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Generalità: Il debito pubblico è la risultante cumulativa dei prestiti (al netto dei rimborsi ) che lo Stato e gli altri Enti, che appartengono al settore pubblico contraggono periodicamente per far fronte ai saldi negativi di Bilancio (Deficit).
Il saldo di Bilancio del settore Pubblico è costituito dalla differenza tra le somme che affluiscono al settore Pubblico in un dato periodo di tempo a titolo di Imposte e Tasse e le Spese Pubbliche.
Un Saldo negativo significa che altri settori dell’economia hanno acquisito Titoli di Credito, nei confronti del Settore Pubblico o che esso è stato finanziato mediante ricorso a creazioni di mezzi monetari, di solito nella Forma di Assunzione di Debito nei confronti dell’Istituto di emissione.
Un Saldo Negativo(o Positivo), comporta un peggioramento ( o un miglioramento) delle pre-esistente posizione Finanziaria del Settore Pubblico nei confronti degli altri settori dell’economia, posizione che si può definire come la Somma Algebrica, nel tempo dei Saldi di Bilancio del Settore.
L’ammontare del debito Pubblico in un dato istante coincide con la posizione Finanziaria del Settore ora definita, che è di solito Negativa,.
TITOLI DEL DEBITO PUBBLICO.
VARIE CLASSIFICAZIONI:
I Titoli Rappresentativi del Debito Pubblico si differenzia per la diversa scadenza. Se hanno infatti forme di debito liquide per eccellenza come la creazione di base monetaria, che può essere infatti pensata come un debito non gravato da interessi, Titoli a breve scadenza, come i buoni ordinari del Tesoro, Titoli Obbligazioni a più lunga scadenza e infine Titoli Obbligazionari irredimibili.
Dal punto di vista dei sottoscrittori dei Titoli del debito il Prestito Pubblico può essere assorbito da settori dell’ economia Nazionale, oppure può essere emesso all’estero.
Il debito Pubblico Estero, non ha oggi tuttavia un rilievo notevole. Tra i Sottoscrittori Interni le Categorie più rilevanti sono la Banca Centrale, le Aziende di Credito, Le Famiglie e le Imprese. Il Debito Pubblico dello Stato, viene classificato in Debito consolidato, Redimibile e fluttuante.
Il Debito consolidato è costituito da Titoli Obbligazionari per i quali la data del rimborso, non è prefissata al momento dell’emissione, ma è lasciata alla discrezionalità dello Stato. Il debito Redimibile è costituito da Titoli a Medio e Lungo Termine, per i quali è prevista una data di scadenza e il cui Servizio è distribuito nel tempo secondo prefissati piani di ammortamento. Appartengono a questa categoria i Buoni Poliennali del Tesoro e i Certificati di Credito. Il Debito Fluttuante è costituito da Titoli di credito a breve scadenza ( i Buoni Ordinari del Tesoro a 3-6-l2 mesi) o anche semplicemente da debiti nei confronti di istituzioni monetarie e finanziarie ai quali non corrisponde una emissione di Titoli ( e fra questi il Canale principale è il conto di Tesoreria aperto presso la Banca d’Italia). Esaminiamo brevemente le varie specie di Titoli del debito pubblico:
I Buoni Ordinari del Tesoro rappresentano i cosiddetti Titoli a breve (a 3-6-l2 mesi) emessi dallo Stato. Questi Titoli fruttano un interesse che viene calcolato come differenza fra il prezzo di emissione e il prezzo di rimborso.
I Certificati di Credito del Tesoro hanno una scadenza Pluriennale (sono quindi Titoli a lungo Termine) e il tasso d’interesse varia ogni 6 mesi secondo a come varia il Tasso dei BOT Semestrali, maggiorato di un Tot chiamato SPREAD ( divario); l’interesse viene ato ogni 6 mesi.
I Certificati del Tesoro a cedola zero, sono così chiamati, non perché ano un interesse zero;nello stile BOT , l’interesse sta nella differenza fra il prezzo a cui sono emessi e il prezzi a cui saranno rimborsati dopo 18 o 24 mesi.
I Buoni del Tesoro Poliennali, sono Titoli a Tasso fisso, la cui durata và da 3 a 30 anni. Per tutta la durata heranno un cedola (es. 4%, fissata all’inizio, quando il Titolo viene emesso).
I Certificati del Tesoro, con opzione danno al risparmiatore la possibilità dopo un certo numero di anni ( di solito alla metà della vita del titolo) di trasformare il titola a tasso fisso in un altro, a tasso fisso più basso predeterminato al momento dell’emissione; oppure, se vede che l’operazione non gli conviene, gli si dà la possibilità di chiedere il rimborso anticipato.
Tutti questi Titoli sono Denominati in Euro dal 1° Gennaio 1999. Il Debito Pubblico Italiano è uno dei più grandi del mondo. Il rapporto tra debito pubblico e Prodotto interno lordo (PIL) è cresciuto notevolmente negli ultimi anni in un ottica di lungo periodo,. Che abbraccia tutto l’arco temporale successivo alla Storia d’Italia post-unitaria, possiamo osservare che la crescita del Rapporto Debito - PIL ha assunto proporzioni analoghe solo in altre 3 fasi, che hanno coinciso rispettivamente, la prima con l’impetuosa crescita della spesa Pubblica che ha contrassegnato i primi 35 anni di storia unitaria, le altre due con gli anni delle guerre Mondiali.
Pertanto l’attuale fase di grande espansione di Debito Pubblico assume carattere del tutto atipico, proprio perché non riconducibile a vicende eccezionali.
Oggi oltre il 50% del Debito Pubblico è costituito da Titoli a tasso fisso e a lunga scadenza.
Lo Stato può emettere il debito pubblico offrendo direttamente ai Sottoscrittori i Titoli ( Emissioni Diretta ) o collocandoli presso intermediari ( Emissione indiretta), oppure può seguire un Sistema Misto per cui un consorzio di Banche colloca i Titoli presso il pubblico per conto dello Stato, ne garantisce un minimo di sottoscrizione. Con l’emissione diretta lo Stato corre il rischio ove non calcoli esattamente il tasso effettivo di interesse e le condizioni offerte ai sottoscrittori siamo peggiori di quelle del mercato, di non riuscire di coprire interamente l’ammontare richiesto al mercato.
Con l’emissione indiretta cioè collocando l’intero ammontare del debito preso una Banca ad un consorzio di Banche che lo sottoscrivono interamente ed in proprio, salvo a collocarlo successivamente a poco sul mercato, lo Stato ricopre contro il rischio ricordato, ma naturalmente deve corrispondere un “ aggio”alle Banche.
Tale aggio consiste nella differenza tra il prezzo di acquisto dei titoli da parte delle Banche ed il prezzo superiore al quale essi vengono successivamente collocati sul mercato.Il sistema misto è quello che viene generalmente seguito.
Consiste nell’offerta diretta ala pubblico da parte dello Stato attraverso gli sportelli Bancari, mentre un consorzio di Banche garantisce il collocamento dell’intero ammontare dei titoli, assumendosi in proprio l’eventuale somma non sottoscritta dal pubblico.
Quando si parla di conversione, in un termine generale, si allude ad una operazione con cui lo Stato muta ( facoltativamente ed obbligatoriamente ) le condizioni del proprio debito. Una prima conversione può riguardarvela scadenza dei Titoli ( rinnovo). Lo Stato che alla scadenza o prima ancora della scadenza di un prestito non sia in grado di procedere alla sua estinzione, offre ai vecchi sottoscrittori un prestito nuovo a scadenza più lunga, contro versamento non di una somma di denaro, ma dei vecchi titoli che in tal modo rimangono estinti.
Talvolta, per l’accumularsi di prestiti a scadenza brevissima, lo Stato può fare un’operazione di consolidamento di portata molto ampia e non limitata ad un solo tipo di titolo. Una seconda conversione concerne il “ Tasso di Interesse “. Se il tasso di Interesse sul mercato, scende al di sotto di quello esistente, nel momento in cui il prestito viene emesso, lo Stato può offrire al possessore del titolo un’alternativa: o accettare il rimborso del prestito ( se si tratta di consolidato irredimibile) o il rimborso anticipato ( se si tratta di debito a scadenza fissa) oppure accettare una riduzione dell’interesse
Salvo la forma ormai superata, del debito irredimibile, nelle altre formule il debito deve essere rimborsato. Da questo punto di vista, si possono avere prestiti a scadenza fissa, prestiti ad annualità temporanee e prestiti ammortizzabili. Con i primi lo stato si obbliga a rimborsare il capitale alla data convenuta al momento dell’emissione.
Con le annualità temporanee, che assumono forme che si avvicinano al mutuo vero e proprio, lo Stato procede al rimborso del capitale gradatamente.
Secondo un piano di ammortamento prestabilito assieme agli interessi annui, lo Stato rimborsa a ciascun sottoscrittore anche una quota di capitale, cioè ciascun sottoscrittore ogni anno, percepisce oltre l’ interesse anche una quota annua d’ammortamento del capitale. E’ un sistema che aumentando l’onere del Bilancio Pubblico, consente però di garantire l’estinzione del debito nel termine previsto. Nei Prestiti ammortizzabili le obbligazioni emesse vengono estinte per sorteggio annuo, al loro valore nominale, analogamente a quanto avviene per le obbligazioni private. Anche qui si procede secondo un piano di ammortamento prestabilito, normalmente con annualità costanti
La storia racconta che la prima vera e propria compravendita di titoli sia avvenuta intorno al 1500 nella città fiamminga di Bruges: i mercanti si davano appuntamento tra i canali (la cittadina belga di Bruges era considerata all’epoca la Venezia del nord) per vendere o acquistare titoli rappresentativi di un credito o di merce in viaggio da paesi lontani e che non poteva materialmente essere oggetto di scambio o di acquisto. Questa sorta di mercato organizzato avveniva in una piazza, e più precisamente le contrattazioni si effettuavano in un palazzo sulla cui facciata erano scolpite tre borse, stemma di famiglia dei Van De Bourse, e da cui deriverebbe il nome attuale di 'borsa'.
All’epoca quelli che acquistavano offrivano DANARO, mentre quelli che vendevano
offrivano la LETTERA ossia il documento cartaceo, e da qui la diffusione dei
due termini DANARO e LETTERA ancora oggi diffusi. Il danaro rappresenta quello
che siamo disposti a are per acquistare titoli, la lettera è, invece,
la richiesta di danaro da parte del venditore. Esempio: se la migliore offerta
di acquisto è 15 €, si dice che il danaro è 15, mentre la lettera
si rifà alla richiesta del venditore ed è di 15,02.
Da allora le Borse nel mondo si moltiplicarono: il 17 maggio 1792 nasce il
mercato azionario più importante del mondo il NYSE (New York Stock
Exchange), grazie ad un prestito di otto milioni di dollari contratto per
finanziare la guerra di indipendenza contro la Gran Bretagna. Ancora oggi la
NYSE si trova nella strada di Wall Street.
Molte altre città seguirono l’esempio americano, tra cui anche Milano
che istituisce, con decreto napoleonico, la sua Borsa il 16 gennaio del 1808.
In realtà all’epoca erano cinque le Borse italiane, oltre a Milano,
c’erano Genova, Trieste, Livorno e Napoli. Originariamente nelle Borse erano
scambiate sia merci che valute e titoli: la separazione avvenne nei primi del
novecento ad opera di una legge organica del 1913 che per oltre ottant’anni
sarà l’unica legge che detterà le regole di funzionamento.
Da allora e fino al 1991 la Borsa valori è stato un mercato organizzato,
regolamentato e pubblico, in cui le regole operative erano fissate dalla legge
e dagli organi di controllo come la CONSOB; da quell’anno scattarono le
direttive della Comunità Europea sull’intermediazione mobiliare e i
servizi di investimento, ponendo le premesse per la 'privatizzazione'
dei mercati finanziari.
Attualmente la gestione del mercato azionario spetta ad una società per
azioni, Borsa Italiana S.p.A., società privata con azionariato composto
da Banche, SIM e da altri attori del mercato, ed è la sola responsabile
dell’organizzazione e della gestione dei mercati mobiliari italiani e del
Mercato Ristretto.
La Borsa è il mercato regolamentato dove si realizzano gli affari di compravendita finanziaria, ossia è il mercato organizzato per la negoziazione e lo scambio degli strumenti finanziari (azioni, obbligazioni e derivati) ad un determinato prezzo, che scaturisce dall’incontro effettivo tra domanda ed offerta.
