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GEOGRAFIA ECONOMICA: La localizzazione
Le prime forme di insediamento all’estero di attività produttive risalgono al primo periodo coloniale. Si trattava di una localizzazione obbligata, poiché vincolata dalla presenza di materie prime o risorse – minerali e prodotti di piantagione – disponibili solo in siti particolari e non lavorabili altrove. Fu così che apparvero dalla Florida al Brasile i primi zuccherifici di proprietà europea.
Tra la fine dell’Ottocento e il primo Novecento alcune grandi imprese cominciarono a insediare impianti all’estero, per avvicinarsi questa volta ai mercati di sbocco dei loro prodotti. Scelsero, quindi, Paesi dove l’industrializzazione aveva già creato alcune premesse: la presenza di una manodopera con cultura industriale e di altre imprese locali capaci di assorbire i semilavorati, un certo potere d’aquisto. Mentre imprese americane iniziavano a sbarcare in Europa, grandi gruppi tedeschi investivano, per esempio, in Italia.
L’approdo nei Paesi in via di sviluppo da parte di quelle che conosciamo come società multi o transnazionali risale perlopiù al secondo dopoguerra. La scelta ebbe altre motivazioni e fu resa possibile dal verificarsi di alcuni prerequisiti. Spesso, infatti, il Sud del mondo non costituiva un mercato interessante, dati gli insufficienti livelli di reddito, ma in compenso permetteva di sfruttare altre vantaggiose opportunità, a partire dal basso costo della manodopera. Inoltre, dovevano aprirsi i mercati, con l’abbattimento dei dazi doganali, ma neppure il passaggio dal protezionismo a una situazione generalizzata di liberismo commmerciale avrebbe reso possibile l’internazionalizzazione delle imprese se nel frattempo non fossero diminuiti sensibilmente i costi di trasporto. Localizzare attività produttive nei Paesi in via di sviluppo apparve ulteriormente vantaggioso per la facile disponibilità di suoli edificabili, il cui costo, al contrario, lievitava sensibilmente nei Paesi d’origine delle multinazionali.
Anche l’assenza di normative ecologiche favorisce l’emigrazione delle imprese perché permette di produrre senza rispettare le rigide normative e senza sostenere i costi che nel Nord del mondo vengono imposti per tutelare l’ambiente e la salute della manodopera e delle popolazioni.
Pure il minor costo dell’energia svolge la sua parte, se si decide di insediarsi in Paesi che ne sono dotati in abbondanza, come è il caso di quelli petroliferi o ricchi di miniere di carbone. Infine, la debolezza o l’assenza delle organizzazioni sindacali consente talvolta di eludere le leggi rigorose che nel mondo sviluppato proteggono i lavoratori, con il conseguente sfruttamento delle donne e persino dei bambini.
Con la terza Rivoluzione Industriale si è affermato un nuovo modo di produrre. Gli addetti al settore industriale sono diminuiti drasticamente e si espande il terziario; le produzioni si smaterializzano perché richiedono meno materie prime e più tecnologia.
Taylorismo e fordismo (catena di montaggio), sui quali si basò il modo di produrre durante la seconda Rivoluzione industriale, ossia tra la fine dell’Ottocento e gli anni settanta del secolo scorso, hanno lasciato il passo a sistemi più flessibili, secondo il principio del just in time (al momento giusto) si produce in maniera diversificata su ordinazione del cliente e non per stoccare merci nel magazzino. Si avrà così il trionfo del toyotismo: un modo di produrre inventato in Giappone dalla Toyota Auto.
I criteri di localizzazione
I principali vincoli e fattori che condizionano le decisioni in merito alla localizzazione territoriale delle imprese sono:
- vincoli ecologico-ambientali: sono costituiti dalle caratteristiche naturali dei siti nei quali vengono ubicate le unità produttive.
- i fattori funzionali: riguardano invece le particolari necessità tecnico-economiche di ogni impresa.
Vincoli Ecologici Fattori Funzionali
- risorse idriche - materie prime
- spazi adeguati - fonti energetiche
- vicinanza al mare - imprese fornitici
- caratteri geologici e morfologici dei siti - mercato del lavoro
- smaltimento dei rifiuti - mercato (distribuzione)
- pericolosità delle lavorazioni - trasporti
- servizi e infrastrutture
Esempi:
- nel caso delle imprese minerarie possono ubicarsi dove ci sono i minerali;
- nel caso delle centrali termonucleari esse non possono ubicarsi in aree a rischio sismico.
Inoltre possiamo riassumere alcuni fondamentali criteri di scelta operativa in fatto di localizzazione spaziale delle unità produttive.
I siti di produzione della Diageo, capogruppo della Guinness
I modelli di localizzazione
I modelli di localizzazione sono due: accentrato e diffuso. Tra i due, come lungo un segmento, si colloca un miriade di altre situazioni che tendono di volta in volta più verso un estremo o l’altro. Da ciascuna realtà derivano conseguenze diverse per quanto riguarda sia l’organizzazione del territorio, sia il complessivo sistema economico-sociale. In linea generale si può affermare che, mentre nelle prime fasi dell’industrializzazione venne privilegiato il modello accentrato, con la terza Rivoluzione industriale si impone quello della fabbrica diffusa sul territorio, parallelamente al processo di deurbanizzazione che investe i centri urbani.
L’insediamento accentrato
Questo modello di localizzazione era condizionato dai vincoli tecnologici del passato che imponevano scelte quasi obbligate: disponibilità di energia e di acqua, vicinanza alle materiale prime e alle linee ferroviarie. Le imprese dello stesso settore e quelle operanti in ti diversi tendevano ad avvicinarsi una all’altra, richiamando manodopera e altre attività produttive, commerciali, di servizio.
La congiunta presenza di molte unità produttive giustificava l’intervento pubblico che si traduceva nella realizzazione di infrastrutture e servizi (scali ferroviari, nodi autostradali, strutture distributive, servizi doganali e bancari), grazie ai quali le imprese beneficiavano di economie esterne. In genere a essere privilegiate furono le aree urbane e la riduzione dei costi che derivava da un simile modello di insediamento generava le cosidette economie di agglomerazione basate su vincoli di interdipendenza, che alimentavano il circuito degli insediamenti, mediante integrazioni orizzontali e verticali.
