'adozione di provvedimenti disciplinari, ma solo per determinazioni abnormi del magistrato che si pongano microscopicamente al di fuori del principio di legalità, ovvero ledano un diritto fondamentale del cittadino.
Il CSM può emanare provvedimenti disciplinari: è ammesso il ricorso alle sezioni unite della Corte di Cassazione. L'azione disciplinare può essere promossa anche dal Ministro.
I comportamenti punibili non sono tipizzati, ma si tratta di comportamenti colposi nella conduzione dell'ufficio, adozione irregolare o non tempestiva di provvedimenti, o emanazione di pronunce arbitrarie.
Responsabilità penale o civile: articoli 328 e 537 del codice penale: art. 537: magistrati come pubblici ufficiali, per cui si applicano anche a loro i reati applicabili ai secondi. Art. 328. omissione, ritardo o rifiuto di un atto del suo ufficio. Oppure: dolo o colpa grave nell'esercizio delle sue funzioni; o per diniego di giustizia.
Richiesta di risarcimento rivolta allo Stato che si rivale nei confronti del giudice responsabile. Inoltre, si avvia azione disciplinare dinanzi al CSM su iniziativa del Procuratore generale presso la Corte di Cassazione; o su iniziativa del Ministro di grazia e giustizia.
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