Un mercato regolamentato è l’insieme di tutte le emissioni e
delle negoziazioni di titoli rappresentativi di prestiti monetari e di finanziamenti:
è un mercato mobiliare basato su una determinata regolamentazione
relativa all’organizzazione e al funzionamento del mercato stesso. Secondo la
disciplina comunitaria, un mercato può essere considerato regolamentato
se possiede specifici requisiti:
La regolamentazione del mercato riguardo gli operatori ammessi alle
transazioni, gli strumenti trattati, gli obblighi informativi a cui sono
sottoposti i soggetti operanti, il meccanismo di determinazione del prezzo, le
modalità di negoziazione, le procedure di liquidazione, hanno come
obiettivo fondamentale quello di assicurare un’uniformità organizzativa
e la standardizzazione degli strumenti utilizzati.
Il mercato regolamentato italiano per eccellenza è la Borsa Italiana
S.p.A.
EVOLUZIONE DEI MERCATI REGOLAMENTATI IN ITALIA E COSTITUZIONE DELLA BORSA
ITALIANA S.P.A.
Attraverso la legge n.1 del 2 gennaio 1991 è stato istituito il
Consiglio di Borsa (divenuto operativo nel febbraio 1993) con il compito di
gestire il MERCATO MOBILIARE nel suo complesso; tutte le competenze
organizzative, tecniche e consultive dei precedenti organi locali sono state
accentrate nell’unico organo di 'autogoverno pubblicistico' creato,
mentre l’attività di vigilanza, gestione e organizzazione dei mercati
è rimasta in capo alla CONSOB.
Con il Decreto Legislativo EUROSIM, n.415 del 23 luglio 1996, l’attività
di organizzazione e gestione dei mercati regolamentati è passata dal
controllo di organismi pubblici, ad attività d’impresa privata
esercitata da società per azioni (art. 46): questo è stato il
segnale della trasformazione dei mercati regolamentati da pubblici a privati.
La gestione dei mercati regolamentati già esistenti (Borsa valori, il
Mercato Ristretto, l’IDEM, l’MTS, e il MIF) è stata affidata a due
società di gestione opportunamente costituite e controllate da
intermediari finanziari: BORSA ITALIANA S.p.A., MTS S.p.A.
Il 7 febbraio 1997 il Consiglio di Borsa ha costituito, dopo approvazione della
CONSOB, una società per azioni denominata BORSA ITALIANA S.p.A. il cui
azionariato è composto da Banche, SIM, associazioni di emittenti ed
altri attori del mercato, e contemporaneamente sono state chiuse le
preesistenti Borse valori sul territorio nazionale italiano e tutti gli scambi
sono stati concentrati presso la sede di Milano, diventata Borsa valori
italiana.
A partire dal 1° gennaio 1998 la Borsa Italiana S.p.A. è divenuta una
società di gestione dei mercati operativa a tutti gli effetti dal 1°
settembre 1998 e retta da uno specifico regolamento (Regolamento dei mercati
organizzati e gestiti dalla Borsa Italiana S.p.A.).
Attualmente la Borsa Italiana S.p.A. gestisce i mercati mobiliari italiani,
svolgendo attività organizzative, produttive, commerciali e promozionali
per assicurare la competitività e lo sviluppo dei mercati da essa
gestiti, con l’obiettivo di massimizzare nel tempo la possibilità per i
vari soggetti di negoziare alle migliori condizioni di liquidità,
trasparenza e competitività e di sviluppare servizi per la
comunità finanziaria, perseguendo la massima efficienza e
redditività. In particolare, svolge le seguenti funzioni:
Fino al 1991 l’attività di negoziazione è stata esercitata
esclusivamente dagli agenti di cambio, anno in cui sono state istituite le
Società di Intermediazione Immobiliare (SIM). Oggi, in base all’articolo
3.1.1 del Regolamento dei mercati organizzati e gestiti dalla Borsa Italiana
S.p.A. 'possono partecipare alle negoziazioni nei mercati organizzati e
gestiti dalla Borsa italiana:
a. gli agenti di cambio;
b. le banche nazionali, comunitarie ed extracomunitarie autorizzate allo svolgimento dell’attività di negoziazione per conto proprio e/o di terzi ai sensi del Testo Unico della finanza;
c. le imprese di investimento nazionali, comunitarie ed extracomunitarie autorizzate allo svolgimento dell’attività di negoziazione per conto proprio e/o per conto di terzi ai sensi del Testo Unico della finanza;
d. i locals (soggetti che svolgono esclusivamente attività di negoziazione per conto proprio e che aderiscono indirettamente agli organismi di compensazione e di liquidazione, nonché di compensazione e garanzia) con sede legale in uno stato comunitario ed autorizzati a negoziare su un mercato comunitario'.
Sempre nel 1991 (il 25 novembre) è stato creato il sistema di
contrattazione telematico esteso, nel febbraio 1996, a tutti gli strumenti
finanziari quotati. In tale data è stato definitivamente abbandonato il
tradizionale meccanismo di contrattazione 'alle grida' (o a
chiamata): la contrattazione di un titolo avveniva in un determinato momento
della seduta di Borsa, durante la quale gli intermediari, intorno ad un recinto
(corbeille) gridavano i prezzi ai quali erano disposti a vendere o ad acquistare
finché non si trovava una controparte che accettasse la vendita o l’acquisto a
quel determinato prezzo. Oggi tutti gli strumenti finanziari vengono negoziati
attraverso il sistema telematico della Borsa valori, costituito da una rete di
elaboratori e terminali, che permette di gestire automaticamente l’incrocio tra
la domanda e l’offerta. Per vendere ed acquistare non è più
necessario recarsi in un luogo specifico: lo scambio si perfeziona nel momento
in cui una proposta di acquisto, immessa nel sistema telematico tramite un
programma elettronico particolare, combaci con una proposta di vendita,
anch’essa immessa con lo stesso sistema. In Borsa, oggi, le transazioni si
realizzano senza che i venditori e gli acquirenti si parlino o si conoscano e
visto che non ci si trova più in un luogo fisico, è possibile
riversare nello stesso istante nel sistema borsistico telematico molteplici
offerte di vendita e di acquisto, ciascuna relativa ad uno qualsiasi degli
strumenti finanziari trattati sul mercato: il programma elettronico provvede a
mettere in ordine tutte le proposte, distinguendo quelle di acquisto da quelle
di vendita e incrociando quelle coincidenti di segno opposto.
Il singolo investitore non può acquistare o vendere strumenti finanziari direttamente in Borsa, ma per le sue transazioni deve affidarsi ad un intermediario autorizzato (banca o SIM) al quale dovrà espressamente indicare di volta in volta, l’esatto strumento finanziario su quale deve essere eseguito l’ordine, la quantità ed eventualmente il prezzo.
Nel momento in cui si vuole effettuare una compravendita, la prima decisione da
prendere riguarda la scelta tra le diverse alternative di un ordine:
Il singolo investitore non può acquistare o vendere strumenti finanziari direttamente in Borsa, ma per le sue transazioni deve affidarsi ad un intermediario autorizzato (banca o SIM) al quale dovrà espressamente indicare di volta in volta, l’esatto strumento finanziario su quale deve essere eseguito l’ordine, la quantità ed eventualmente il prezzo.
Nel momento in cui si vuole effettuare una compravendita, la prima decisione da
prendere riguarda la scelta tra le diverse alternative di un ordine:
Nei mercati regolamentati come quello azionario italiano non esiste un unico prezzo a cui i vari titoli vengono scambiati durante una giornata di Borsa, ma ve ne sono molteplici. I principali tre sono: il prezzo di apertura, il prezzo di riferimento, il prezzo ufficiale.
Il PREZZO DI APERTURA: è calcolato in base ad una complessa
procedura di calcolo e serve per aprire la giornata di Borsa; a questo prezzo,
diverso per ogni titolo, sono eseguiti tutti gli ordini di vendita e di
acquisto immessi nel sistema telematico prima dell’inizio della giornata e che
possono essere accopiati con un ordine complementare di vendita su uno stesso
titolo.
Il PREZZO DI RIFERIMENTO: è calcolato per avere un quadro della
situazione sui rapporti tra domanda ed offerta a fine giornata, esso è
pari alla media ponderata dei prezzi cui è stato eseguito l’ultimo 10%
delle transazioni di ciascun titolo. I pesi di ponderazione sono dati dalle
quantità di titoli scanbiati in ogni singola transazione che rientra
nell’ultimo 10% della giornata. Esso per essere più significativo
può essere confrontato con il prezzo di apertura.
Il PREZZO UFFICIALE : fornisce un punto di rferimento per valutare
l’andamento delle contrattazioni nell’arco dell’intera giornata, esso è
pari alla media ponderata dei prezzi ai quali sono stati eseguiti tutti gli
scambi durante una seduta di Borsa. Si può desumere l’andamento delle
quotazioni di un titolo dalla variazione del suo prezzo ufficiale nell’arco di
un determinato periodo.
Il meccanismo di formazione dei prezzi in Borsa si basa sulla presenza degli
ordini con limiti di prezzo. Tali ordini, infatti, se non trovano immediata
esecuzione si accumulano formando il cosiddetto 'book' (libro) di
negoziazione, in cui sul lato sinistro ci sono tutte le proposte di acquisto
(danaro) in ordine decrescente di convenienza di prezzo e sul lato destro ci
sono tutte le proposte di vendita (lettera) in ordine decrescente di
convenienza. Ad ogni prezzo sono associate anche le rispettive quantità.
A parità di prezzo saranno eseguiti gli ordini secondo priorità
cronologica, quelli cioè inseriti prima sul mercato. Queste regole di
negoziazione valgono nella cosiddetta fase in 'continua', perché
nella fase di apertura, viene fissato un solo prezzo considerando tutti gli
ordini con limite di prezzo presenti sul mercato: esso sarà quello che
soddisfa il maggior numero di ordini con limiti di prezzo presenti sul mercato
stesso. Prima saranno soddisfatti tutti gli ordini che saranno eseguibili al
prezzo di apertura, poi tutti gli ordini al meglio e tutti gli ordini di
acquisto con limite di prezzo superiore a quello di apertura o quelli di vendita
con limite di prezzo inferiore a quello di apertura: con questo sistema un
ordine al meglio verrà sempre eseguito, l’unica incertezza
riguarderà il prezzo a cui sarà eseguito.
Le Offerte Pubbliche di Vendita (OPV) o Initial Pubblic Offering (IPO), secondo la terminologia inglese, sono quelle operazioni finanziarie con cui delle società collocano quote più o meno grandi del capitale sociale (azioni), accedendo in questo modo alla quotazione in Borsa. Tali offerte prevedono la pubblicazione di un prospetto informativo, approvato dalla CONSOB, che riporta le principali informazioni sul titolo e sull’offerta; generalmente le OPV riguardano la collocazione sul mercato delle azioni già esistenti e che erano nelle mani di precedenti azionisti. Esse in Italia negli ultimi anni sono aumentate notevolmente, grazie anche alla spinta verso la privatizzazione di numerose aziende da parte dello Stato ed all’ingresso di numerose piccole e medie aziende in Borsa, soprattutto nel Nuovo Mercato.
Le Offerte Pubbliche di Sottoscrizione (OPS) sono, invece, delle
operazioni finanziarie attraverso cui vengono collocati sul mercato titoli di
nuova emissione e la società in oggetto procede ad un aumento di
capitale destinato alla quotazione: l’azienda emette nuove azioni e l’introito
finisce nelle casse dell’azienda che può in questo modo finanziare i
suoi progetti di espansione ed investimento.
L’Offerta Pubblica di Acquisto (OPA) è un’operazione
finanziaria in cui un soggetto chiede al mercato di acquistare tutti i titoli di
una determinata società ad un prezzo predefinito e, salvo successive
operazioni di nuova offerta al mercato, il titolo viene ritirato dalla vendita
se l’adesione all’offerta è totalitaria. L’OPA quindi serve a mettere
sullo stesso piano tutti gli azionisti che possono così decidere di
cedere le loro azioni tutti alle stesse condizioni, evitando che nel caso del
passaggio del controllo di una società da un’azionista ad un altro, gli
unici a beneficiare fossero solo gli azionisti di controllo e non anche i
piccoli azionisti.
