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DALLA LEGGE BANCARIA DEL 1926 ALLA LEGGE BANCARIA DEL 1936-l938
3.1 I PROVVEDIMENTI MONETARI E DI TUTELA DEL RISPARMIO DEL 1926
Il 6 maggio 1926 si unificò l'emissione dei biglietti di banca riconoscendo la relativa facoltà alla sola Banca d'Italia, alla quale venivano trasferite riserve e passività per biglietti del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia; e questi pur rimanendo banche pubbliche perdevano la natura di istituti di emissione.
All'unificazione si aggiungevano i provvedimenti per la tutela del risparmio.
I provvedimenti di unificazione monetaria e di risanamento bancario sfoceranno, dopo pochissimo tempo nella dichiarazione di convertibilità della lira, convertibilità che non avrebbe dovuto essere neppure prospettata in assenza dei provvedimenti appena ricordati.
La convertibilità durò ben poco: fino al 1931.
Si soppresse la sezione autonoma dei Consorzio sovvenzioni su valori industriali.
L'unificazione nella Banca d'Italia del potere di emissione favorì la creazione di una struttura di vertice alla quale affidare la vigilanza bancaria senza far ricorso ad un articolazione burocratica.
3.2 LA LEGGE BANCARIA DEL 1926
L'attenzione della nuova disciplina è rivolta soprattutto alle società ed agli enti esercenti il credito che raccolgono depositi.
Rimanevano fuori dall'ambito naturale della legge gli intermediari bancari che pur raccogliendo risparmio non ricorrevano al deposito ma allo strumento tecnico del prestito obbligazionario a medio e lungo termine.
Si andava delineando la distinzione tra aziende di credito e istituti di credito poi recepita dalla legge bancaria del 1936-l938 e fondata sulla lunghezza delle operazioni di provvista.
Si introduce una struttura di vertice di natura politica(ministro per le finanze , sia in posizione sub valente, il ministro per l'economia nazionale), alla quale è affidato il potere di autorizzare l'ingresso sul mercato sia di nuove aziende sia di nuovi istituti, l'apertura di nuove filiali(quando se ne riconoscano l'utilità e la convenienza), le operazioni di fusione tra aziende e , in caso di violazione delle norme alle quali queste ultime avrebbero dovuto adeguarsi, la revoca delle autorizzazione medesima.
All'istituto di emissione veniva attribuita la vigilanza sia sulle aziende sia sugli istituti col diritto di ricevere le situazioni periodiche ed i bilanci delle imprese bancarie ed il potere di svolgere di tempo in tempo ispezioni sulle stesse, allo scopo di assicurare l'osservanza del nuovo statuto speciale previsto per l'attività bancaria.
Viene così introdotto nel nostro ordinamento l'istituto della riserva obbligatoria con lo scopo di favorire la liquidità e la stabilità delle aziende di credito.
Queste norme non vengono estese alle imprese bancarie che pur raccogliendo risparmio non lo fanno attraverso depositi ma attraverso l'emissione di obbligazioni e questo esonero costituisce , per quanto concerne il controllo sulla gestione, l'avvio di una differenziazione tra aziende ed istituti che si articolerà anche successivamente in termini analoghi a quelli fissati dal provvedimento in esame.
Comuni invece alle aziende a agli istituti sono le norme che si preoccupano di impedire la concentrazione dei rischi: viene imposto il limite di fido, ossia nessuna azienda e nussun istituto può concedere ad uno stesso obbligato affidamenti per un ammontare superiore ad 1/5 del patrimonio dell'ente creditizio salva la facoltà dell'istituto di emissione di consentire eventuali deroghe.
La legge del 1926 ha una funzione non di governo ma di polizia del credito.
La legge del 1926 costituiva un intervento moderatore e regolatore del mercato bancario.
In altri termini la legge del 1926 era attenta a quelle che oggi si definiscono le esigenze economiche del mercato, individuate allora nell'interesse alla stabilità delle imprese bancarie e alla razionalizzazione del relativo mercato e considerate indispensabili per consentire all'attività bancaria di svolgere la propria funzione al servizio dello sviluppo economico.
3.3 GLI ALTRI INTERVENTI LEGISLATIVI. I TESTI UNICI SULLE CASSE DI RISPARMIO E SULLE CASSE RURALI; LA LEGGE SUL CREDITO AGRARIO; LA BANCA NAZIONALE DEL LAVORO; LO SVILUPPO DEI CREDITI SPECIALI.