Il decentramento produttivo
Le fabbriche della seconda Rivoluzione industriale erano spesso di notevoli dimensioni e ubicate nelle periferie delle città. La progressiva crescita metropolitana le inglobò nel tessuto urbano, con effetti negativi sul piano sociale e l’emergere di diseconomie esterne dovute proprio a una organizzazione del territorio non specializzata, caratterizzata dal mescolarsi confuso di insediamenti abitativi e di attività produttive. La qualità della vita dei cittadini peggiorò, poiché la presenza di aree industriali e residenziali a ridosso le une delle altre comportava degrado del paesaggio, traffico, rumore, inquinamento dell’aria, mancanza di spazi e verdi e per il tempo libero. Per le stesse imprese coinvolte, la precedente favorevole localizzazione si tramutò progressivamente in deseconomie esterne. Accerchiati dalle successive edificazioni, gli insediamenti produttivi si trovano impossibilitati a espandersi; mancavano parcheggi per i lavoratori, che a partire dagli anni Sessanta-Settana avevano abbandonato le biciclette per venire al lavoro in auto.
Mancavano spazi per nuovi uffici, aree di carico, magazzini.
Venutesi a trovare dentro le città e non più alla loro periferia, le imprese si trovarono ad affrontare problemi e costi notevoli per i trasporti all’esterno delle merci prodotte e i rifornimenti di materie prime o semilavorati.
Andò in crisi il binomio industrializzazione-urbanesimo che aveva accomnato decenni di sviluppo economico. La rottura del binomio fu accelerata, negli anni Settanta del Novecento, dalla crisi petrolifera e dalle trasformazioni tecnologiche che aprirono la strada alla terza Rivoluzione industriale. I costi energetici subirono una impennata e la vecchia archiettura industriale si revelò antieconomica e inefficiente; l’automazione modificò i modi di produrre suggerendo nuove tipologie di fabbriche dalle dimensioni decisamente inferiori. I giganteschi complessi produttivi si revelarono inefficienti e costosi. Il Giappone fu il primo Paese a introdurre impianti di minori dimensioni, persino nei settori dominati dalle unità produttive di enormi dimensioni (chimica di base e siderurgia) dimostrando che flessibilità, risparmio energetico e nuovi ordini di grandezza nei rapporti tra i fattori della produzione (terra, lavoro, capitale) avevano effetti positivi sui costi. Informatica e robotica hanno svolto un ruolo primario nella scelta delle localizzazioni con evidenti conseguenze sull’organizzazione del territorio. La telematica, in particolare, ha indotto a frazionare le grandi unità produttive nelle quali erano accorpate tutte le funzioni: direzionale, commerciale, produttive; funzioni che oggi vengono spesso rilocalizzate in siti molto distanti tra loro. Ne è derivato un processo di decentramento produttivo, ancora in corso, che ha coinvolto tutte le aree urbane dei Paesi ad advanzato sviluppo economico-sociale. Con il trasferimento di molte imprese di notevoli dimensioni all’esterno dei perimetri urbani, si sono liberate aree, talvolta di dimensioni molto amplie, con il conseguente problema della loro riqualificazione. La decisione di decentrare spesso si traduce in una forma di finanziamento indiretto per l’impresa, in seguito alla notevole differenza tra il costo delle nuove aree agricole in cui viene insediata e il valore dell’area urbana dismessa. Talvolta il ricavo netto garantito dalla compravendita delle due aree è tale da fungere esso stesso da stimolo alla rilocalizzazione.
Il caso di delocalizzazione – La chiusura della fabbrica Guinness di Park Royal (Londra) e il trasferimento della produzione
Il 15 Aprile 2005 Diageo, la società transnazionale che controlla la Guinness, ha annunciato che intendeva spostare la produzione di Guinness destinata al mercato britannico a St. James’s Gate a Dublino, il sito storico della Guinness. Con questo ha fatto sapere che, con investimenti e miglioramenti nei processi di produzione, St. James’s Gate sarebbe capace di soddisfare sia i bisogni del mercato britannico che anche il mercato irlandese e quelli internazionali che già soddisfava. Questo ha comportato la chiusura della fabbrica di Park Royal a Londra, attiva dal 1938. Il trasferimento della produzione in Irlanda a St. James’s Gate dove sir Arthur Guinness cominciò a produrre la famosa birra ha visto una crescita nella produzione pari al 50% dall’estate del 2005.
Questa decisione è stata presa dopo l’analisi di vari fattori:
Fattori interni:
Fattori esterni:
Uno sguardo è stato dato anche alla capacità produttiva delle due fabbriche:
St. James’s Gate, Dublino Park Royal, Londra
Capacità di produzione: 4 milioni di ettolitri 2 milioni di ettolitri
(8 milioni di barilotti) (4 milioni di barilotti)
per anno per anno
Dimensioni: 55 acri 80 acri (non tutti usati per
la produzione di birra)
Fornisce: Irlanda, Europa, Stati Uniti Solo Regno Unito
e altri mercati
Dall’inizio St. James’s Gate aveva un grande vantaggio, produceva già due volte la quantità di Guinness rispetto a Park Royal, e in altre parole, St. James’s Gate aveva bisogno di un aumento soltanto del 50% di capacità produttiva, mentre Park Royal aveva bisogno di un aumento del 200%.
In più, St. James’s Gate risale al 1759 e durante gli ultimi due decenni la fabbrica ha visto numerose trasformazioni e investimenti, facendola diventare una delle fabbriche di birra più moderne al mondo.
Perciò possiamo affermare che la decisione di delocalizzare a Dublino è stata presa per la capacità della fabbrica irlandese di aumentare la capacità produttiva del 50% entro 18 mesi, e anche grazie ai costi più bassi di trasporto rispetto al costo alto della terra londinese.