Gli indici di Borsa svolgono un ruolo fondamentale nel panorama delle contrattazioni, in quanto permettono di avere una visione chiara dell’andamento di un determinato mercato: basta confrontare il valore assunto dal rispettivo indice di Borsa in due date differenti, oppure in tutte le giornate all’interno di un determinato periodo. Gli indici sono espressi in funzione di una base che può assumere valori diversi a seconda del tipo di indice: in centesimi oppure in millesimi. Gli indici di Borsa, calcolati perlopiù sulla base dei prezzi ufficiali, sono ottenuti come medie dei prezzi dei titoli presenti in un dato mercato o su un particolare segmento di mercato e sono uno strumento immediato per valutare in quale direzione si sta muovendo il mercato azionario e con quale intensità. I due principali indici del mercato azionario italiano sono il Mib e il Comit, che riassumo in un unico valore le quotazioni a prezzi ufficiali di tutti i titoli trattati sul mercato. Tuttavia l’unica vera e propria differenza fra i due è la base: per il Comit la base è rappresentata dalla quotazione media di mercato nel 1972 ed essa è posta uguale a 100, per il Mib la base è fissata pari a 1000, sia nella versione storica dell’indice (base 2 gennaio 1975) sia in quella corrente (capitalizzazione di mercato alla fine dell’anno precedente.
Infatti (1.100 – 1.000) = 100
Oltre agli indici generali, la cui funzione è quella di
rappresentare in maniera sintetica l’andamento di tutto il mercato azionario,
ci sono anche degli indici parziali che evidenziano la quotazione
soltanto di un gruppo di titoli, classificati in base ad uno specifico
criterio. Il vantaggio più evidente del calcolo di questi indici
parziali è quello di dare un’indicazione dell’andamento dei titoli
più richiesti dal mercato; generalmente hanno una buona
rappresentatività dell’andamento generale in quanto i titoli che li
compongono costituiscono di norma una quota molto elevata della capitalizzazione
del mercato (dal 70% in su).
QUALI MERCATI GESTISCE
Premesso che ci sono diverse modalità per investire nel mercato di
borsa:
l’acquisto o la vendita di azioni e più in generale di tutti gli
strumenti finanziari, non può essere fatta dal singolo investitore, o
dalla generica impresa ma solo dagli intermediari finanziari o dalle SIM
autorizzate, questo al fine di garantire la massima sicurezza e trasparenza
delle transazioni.
La Borsa Italiana S.p.A. gestisce diversi mercati al fine di fornire un
efficiente canale di finanziamento adatto a tutte le tipologie di valori
quotati; in linea di principio per ogni strumento c’è un mercato
diverso. Ad un primo livello, la Borsa Italiana può essere suddivisa in
CINQUE grossi segmenti:
IL MERCATO AZIONARIO, nel quale si negoziano tutti i tipi di azioni, le obbligazioni convertibili, i diritti d’opzione, i warrant, i cover warrant e i certificati rappresentativi di quote di fondi chiusi mobiliari ed immobiliari.
IL MERCATO TELEMATICO DEI COVERED WARRANTS, nel quale si negoziano i Covered Warrant (su azioni, titoli di Stato, tassi di interesse, valute, indici e merci) e dei certificates quotati in Borsa.
IL MERCATO AFTER HOURS, nel quale si effettua la negoziazione di strumenti finanziari in orari successivi alla chiusura del mercato diurno.
IL MERCATO DEL REDDITO FISSO, ossia il mercato telematico delle obbligazioni e dei Titoli di Stato
MERCATO DEI DERIVATI, nel quale sono negoziati contratti futures e di opzione aventi come attività sottostante strumenti finanziari, tassi di interesse, valute, merci e relativi indici.
Il mercato azionario di Borsa Italiana si articola in tre mercati: il Mercato
Telematico Azionario (Mta), il Mercato Ristretto e il Nuovo Mercato.
Il Mercato Telematico dei Cover Warrant è il to della Borsa valori
italiana sul quale sono negoziati covered warrants (su azioni, titoli di stato,
tassi d’interesse, valute, indici e merci) e Certificates quotati in Borsa, per
quantitativi minimi (lotto minimo) o loro multipli. Esso è un mercato ad
asta, in cui la negoziazione e lo scambio degli strumenti finanziari avvengono
attraverso un meccanismo d’asta, che fa incontrare domanda ed offerta: lo
scambio si effettua tra chi offre il prezzo più basso in offerta e chi
offre il prezzo più alto in domanda. Con lo scopo ultimo di rendere
più facilmente consultabile il listino dei covered warrant è
stata introdotta una segmentazione che, pur non avendo nessuna differenza nelle
modalità di negoziazione, ripartisce gli strumenti in classi omogenee
per tipologia di struttura: segmento plain vanilla, benchmark, certificates e
segmento strutturati/esotici. Possono essere ammessi a quotazione sul MCW (in
base all’art.2.2.15 del Regolamento dei mercati organizzati) i covered warrant
emessi da: società o enti nazionali o esteri sottoposti a vigilanza
prudenziale; Stati o enti sovranazionali; società o enti per i quali i
rapporti obbligatori connessi all’emissione siano garantiti da un soggetto
(garante) che presenti i requisiti specificati nello stesso regolamento.
Dal 15 maggio 2000 la Borsa italiana ha dato vita ad una fase di negoziazione serale (Trading Afeter Hours, TAH); questa ha inizio alle ore 18.00 (30 minuti dopo la conclusione della fase diurna) e termina alle 20.30 ( a regime, vi sarà l’estensione di tale orario fino alle 22.00). Attualmente, in tale mercato sono negoziati solo una parte dei titoli quotati alla Borsa italiana e soprattutto solo quelli più liquidi, cioè quelli che fanno parte dell’indice Mib30 e del Midex, ed alcune azioni e covered warrant del Nuovo Mercato. La negoziazione degli strumenti finanziari avviene attraverso un meccanismo ad asta, che fa incontrare domanda ed offerta: lo scambio ha luogo tra chi offre il prezzo più basso in offerta e chi offre il prezzo più alto in domanda. Il progetto della Borsa serale è stato creato sulla base delle nuove esigenze espresse dagli investitori italiani e stranieri ed ha incontrato anche il consenso degli intermediari che possono così ampliare l’offerta dei servizi a risparmiatori ed investitori. Tuttavia la fase serale della Borsa italiana presenta vincoli più restrittivi rispetto a quelli in vigore durante la fase diurna: visto l’aspetto ancora sperimentale di questo mercato e i timori di illiquidità degli scambi (scarsità delle proposte di acquisto e vendita possono causare un’elevata volatilità dei prezzi) la Borsa italiana ha deciso di fissare a +/- 3,5% l’oscillazione massima dei prezzi di contrattazione al prezzo di riferimento registrato durante la fase diurna che fa scattare la sospensione del titolo. Tale vincolo, nonostante sia posto a protezione del risparmiatore, ha limitato il successo di questo mercato in quanto oscillazioni troppo limitate dei prezzi costituiscono un vero e proprio freno all’operatività dei trader.
Il Mercato Telematico delle Obbligazioni e dei Titoli di Stato (MOT) è il to della Borsa Italiana S.p.A. in cui si negoziano obbligazioni diverse dalle obbligazioni convertibili e Titoli di Stato, in quantitativi minimi (lotti minimi) o lo multipli (art.4.4.1 del regolamento dei mercati organizzati e gestiti dalla Borsa Italiana S.p.A.); la Borsa Italiana stabilisce i quantitativi minimi negoziabili bilanciando, le esigenze di funzionalità del mercato, l’agevolazione all’accesso al mercato stesso da parte degli investitori istituzionali e l’economicità nell’esecuzione degli ordini. Il MOT è un mercato finanziario al dettaglio, nato nel luglio del 1994 dall’unificazione in un unico mercato telematico delle 10 borse valori italiane. Esso è un mercato ad asta, in cui il sistema di negoziazione è strutturato in maniera da accoppiare gli ordini sulla base del prezzo (la priorità è data a chi è disposto a are di più) e delle quantità e, a parità di prezzo, si da la precedenza all’ordine emesso per primo. Le transazioni scaturiscono dall’incrocio di proposte di negoziazioni (PDN); le PDN sono ordinate automaticamente per ciascun strumento in ordine di prezzo, decrescente se in acquisto e crescente se in vendita. Gli strumenti finanziari negoziati sul MOT sono suddivisi in cinque segmenti di mercato, in base alla natura dell’emittente e del tipo di interesse:
Inoltre, l’art.4.4.2 del Regolamento stabilisce una ulteriore ripartizione
degli strumenti di ogni segmento sulla base di indicatori rilevati
periodicamente quali il tipo, valore nominale e la liquidità. Gli orari
di negoziazione sono diversi per ciascun segmento: la Borsa stabilisce limiti
alle variazioni massime di prezzo e altre condizioni per assicurare il massimo
ordine nello svolgimento delle negoziazioni. Inoltre queste avvengono in due
fasi successive:
Ogni giorno la Borsa Italiana invia e diffonde, tramite supporto informatico,
il Listino Ufficiale.
Il Mercato Italiano dei derivati si suddivide in due segmenti:
L’IDEM è il mercato regolamentato gestito dalla Borsa Italiana
S.p.A., in cui vengono negoziati contratti futures e contratti d’opzione che
hanno come attività sottostante indici e singoli titoli azionari. L’IDEM
è nato il 28 novembre 1994, con l’avvio delle negoziazioni telematiche
sul FIB 30 (future sull’indice MIB30). Le modalità di negoziazione
avvengono in un’unica fase 'in continua', dalle 9.15 alle 17.40, in
cui avviene anche la conclusione dei contratti. Le proposte di negoziazione
sono immesse nel 'book' in forma anonima e devono contenere
specifiche informazioni circa lo strumento oggetto della negoziazione, la
quantità , il tipo di operazione, il tipo di conto e le condizioni offerte.
Caratteristica principale di questo mercato è che gli scambi possono
essere effettuati attraverso la presenza di operatori chiamati 'market
makers' (iscritti nell’apposito albo), al fine ultimo di garantire la
liquidità degli strumenti negoziati. Essi, infatti, sono degli
intermediari finanziari che si impegnano a fornire in via continuativa proposte
di acquisto e vendita su uno o più strumenti finanziari, quotati sui
mercati regolamentati, per un ammontare minimo fissato di tali strumenti. Un
investitore che desidera operare sugli strumenti finanziari negoziati sull’IDEM
deve rivolgersi ad un intermediario, che confermi la sua adesione come clearing
member alla Cassa di Compensazione e Garanzia; in particolare i soggetti
abilitati ad operare sull’IDEM sono:
I contratti conclusi sono registrati in un apposito archivio elettronico,
indicando una serie di informazioni (numero progressivo del contratto, l’ora di
inserimento della proposta, la quantità e il prezzo unitario ecc.): tali
informazioni sono inviate automaticamente dal sistema di riscontro e rettifica
giornalieri al sistema di compensazione e garanzia.
Il Mercato Italiano dei Derivati sui tassi di interesse (MIF),
è il mercato regolamentato sul quale si negoziano i futures e le opzioni
aventi come attività sottostante Titoli di Stato e tassi di interesse
(future sul BTP a 10 anni, future sul BTP a 30 anni, future sul tasso EURIBOR a
1 mese e opzione sul BTP future). Il MIF è stato istituito il 18
febbraio 1992 con un decreto del Ministero del Tesoro, abrogato e sostituito
dal nuovo decreto del 24 febbraio 1994 con il quale si è sancita una
convenzione per il funzionamento e si è costituito un Comitato di
Gestione. A seguito della privatizzazione dei mercati avvenuta con il decreto
legislativo del 23 luglio 1996, nell’anno 1997 è stata costituita la
società per azioni MIF S.p.A. , ceduta alla Borsa Italiana S.p.A. nel
maggio del 1998. Il funzionamento, l’organizzazione e la gestione del MIF sono
disciplinati da un Regolamento che stabilisce:
In base all’articolo 3.1.1 del Regolamento del MIF si stabilisce che possono
partecipare alle negoziazioni:
L’azione può essere definita come l’unità minima di partecipazione di un socio al capitale sociale di una società per azioni o in accomandita per azioni. Il titolo azionario non è altro che un certificato che rende il suo possessore socio di un determinata società: esso, quindi, rappresenta una parte del capitale sociale di un’impresa e da al titolare una serie di diritti garantiti, come indivisibilità, autonomia e circolazione sotto forma di certificato cartaceo. Ogni azione ha un valore nominale (uguale per tutte le azioni emesse dalla società) che è pari al capitale sociale diviso il numero di azioni emesse dalla società, e un valore di mercato che corrisponde, in caso di quotazione in Borsa, al prezzo effettivo sul quale si accordano per la compravendita un azionista che intende vendere ed un azionista che intende comprare (prezzo al quale le azioni quotate sono scambiate sui mercati regolamentati e che risulta giornalmente sul listino ufficiale di Borsa); il valore di mercato, per tale motivo, varia notevolmente ogni giorno in funzione della domanda e dell’offerta da parte degli investitori ed è per questo che esso può discostarsi anche di molto dal valore nominale. Ogni tipologia di azione, inoltre, attribuisce al possessore specifici diritti: diritti amministrativi (diritto di voto, diritto di impugnativa delle delibere assembleari, diritto di recesso, diritto d’opzione) e diritti economico – patrimoniali ( diritti al dividendo e diritto al rimborso). Esistono tre diversi tipi di azioni: ordinarie, di risparmio e privilegiate.