Nel 1927 si sono introdotte le norme che favoriscono, e in alcuni casi impongono, la fusione tra aziende della categoria e sottolinea la funzione di coordinamento e di garanzia mutualistica delle Federazioni fra le Casse attribuendo alle stesse carattere anche coattivo.
Il T.U. del 1929 da vita ad un corpo normativo che completa l'opera avviata dalla legge bancaria del 1926, affinando anzi alcuni istituti che poi verranno applicati a tutte le imprese bancarie dalla legge bancaria del 1936.
Le Casse rurali sono concepite quasi esclusivamente come organi periferici di erogazione del credito agrario.
E' in questo periodo che sulla struttura dell'istituto di credito per la cooperazione si sviluppa la Banca Nazionale del Lavoro, destinata a diventare e a rimanere per lungo tempo la maggior azienda di credito italiana.
L'istituto di credito alla cooperazione era stato costituito nel 1913 da una serie di enti finanziari di natura pubblica sotto forma di ente di solo credito, non essendo autorizzato a raccogliere risparmio.
Ma dal 1925 ha anche la facoltà di raccogliere risparmio.
Nel 1929 con la nuova denominazione di Banca Nazionale del Lavoro e con il riconoscimento della sua natura di ente creditizio pubblico viene canonizzata la nuova realtà di questa struttura.
L'ordinamento della BNL consta sia delle norme generali dettate dalla legge del 1926 sia delle norme speciali che prevedevano sulla banca un controllo pubblico del Ministro delle Finanze.
Si dà così vita ad un ordinamento singolare che si aggiunge a quello degli altri istituti di credito di natura pubblica che operano nel mercato bancario italiano, anche in posizione di rilievo(Banco di Napoli, Banco i Sicilia ,S. Paolo di Torino), contribuendo ad accentuare il pluralismo del nostro sistema creditizio.
3.4 LA CRISI DELLA BANCA MISTA; LA COSTITUZIONE DELL'IMI E DELL'IRI.
Le grandi banche miste che avevano finanziato lo sviluppo industriale italiano vennero travolte dalla grande crisi degli anni trenta dalla quale però uscirono ancora prima della legge bancaria ritrovandosi in proprietà della Stato(attraverso l'IRI).
Le maggiori banche miste avevano effettuato ogni genere di operazione finanziaria a favore dell'industria ed erano entrate in possesso di ingenti pacchetti azionari delle società operative mentre le industrie erano protese ad effettuare scalate alle maggiori imprese bancarie.
La resistenza delle tre banche di maggior rilievo alla fine crollò e si rese così indispensabile il loro salvataggio da parte dello Stato.
Il salvataggio avviene attraverso una serie di convenzioni tra le banche interessate, il Governo e la Banca d'Italia; convenzioni che mantenute riservate quando non segrete, si realizzarono nel periodo 1931-l934.
La prima tappa dell'intera operazione fu realizzata nel 1931 e portò al trasferimento delle partecipazioni industriali dalle banche (Banca Commerciale e Credito Italiano)a società finanziarie con la conseguente separazione , sul piano formale, tra aziende di credito vera e propria e attività di partecipazione.
Il modello operativo adottato finiva per rovesciare sulla collettività il costo dell'acquisizione delle partecipazioni e consentiva di far giungere attraverso le finanziarie alle banche il flusso di denaro fresco necessario per ristabilire la loro liquidità e la loro stabilità.
Con le convenzioni inoltre le banche si impegnavano a non assumere più partecipazioni e a svolgere solo l'attività di credito commerciale.
Le banche miste cessavano di essere banche holding e costituivano il loro modello nel credito ordinario in genere a breve.
Si incomincia dunque nel 1931 a separare, a togliere quel legame che univa le banche alle industrie(tale legame cessò definitivamente nel 1934).
Quindi il finanziamento a medio lungo termine alle industrie era ormai precluso alle banche miste che fino a quel momento lo avevano concesso.
Nel 1931 nasce l'IMI, l'istituto mobiliare italiano, che divenne il più importante ente finanziatore delle industrie italiane.
L'organizzazione dell 'IMI fu di tipo imprenditoriale e esso poteva raccogliere denaro attraverso la sottoscrizione di obbligazioni essendo vietata ad esso la raccolta attraverso i depositi.
L'oggetto dellIMI era quello di concedere finanziamenti di durata protratta(limite dei 10 anni)e di acquisire partecipazioni nelle industrie.