La fabbrica diffusa
Le minuscole unità produttive, il lavoro a domicilio, i subappali che sembravano retaggi anacronistici di un’età paleoindustriale, sono stati rivalutati. Negli ultimi due-tre decenni si è assistito al proliferare di nuove fabbriche di piccole o medie dimensioni, più diffuse sul territorio, meno preoccupate di concentrarsi in aree ristrette per realizzare economie di agglomerazione. Risulato di questo fenomeno è l’affermarsi di nuove regioni industriali che si sono affiancate a quelle tradizionali, caratterizzate dal dominio del gigantismo industriale. Non estranea a quella scelta è stata la consapevolezza che la piccola unità produttiva è molto più elastica, in grado di cogliere con prontezza i mutamenti del mercato in un contesto che impone rapidità di adeguamento, dato che costumi, valori e tendenze sociali vanno evolvendo con crescente rapidità. Le fabbriche minori sono anche più facilmente controllabili per quanto concerne le relazioni industriali, giacché spesso riescono a non fare i conti con le forti centrali sindacali: una ragione che ha spinto molte imprese statunitensi a trascurare il vecchio perimetro del Nord-Est e a privilegiare quelle che sono diventate le regioni emergenti: il Sud (in particolare la Georgia), il Midwest, l’Arizona e il Nord-Ovest.
Per quanto riguarda invece la gestione dell’impresa, è necessario conoscere l’andamento
dell’azienda e i risultati delle strategie messe in atto.
ECONOMIA AZIENDALE: Il bilancio d’esercizio
In millions of £ |
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Sales |
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Excise duties |
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Net sales |
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Cost of sales |
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Gross profit |
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Marketing expenses |
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Other operating expenses |
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Operating profit |
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Sale of General Mills and other businesses |
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Interest receivable |
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Interest payable |
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Other finance income |
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Other finance charges |
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Share of associates profits (after tax) |
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Profit before taxation |
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Taxation |
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Profit from continuing operations |
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Discontinued operations |
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In millions of £ |
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Non-current assets |
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Biological assets |
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Investments in associates |
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Other investments |
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Other receivables |
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Deferred tax assets |
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Post employment benefit assets |
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Current assets |
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Inventories |
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Trade and other receivables |
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Other financial assets |
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Cash and cash equivalents |
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Total assets |
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Current liabilities |
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Borrowings and bank overdrafts |
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Other financial liabilities |
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Trade and other payables |
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Corporate tax payable |
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Provisions |
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Non-current liabilities |
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Borrowings |
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Other financial liabilities |
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Other payables |
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Provisions |
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Deferred tax liabilities |
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Post employment benefit liabilites |
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Total liabilities |
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Net assets |
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Equity |
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Called up share capital |
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Share premium |
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Other reserves |
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Retained deficit |
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Equity attributable to equity shareholders of the parent company |
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Minority interests 198 179
Traduzione in italiano di Colm de Bhuinn
In milioni di £ |
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Vendite |
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Imposta di consumo |
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Ricavi |
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Costo delle vendite |
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Utile lordo |
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Costi di marketing |
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Altri oneri |
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Reddito operativo |
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Vendita di General Mills e altre aziende |
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Interessi attivi |
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Interessi passivi |
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Altri proventi finanziari |
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Altri oneri finanziari |
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Quota di utile di collegate (ante imposte) |
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Utile ante imposte |
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Imposte |
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Utile da operazioni destinate a continuare |
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Operazioni destinate a cessare |
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Utile dell’esercizio |
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In milioni di £ |
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Attivo non corrente |
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Attività immateriali |
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Immobilizzazioni, impianti e machinari |
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Attività biologiche |
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Investimenti v/soci |
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Altri investimenti |
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Altri crediti |
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Altre attività finanziarie |
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Imposte attive differite |
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Benefici dopo rapporto di lavoro |
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Attivo corrente |
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Rimanenze |
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Crediti commerciali e diversi |
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Altre attività finanziarie |
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Cassa |
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Totale attività |
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Passività correnti |
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Prestiti e indebitamenti finanziari |
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Altre passività finanziarie |
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Debiti commerciali e diversi |
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Imposte aziendali dovute |
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Accantonamento |
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Passività non correnti |
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Prestiti |
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Altre passività finanziarie |
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Altri debiti |
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Accantonamento |
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Passività tributarie differite |
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Benifici dopo rapporto di lavoro |
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Totale passività |
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Attività netta |
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Patrimonio netto |
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Capitale sociale |
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Sovrapprezzo azioni |
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Altre riserve |
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Disavanzo trattenuto |
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Capitale attribuibile ad azionari del capogruppo |
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Interessi di minoranza 198 179
Che cos’è il Bilancio d’esercizio?
Il bilancio d’esercizo è il documento redatto dagli organi amministrativi al termine del periodo amministrativo, con cui si rappresenta la situazione patrimoniale e finanziaria dell’azienda e il risultato economico dell’esercizio.
Il Codice Civile fissa una serie di regole e di principi cui gli amministratori devono attenersi nella formazione del bilancio d’esercizio. L’art. 2423 comma 2 cc. fissa la clausola generale: “Il bilancio d’esercizio dev’essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto, la situazione patrimoniale e finanziaria della società ed il risultato economico dell’esercizio”.
Il bilancio ha due importanti funzioni:
Il bilancio svolge un importante ruolo nell’ambito dell’informativa sulla gestione aziendale. Le informazioni ottenibili dal bilancio possono essere di tipo storico, oppure prospettico, e queste, proiettate verso il futuro, sono ricavabili attraverso l’utilizzo dell’analisi per indici e per flussi.
L’impresa coinvolge una molteplicità di soggetti che sono interessati alle sue vicende. Gli utilizzatori del bilancio (stakeholders) possono essere distinti in due categorie:
L’insieme dei prospetti che compongono il bilancio e i suoi allegati prende il nome di sistema informativo di bilancio.