Le azioni ordinarie sono la tipologia più comune di azione e sono
quelle che attribuiscono la piena qualifica di azionista. Non assegnano ai
detentori nessun privilegio in relazione alla distribuzione dei dividendi o
alla ripartizione dell’attivo in sede di liquidazione della società, ma
danno agli azionisti il diritto a partecipare ed a votare alle assemblee
convocate per prendere le decisioni più significative relative alla vita
della società stessa.
Le azioni di risparmio sono azioni che godono di privilegi
patrimoniali rispetto alle azioni ordinarie: possono essere emesse solamente da
società con azioni ordinarie quotate sui mercati regolamentati. Le
azioni di risparmio sono state introdotte esclusivamente per incentivare
l’investimento azionario da parte dei piccoli risparmiatori, i quali, non
essendo interessati all’esercizio dei diritti amministrativi (diritto di voto,
diritti d’opzione), potessero avere migliori diritti economico – patrimoniali
rispetto agli azionisti ordinari. Tali azioni hanno diritto ad un dividendo
minimo garantito (dividendo annuo minimo pari al 5% del valore nominale) e
comunque maggiorato rispetto a quello dato alle azioni ordinarie (un ammontare
pari al 2%). Nel caso in cui la società non distribuisca utili, i
possessori delle azioni di risparmio hanno il diritto di recuperare il
dividendo minimo nei due anni successivi. In caso di scioglimento della
società, tali azionisti hanno diritto di prelazione nel rimborso del
capitale sugli azionisti ordinari. Infine, sono prive di diritto di voto e di
intervento nelle assemblee ordinarie e straordinarie.
Le azioni privilegiate attribuiscono ai titolari una preferenza
rispetto alle azioni ordinarie in sede di distribuzione degli utili (prelazione
sui dividendi o dividendo maggiorato rispetto alle azioni ordinarie) e di
rimborso del capitale allo scioglimento della società. Tali azioni hanno
delle limitazioni dei diritti amministrativi (non hanno diritto di voto,
diritto d’impugnativa delle delibere assembleari, diritto di recesso, diritto d’opzione),
conferiscono all’azionista il diritto a partecipare all’assemblea straordinaria
(dove gli azionisti decidono le modifiche dell’atto costitutivo, aumenti o
diminuzioni del capitale sociale, emissioni di obbligazioni, nomina e poteri
dei liquidatori), ma non a quella ordinaria (dove viene approvato il bilancio,
decisa la distribuzione degli utili e la nomina del consiglio di
amministrazione).
Sono titoli di credito emessi da una società per azioni, da una società in accomandita per azioni, da un ente pubblico o da una banca per la raccolta di capitale di debito, ossia per reperire fondi da destinare ad investimenti di medio/lungo periodo da estinguere entro una certa data e secondo un piano di ammortamento prestabilito. A tutela del pubblico risparmio, nell’art. 2410 del c.c. si stabilisce che l’ammontare massimo di un prestito obbligazionario non può eccedere, in valore nominale, il capitale versato della società in base all’ultimo bilancio approvato. Tuttavia, è possibile emettere obbligazioni per un ammontare superiore al capitale versato quando: le obbligazioni sono garantite da ipoteca su immobili di proprietà dell’emittente, sino a due terzi del valore di questi; l’eccedenza dell’importo delle obbligazioni rispetto al capitale versato è garantita da titoli nominativi emessi o garantiti dallo Stato con scadenza non anteriore a quella delle obbligazioni; per particolari ragioni di economia nazionale l’emittente è autorizzato con provvedimento governativo. Le obbligazioni sono quindi dei certificati che rappresentano una frazione, di uguale valore nominale e con identici diritti, di un’operazione di finanziamento. Esse sono emesse allo scopo di reperire capitali da investire tra i risparmiatori a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle dei prestiti bancari. Tali condizioni vantaggiose derivano dal fatto che i possessori di obbligazioni possono smobilizzare il proprio investimento sul mercato secondario, che non partecipano al rischio d’impresa, né all’attività gestionale della stessa, non avendo diritto di voto nelle assemblee. Chi sottoscrive un’obbligazione diventa un creditore della società emittente (a differenza di un azionista che diventa socio) ed ha diritto alla riscossione dell’interesse e al rimborso del capitale a scadenza o sulla base di un piano di ammortamento predefinito. L’interesse può essere fisso o variabile, abile con cedola avente periodicità trimestrale, semestrale o annuale. La cedola è l’ammontare ato dall’emittente all’investitore e viene espressa in percentuale al valore nominale del titolo, ad esempio, una cedola annuale del 6% indica il amento di 6 lire ogni 100 di valore dell’obbligazione che verrà rimborsato alla scadenza.
Le obbligazioni convertibili sono particolari titoli a reddito fisso che, in aggiunta alle normali caratteristiche delle obbligazioni, incorporano il diritto per il portatore di decidere, entro un determinato periodo di tempo, se divenire socio oppure rimanere creditore della società. Esse attribuiscono il diritto potestativo di sottoscrivere azioni della stessa società emittente, in base ad un prefissato rapporto di cambio, utilizzando come conferimento le somme già versate al momento dell’acquisto delle obbligazioni: chi esercita il diritto di conversione cessa perciò di essere obbligazionista e diventa azionista della società. Le obbligazioni convertibili
L’emissione di tali obbligazioni viene deliberata dall’assemblea straordinaria
dei soci, che decide anche il rapporto di conversione, ossia quante azioni si
riceverebbero in cambio di un’obbligazione convertita e i tempi
dell’operazione. All’emissione, esse devono essere offerte in opzione agli
azionisti e ai possessori di obbligazioni convertibili precedentemente emesse,
proporzionalmente alla rispettiva partecipazione al capitale: viene data in
questo modo la possibilità di mantenere inalterata la propria posizione attuale
o potenziale all’interno della società. La sottoscrizione delle
obbligazioni convertibili consente di realizzare guadagni in conto capitale
(ottenibili con le obbligazioni), con un rischio minore di quello degli
azionisti: fino alla conversione si possiede un titolo di credito che da
diritto alla corresponsione degli interessi e del valore di rimborso. Tale
vantaggio è bilanciato da un rendimento iniziale minore di quello delle
obbligazioni tradizionali della stessa durata, consentendo all’emittente di
finanziarsi a condizioni migliori rispetto all’emissione di obbligazioni
ordinarie.
Il future è uno strumento derivato costituito da un contratto a termine standardizzato con il quale le parti si impegnano a scambiare, ad una certa data, determinate attività finanziarie, ovvero a versare o a riscuotere un importo determinato in base all’andamento di un indicatore finanziario. Si tratta di un contratto bilaterale, che stabilisce l’impegno assunto da due controparti ad adempiere a scadenza una certa obbligazione, caratterizzato dalla standardizzazione, ossia dalla definizione precisa ed uniforme di tutti i termini dell’accordo: lo strumento sottostante al contratto (underlying), la quotazione, l’oscillazione minima della quotazione (tick), il valore dell’oscillazione (valore del tick), la data di liquidazione delle posizioni. Le controparti che sottoscrivono un future si impegnano a scambiarsi, in una data stabilita e prefissata e ad un prezzo (future price) definito nel contratto, l’ammontare di uno specifico bene reale o di strumenti finanziari sottostanti al contratto, il cui prezzo si forma sul mercato regolamentato relativo (prezzo spot). Nel gergho finanziario, chi acquista il future assume una posizione lunga; deve acquistare, a scadenza, l’attività sottostante al contratto (underlying), oppure chiudere la propria posizione vendendo un future analogo a quello acquistato, prima della scadenza. Allo stesso modo, chi vende un future assume una posizione corta e si impegna a consegnare a scadenza l’attività sottostante, oppure può chiudere la propria posizione prima della scadenza acquistando un contratto analogo a quello venduto. L’aumento del prezzo del future genererà profitti, in tal caso, a chi assumerà una posizione lunga e causerà perdite a chi assumerà una posizione corta. Caratteristica fondamentale di questi contratti è data dal fatto che essi non vengono stipulati tra due contraenti, ma giuridicamente tra ciascuno di essi e la Cassa di Compensazione e Garanzia (clearing house); tale organismo è la controparte istituzionale delle transazioni che elimina il rapporto diretto tra compratore e venditore. In pratica, essendo il future uno strumento altamente speculativo e per il quale non è necessario are l’intero controvalore per acquistarlo o detenere l’intero quantitativo dell’attività sottostante per venderlo, prima dell’apertura di una posizione, gli operatori devono versare un deposito cauzionale chiamato margine di garanzia iniziale, ossia una percentuale del valore nominale del contratto future fissata dalla Cassa di Compensazione e Garanzia, al fine di garantire l’adempimento dell’obbligazione che ha dato vita alla transazione. Se l’investitore ha una perdita e l’ammontare scende al di sotto del margine di mantenimento, egli è tenuto ad una integrazione, ossia al versamento di un nuovo margine di variazione pari alla somma necessaria per riportare il valore al livello del margine iniziale. Tuttavia se l’investitore non è in grado di far fronte a tale copertura, l’intermediario può chiudere la posizione per conto del cliente, concretizzando la perdita. Attraverso il sistema dei margini di garanzia iniziali viene limitato il rischio creditizio, questo margine non può essere intaccato, quindi utili o perdite vengono calcolati e regolati quotidianamente in funzione delle variazioni intervenute nelle quotazioni, come pure viene limitato il rischio economico, monitorato attraverso la liquidazione mark to market che consente di liquidare ogni giorno i margini di variazione per tutte le posizioni in essere. Tale tecnica garantisce l’effettivo adempimento di tutti i contratti future e serve ad evitare che gli speculatori assumano posizioni per le quali non riescano a sopportare il relativo onere finanziario.
ESEMPIO:
Il Fib 30 (il contratto future sull’indice Mib 30) riguarda un contratto di
circa 250.000 euro. Il compratore versa solamente il mergine di garanzia,
ipotizziamo del 7,5% (18.750 euro), se l’indice Mib30, per ipotesi, perde il
10%, la perdita sarà calcolata sul valore nominale del contratto e
quindi sui 250.000 €, ed essa sarà pari a 25.000 €.
Il future è un contratto estremamente rischioso di cui è
necessario monitorare continuamente l’andamento, ed è utilizzato
generalmente dagli investitori istituzionali per la gestione del rischio, e più
precisamente: per la copertura delle posizioni, quando si intende proteggere il
valore dello strumento sottostante (underlying) da varaizioni indesiderate di
prezzo; per obiettivi speculativi, quando lo si rivende/riacquista ad un prezzo
più alto/basso; per arbitraggio, quando si sfrutta un momentaneo
disallineamento tra l’andamento del mercato future e quello dello strumento
sottostante.
Le opzioni sono uno strumento derivato formato da un contratto che stabilisce la cessione, da un venditore (writer) ad un compratore (buyer), dietro amento di un premio, di un diritto all’acquisto (opzione call), o alla vendita (opzione put), in una data futura (opzione europea), o entro una scadenza (opzione americana), di una certa attività finanziaria o reale (underlying), ad un prezzo fissato dal contratto (strike price). La natura contrattuale di tale strumento finanziario è stabilita dal Codice Civile (art.1331), il quale definisce l’opzione come un contratto in cui le parti convengono che una di loro rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l’altra abbia la facoltà di accettare o meno la dichiarazione della prima; il venditore (writer) assume un impegno circa l’acquisto o la vendita dell’attività sottostante al contratto, secondo quanto stabilito nel contratto. Il compratore (buyer), invece, può accettare o meno la proposta del venditore, solo se l’accetta il contratto si perfeziona e si conclude. E’ per questo che il compratore (buyer) deve versare un premio per acquistare il diritto all’esercizio dell’opzione. Le opzioni, sia se negoziate sui mercati ufficiali (traded), sia se negoziate tra le parti tramite intermediari (over the counter) si suddividono in:
Con riferimento al prezzo di esercizio le options sono definite:
CALL strike price < Prezzo di mercato
PUT strike price > Prezzo di mercato
CALL E PUT strike price = Prezzo di mercato
CALL strike price > Prezzo di mercato
PUT strike price < Prezzo di mercato
Per l’acquisto dello strumento derivato dell’ opzione l’acquirente a solo un
PREMIO– prezzo di acquisto della opzione- e scommette sul rialzo (call) o sulla
discesa (put) del prezzo di una determinata attività. Se la scommessa
risulta vincente, l’acquirente incassa la differenza tra il prezzo
dell’attività finanziaria e il prezzo di esercizio. Se la scommessa
risulta perdente la massima perdita in cui incorre l’acquirente è il
PREMIO ato; quindi, nel caso di un andamento sfavorevole del mercato, il
amento del premio da parte del buyer svolge una funzione assicurativa
costituendo un limite alla perdita, viceversa, nel caso di un andamento
favorevole nei prezzi dell’underlying, il premio comporta una riduzione dei
guadagni.
