FISIOCRAZIA
ED ECONOMIA BASATA SUL LAVORO
Nel
corso del '700 si sviluppò una corrente di pensiero che proponeva la formazione
di una nuova cultura basata sulla razionalità; questo era il movimento
illuminista. Molto spesso questi innovatori si ponevano in contrapposizione
alla cultura tradizionale e proponevano nuovi modelli e ideali da seguire,
abbracciando tutti gli ambiti del sapere. Essi traevano ispirazione dalla
rivoluzione scientifica che era avvenuta nel secolo precedente: era stato
criticato il sapere antico e il metodo che si utilizzava e, grazie all'uso
della ragione, la scienza aveva iniziato uno sviluppo che non accennava ad
arrestarsi. Gli illuministi volevano seguire lo stesso processo per tutti gli
ambiti del sapere, così da avere uno sviluppo di pari dimensioni in ogni campo.
All'interno di questi processi di innovazione si pongono anche le ure
innovatrici di François Quesnay e Adam Smith. Essi osservarono l'economia da un
punto di vista meramente razionale, giungendo però a conclusioni radicalmente
differenti. Quesnay vedeva nell'agricoltura l'origine di ogni ricchezza e
considerava subordinati ad essa tutti gli altri mezzi di produzione; Smith
invece vedeva come fonte di ricchezza il lavoro produttivo, indipendentemente
da quale ambito della produzione si rivolgesse. Entrami analizzarono le varie
"classi" lavorative esprimendo un loro giudizio al riguardo, ed entrambi
stravolsero le concezioni tradizionali che si davano per scontate. Quesnay
suddivise la società in tre parti: ceti produttivi, ceti sterili e ceti oziosi.
I ceti produttivi erano quelli che producevano le materie prime, ed avevano
quindi a che fare con l'agricoltura; essi erano i contadini, gli affittuari e
gli imprenditori agricoli. Essi erano alla base dell'economia e su di loro si
basavano tutti gli altri settori. I ceti sterili erano coloro che non
producevano materie prime, ma si limitavano a trasformarle e poi a diffonderle
nello spazio. Essi erano gli artigiani, i commercianti e i professionisti; il
loro lavoro era completamente dipendente da quello dei ceti produttivi, e
quindi meno importante e redditizio. Infine c'erano i ceti oziosi che non
producevano né trasformavano, ma si limitavano a consumare. Erano essi il
clero, i funzionari pubblici, il sovrano e la sua corte e tutti coloro che non
gestivano direttamente un'impresa, come i grandi proprietari terrieri. L'unica
funzione dei ceti oziosi era quella di prelevare il denaro ricavato dal resto
della popolazione, per poi ridistribuirlo in modo conveniente ai ceti produttivi
e sterili. Per questo motivo c'era la necessità di uno stato libero da
restrizioni, dogane e tasse troppo alte affinché si sviluppassero al massimo lo
scambio di beni e di ricchezze per uno sviluppo completo. Questa suddivisione
applicata alla società fece molto scalpore perché rovesciava gli ideali
precedenti di gerarchia: Quesnay definiva oziosi le classi sociali più alte che
avevano in mano il potere, mentre considerava di vitale importanza quei lavori
che fino ad allora erano state reputati inferiori e disonoranti. Anche Smith
aveva fatto una suddivisione di questo genere della società, anche se da un
punto di vista diverso. Smith considerava la base dell'economia il lavoro, e
cioè l'unico strumento capace di produrre cose "necessarie e comode"; e lo
aveva suddiviso in due parti: lavoro produttivo e lavoro improduttivo. Con
produttivo intende qualsiasi genere di lavoro che, da un capitale di partenza,
riesce a creare una ricchezza maggior di quella precedente e a creare così un
nuovo lavoro. Esempi di lavoro produttivo sono gli artigiani e i contadini. Con
improduttivo, invece, intende quel lavoro che si esaurisce in se stesso, che
non crea altro lavoro né nuova ricchezza. Esempi sono i domestici, il sovrano
con i suoi funzionari, l'esercito, i letterati, gli ecclesiastici, i medici,
gli uomini di spettacolo, ecc. tutti i lavori improduttivi sono mantenuti dal
reddito di qualche altro lavoro produttivo. Da ciò Smith esortava alla
parsimonia, alla moderazione nel lusso e all'accumulazione di capitali da
investire in attività produttive. Secondo Smith la ricchezza di un paese era
direttamente proporzionale ai capitali che si dedicavano al lavoro produttivo,
e inversamente proporzionale a quelli che si dedicavano ai settori
improduttivi. Anche Smith, come Quesnay, suscitò scalpore perché sottolineava
l'importanza di classi lavorative che non avevano peso politico mentre
criticava il ruolo di quelle considerate più ricche e influenti. Entrambi
criticarono aspramente il ruolo del sovrano e dei suoi funzionari e chiedevano
uno stato libero da tassazioni troppo gravose, dogane e limitazione agli scambi
commerciali, e furono portavoce dello sviluppo che stava prendendo piede in
quel periodo.