Il sistema informativo del bilancio è composto:
dal bilancio d’esercizio, formato dallo Stato patrimoniale, dal Conto economico e dalla Nota integrativa, redatti secondo gli art. 2424, 2425, 2427 e 2427 bis del codice civile
dalla relazione sulla gestione (art. 2428 del c.c.)
dalla relazione del collegio sindacale (art. 2429 del c.c.)
dalla relazione del soggetto incaricato del controllo contabile (art. 2429 del c.c.)
da altri documenti
Normativa sul bilancio
L’attuale normativa sul bilancio d’esercizio è stata stabilita con il decreto legislativo n. 127/1991 che ha dato attuazione alla IV Direttiva CEE, modificata in parte delle Direttiva 2003/51/CE. Le disposizioni comunitarie sono state recepite dal nostro codice civile con un’articolazione che va “dal generale al particolare” e stabiliscono:
Componenti del bilancio d’esercizio
Stato Patrimoniale presenta la situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa.
Nello Stato Patrimoniale i diversi elementi sono classificati nell’Attivo, secondo la destinazione economica degli impieghi, e nel Passivo, secondo la provenienza delle fonti di finanziamento.
A sinistra si trova l’ Attivo, a destra il Passivo. Ogni sezione è suddivisa in:
Classi lettere maiuscole (A,B,C,D ecc . );
Sottoclassi numeri romani (I, II, III, IV ecc . );
Voci numeri arabi (1, 2, 3, 4, 5 ecc . );
Sottovoci lettere minuscole (a, b, c, d, ecc . ).
SCHEMA DI STATO PATRIMONIALE (art. 2424 c.c.)
ATTIVO
A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, con separata indicazione della parte già richiamata.
B) Immobilizzazioni:
I. Immobilizzazioni immateriali:
costi di impianto e di ampliamento;
costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità;
diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno;
concessioni, licenze, marchi e diritti simili;
avviamento;
immobilizzazioni in corso e acconti;
altre.
Totale.
II. Immobilizzazioni materiali:
terreni e fabbricati;
impianti e macchinario;
attrezzature industriali e commerciali;
altri beni;
immobilizzazioni
in corso e acconti.
Totale.
III. Immobilizzazioni finanziarie, con separata indicazione, per ciascuna voce dei crediti, degli importi esigibili entro l'esercizio successivo:
partecipazioni in:
a. imprese controllate;
b. imprese collegate;
c. imprese controllanti;
d. altre imprese;
crediti:
a. verso imprese controllate;
b. verso imprese collegate;
c. verso controllanti;
d. verso altri;
altri titoli;
azioni
proprie, con indicazione anche del valore nominale complessivo.
Totale
Totale immobilizzazioni (B)
C) Attivo circolante:
I. Rimanenze:
materie prime, sussidiarie e di consumo:
prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
lavori in corso su ordinazione;
prodotti finiti e merci;
acconti.
Totale
II. Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l'esercizio successivo:
verso clienti;
verso imprese controllate;
verso imprese collegate;
verso controllanti;
verso
altri.
Totale.
III. Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni:
partecipazioni in imprese controllate;
partecipazioni in imprese collegate;
partecipazioni in imprese controllanti;
altre partecipazioni;
azioni proprie, con indicazione anche del valore nominale complessivo;
altri
titoli.
Totale
IV. Disponibilità liquide:
depositi bancari e postali;
assegni;
denaro e
valori in cassa.
Totale.
Totale attivo circolante (C)
D) Ratei e risconti, con separata indicazione del disaggio su prestiti.
PASSIVO
A) Patrimonio netto:
I. Capitale
II. Riserva da sopraprezzo delle azioni
III. Riserve di rivalutazione
IV. Riserva legale
V. Riserva per azioni proprie in portafoglio
VI. Riserve statutarie
VII. Altre riserve, distintamente indicate
VIII. Utili (perdite) portati a nuovo
IX. Utile (perdite) dell'esercizio
Totale
B) Fondi per rischi e oneri:
per trattamento di quiescenza e obblighi simili;
per imposte;
altri.
Totale
C) Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato.
D) Debiti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l'esercizio successivo;
obbligazioni;
obbligazioni convertibili;
debiti verso banche;
debiti verso altri finanziatori;
acconti;
debiti verso fornitori;
debiti rappresentati da titoli di credito;
debiti verso imprese controllate;
debiti verso imprese collegate;
debiti verso controllanti;
debiti tributari;
debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale;
altri debiti.
Totale
E) Ratei e risconti con separata indicazione dell'aggio su prestiti.
Conto economico evidenzia i risultati conseguiti nelle diverse aree gestionali:
Nel conto economico sono evidenziati, oltre al risultato finale, anche due risultati intermedi:
La differenza tra valore e costi della produzione
Il risultato prima delle imposte
SCHEMA DI CONTO ECONOMICO (art. 2425 c.c.)
A) Valore della produzione:
ricavi delle vendite e delle prestazioni;
variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti;
variazioni dei lavori in corso su ordinazione;
incrementi di immobilizzazioni per lavori interni;
altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio.
Totale.
B) Costi della produzione:
per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci;
per servizi;
per godimento di beni di terzi;
per il personale:
a. salari e stipendi;
b. oneri sociali;
c. trattamento di fine rapporto;
d. trattamento di quiescenza e simili;
e. altri costi;
ammortamenti e svalutazioni:
a. ammortamento delle immobilizzazioni immateriali;
b. ammortamento delle immobilizzazioni materiali;
c. altre svalutazioni delle immobilizzazioni;
d. svalutazioni dei crediti compresi nell'attivo circolante e delle disponibilità liquide;
variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci;
accantonamenti per rischi;
altri accantonamenti;
oneri diversi di gestione.
Totale.
Differenza tra valore e costi della
produzione (A-B).
C) Proventi e oneri finanziari:
proventi da partecipazioni, con separata indicazione di quelli relativi ad imprese controllate e collegate;
altri proventi finanziari;
a. da crediti iscritti nelle immobilizzazioni, con separata indicazione di quelli da imprese controllate e collegate e di quelli da controllanti;
b. da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni;
c. da titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni;
d. proventi diversi dai precedenti, con separata indicazione di quelli da imprese controllate e collegate e di quelli da controllanti;
interessi e altri oneri finanziari, con separata indicazione di quelli verso imprese controllate e collegate e verso controllanti.