ESEMPIO: Si ipotizzi l’acquisto dell’opzione call (si scommette sul rialzo) di
un titolo ENEL con un prezzo d’esercizio (strike price) di 8 €, andola 0,5
€, con scadenza il 30/11/2002. Se il titolo ENEL resta al di sotto dei 8 €, si
perderà solo 0,5 € (perdita limitata, rispetto l’intero investimento
effettuato) e non importa se il titolo scenderà ulteriormente a 6 € o a
5 €, la perdita rimarrà quella del premio ato di 0,5 €. Se il titolo
subirà un rialzo ed il suo prezzo andrà a 10 €, si
guadagnerà la differenza tra il prezzo di ENEL (10 €) e 8 €, quindi si
guadagnerà 2 € (un guadagno del 400% sull’investimento iniziale di 0,5
€).
Per il venditore di un’opzione, invece, i rischi sono molto più alti dal
momento che le perdite sono potenzialmente illimitate. L’opzione è uno
strumento finanziario che si contraddistingue principalmente per la sua
notevole flessibilità; essa può riferirsi a molteplici strumenti
sottostanti quali materie prime, azioni, obbligazioni, tassi di cambio, tassi
di interesse, futures, swaps, indici, ma può riguardare anche la data di
esecuzione del contratto, la qualità della merce scambiata, la
localizzazione geografica dello scambio. La finalità principale della
negoziazione di questi strumenti finanziari è costituita, come per gran
parte dei strumenti derivati, dalla gestione dei rischi finanziari: per coprire
delle posizioni, quando si intende proteggere il valore dell’underlying da
variazioni indesiderate di prezzo; per fini speculativi, quando si intendono
realizzare strategie di investimento; per effettuare operazioni di arbitraggio,
quando si intende sfruttare un momentaneo disallineamento tra l’andamento del
mercato derivato e quello dell’oggetto sottostante.
Sono obbligazioni emesse dallo Stato per finanziare le proprie attività istituzionali; con la sottoscrizione pubblica di questi titoli lo Stato reperisce capitale di debito. I titoli di stato si distinguono in titoli a breve, medio e lungo termine, a seconda della data di rimborso del capitale, e titoli del debito consolidato, per i quali non è fissata, in sede di emissione, la data di rimborso. Le tipologie di titoli di stato sono:
a. BOT – Buoni Ordinari del Tesoro
b. CTZ – Certificati del Tesoro Zero Coupon
c. CCT - Certificati di Credito del Tesoro
d. BTP – Buoni del Tesoro Poliennali
a. BOT – Buoni Ordinari del Tesoro
I Buoni Ordinari del Tesoro sono titoli di stato a breve termine (3, 6, e 12
mesi), sono titoli al portatore ammessi alla quotazione sui mercati
regolamentati e più precisamente al mercato telematico delle
obbligazioni e dei titoli di stato (MOT), per quantitativi limitati (lotti minimi
di 1.000 € o multipli), ed al mercato telematico a pronti dei titoli di stato
(MTS), per scambi non inferiori a 2,5 milioni di €. Sono titoli zero coupon
emessi sotto la pari e rimborsati, in un’unica soluzione, alla pari. Il
rendimento (scarto di emissione) è pari alla differenza tra il valore di
rimborso (valore nominale) e il prezzo di acquisto/prezzo di sottoscrizione. In
regime di interesse semplice il tasso di interesse dei BOT è pari a:
i = ( ( valore nominale – prezzo di acquisto) * (1- aliquota)) / (prezzo di
acquisto * (1- aliquota) + aliquota *100) * 365/giorni mancanti alla scadenza
I BOT sono soggetti ad un’aliquota fiscale del 12,50% applicata al momento
della sottoscrizione, essi sono emessi ogni 15 giorni (a metà ed alla
fine di ogni mese), con Decreto del Ministero del Tesoro, che ne stabilisce la
scadenza, la quantità massima collocabile e la durata dell’operazione di
collocamento. Il collocamento è svolto dalla Banca d’Italia attraverso
un’asta competitiva sul prezzo, a cui partecipano solo ed esclusivamente gli
investitori istituzionali; i singoli risparmiatori per sottoscrivere tali
titoli possono rivolgersi a questi operatori o presso gli uffici postali,
effettuando la prenotazione entro il giorno precedente all’asta.
b) CTZ – Certificati del Tesoro Zero Coupon
Sono titoli di Stato a tasso fisso di durata pari a 18 o 24 mesi. Essi hanno le
stesse caratteristiche dei BOT ma di durata maggiore, infatti, anche i CTZ
(certificati del tesoro zero coupon) sono ammessi alla quotazione sui mercati
regolamentati, in particolare il mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli
di Stato (MOT) per quantitativi limitati (lotti da 1000 € o multipli) ed il
mercato telematico all’ingrosso dei titoli di Stato (MTS) per scambi non
inferiori a 2,5 milioni di €uro. La remunerazione è interamente
determinata dallo scarto di emissione, pari alla differenza tra il valore
nominale ed il prezzo corrisposto al quale viene applicata una ritenuta fiscale
del 12,50% al momento del rimborso. I CTZ sono collocati attraverso un’asta
marginale sul prezzo riservata agli intermediari istituzionali autorizzati
(decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.58), e i singoli risparmiatori possono
acquistare tali titoli solo presso questi intermediari o presso uffici postali,
effettuando la prenotazione entro il giorno precedente all’asta. Grazie alla
loro caratteristica di essere titoli zero-coupon, i CTZ hanno maggiori vantaggi
in termini di gestione, poiché l’esborso finanziario richiesto per l’acquisto
è inferiore al valore nominale di rimborso ed inoltre non esiste
l’esigenza di reinvestire i flussi percepiti periodicamente a titolo di
interessi.
c. CCT –Certificati di Credito del Tesoro
Sono titoli di Stato a medio – lungo termine emessi, dal marzo del 1991, a 7
anni. Sono titoli a tasso variabile con interessi indicizzati al rendimento dei
BOT semestrali o annuali emessi nel bimestre che precede il mese antecedente
allo stacco della cedola. Dal 1987 si emettono solo CCT con cedola semestrale;
si considerano i rendimenti in sede di emissione dei BOT annuali collocati 8 o
9 mesi prima della data di amento della cedola. Analogalmente agli altri
titoli di Stato, i CCT sono trattati sul mercato telematico delle obbligazioni
e dei titoli di Stato (MOT) per tagli di piccolo importo (lotti da 1000 € o
multipli) e sul mercato telematico a pronti dei titoli di Stato (MTS) per
scambi non inferiori a 2,5 milioni di €uro. La remunerazione, sotto forma di
interessi, viene corrisposta con cedole posticipate semestrali indicizzate al
rendimento dei Buoni Ordinari del Tesoro (BOT) semestrali e sulla remunerazione
incide anche uno scarto d’emissione, dato dalla differenza tra il valore
nominale ed il prezzo ato. Il valore della cedola sarà quindi pari al
rendimento dei BOT aumentato di uno spread percentuale variabile dallo 0,3% al
1% a seconda della durata del CCT. L’emissione dei CCT avviene attraverso
un’asta marginale sul prezzo, generalmente con frequenza ogni 15 giorni a cui
partecipano le banche e le SIM iscritte in un apposito albo tenuto dalla
Consob; l’operazione di collocamento è affidata alla Banca d’Italia e
sono ammessi alla quotazione di Borsa il giorno successivo all’asta.
d. BPT – Buoni Poliennali del Tesoro
I Buoni Poliennali del Tesoro (BPT) sono titoli di Stato a medio e lungo
termine (3, 5, 10 e 30 anni), con una cedola fissa ata semestralmente. I BTP
sono ammessi alla quotazione dei mercati regolamentati e non: prima della
scadenza gli investitori istituzionali possono comprare o vendere BPT sia sul
mercato secondario italiano regolamentato (MTS), per operazioni non inferiori a
2,5 milioni di €uro, che su quello non regolamentato (over - the - counter);
mentre i cittadini privati possono effettuare queste transazioni sul MOT
(Mercato Telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato) ossia il mercato
secondario italiano regolamentato per gli investitori al dettaglio (taglio
minimo 1000 €). Gli interessi sono fissi e vengono corrisposti semestralmente
in via posticipata attraverso lo stacco della cedola. Gli interessi e lo scarto
emissione sono soggetti ad aliquota del 12,50%, e il rimborso avviene in
un’unica soluzione alla scadenza. Si tratta di titoli al portatore emessi dal
Tesoro, attraverso il sistema dell’asta marginale sul prezzo, con cadenza
mensile per i BTP trentennali e quindicinale per gli altri BTP. Il
collocamento, come per gli altri titoli di Stato, è svolto dalla banca
d’Italia ed all’asta partecipano solo gli investitori istituzionali. Tali
titoli a reddito fisso sono particolarmente adatti per investitori che
desiderano amenti costanti ogni sei mesi e che vogliono programmare flussi
di cassa regolari durante tutto l’arco dell’anno.
Il warrant è uno strumento finanziario derivato, rappresentato da un 'buono' che attribuisce ai sottoscrittori il diritto e non l’obbligo all’acquisto (call warrant), o alla vendita (put warrant) di una determinata attività finanziaria o reale (underlying), entro una data di scadenza (warrant americano), o in una specifica data (warrant europeo), in quantità (valore nominale) e ad un prezzo (strike price) prefissati. In altre parole si tratta di un titolo, in particolare di un certificato al portatore, il cui contenuto finanziario è quello di un’opzione cartolarizzata, cioè immessa in un titolo negoziabile ufficialmente quotato che attribuisce il diritto e non l’obbligo di acquistare o vendere consentendo di predeterminare la perdita massima (pari, nella peggiore delle ipotesi, al premio ato per l’acquisto del warrant) e mantenendo la possibilità di rendimenti potenzialmente illimitati. Il warrant, al pari con un’opzione, non è un contratto simmetrico in cui le controparti si impegnano ad eseguire a scadenza le condizioni definite nel contratto stesso, esso offre un diritto ad una controparte ed implica l’adempimento di un obbligo per l’altra, per tale motivo chi acquista un warrant deve versare un premio per acquisire il diritto all’esercizio di tale strumento finanziario. Inoltre il warrant, come per l’opzione, in caso di andamento sfavorevole del mercato, la massima perdita che può subire è pari al premio ato. Tuttavia queste due caratteristiche sono le uniche che lo accomunano ad un’opzione, dalla quale il warrant si differenzia per la sua natura di titolo e non di contratto, per una maggiore durata, per la mancanza di un sistema di margini di garanzia, per un valore nominale più basso. I primi warrant si sui mercati finanziari furono immessi da società quotate al fine di raccogliere capitale; questi warrant, tuttora esistenti, danno diritto all’acquisto di azioni della società emittente stessa e vengono lanciati contemporaneamente a prestiti obbligazionari, aumenti di capitale oppure tramite emissioni isolate. Successivamente la ricerca da parte degli investitori di nuovi prodotti con caratteristiche diverse ed innovative spinsero le banche a creare un nuovo mercato. Prima vennero creati prodotti che erano il risultato di modifiche di warrant già esistenti emessi da società quotate sui propri titoli: venivano rinominati i warrant in valute estere o con date di esercizio diverse (covered warrant, i quali non danno origine ad azioni ma permettono di scommettere al rialzo o al ribasso su un determinato parametro). Poi, alla fine degli anni 80, furono organizzati, nel mercato tedesco e svizzero, delle emissioni di warrant ad hoc che avevano come riferimento non più singoli titoli azionari ma anche indici di borsa, valute e tassi di interesse. Da allora il mercato europeo dei covered warrant è cresciuto moltissimo fino a raggiungere gli attuali livelli di sviluppo. In Italia nel 1992 ci fu la prima emissione di covered warrant destinata agli investitori istituzionali (warrant call e put sul cambio Dollaro/Lira). L’operazione ebbe un grosso successo, l’accoglienza da parte del mercato fu superiore ad ogni aspettativa, e da allora, anche grazie alla nascita nel novembre del 1994 del Mercato Italiano dei Derivati (IDEM), il mercato dei derivati si è decisamente sviluuppato ed allargato anche agli investitori individuali. In seguito al recepimento da parte della Consob dei nuovi regolamenti della Borsa Italiana SPA, è oggi possibile quotare i covered warrant al listino ufficiale della Borsa di Milano, tali warrant sono, infatti, negoziabili sull’MTA (Mercato Telematico Azionario) dove gli scambi avvengono per via telematica con maggiore facilità di accesso allo strumento sia da parte degli investitori, sia da parte degli intermediari. Ci sono diversi tipi di warrant, ma la più importante disitnzione è quella tra warrant call e put: un warrant call da diritto e la facoltà di acquisto del titolo sottostante ad un prezzo, puntando sul rialzo, un warrant put incorpora il diritto di vendere il sottostante (underlying) alle condizioni prestabilite puntando sul ribasso. Inoltre, a seconda del momento in cui è possibile manifestare la volontà di esercitare il diritto incorporato nel warrant, si hanno warrant di tipo americano e di tipo europeo. I primi, consentono l’esercizio del diritto in qualsiasi giorno della vita del warrant, i secondi, (tipo europeo) consentono l’esercizio solo nel giorno di scadenza dello stesso. L’esercizio del warrant, cioè l’esercizio del diritto di acquistare o vendere incorporato nel warrant, può avvenire tramite la consegna fisica del sottostante (si compie una vera e propria operazione di scambio del sottostante e del controvalore in lire) oppure attraverso la liquidazione di un differenziale in €uro, pari alla differenza, se positiva, tra il valore corrente del sottostante e lo strike price (per i warrant call), viceversa per i put.