Lo Stato creava così una struttura imprenditoriale che perseguiva l'interesse pubblico insito nell'erogazione di finanziamenti alle imprese , operando secondo logiche imprenditoriali che precludevano la possibilità che la stessa si trasformasse in uno strumento di salvataggio.
L'esigenza dei rimborsi dovuti alla Banca d'Italia per i finanziamenti concessi all'Istituto di liquidazione, portarono alla creazione dell'IRI, nato appunto con due sezioni distinte: l'una, la sezione finanziamenti, che poteva erogare crediti di durata anche ventennale, integrando così le competenze dell'IMI; l'altra, la sezione smobilizzi industriali , che succedeva all'istituto di liquidazione nelle posizioni creditorie e debitorie e nelle partecipazioni azionarie.
Per quanto riguarda la struttura dell'IRI il modello non è quello burocratico ma quello imprenditoriale, la provvista viene garantita esclusivamente attraverso l'emissione di obbligazioni non avendo la possibilità di effettuare depositi.
In ogni caso attraverso l'eliminazione dell'istituto di liquidazione si pose fine ad un sistema di finanziamenti imperniato sulla emissione di moneta da parte della Banca d'Italia e si optò decisamente per il finanziamento operato direttamente sul mercato.
La banca di emissione fu così liberata dal gravoso compito di organo necessario dei slavataggi che in precedenza aveva dovuto svolgere; venne, in altri termini, reciso ogni legame tra Banca d'Italia e sistema delle imprese, escludendosi in via definitiva la possibilità di coinvolgere la prima nelle vicende dei salvataggi industriali.
Nel marzo del 1934 con tre convenzioni vengono trasferite alla sezione smobilizzi dell'IRI tutte le partecipazioni ancora nei portafogli bancari delle tre maggiori banche miste o delle loro finanziarie, nonché tutti i debiti a durata protratta che le stesse banche avevano contratto, dietro trasferimento all'IRI medesimo dei pacchetti azionari di controllo delle banche miste.
Queste entrarono così nell'area pubblica senza per questo acquistare la natura di ente pubblico.
Per effetto di questa operazione l'IRI si trovò ad essere proprietario di oltre il 40% del capitale azionario italiano risultando così la più grande holding del paese.
Le tre banche miste cessando di essere holding rimangono esclusivamente banche ordinarie, mentre nel settore del credito all'industria operavano due strutture, l'IMI e l'IRI(sezione finanziamenti), specializzate nel credito a durata protratta, separate dalle strutture che erogavano credito a breve e deputate ad adempiere la funzione prima attribuita alla banca mista.
Nel 1937 venne eliminata la sezione finanziamenti con l'attribuzione all'IMI di una sfera operativa estesa fino ai finanziamenti di durata ventennale e la sezione smobilizzi sparì per lasciare posto ad una indifferenziata struttura destinata non più a smobilizzare ma a gestire le partecipazioni acquisite attraverso il salvataggio delle banche miste.
Si realizzò così una netta divisione fra l'IMI, che divenne il più importante ente di finanziamento industriale a durata protratta, e l'IRI che assunse il ruolo di ente pubblico di gestione delle partecipazioni statali.
Si portò in tal modo a compimento un processo che era stato avviato nel 1921 con l'assunzione di partecipazioni industriali da parte della sezione autonoma del Consorzio per sovvenzioni su valori industriali e si era poi sviluppato attraverso l'istituto di liquidazione e la sezione smobilizzi dell'IRI.
3.5 I RAPPORTI BANCA D'ITALIA-TESORO E IL MERCATO DEI CAMBI:
Nel 1927 si soppresse la facoltà del tesoro di chiedere alla banca d'Italia somministrazioni straordinarie e posero limiti ben precisi alle eventuali anticipazioni temporanee che la banca d'Itali doveva effettuare per esigenze transitorie di cassa.
Con D.M. il 31 dicembre 1936 si consentiva al tesoro libero accesso alle anticipazioni della banca d'emissione sia pure per esigenze dello Stato di carattere straordinario ed eccezionale.
Nel 1917 era stato istituito l'istituto nazionale per i cambi con l'estero(INCE) al quale era riservato il monopolio del commercio delle valute.
In coincidenza con la grande crisi vennero introdotti nuovi vincoli che sfociarono nell'obbligo di cessione della valuta a favore dell'INCE.
L'INCE continuò ad operare nei fatti come articolazione della banca d'Italia fino al 1935 anno in cui si avvio la creazione di una struttura politico-burocratica che prese il posto della banca d'Italia nello svolgimento del controllo di vertice sul mercato dei cambi ed in particolare sull'attività dell'INCE.
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