Totale (15-l6-l7).
D) Rettifiche di valore di attività finanziaria:
rivalutazioni:
a. di partecipazioni;
b. di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni;
c. di titoli iscritti all'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni.
svalutazioni:
a. di partecipazioni;
b. di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni;
c. di titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni.
Totale delle rettifiche (18-l9).
E) Proventi e oneri straordinari:
proventi, con separata indicazione delle plusvalenze da alienazioni i cui ricavi non sono iscrivibili al n. 5;
oneri, con separata indicazione delle minusvalenze da alienazioni i cui effetti contabili non sono iscrivibili al n. 14 e delle imposte relative a esercizi precedenti.
Totale delle
partite straordinarie (20-21).
Risultato prima delle imposte (A-B+-C+-D+-E);
imposte sul reddito dell'esercizio;
(risultato dell'esercizio);
(rettifiche di valore operate esclusivamente in applicazione di norme tributarie);
(accantonamenti operati esclusivamente in applicazione di norme tributarie);
utile (perdita) dell'esercizio
3. Nota Integrativa illustra le voci iscritte nello Stato patrimoniale e nel Conto economico, fornisce informazioni supplementari sia qualitative sia quantitative e indica i criteri di valutazione applicati nella redazione del bilancio.
Criteri di valutazione
Allo scopo di evitare comportamenti scorretti da parte degli amministratori, che possono essere tentati di sopravvalutare il patrimonio aziendale o all’opposto di costruire riserve occulte, sono stati imposti dei vincoli giuridici e dei vincoli tecnici.
VINCOLI GIURIDICI consistono nelle disposizioni del codice civile riguardanti la redazione del bilancio, la struttura e i contenuti dei documenti che lo compongono e i criteri di valutazione che devono essere osservati.
VINCOLI TECNICI consistono nei principi contabili di generale accettazione, ossia nelle regole di comportamento che è necessario osservare per pervenire a una corretta rappresentazione della realtà aziendale.
I suddetti vincoli sono finalizzati a rendere i bilanci d’esercizio documenti affidabili, redatti sulla base di criteri uniformi nel tempo e nello spazio.
Il criterio base per le valutazioni è il COSTO, inteso come insieme degli oneri che l’impresa a sostenuto per l’acquisizione o la produzione di un determinato bene.
Il costo, nel principio della prudenza, viene considerato il limite masso alle valutazioni, con alcune eccezioni:
È prevista l’applicazione del Fair Value (valore equo o di mercato) per valutare le attività finanziarie detenute a scopo di negoziazione e quelle disponibili per la vendita (es. titoli quotati iscritti in C II – Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni).
Relazione sulla gestione
Gli amministratori unitamente al bilancio, devono redigere una relazione sulla gestione, che costituise un documento di fondamentale importanza per giudicare l’andamento aziendale e per comprenderne scelte, motivazione e prospettive al di là dei dati puramente contabili.
La relazione ha un contenuto descrittivo sui principali fatti che hanno caratterizzato l’esercizio e su quelli eventualmente verificatisi dopo la chiusura del periodo amministrativo. A tali informazioni sono aggiunte anche informazioni quantitative, su specifici settori di attività, come un’analisi della redditività per singoli segmenti.
Le informazioni fornite dalla relazioni devono consentire ai destinatari del bilancio di comprendere l’andamento reddituale dell’azienda. Il codice civile stabilisce il contenuto minimo della relazione sulla gestione, indicandone gli obiettivi informativi e i dati che devono essere forniti (art. 2428).
Controllo contabile
Il controllo contabile è obbligatorio in tutte le società di capitali. Durante il controllo il soggetto incaricato:
Come è obbligatoria la redazione del bilancio, è obbligatorio anche il amento delle imposte, e sono queste che ho illustrato di seguito:
SCIENZE DELLE FINANZE: Le imposte più importanti
IRES
IRAP
IVA
A partire dal 1° Gennaio 2004, è stata introdotta la nuova Imposta sul Reddito delle Società (IRES). L’IRES ha sostituito la vecchia IRPEG (Imposta sul Reddito delle Persone Giuridiche).
Caratteri:
I soggetti passivi dell’IRES sono:
le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato;
gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;
gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;
le società e gli enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato, incluse le società di persone e le associazioni indicate nell’articolo 5 del TUIR.
L’oggetto dell’imposta
L’oggetto dell’imposta è il reddito complessivo netto, cioè quello risultante dal conto economico, e risulta così composto:
Componenti positive
a) gli utili netti
b) le plusvalenze patrimoniali
c) i dividendi delle azioni e gli utili di partecipazione
d) i redditi proveniente da beni immobili
Componenti negative
a) le perdite di esercizio
b) le perdite di emissione
Se il reddito d'impresa è negativo, la perdita può essere portata in deduzione dai redditi degli esercizi successivi, ma non oltre il quinto (con eccezione dei primi tre anni di attività con riporto delle perdite illimitato).
Esenzioni
Non soggetti all’IRES sono:
a) le amministrazioni dello Stato, comprese quelle a ordinamento autonomo, anche se dotate di personalità giuridica
b) le Società di investimento a capitale variabile (Sicav)
c) le cooperative
Inoltre:
d) sono deducibili dall’imponibile dell’Ires i ristorni effettuati ai soci delle cooperative
e) se i dividendi prodotti da una società di capitali sono distribuiti a favore di un’altra società di capitali, la doppia tassazione Ires è limitata al 5% del loro importo
f) non sono soggette all’imposta le plusvalenze ottenute attraverso le partecipazioni in altre società
g) le società di capitali, purché i loro soci siano a loro volta società di capitali, possono optare per la tassazione per trasparenza, che prevede che il reddito della società non venga tassato in capo a essa, ma sia imputato alle società “socie” in proporzione alla loro quota di partecipazione.