In particolare:
Lo strike price è il prezzo di esercizio, ossia il prezzo al quale si ha
diritto di acquistare o vendere l’attività sottostante.
Il sottostante può essere rappesentato da un’attività finanziaria
(titolo azionario, indice di borsa, titolo di Stato, tasso di cambio) oppure un
bene materiale.
Il multiplo è la quantità di sottostante che il possessore del
warrant ha diritto di acquistare o vendere: un multiplo 1/1 conferisce il
diritto su una unità di sottostante.
Le finalità di tali strumenti finanziari sono essenzialmente due: una
speculativa, non finalizzata ad esercitare il diritto relativo, ma per
rivendere a breve termine il titolo ad un prezzo più alto del premio
ato, e una di copertura dei rischi derivati da un portafoglio preesistente.
In particolare per quest’ultimo aspetto, chi, sottoscrivendo il warrant,
acquista il diritto a ricevere in una data futura una merce, una somma di
denaro in valuta straniera, o titoli, si copre dal rischio di aumento nel
prezzo dell’attività sottostante, e viceversa, chi, attaverso la
sottoscrizione del derivato si obbliga a consegnare (vendere) a termine
l’attività sottostante, si copre dal rischio di una riduzione del prezzo
dell’underlying.
Per trading on line (TOL), che letteralmente significa compravendita in linea, si intende la negoziazione di valori mobiliari realizzata attraverso il proprio computer di casa collegato ad internet: si apre un conto corrente on line, si ricevono dei codici ed è già possibile operare in borsa acquistando e vendendo via internet. Le operazioni sono gestite dalle società che offrono tali servizi ormai in condizioni di elevata sicurezza come se si fosse presenti presso il mercato sul quale si sta negoziando o nella filiale della propria banca
Le origini del trading on line risalgono al 1995, anno in cui fu fondata da
Massimo Segré la società DIRECTA: il trading on line incominciò
l’operatività con l’implementazione di un sistema con il computer via
modem e non via internet (visto che all’epoca tale strumento era ancora nelle
mani di pochi). Successivamente nacquero sul mercato finanziario altre
società che offrivano il servizio di trading on line: fra le Sim,
MEDIOSIM, e fra le banche, CARIPLO (1997). Da allora il mercato ha conosciuto
un vero e proprio boom, è cresciuto sviluppandosi principalmente in due
direzioni: le banche hanno iniziato ad offrire ai propri clienti il trading on
line costituendo appositamente delle SIM, mentre le SIM hanno prima iniziato ad
offrire servizi di trading on line e poi, via via anche servizi bancari. In
Italia, nel gennaio 1999 erano 3 le società che offrivano il servizio di
trading on line: Banca Sella, Banca MPS, e FIN€CO. Ma fu grazie alla strategia
di marketig aggressiva ed alla pubblicità incalzante di FIN€CO che il
TOL è diventato un vero e proprio fenomeno di massa. FIN€CO fu la prima
che introdusse un software americano progettato da TIBCO e che portò le
commissioni sulle transazioni al 3 per mille (eliminate totalmente il 19 giugno
del 1999). Nell’aprile dello stesso anno (1999) erano sei le società on
line che offrivano il servizio di trading on line e divennero venti nel gennaio
del 2000: proprio questo può essere considerato l’anno in cui si ebbe l’esplosione
più grande del fenomeno del trading on line. Le società
interessate ad offrire questo tipo di servizio passarono dalle decine alle
centinaia e i servizi offerti divennero sempre più economici, più
completi, più competitivi e più concorrenziali. Oggi, quasi tutte
le banche, anche quelle tradizionali, si sono attrezzate per questo tipo di
servizio promuovendolo anche in maniera decisa, contribuendo o adeguandosi ai
cambiamenti nell’operatività finanziaria intervenuti così
velocemente in questi ultimi anni. Prima il modo di operare sui mercati
finanziari, almeno per gli investitori non professionali, era caratterizzato
dall’esigenza di doversi recare fisicamente presso le filiali delle banche per
acquistare o vendere titoli con notevole ritardo rispetto alle reali
intenzioni, con informazioni scarse e non immediate e con una consistente
perdita di tempo. Oggi il trading on line consente di inoltrare gli ordini di
acquisto e/o vendita in tempo reale, potendo basare le proprie scelte su
informazioni dettagliate riguardo i prezzi correnti e su analisi di mercato
aggiornate, senza doversi muovere da casa, impegnando il tempo opportuno per la
ricerca di scelte di investimento.
Il trading on line, pur avendo ottime probabilità di diffondersi anche in modo capillare, probabilmente non creerà seri ostacoli all’attività finanziaria tradizionale e nel rapporto con i clienti anche perché, autorevoli studi effettuati negli USA hanno dimostrato come nel lungo periodo sia molto più redditizio mantenere le scelte di ripartizione del proprio patrimonio con il grado di rischio già calcolato e scelto, che fare trading sempre alla ricerca della migliore performance di breve periodo. Questo fenomeno può essere considerato, invece, come una delle molle che ha spinto le banche a rivoluzionare il loro approccio al mercato e con i loro clienti, mettendole in concorrenza tra loro. Tuttavia, l’attuale situazione italiana del trading on line non permette di definire chiaramente l’evoluzione futura; l’impressione è che le banche optino per il TOL, non in base a scelte strategiche di lungo periodo, ma solo come conseguenza di strategie di imitazione dei primi comers italiani, dopo essersi accorte che i clienti erano sempre meno contenti dei servizi offerti e che volevano avere un ruolo sempre più attivo nella gestione dei propri fondi. In questo senso, il grosso merito del TOL è quello di aver dato la spinta a banche e Sim a migliorare i propri rapporti con la clientela, sempre più informata, consapevole e partecipe dei propri risparmi e sempre più autonoma nella composizione del proprio portafoglio.
vantaggi del trading on line per il privato riguardano sia la possibilità di operare su quasi tutti i mercati mondiali direttamente dal proprio ufficio o da casa, sia i costi decisamente inferiori rispetto a quelli connessi all’operatività tradizionale: le commissioni di intermediazione e di tenuta del conto sono relativamente più basse a quelle praticate nelle altre tipologie di conti, questo perché gli ordini di acquisto e di vendita vengono immessi dal cliente ed eseguiti tramite sistemi telematici, evitando così fasi che lievitano le commissioni applicate su ogni ordine (a volte vengono utilizzate delle politiche di pricing indipendenti dal volume negoziato). Inoltre esiste un evidente risparmio di tempo e, soprattutto, tempestività delle operazioni, le quali possono essere eseguite in tempo reale diminuendo il rischio di variazioni di prezzo tra il momento della decisione e la reale esecuzione dell’ordine. Infine, la grande disponibilità di informazioni, pone gli investitori e gli speculatori nelle stesse condizioni di compiere le proprie scelte con estrema parità di trattamento.
Tra i problemi più frequenti a cui si può andare incontro
nell’operare nel trading on line, prima di tutto ci sono quelli tecnici;
problemi al server delle banche o del broker a cui ci si affida. Mentre si sta
immettendo un ordine si può ricevere un messaggio di errore di
collegamento (momentaneo o per tutta la giornata) che non consente né di immettere
ordini, né di eseguire altre operazioni. Spesso, inoltre, alcuni broker fanno
are una commissione anche per gli ordini che a fine giornata risultano
essere ineseguiti. La facilità di effettuare operazioni finanziarie
anche molto rischiose (ad esempio, attraverso l’utilizzo degli strumenti
derivati) pone inoltre, per alcuni risparmiatori inesperti, il problema di una
adeguata formazione.
Per operare in Borsa o sul proprio conto senza l’ausilio dell’operatore è opportuno tenere presenti alcune regole di comportamento sia per la rischiosità degli investimenti finanziari, sia per la rischiosità dello strumento utilizzato, per evitare spiacevoli sorprese.
Prima di ogni scelta di investimento è fondamentale reperire
informazioni; in tal senso il WEB è una fonte molto ricca di notizie e
di dati, i quali devono essere suddivisi tra attendibili e certificati da
quelli di provenienza e validità incerta. Per tutti, comunque, vale la
regola che più è regolare e continua la lettura delle fonti informative
e più sagge e mirate saranno le decisioni prese, perché prima di
investire bisogna avere sempre una concreta conoscenza dell’oggetto
dell’investimento. Una volta presa conoscenza delle varie opportunità
d’investimento e dei diversi strumenti finanziari utilizzabili, bisogna sempre
formulare una scelta di investimento all’interno di una strategia globale in
cui il singolo investitore ricomprende le sue caratteristiche patrimoniali, le
sue disponibilità, la sua propensione al rischio e il suo orizzonte
temporale. Non esiste, infatti, una strategia d’investimento vincente in
assoluto e per tutti, ma per ogni tipo di investitore esisitono diverse
strategie possibili. Prima di tutto, la scelta della tipologia d’investimento
non può prescindere dalle caratteristiche patrimoniali del soggetto,
dalla sua situazione finanziaria e dal suo tenore di vita. La prospettiva, in
tal senso, risulta essere decisamente diversa tra un investitore giovane, con
un orizzonte di vita lavorativa ancora lungo, rispetto a quello di un
capofamiglia, che ha la necessità di pianificare gli investimenti per
garantire, ad esempio, gli studi ai li. Inoltre, la scelta della tipologia
dell’investimento dipende anche dalla propensione al rischio: per il
risparmiatore giovane, probabilmente, l’obiettivo prioritario sarà
quello della crescita del capitale e in quanto tale questo contiene una
componente di rischio molto elevata, mentre per il capofamiglia, tra i
possibili obiettivi ci sarà quello della
liquidità/liquidabilità dell’investimento, oltre che la crescita
del capitale investito. Un tale comportamento denota una bassa propensione al
rischio. Inoltre è evidente, ad esempio, che il FIB30 rischia di non
essere idoneo a quanti siano fortemente avversi al rischio, così come i
titoli obbligazionari a breve scadenza, come i BOT, possono non essere lo
strumento più indicato a quanti vogliono massimizzare la
redditività o la crescita del capitale. Infine per la scelta della
tipologia di investimento è opportuno stabilire l’orizzonte temporale
entro cui operare. Ad esempio, chi decide un investimento azionario deve essere
preparato ad aspettare visto che le azioni riescono ad incrementare il loro
valore solo nel lungo periodo.
Effettuata una scelta di investimento all’interno di una strategia globale,
nella quale sono stati fissati limiti in base alle caratteristiche
patrimoniali, alla propensione al rischio ed all’orizzonte temporale, sarebbe
utile, al fine di effettuare un buon investimento, applicare la teoria della
diversificazione: a parità di rischio, diversificare, comporta un
rendimento atteso maggiore. Attraverso la diversificazione del proprio
portafoglio si riduce sicuramente la possibilità di incredibili
guadagni, ma soprattutto quella di eccessive perdite. La diversificazione del
portafoglio è il pilastro su cui si basa la realtà del risparmio
gestito; inserendo in un portafoglio un numero adeguato di attività
finanziarie è possibile aumentare il rendimento atteso del portafoglio a
parità di rischio. Il principio è che la presenza di
attività finanziarie con caratteristiche diverse riduce la
probabilità che l’intero portafoglio possa subire cadute significative
di valore. La scelta migliore, quindi, sarebbe quella di trovare investimenti
ottimali rispetto alle proprie caratteristiche, ossia trovare la migliore asset
allocation.
