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Il Giappone

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Il Giappone



Nel 1800 e nei primi decenni del 1900, Germania, Inghilterra sono i grandi mercati giapponesi, dopo la 1° guerra mondiale il Giappone esporta in Russia, America latina, California,etc.., ma soprattutto in Asia.   Il Giappone fino al 1600 era chiuso al commercio internazionale, lo consentiva solo una volta all’anno a cinesi ed olandesi. Il Giappone viveva una situazione feudale, ma ciò che più aiutò il Paese era il forte spirito nazionalista dei giapponesi.

Lo sviluppo industriale del Giappone fu rapidissimo, anzi il più rapido fino al 1929, quando il tasso di sviluppo dell’industria dell’URSS cominciò a superare anche quello del Giappone. Dopo la restaurazione del 1868, quando cominciò la “occidentalizzazione” del Paese, la spinta allo sviluppo sembra essere stata offerta in Giappone, come in Gran Bretagna nei primi tre quarti del XIX sec. , principalmente dallo sviluppo del commercio estero. Ci furono però due importanti differenze con la GB:


La prima fu che lo sviluppo del commercio estero non riguardò i prodotti industriali, ma i prodotti primari, specialmente la sete e il tè. Il commercio estero stimolò l’economia aumentando il reddito reale e fornendo una base per lo sviluppo delle industrie.

La seconda fu che il Governo intervenne deliberatamente per incoraggiare l’industria manifatturiera in vari modi. Il governo giapponese intervenne a sostegno di ogni genere di industria sebbene il suo interesse fosse soprattutto rivolto alle industrie utili in guerra.

L’industria tessile cotoniera fu quella che si sviluppò più rapidamente, tanto che nel 1913 già recava un contributo alle esportazioni.   La guerra accelerò l’industrializzazione del Paese in 2 modi: 1) In parte riducendo l’importazione di prodotti industriali 2) In parte contribuendo a mettere il Giappone in gra­>!²|p d “G!d
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L’economia del Giappone si trovò a dipendere da un gruppo relativamente piccolo di prodotti da esportare, e soprattutto si trovò a dipendere dagli USA principale acquirente di seta. Con la depressione degli USA nel 1929 il Giappone entrò in crisi: le esportazioni di seta si contrassero molto, e il prezzo precipitò rovinosamente. Il valore delle esportazioni di seta greggia cadde , ma le esportazioni non caddero quantitativamente in maniera eccessiva, e la bilancia dei amenti si deteriorò solo lievemente. Fu l’economia interna che risultò assai danneggiata dalla crisi, e il drenaggio di oro che cominciò nel 1930 fu dovuto alla mancanza di fiducia nella posizione economica del Paese. I capitali giapponesi fuggono a New York. Per comprendere le ragioni di questa sfiducia si deve ritornare alla posizione della bilancia dei amenti negli anni 20. Durante la guerra il Giappone esportò più di quanto importò, e così accumulò oro e divise estere in cambio dei suoi crediti. Appena la guerra terminò il Giappone cominciò ad impiegare queste riserve per are cospicue importazioni, e così esse furono rapidamente dissipate. Nel 1920 i prezzi caddero in Giappone ed in previsione del drenaggio di riserve molti sostennero che lo yen era sopravvalutato e che doveva essere svalutato.
Il Governo lo mantenne alla pari fino a quando il disastroso terremoto del 1923 non determinò un tale aumento delle importazioni che la parità non poteva più essere mantenuta. Lo yen fu allora svalutato del 20%. La ricostruzione fu finanziata attraverso un’espanzione creditizia, che culminò nella grave crisi finanziaria del 1927. Nel 1930 il Giappone ritornò al Gold Standard. Il confronto con la GB è interessante, troviamo molti punti di contatto tra i 2 Paesi: 1) Anche in Giappone negli anni 20 era condivisa l’opinione che la moneta nazionale fosse sopravvalutata. 2) Anche in Giappone quando sopraggiunse la crisi economica, la mancanza di fiducia nella posizione economica del Paese portò ad una fuga di capitali all’estero. 3) Nel 1931 Giappone e GB abbandonarono il Gold Standard e lo yen cadde.