IRAP
L'Imposta regionale sulle attività produttive, o IRAP, è stata istituita con il decreto legislativo 15 dicembre 1997 n.446. È un'imposta di competenza regionale che, nella sua applicazione più comune, colpisce il valore della produzione netto delle imprese ossia in termini generali il reddito prodotto al lordo dei costi per il personale e degli oneri e dei proventi di natura finanziaria.
Caratteri:
I soggetti passivi dell’Irap sono:
La base imponibile si determina in maniera differente a seconda che il soggetto passivo sia:
Aliquota e calcolo dell’imposta
L'importo da versare si ottiene applicando alla base imponibile, detta Valore della Produzione Netta, un'aliquota secondo quanto previsto dall'Art.16 del Decreto Legislativo 446 del 1997. L’aliquota ordinaria è fissata nella misura del 4.25%. Le Regioni hanno la possibilità di elevare o ridurre l’aliquota fino ad un massimo dell'1%.
Con la legge finanziaria per il 2005 è stata stabilita la possibilità per le Regioni di elevare l'aliquota ordinaria dell'1% in caso di sfondamento della spesa sanitaria. Tale possibilità è divenuta obbligo nella Finanziaria 2006 ed ha comportato l'aumento dell'aliquota ordinaria al 5,25% per l'Abruzzo, la Campania, il Lazio, il Molise e la Sicilia relativamente agli anticipi dell'IRAP del 2006.
Con la legge finanziaria 2007 nell'ambito degli interventi noti come riduzione del cuneo fiscale è stata introdotta la deduzione dall'imponibile dell'intero costo dei contributi assistenziali e previdenziali versati per i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato e di una deduzione di 5.000 euro, rapportata ad anno, per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo d'imposta. La deduzione decorre dal 1 febbraio 2007 nella misura del 50% e per l'intero ammontare a decorrere dal 1 luglio 2007. La deduzione potrà essere applicata con il primo acconto 2007 scadente il 18 giugno 2007 in quanto il decreto legge n. 67/2007 ha eliminato il vincolo dell'approvazione comunitaria. Ciò nonostante non sono del tutto esclusi vincoli di compatibilità con la normativa comunitaria sulla concorrenza, in particolare se le deduzioni non fossero estese agli operatori dei settori bancario, assicurativo e finanziario per il momento escluse dall'agevolazione (il Governo si è impegnato ad estendere la deduzioni anche a queste categorie), ma anche qualora venissero sollevate obiezioni su altri aspetti della nuova norma.
Con la legge finanziaria 2008 (Art. 1 comma 226) l'aliquota del 4,25 % è stata abbassata al 3,9 %. Per le Regioni che avevano adottato una diversa aliquota, essendosi avvalse della possibilità di cui all'Art. 16 comma 3 del D.Lgs. 446/1997, od essendo incorse nella misura richiamata sopra, relativa alla Finanziaria 2006, l'aliquota per il 2008 viene calcolata moltiplicando quella in vigore per il coefficiente 0,9176.
L'Irap è stata istituita nell'ambito della riforma della finanza locale che ha tra l'altro istituito anche l'addizionale regionale Irpef. Con la sua istituzione sono stati soppressi l'Ilor (Imposta locale sui redditi), Iciap, imposta sul patrimonio netto delle imprese, tassa di concessione governativa sulla partita Iva, contributo per il servizio sanitario nazionale (tassa della salute), contributi per l'assicurazione obbligatoria contro la tubercolosi, contributo per l'assistenza di malattia ai pensionati, tassa di concessione comunale.
L'imposta ha, sin dalla sua introduzione, suscitato notevoli polemiche. Questo in quanto, andando a colpire il reddito al lordo del costo del personale, grava in particolar modo su imprese ad alta intensità di manodopera riducendone la redditività. Inoltre l'Irap spesso viene ata dalle imprese anche in presenza di una perdita di esercizio andando ulteriormente ad aggravarla.
Numerosi sono stati gli attacchi politici e legislativi portati a questo tributo dalla sua introduzione. Innanzitutto si è cercato di escludere dall'ambito di applicazione le attività che non hanno una vera e propria organizzazione o in cui l'organizzazione non è che un elemento accessorio dell'attività. Sotto questo punto di vista ci sono state alcune sentenze di Commissioni Tributarie che hanno dato ragione ai contribuenti ma nessuna interpretazione o modifica ufficiale è arrivata in questo senso; tuttavia, negli ultimi anni sono state introdotte alcune deduzioni per limitare la sua incidenza sulle piccole e piccolissime imprese.
Un altro intervento contro l'Irap è stato effettuato presso la Corte di Giustizia dell'Unione Europea che è stata chiamata a decidere se tale tributo fosse in realtà un duplicato dell'Iva, come da parere dell'ormai famoso avvocato Jacobs. Tuttavia, il ricorso è stato respinto: in data 3 ottobre 2006 la Corte ha dichiarato la compatibilità dell'IRAP col diritto comunitario (sentenza 82/2006).
IVA
L’imposta sul valore aggiunto è un’imposta indiretta sul consumo che grava interamente sul consumo finale. Quest’imposta è contenuta nel D.P.R. 633/72 e successive modificazioni.
L’Iva è l’imposta indiretta più
importante, fornendo il 19% del gettito tributario complessivo all’erario.
Caratteri:
Meccanismo dell’imposta:
I contribuenti di fatto (incisi) sono i consumatori finali del bene o della prestazione, anche se l’imposta viene accertata nei confronti degli imprenditori, degli esercenti arti o professioni e degli importatori, che sono i contribuenti di diritto (percossi). L’articolo 18 del D.P.R. n.633 stabilisce che “Il soggetto che effettua la cessione di beni o prestazione di servizi imponibili deve addebitare la relativa imposta a titolo di rivalsa, al cessionario o al comittente”. Si parla della traslazione in avanti dell’imposta. Ogni operatore acquista al prezzo + Iva e rivende ad un prezzo più elevato + Iva, trasferendo l’imposta su un altro operatore fino ad arrivare al consumatore finale. Ogni operatore è tenuto a versare all’erario la differenza tra l’Iva riscossa sulle vendite e quella ata sugli acquisti.