Per operare on line sono necessarie le seguenti infrastrutture:
a. un personal computer;
b. un modem o una scheda PMCCIA;
c. un contratto con un fornitore di accesso ad Internet (Internet Service Provider);
d. un contratto con una società (banca o Sim) che offre servizi di trading e banking on line, entrando tramite password alla vera e propria negoziazione.
I siti di trading on line sono le vie d’accesso per entrare via Internet in
Borsa, tramite questi siti specializzati si possono vendere e comprare azioni,
monitorare l’andamento dei mercati, decidere se comprare €uro o dollari senza
dover telefonare.
Prima di iniziare ad investire da soli attraverso Internet ci sono delle cose che bisogna sapere, prima fra tutte, è quella che, generalmente la Banca dove ognuno di noi ha un conto corrente offre già qualche servizio di accesso alla Borsa via Internet. Tuttavia, esistono una serie di società che offrono tale servizio che si possono scegliere accedendo ad un semplice motore di ricerca ed impostando come ricerca 'trading on line'. Nel momento in cui si decide di entrare nel trading on line bisogna:
Una volta deciso quale tra i siti WEB offre le condizioni più interessanti, la grafica di migliore comprensione e i servizi all’altezza di quelli a disposizione sul mercato, bisogna chiamare il numero verde che e nella home e del sito di ogni società e chiedere informazioni su cosa fare per accedere al servizio di trading on line. Dopo aver sottoscritto il contratto, dalla società di trading on line saranno forniti un nome di accesso e una password segreta, le quali, dopo essere state digitate nell’area destinata ai clienti, permetteranno l’accesso alle schermate per effettuare trading on line
Visivamente, nella parte alta dello schermo viene visualizzato il nome e il cognome e i possibili altri servizi messi a disposizione dall’intermediario. Al centro dello schermo c’è il tabellone collegato in tempo reale con la borsa e sempre in via di aggiornamento (tale aggiornamento del prezzo di un titolo, di solito, viene segnalato da un lampeggiante che invia a controllare se sta accadendo qualcosa di interessante per quel titolo). Inoltre, informazioni più dettagliate riguardano:
Inoltre, a lato di ogni titolo sono generalmente indicati i migliori prezzi di
vendita (lettera) e i migliori prezzi di acquisto (denaro), così come il
valore massimo e il valore minimo che ha raggiunto il titolo fino
a quel momento, ed anche il prezzo di apertura del mercato.
All’interno del sito di trading on line esiste anche la possibilità di
consultare i grafici, i quali possono essere un valido strumento di aiuto per
capire cosa stia succedendo ad una determinata azione. Tuttavia, questo livello
di lettura è molto più complicato ed utilizzabile solo da chi ha
già esperienza nei mercati in quanto, esistono delle conurazioni
grafiche che preannunciano quale potrebbe essere la situazione successiva di un
certo titolo: si associa una certa forma del grafico ad una ben precisa
situazione (esempio: grafico a forma di spalla destra, il titolo dovrebbe
scendere).
Altro elemento importante all’interno del sito sono le news, ossia notizie,
annunci, comunicati delle società quotate in borsa; le notizie scorrono
durante la giornata e, di solito, sulla ina principale del sito viene
visualizzato solo il titolo e le prime righe dell’articolo.
Quando arriva il momento di effettuare una transazione bisogna decidere cosa, quando e quanto comprare/vendere, ed in questo senso occorre riempire di dati alcuni spazi, inserendo delle voci, necessari per dare l’ordine all’intermediario.
Nella casella NOME, va inserito il nome o la sigla dell’azione che
interessa per la transazione.
Nella casella PREZZO, va inserito il prezzo minimo a cui si vuole
vendere un’azione o il prezzo massimo a cui si vuole comprare un’azione (senza
questo dato l’intermediario acquista o vende a qualsiasi prezzo!).
Nella casella QUANTITA’, va inserito il numero di azioni che si intende
comprare/vendere.
A seconda della transazione che si vuole effettuare, una volta riempiti i
contenuti delle caselle, basta fare un clic sulla casella COMPRA (Buy) se si
intende comprare o VENDI (Sell) se si intende vendere. Prima di inviare
l'ordine di acquisto o di vendita il sito chiede sempre la CONFERMA, la quale,
una volta effettuata sarà seguita da una risposta nel giro di pochi secondi
per confermare l’ordine effetuato.
Una volta effettuato un ordine di acquisto/vendita sul mercato azionario, il
sito consente di visualizzare la posizione, ossia la fotografia della propria
situazione sul mercato: quali e quanti titoli si possiede, il loro prezzo, il
confronto fra le entrate e le uscite. Inoltre, la posizione consente di
visualizzare informazioni in tempo reale anche riguardo:
QUANTITA’ POSSEDUTA: consente di visualizzare lo stato delle azioni comprate.
UTILE POSIZIONI CHIUSE: consente di visualizzare quali siano state le perdite o
i guadagni dopo aver ceduto certi titoli.
UTILE POSIZIONI APERTE: consente di visualizzare e quindi sapere quanto si sta
guadagnando o perdendo in quel momento con i titoli comprati.
Quando si opera in Borsa attraverso un sito di trading on line bisogna sempre essere informati sulla propria situazione di conto corrente per non rischiare di rimanere senza fondi a disposizione e mancare un eventuale buona transazione. Nel sito è possibile visualizzare alcune voci al riguardo:
DEPOSITO: visualizza il saldo del giorno precedente, perché solo dopo che il
mercato è stato chiuso è possibile fare i conti di un saldo
definitivo.
POTERE D’ACQUISTO: visualizza la liquidità immediatamente disponibile
per effettuare ordini di acquisto sul mercato.
UTILE DELLE POSIZIONE CHIUSE: visualizza il saldo delle posizioni chiuse e da
qui si evidenzia se i titoli hanno reso una volta che sono stati ceduti.
Per controllare lo stato delle azioni comprate e vendute il sito di trading on line consente di visualizzare un tabellone degli ordini che viene aggiornato in tempo reale.
Alla voce:
STATO DELL’ORDINE: consente di sapere a che punto è arrivato l’ordine,
che può essere 'eseguito', 'in attesa',
'completato', 'cancellato'.
DETTAGLI: consente di sapere una serie di notizie su come è stato
trattato il titolo sottoposto ad un ordine.
MOTIVO: viene riportato il motivo per cui il titolo si trova in una determinata
situazione e in un certo stato.
TIPO DI NEGOZIAZIONE: dove si visualizza se i titoli in questione sono sotto
ordine di acquisto o di vendita.
PREZZO: il prezzo indicato in questa sezione non è quello di mercato del
titolo, ma quello che si è ottenuto dall’acquisto o dalla vendita nel
momento in cui si è conclusa la transazione.
QUANTITA’ ORDINATA: in questa sezione è possibile sapere quanti titoli
sono stati comprati/venduti.
TAPPE DEL MERCATO NELL'ANNO 2006
2 giugno
Borsa Italiana comincerà nei prossimi giorni colloqui con
Euronext. Adviser Mediobanca, Rothschild, McKinsey, Studio Chiomenti.
23 maggio Al via a New York la Star Conference di Borsa Italiana: in
programma 200 incontri one-to-one
tra le 21 società STAR presenti e 60 investitori istituzionali.
Il roadshow internazionale di Borsa Italiana riprenderà il 23 di giugno
a Londra con la Italian Mid Caps Conference e, successivamente, sempre Londra
ospiterà il 27 e 28 settembre la STAR Conference 2006 London, giunta
alla sua sesta edizione. Il 3 e il 4 di ottobre è in calendario in
Giappone la Italian Investor Conference Tokyo, giunta alla sua terza edizione.
18 maggio Il CdA di Borsa Italiana dà mandato all'AD Massimo Capuano, coadiuvato da un Comitato Ristretto, di esplorare e approfondire opportunità strategiche a livello internazionale.
3 aprile Prende il via a New York il roadshow
2006 di Borsa Italiana, per promuovere presso la comunità finanziaria
internazionale le società quotate italiane.
Da New York a Parigi, a Londra e infine a Tokyo: saranno queste le quattro
città che ospiteranno quest’anno i sei appuntamenti del roadshow
internazionale di Borsa Italiana organizzato per promuovere presso la
comunità finanziaria internazionale le società italiane quotate a
Milano.
14 marzo Presentato a Palazzo Mezzanotte il nuovo Codice di Autodisciplina
delle società quotate.
Esso è il frutto del lavoro del Comitato per la corporate governance
promosso dalla Borsa Italiana e rappresentativo dell'imprenditoria e dei
partecipanti al mercato. I principi di buona governance sono stati rielaborati
alla luce dell'evoluzione della best practice, tenendo conto del mutato quadro
normativo a livello nazionale, comunitario ed internazionale.
1 marzo STAR Conference 2006: 66 società STAR incontrano 95 case di
investimento.
Giunta alla sua quinta edizione italiana, offre l’opportunità di fare il
punto sui risultati raggiunti e sulle prospettive future delle PMI italiane con
alti requisiti.
Quest’anno sono più di 700 gli incontri one-to-one programmati con le 66
società STAR che partecipano alla Conference (su un totale di 71 società
del segmento) e 95 le case di investimento presenti, di cui più della
metà straniere.
9 febbraio Borsa Italiana ha scelto Chiomenti e Mckinsey come consulenti legale e industriale per lo studio di fattibilità del progetto di quotazione.
6 febbraio Borsa Italiana ha scelto UBS come financial adviser per lo studio di fattibilità del progetto di quotazione.
18 gennaio Il Consiglio di Amministrazione di Borsa Italiana approva l'avvio dello studio di fattibilità del progetto di quotazione.
18 gennaio Borsa Italiana e Cairo&Alexandria Stock Exchange (CASE)
firmano un Memorandum of Understanding che permetterà di agevolare le
attività degli investitori e gli operatori dei due mercati.
Le due Borse si consulteranno su temi di reciproco interesse quali i regolamenti,
la formazione degli investitori, l’efficienza dei mercati e i programmi
didattici. Le due Borse collaboreranno inoltre per lo studio dei principi di
corporate governance delle società quotate, dei criteri di ammissione
alla quotazione delle società, della vigilanza dei mercati, delle
piattaforme tecnologiche e dell’analisi dei dati statistici.
Borsa Italiana nasce dalla privatizzazione dei mercati di borsa e dal 1998 si occupa dell’organizzazione, della gestione e del funzionamento dei mercati finanziari.
Il suo obiettivo principale è di sviluppare i mercati e di massimizzarne la liquidità, la trasparenza, la competitività e l’efficienza.
Fra le sue responsabilità, quelle principali sono:
vigilare sul corretto svolgimento delle negoziazioni;
definire i requisiti e le procedure di ammissione e di permanenza sul mercato per le società emittenti;
definire i requisiti e le procedure di ammissione per gli intermediari;
gestire l'informativa delle società quotate.
Borsa Italiana organizza e gestisce il mercato italiano attraverso intermediari nazionali ed internazionali (circa 130) che operano - in Italia o dall'estero - utilizzando un sistema di negoziazione completamente elettronico per l'esecuzione degli scambi in tempo reale.
Gli azionisti di Borsa Italiana sono le stesse società emittenti e gli intermediari nazionali e internazionali, tra cui i principali istituti bancari italiani.
L'attuale assetto privatistico conura Borsa Italiana come un organo di gestione del mercato dotato di autonomia e flessibilità operativa.
Tra i princìpi ispiratori, fondamentali sono il carattere imprenditoriale dell'attività di organizzazione e gestione dei mercati e la separazione delle funzioni di vigilanza (esercitate da Consob e Banca d'Italia) da quelle di regolamentazione e gestione dei mercati (esercitate da Borsa Italiana).
Oltre alla gestione dei mercati, Borsa Italiana controlla - in qualità di capogruppo - quattro società che svolgono attività organizzative, commerciali e promozionali finalizzate a sviluppare servizi ad alto valore aggiunto per la comunità finanziaria:
BIt Systems è responsabile della gestione, della manutenzione e dello sviluppo dei sistemi informativi del Gruppo. Fornisce inoltre servizi di Project Management e Systems Integration a operatori privati, pubblici, istituzioni finanziarie e società di gestione dei mercati per lo sviluppo e la gestione di applicazioni.