Come reagì il Giappone alla depressione? Il Giappone fronteggiò la crisi con misure di carattere inflazionistico e così subì una scarsa diminuzione della produzione industriale, anche se per quanto riguarda il tenore di vita e la bilancia dei amenti il Giappone soffrì molto come produttore primario in seguito al collasso della domanda della seta. (fa parte di un’altra parte del libro) La diminuzione del prezzo della seta greggia aggiungendosi a quella del prezzo del riso, creò una situazione di grave difficoltà per gli agricoltori. Ciò colpì sfavorevolmente le industrie e l’occupazione e la produzione si ridussero ma non nella misura che avvenne in altri paesi industriali. Il 1931 è l’anno peggiore in cui la produzione industriale diminuisce ma meno che nel Regno Unito, Usa e Germania. Il che si spiega con la maggiore flessibilità dei prezzi giapponesi. La deflazione rappresentò il tentativo di equilibrare il bilancio statale, e questo significò una riduzione delle spese, incluse le spese militari. Fu questo che segnò il destino della deflazione, perché la classi militari si rifiutarono di accettare il taglio nelle spese militari,e, mobilitando tutto il malcontento popolare contro la deflazione, fecero cadere il Governo. Il nuovo Governo si impegnò a finanziare l’inflazione e la spesa militare, e si stabilì così definitivamente la potenza politica dei militari. L’inflazione cominciò nel 1932. Tra la fine del 1930 e del 1931 il debito nazionale si era ridotto ma in seguito aumentò. Questo aumento ebbe molti effetti: in primo luogo le importazioni accennarono ad aumentare senza alcun corrispondente aumento nelle esportazioni, il Giappone preferì che lo yen si svalutasse indefinitivamente pur di portare importazioni ed esportazioni in equilibrio. Quando alla fine del 1933 lo yen si stabilizzò aveva perso il 65% del suo valore aureo, una minore svalutazione dello yen avrebbe avuto un miglior risultato. I prezzi delle esportazioni Giappone erano diventati relativamente bassi, e le esportazioni erano cresciute. I prezzi di importazioni si erano mossi in maniera sfavorevole al Giappone. Questo enorme sforzo di realizzare una quantità di esportazioni sufficienti per are le crescenti importazioni urtò i Paesi industriali. Dapprima il Giappone cercò di intensificare le sue esportazioni tessili, specie nei poveri Paesi tropicali, il cui potere d’acquisto era stato così falcidiato dalla caduta dei prezzi che accolsero entusiasticamente le merci giapponesi a buon mercato. La maggior parte di questi Paesi, però, erano colonie delle grandi nazioni industriali, le quali cercarono di restringere le importazioni tessili giapponesi. Il Giappone capì che era vantaggioso possedere delle colonie; la tendenza militaristica trasse partito da ciò e si rafforzò, e divenne inevitabile che il Giappone si ritagliasse una sua fetta dell’impero nell’Estremo oriente. Il nostro interesse è però centrato sulle conseguenze economiche. La domanda americana di seta, essendo stata ridotta dalla depressione, e le possibilità di espanzione delle esportazioni cotoniere essendo limitate dalle azioni di altri Paesi, il Giappone dovette provvedere a sviluppare le esportazioni di altri tipi di industrie. Si volse così alla produzione della meccanica leggera. L’incidenza delle esportazioni cotoniere rimase costante, ma quella della seta si ridusse gravemente e si accentuò quella della seta artificiale. Questi mutamenti nelle esportazioni si tradussero in mutamenti nell’occupazione. Questi mutamenti erano dovuti in gran parte alla crescente spesa militare, specie in ferro e acciaio, in meccanica e nei prodotti chimici. Il deficit sembra essere stato contratto soprattutto per finanziare la costruzione di armi. Il passaggio dalla deflazione all’inflazione costituì in gran parte una preparazione alla guerra. L’inflazione Giapponese fu attuata senza controlli sui cambi esteri, senza controlli sui prezzi e senza segni di tensioni inflazionistica. Il declino della produzione della seta, unito alla grande depressione agricola, costrinse centinaia di migliaia di giovani donne ad entrare nel mercato del lavoro. I salari delle donne scesero di molto e l’espanzione industriale si manifestò senza alcuna pressione ascendente sul livello salariale, ciò fu dovuto alla debolezza del movimento sindacale. Il risultato fu che i profitti si accrebbero enormemente. Al principio del 1936 il Ministro delle Finanze responsabile di questa politica era venuto alla conclusione che il pieno impiego era stato raggiunto, che un ulteriore aggravamento del deficit del bilancio statale avrebbe dato inizio all’inflazione, e che la spesa doveva pertanto essere ridotta. Ma i militari si erano ormai troppo consolidati al potere. Egli fu assassinato. Il suo successore continuò nelle spese militari, e i prezzi ed i salari cominciarono ad aumentare rapidamente. Nel 1937 venne l’attacco alla Cina e l’adozione di una vera e propria economia di guerra. Sia in Giappone che in Germania fu la deflazione a produrre condizioni sociali e politiche che portarono i militari al potere.




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