Esempio:
Il dettagliante acquista il prodotto dal grossista a un prezzo + Iva; l’imposta che esso a sull’acquisto è a suo credito, in quanto gli deve essere rimborsata attraverso il meccanismo della rivalsa. Il dettagliante trasferisce perciò l’imposta sul suo cliente cedenogli il prodotto a prezzo maggiorato + Iva. L’imposta che il dettagliante riscuote dalla vendita è a suo debito, in quanto non costituisce un ricavo, ma un tributo riscosso per conto dello Stato.
I soggetti passivi dell’Iva sono:
i soggetti che cedono beni e prestano servizi nell’esercizio di un’impresa; questa categoria comprende tutti gli imprenditori commerciali individuali e sociali, quelli agricoli e i piccoli imprenditori
i soggetti che cedono beni e prestano servizi nell’esercizio di un’arte o di una professione; tutti i professionisti a prescindere che siano tenuti o meno all’iscrizione in albi professionali, nonché gli artisti
i soggetti che effettuano importazioni, anche se non esercitano un’impresa, un’arte o una professione
Classificazione delle operazioni:
operazioni imponibili -
a) le cessioni di beni che siano effettuate nell’esercizio di imprese, arti e professioni in base ad atti a titolo oneroso che trasferiscano la proprietà o che costituiscano diritti reali di godimento su beni.
b) le prestazioni di servizi verso corrispettivo, effettuate nell’esercizio di imprese, arti o professioni. Trattasi di prestazioni in esecuzione di contratto d’opera, di appalto, di trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito, ecc.
c) Le importazioni, da chiunque siano effettuate. Sono da considerarsi importazioni, ai fini dell’IVA, le importazioni definitive e le reimportazioni a scarico di temporanee esportazioni
operazioni estranee – operazioni inesistenti ai fini dell’imposta dal momento che mancano i presupposti per la loro assoggettabilità.
a) le cessioni di beni effettuate da soggetti che non esercitano attività imprenditoriale o da soggetti che non esercitano arti o professioni.
b) Le prestazioni di servizi rese da soggetti che non esercitano attività imprenditoriali o da soggetti che non rivestono la qualifica di artisti o professionisti
operazioni escluse – quelle che non vengono considerate cessioni di beni o di servizi effettuate nell’esercizio di un’impresa o professione. Non devono essere fatturate né registrate e non formano il volume di affari del contribuente.
a) le cessioni effettuate da imprenditori riguardanti beni che non rientrano nell’oggetto dell’impresa.
b) i conferimenti di aziende in società.
c) l’autoservizio
operazioni non imponibili – le operazioni che, pur consistendo in cessioni di beni e in prestazioni di servizi e concorrendo alla formazione del volume di affari del soggetto cedente, non sono considerate compiute nel territorio dello Stato. Vanno regolarmente fatturate e registrate.
a) cessioni all’esportazione (trasferimenti di beni tramite trasporto o spedizione al di fuori del territorio doganale)
b) operazioni simili alle cessioni all’esportazione, cioè le cessioni di navi e di aeromobili;
c) servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali: trasmporti di persone attraverso i territori di più Stati in dipendenza di un unico contratto; trasporti di beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea, i noleggi e le locazioni di navi, aeromobili, autoveicoli, vagoni ferroviari, container ecc.
operazioni esenti – sono le operazioni che, per motivi sociali, economici e politici, sono esenti dal tributo. Essi sono elencate nell’articolo 10 del DPR n.633. Devono essere fatturate e registrate. I più importanti sono:
a) le operazioni di credito e di finanziamento, compreso lo sconto di crediti, le fideiussioni, le dilazioni di amento, la gestione di fondi comuni di investimento.
b) le locazioni e gli affitti di beni immobili, comperse le pertinenze. L’esenzione non vale per gli affitti di aziende commerciali e per le locazioni finanziarie.
c) le prestazioni rese nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza (medicina, chirurgia, veterinaria ecc.)
d) le prestazioni di ricovero e cura rese da enti ospedalieri o da cliniche.
e) le prestazioni educative dell’infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni tipo.
f) le prestazioni di trasporto pubblico urbano di persone.
Base imponibile
A formare la base imponibile concorrono:
a) il prezzo del bene o servizio
b) le spese o prestazioni accessorie.
Aliquote
Le attuali aliquote dell’IVA sono:
20%; aliquota ordinaria
4%; per i generi di prima necessità
10%; cosidetta “aliquota intermedia” (cessioni, importazioni e acquisti intracomunitari di volatili e animali da cortile, uova, pesci, crostacei e molluschi, latte conservato e yogurt; cessioni e importazioni di carni bovine e suine; somministrazioni di alimenti e bevande nei pubblici esercizi; prestazioni alberghiere, spettacoli cinematografici ecc.)
Obblighi di fatturazione e di registrazione
Inizio, variazione, cessazione di attività
Entro trenta giorni dall’inizio di attività, il soggetto che intraprende l’esercizio di un’impresa deve farne dichiarazione all’Ufficio delle entrate. Al momento della dichiarazione, L’ufficio attribuisce al contribuente un numero di partita. Questo numero deve essere indicato in ogni documento destinato all’Ufficio. Dal 1.1.1993 gli operatori della UE sono identificati attraverso un codice individuale, Partita Iva, che in Italia è costituito da 11 cifre preceduti dalla sigla IT.
Fatturazione delle operazioni
Per ciascuna operazione imponibile effettuata deve essere emessa una fattura, anche sotto forma di nota, conto o parcella, al momento dell’effettuazione dell’operazione, cioè nel momento in cui sorge l’obbligazione tributaria. La fattura deve contenere:
a) data di emissione e numero progressivo
b) ditta, denominazione, residenza, luogo
c) partita Iva
d) natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi
e) corrispettivi e altri dati necessari per la determinazione della base imponibile
f) aliquota e ammontare dell’imposta
Registrazione delle vendite e degli acquisti
Entro i termini previsti per la liquidazione dell’imposta, il contribuente deve registrare le fatture, nell’ordine della loro numerazione, nell’apposito registro delle fatture.