Piazza Affari Gestione & Servizi, costituita nel 2000 e interamente controllata da Borsa Italiana, garantisce il facility e property management per la gestione di Palazzo Mezzanotte e del suo Congress & Training Centre.
Cassa di Compensazione e Garanzia, costituita nel 1992 e della quale Borsa Italiana ha acquisito la quota di controllo nel 2000, svolge attività finalizzate ad assicurare l'integrità dei mercati, interponendosi come controparte centrale e fungendo da garante dell'esecuzione delle transazioni.
Monte Titoli è il depositario centrale e il gestore dei servizi di liquidazione e regolamento. I suoi servizi di custody, administration e settlement presentano un elevato grado di automazione e sono accessibili attraverso vari canali di comunicazione.
Regolamento dei mercati di Borsa Italiana prevede nei Principi organizzativi (art. 1.2) che:
Borsa Italiana esercita le proprie funzioni, in particolare quelle di ammissione, sospensione e revoca degli strumenti finanziari e degli operatori delle negoziazioni e quella della vigilanza sui mercati secondo modalità non discriminanti e sulla base di procedure definite in via generale.
Borsa Italiana si dota e mantiene un assetto organizzativo idoneo a prevenire potenziali conflitti di interesse. In particolare assicura completa autonomia istruttoria e propositiva ai responsabili dei servizi preposti alle funzioni indicate al comma precedente. Nell'esercizio di tali funzioni, gli stessi responsabili rispondono esclusivamente all'Amministratore Delegato, al quale spettano i poteri deliberanti.
Borsa Italiana si dota e mantiene un sistema di controllo interno che vigila sul rispetto delle leggi, dei regolamenti e delle procedure interne.
Il Consiglio di Amministrazione impartisce ai servizi di cui sopra esclusivamente direttive di carattere generale e, in casi eccezionali e solo per iscritto, su singoli atti.
La borsa di Londra, che detiene ancora il ruolo di leader nel vecchio continente, nacque nel 1802, anche se è dal 1564 che il Royal Stock Exchange ha iniziato a funzionare. In Francia, invece, dopo l’iniziale sviluppo delle borse di Lione (1546) e Tolosa(1549), nel 1724, nacque la borsa di Parigi. In Germania la prima borsa fu quella di Anversa (1531), mentre quella di Francoforte,una delle più importanti del mondo, sorse solo nel 1946. In Italia, dove peraltro nel Medioevo e nel Rinascimento si erano avuti numerosi esempi di mercati organizzati (come le fiere dei cambi), le B. vere e proprie sorsero solo nel sec. XIX e sostanzialmente in applicazione del codice di commercio francese. La più antica per anno diistituzione pare sia la B. di Trieste (1775) seguita da quella di Roma (1802). Quelle di Milanoe di Firenze risalgono al 1808, quella di Napoli al 1810, quella di Torino al 1850, quella di Genova al 1855, quella di Bologna al 1861, quella di Palermo al 1862, quella di Venezia al 1875.
La borsa di New York, Wall Street, considerata da tutti il tempio della finanza mondiale ebbe origine nel 1817.
Per quanto riguarda quelle asiatiche la prima fu quella di Tokyo nel 1878, che dopo il grande periodo di crescita registratosi soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, dal 1991 ha iniziato un periodo di declino. Infine, negli ultimi vent’anni sono nate le borse orientali di Taiwan, Honk Hong, Singapore, Filippine, Indonesia, Thailandia, Malaysia, Corea, le quali stanno assumendo sempre di più un ruolo primario a livello mondiale.
Il 16 gennaio del 1808 attraverso un decreto napoleonico del Vicerè d'Italia Eugenio di Beauharnais, la città di Milano istituisce la propria Borsa. Oltre a Milano, nascono nello stesso periodo anche la borsa di Genova, Trieste, Livorno e Napoli gemellate con quella di Parigi. Carlo Ciani, con alle spalle una grande tradizione di banchieri e uomini d'affari, fu il primo presidente della Borsa Valori.
Il Monte di Pietà fu la prima sede della borsa di Milano. Tale sistemazione si rilevò ben presto molto scomoda e fu necessario chiedere alle autorità la facoltà di portare la Borsa e la Camera di Commercio nel Fabbricato della piazza dei Tribunali, dietro il Portico, in vicinanza della Torre dell'Orologio e del portone che conduce in Santa Margherita. Il 29 settembre 1808, venne inaugurata una nuova sede situata nel Palazzo dei Giureconsulti, fatto costruire appositamente dal Papa milanese, Pio IV dei Medici.
Enrico Terzaghi nel 1855 costruì il famoso portico al pianterreno. Nel frattempo furono completati i locali per la Gran Guardia e la struttura di proprietà dell'Erario, mentre il Comune nel 1864 decise di acquistare gran parte del Palazzo. Per le diverse ristrutturazioni del Palazzo dei Giureconsulti, la Borsa occupò tra il 1887 e il 1890 il Ridotto del Teatro alla Scala. Ben presto, per far fronte alle nuove esigenze dell’attività borsistica fu presentato sul finire del 1890 da Luca Beltrami il progetto per la nuova sede. Una anonima società acquistò il terreno e costruì a proprie spese la sede della Borsa la quale si impegnò a are l'affitto per i successivi venti anni. La nuova sede fu inaugurata alla presenza del Re, 1'8 ottobre 1901 in Piazza Cordusio, nell'edificio che nei nostri giorni ospita la sede delle Poste. Nel giro di una generazione cominciò ad essere inadeguata, così nel 1928 si dovette nuovamente ricorrere ad un architetto di chiara fama, Paolo Mezzanotte per ideare una più capiente struttura. Mezzanotte per disegnare la sede della Borsa preparò oltre 1000 disegni che mostrarono il continuo evolvere della sua geniale creatività.
La prima bozza del disegno piacque a molti osservatori e prevedeva una facciata più ampia dallo stile romaneggiante. Durante i lavori di scavo delle fondazioni del Palazzo della Borsa vennero alla luce i famosissimi ruderi del Teatro Romano, notissimo nell'età imperiale e citato dal poeta Ausonio nel IV secolo, frequentato dalla popolazione milanese almeno sino al XII secolo. I resti rinvenuti furono sistemati dal progettista Mezzanotte nei sotterranei del Palazzo. Nel 1832 il nuovo Palazzo si estendeva su un'area di quasi 6.500 mq. Ben 1008 mq. erano destinati alla galleria a portici, una vera piazza coperta per i servizi e gli operatori. Altri 270 mq. furono destinati nel piano terreno, al salone ovale delle contrattazioni. Nei due piani sotterranei c'erano il servizio telegrafico e postale, l'albergo diurno, il bar, un ristorante di 1600 mq., i servizi amministrativi, la biblioteca e la sala di lettura. Separati dal resto, i borsini e gli operatori del mercato dei grani si trovavano in comune con quelli del mercato dei titoli e valori, delle sete e dei vini. Un complesso di servizi telefonici furono installati nella galleria: cabine pubbliche per telefonate urbane, extra urbane e interurbane ed un centralino telefonico che segnalava al pubblico le chiamate evidenziando ad alta voce le comunicazioni in arrivo attraverso quattro altoparlanti elevati agli angoli del salone. Le cabine private non munite di linee dirette ricevevano le comunicazioni della borsa grani e di tutte le borse del mondo per trasmetterle successivamente ad una grande lavagna ed infine trasmetteva all'esterno le quotazioni locali. Oltre a 12 cabine telefoniche gestite per il pubblico dell'associazione granaria, altri telefoni a gettone furono collocati nei punti nevralgici del salone delle contrattazioni. In totale c'erano 35 telefoni privati, 12 riservati all'associazione granaria ed 8 per le comunicazioni. In fondo alla sala vennero inseriti gli orologi con l'indicazione del fuso orario dei principali mercati del mondo. L'architetto Mezzanotte prestò particolare attenzione al problema dell'acustica in modo che le voci di mille o duemila persone, il rumore dei passi, lo squillo penetrante dei telefoni, il grido degli altoparlanti creassero una melodia omogenea.
Numerosi personaggi hanno contribuito a formare la storia della Borsa creando intorno a sé delle ure caratteristiche ancora oggi ricordate. Erano giunti gli anni della guerra e computer e telefonini erano lontanissimi, ma il mercato non si fermava, al massimo capitava solo qualche fuga in cantina in risposta alle sirene degli allarmi aerei. I bombardamenti del 1943 distrussero una parte degli archivi della Borsa e questoavvenimento lascia ancora aperti ampi buchi nella ricerca storica. Negli anni 50 la Borsa stentava a risollevarsi dalla guerra. Luigi Palermo, detto anche “Il fuochista”, era noto per tenere caldi i titoli prestigiosi, potendo contare sull’ appoggio della grande banca di cui era un altissimo dirigente. Altrettanto famoso era Aldo Ravelli, il commissario che era arrivato in Piazza Affari con i pantaloni corti ed una parlata in stretto milanese. Egli fu uno dei pochi a passare indenne quasi cinquant' anni di buona e cattiva finanza. Ravelli non credeva nei rialzi, a meno che non li avesse innescati lui stesso, divenuto un grande maestro dei giochi di Borsa.
Quando non riusciva con le proprie capacità, era la fortuna a dargli una mano.
Un giorno un quotidiano, scambiando i due nomi di una società, pubblicò una falsa notizia, così negativa da far crollare le quotazioni di un titolo sul quale Ravelli aveva puntato al ribasso. Era andata sempre bene in Borsa a Ravelli, ma altrettanto bene è andata ai suoi allievi, come Francesco Micheli, che poi si avvicinò a Eugenio Cefis e a Giorgio Corsi. Michelangelo Virgillito è , negli anni 60, uno dei più noti rialzisti di Piazza Affari. Il dato saliente di Virgillito è che ad ogni affare concluso scaramanticamente devolveva parte dei guadagni in beneficenza, facendo spuntare in tutto il paese, asili e orfanotrofi a suo nome.
AI suo paese d'origine donò una statua della Madonna, completamente d'oro e pietre preziose. Anna BonomiBolchini fu la prima donna che si impose nel mondo maschile della Borsa italiana. La BonomiBolchini dominò a lungo le scene, specie negli anni precedenti a Schimberni e a Bi-Invest. Un altro famoso era Emilio Moar, un notissimo cronista finanziario.
Un altro personaggio eccellente era Renato Cantoni, che solitamente sapeva mettere in guardia coloro che si facevano prendere dai facili entusiasmi. Il 7 dicembre 1987 siinaugurò la sede provvisoria. Palazzo Mezzanotte fu momentaneamente messo in restauro. Il Gabbiotto, la sede provvisoria della Borsa dal 1987, è una struttura studiata per essere montata e rimontata.
Inizialmente nelle Borse venivano scambiate sia merci che valute e titoli; a Milano la separazione tra merci e titoli avviene ai primi del Novecento, precisamente nel 1913. Oggi abbiamo la Borsa Valori, ossia un mercato in cui si scambiano i titoli denominati valori mobiliari, quali azioni e obbligazioni. È un mercato organizzato in cui le regole del gioco sono fissate dalla legge e dagli organi di controllo come la “Consob”. Questo schema è rimasto in vigore fino al 1991, anno in cui scatta la direttiva della Comunità Europea sull'intermediazione mobiliare e i servizi di investimento, che ha posto le premesse per la privatizzazione dei mercati finanziari. Attualmente la gestione del mercato azionario spetta a una società per azioni, la Borsa Spa
Possono vendere e comprare in Borsa solo gli intermediari specializzati. Il risparmiatore dovrà quindi rivolgersi a una Sim (società di intermediazione mobiliare), a un agente di cambio o direttamente alla propria banca che adesso è autorizzata a operare in Borsa, così come le società di intermediazione straniere. Con la “Borsa telematica” niente più grida inoltre come avveniva qualche anno fa su tutte le dieci piazze italiane (Milano, Roma, Trieste, Venezia, Napoli, Torino, Genova, Firenze, Bologna e Palermo), quando le compravendite di azioni avvenivano a chiamata. Dal 14 aprile 1994 tutte le azioni italiane quotate in Borsa vengono scambiate su un circuito telematico: ogni transazione viene effettuata tramite un sistema di computer e ogni intermediario compra e vende titoli dal proprio ufficio. Nell'edificio che una volta nel centro di Milano raccoglieva fisicamente gli operatori delle banche e gli agenti di cambio, ora troviamo solo un computer al quale sono collegati tutti gli operatori di Borsa.
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