Obblighi dei contribuenti
Liquidazioni e versamenti
L’imposta va liquidata ogni mese. Il contribuente deve calcolare, in base alle annotazioni eseguite sui registri Iva relativamente alle fatture emesse nel mese precedente, la differenza tra l’ammontare complessivo dell’imposta riscossa sulle vendite (a debito) e quello dell’imposta detraibile (a credito).
Entro l’ultimo giorno di ciascun mese il contribuente è tenuto a versare l’importo di tale differenza. Il amento va effettuato presso uno degli istituti di credito o dei concessionari delegati alla riscossione delle imposte dirette.
I contribuenti con volume di affari annuo non superiore a €309 874,13 possono optare per le dichiarazioni periodiche e per i versamenti trimestrali, però con interessi dell’1%.
Dichiarazione annuale e versamento a conguaglio
Entro il 31 luglio di ogni anno, i contribuenti esclusi dalla dichiarazione unica (quando l’esercizio finanziario non coincide con l’anno solare) sono tenuti a presentare la dichiarazione dell’Iva dovuta per il precedente anno solare, che deve essere trasmessa telematicamente entro il 31 ottobre.
Deve contenere:
a) l’ammontare imponibile delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi registrate nell’anno precedente, distinto secondo l’aliquota applicabile, nonché l’ammontare delle relative imposte;
b) l’ammontare delle operazioni non imponibili (esportazioni e cessioni intracomunitarie) e quello delle operazioni esenti;
c) l’ammontare degli acquisti, delel importazioni e degli acquisti intracomunitari per i quali è ammessa la detrazione, nonché l’ammontare delel relative imposte;
d) la differenza tra l’ammontare complessivo dell’Iva a debito e quello dell’Iva detraibile;
e) l’ammontare dei versamenti mensili (o trimestrati) e gli estremi delle relative attestazioni.
I contribuenti devono versare, entro il 27 dicembre di ogni anno, come acconto del versamento relativo al mese stesso, un importo pari all’88% del versamento effettuato per il mese di dicembre dell’anno precedente. L’acconto non è dovuto se di ammontare inferiore a €103,29.
I diversi regimi dell’Iva
Soggetti Regime
Lavoratori autonomi con volume di affari annuo non superiore a €309 874,13 |
Regime semplificato (salvo opzione per quello ordinario) |
Lavoratori autonomi con volume di affari annuo non superiore a €309 874,13 |
Regime ordinario |
Imprese che prestano servizi con volume di affari annuo non superiore a €309 874,13 e imprese aventi per oggetto altre attività con volume di affari annuo non superiore a €516 456, 89 |
Regime semplificato (salvo opzione per quello ordinario) |
Imprese con volume di affari annuo superiore ai predetti limiti |
Regime ordinario |
Regime semplificato
Soggetti:
a) gli esercenti, le arti e le professioni che nell’anno solare precedente hanno conseguito un volume di affari non superiore a €309 874,13;
b) le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi che nell’ che nell’anno solare precedente hanno conseguito un volume di affari non superiore a €309 874,13 e quelle aventi per oggetto altre attività con un volume di affari non superiore a €516 456, 89.
Per questi soggetti il debito di imposta è dato dalla differenza tra l’Iva riscossa dai clienti e quella ata ai fornitori. Sono soggetti ad una contabilità semplificata (godono delle semplificazioni in materia di fatturazioni e registrazioni e possono optare per le liquidazioni e i versamenti trimestrali). Sono tenuti, comunque, ad osservare la dichiarazione di inizio, di variazione e di cessazione di attività e la dichiarazione annuale e il versamento a conguaglio (contenuti del D.P.R. n.633. Sono assoggettabili a controlli basati sugli studi di settore.
Regime ordinario
Soggetti:
a) gli esercenti, le arti e le professioni che nell’anno solare precedente hanno conseguito un volume di affari superiore a €309 874,13;
b) le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi che nell’ che nell’anno solare precedente hanno conseguito un volume di affari non superiore a €309 874,13 e quelle aventi per oggetto altre attività con un volume di affari non superiore a €516 456, 89.
Per questi soggetti il debito di imposta è dato dalla differenza tra l’Iva riscossa dai clienti e quella ata ai fornitori. Sono soggetti ad una contabilità ordinaria; sono tenuti alle liquidazione e ai versamenti mensili. Non hanno semplificazioni in materia di fatturazioni e di registrazione, con l’eccezione però che non devono tenere i registri dell’Iva (se le relative annotazioni sono riportate nel libro giornale). Hanno il vantaggio di essere meno soggetti a controlli basati sugli studi di settore.
Regime speciale
Gli operatori che effettuano cessioni di prodotti agricoli e ittici elencati nella prima parte della tabella A, allegata al D.P.R. 633/72, purché abbiano ricavi non superiore a €10 329,14 sono ammessi a una detrazione forfettaria pari all’importo risultante dall’applicazione, all’ammontare imponibile delle operazioni, di percentuali di compensazione stabilite con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze. I produttori agricoli che nell’anno solare precedente hanno realizzato un volume di affari non superiore a €2582,28 sono esonerati dagli obblighi di fatturazione, di registrazione, di versamento periodico e di dichiarazione. Per tutti gli altri operatori, quelli con un volume di affari compreso tra €2582,28 e €10 329,14 sono soggetti alla contabilità semplificata, mentre agli altri il regime ordinario. Sono soggette a un regime speciale altre attività elencate dalla legge, tra cui: commercio di generi di monopolio e di fiammiferi; commercio di giornali e altre pubblicazioni periodiche; prestazioni dei gestori di posti telefonici pubblici; attività di spettacolo; vendite di beni usati, di oggetti d’arte e di aniquariato.
Nel 1973 Irlanda e Gran Bretagna sono entrati a far parte dell’Unione Europea e
da quel momento hanno dovuto mettersi in regola con i regolamenti e direttive comunitari. E’ per questo motivo che abbiamo ritenuto importante parlare delle tappe più importanti della formazione e delle istituzioni dell’Unione Europea.
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