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Il sistema bancario francese - La Banca di Francia -La nazionalizzazione bancaria

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8. Il sistema bancario francese


Il «sistema» di John Law

La storia bancaria francese è fortemente segnata dall'esperienza del "sistema di Law" durante gli anni della Reggenza di Filippo d'Orléans dopo la morte di Luigi XIV (1716-l720). L'ambizioso progetto del banchiere scozzese John Law terminerà con un fragoroso fallimento, ma consentirà una notevole diminuzione del debito pubblico accumulato dal Luigi XIV a seguito delle guerre con l'Inghilterra. Il progetto di Law prevedeva la fondazione di una Banca nazionale simile al quelle inglese, costituita in società per azioni ed autorizzata ad emettere biglietti di banca convertibili in oro, e l'autorizzazione ad acquistare dallo Stato le azioni delle Banca nazionale - denominata Banque Royale - abili con titoli di debito pubblico. Molti creditori dello Stato si avvalsero di questa facoltà riconsegnando allo Stato buona parte dei titoli che fecero diminuire notevolmente il volume complessivo del debito. In tal modo, però, il valore dei biglietti, emessi dalla Banque Royale per finanziare attività produttive, diventa superiore al valore dell'oro detenuto a garanzia della possibile convertibilità. L'idea del banchiere scozzese si basa sulla probabilità che la circolazione dei biglietti si possa mantenere a livelli tali da non renderne necessaria la convertibilità e tale probabilità si fonda sulla fiducia che la Banca saprà conquistare e mantenere nei confronti dei possessori dei suoi biglietti attraverso il successo delle imprese commerciali e produttive finanziate. L'iniziale successo dell'iniziativa porta ad un vistoso aumento delle azioni della Banque Royale contrattate alla Borsa di Londra ed acquistate anche da molti investitori esteri (ad esempio, dalle Scuole grandi di Venezia).



Il biennio 1719-l720 vede una progressiva e pericolosa ondata di speculazione borsistica e di iniziative economiche che porteranno il valore delle azioni a crescere di 36 volte rispetto al loro valore nominale (da 500 lire tornesi a 18.000) con dividendi del 40%. Come conseguenza i dividendi nominali del 40%, per coloro che hanno acquistato le azioni al loro valore massimo, corrispondono soltanto a poco più dell'1% del valore sborsato. Questi, pertanto, tendono a rivendere quasi subito le azioni acquistate, imitati dai primi acquirenti desiderosi di realizzare gli ampi guadagni ottenuti. Così le vendite superano gli acquisti delle azioni che, a loro volta, tendono a diminuire provocando un ulteriore aumento delle vendite, nonostante i tentativi operati da Law per frenare questa tendenza. L'ondata di vendite e del ribasso del valore nominale si incrocia con l'ostilità della borghesia finanziaria parigina, concorrente nella Borsa, e con gli appaltatori delle imposte che si sentono minacciati dalla proposta, fatta da Law al Reggente, di assumere il monopolio della riscossione di tutte le imposte statali. La stessa Banca d'Inghilterra non vede con favore la forza commerciale della neonata Banca nazionale francese. Inoltre, i suoi avversari sono anche possessori di azione della Banca nazionale e, in presenza della continua diminuzione delle azioni, si affrettano a venderle determinando il panico finanziario che innesca, a sua volta, una inarrestabile corsa alle vendite che procurerà, alla fine, il crollo dell'intero sistema. La vendita delle azioni fa ritornare i biglietti alla Banca che deve riconvertirli in oro. A questo punto la Banca si trova impossibilitata, per mancanza di oro, ad onorare la convertibilità promessa e l'unica conseguenza possibile è data dalla sua chiusura. John Law è costretto a fuggire, prima a Bruxelles e poi a Venezia dove morirà nel 1729.

Nonostante i pessimi giudizi dati dai contemporanei e dagli storici a questo tentativo, le finanze e l'economia francesi trassero alcuni vantaggi e non di poca importanza. Il deficit di bilancio si ridusse notevolmente e il fallimento della Banca alla fine punì soprattutto la speculazione, dal momento che coloro che avevano utilizzato i biglietti della Banca per operazioni commerciali ed industriali si ritrovarono con solide risorse in grado di contribuire positivamente allo sviluppo dell'economia francese, dal momento che il commercio francese produsse, dal 1718 al 1748, una crescita vertiginosa di oltre il 450%. Rimase, come conseguenza, la scarsa propensione ai biglietti cartacei e bisognerà attendere il 18 gennaio 1800, in piena epoca napoleonica, per la nascita della Banca di Francia.



La Banca di Francia


Durante tutto il XVIII secolo, dunque, i progressi dell'economia e del grande commercio e le necessità finanziarie dello Stato determinarono la progressiva organizzazione di una più articolata struttura bancaria e creditizia che nei piccoli centri si basava sulla presenza e sulle attività di banchieri locali che scontavano gli effetti commerciali, assicurando la necessaria circolazione monetaria per finanziare le diverse imprese commerciali ed industriali. Nelle grandi città - Lyon, Bordeaux, Saint-Malo e Parigi - operavano i grandi banchieri, cattolici e protestanti, giunti anche da altri paesi. Le loro attività sono molteplici: finanziamenti commerciali internazionali, crediti ai sovrani europei, interventi nella Borsa, partecipazione ai grossi affari (armamenti, assicurazioni marittime, imprese industriali). La Caisse d'Escompte, fondata dal ministro Turgot nel 1776, era amministrata da questi potentissimi banchieri privati e diventa una vera e propria impresa che conosce una reale prosperità durante il decennio prerivoluzionario.

Il periodo rivoluzionario non fu certamente positivo per l'intero sistema creditizio e bancario francese. Le guerre contro l'Europa, la fuga di capitali e l'ostilità della popolazione nei confronti di coloro che maneggiavano soldi portarono al fallimento di molti banchieri privati. La caduta di Robespierre ed il colpo di stato di Napoleone riproposero l'urgenza delle necessità finanziarie per consolidare il potere del generale francese. Le piccole banche di emissione di provincia non erano adatte agli obiettivi di Napoleone che si accordò con i più potenti banchieri parigini per dar vita alla Banca di Francia, la cui principale attività iniziale era quella di scontare effetti e di fare anticipazioni al governo tramite biglietti di banca che era autorizzata ad emettere. Le guerre napoleoniche, tuttavia, ritardarono l'avvio più completo delle operazioni bancarie che la nuova Banca di Francia era in grado di fare.

La caduta di Napoleone portò ad una riorganizzazione della Banca che durante l'Impero si era trasformata in uno strumento personale dell'imperatore. Il governatore provvisorio, il banchiere privato Jacques Lafitte, rinunciò al monopolio dell'emissione e ordinò la chiusura delle filiali della Banca a Lione, Rouen e Lilla. Contemporaneamente fu data la possibilità di emissione alle banche locali di Rouen, Nantes e Bordeaux. Tra il 1835 e il 1838 fu consentito a sei nuove banche di stabilirsi a Lione, Marsiglia e Tolosa che contribuirono ad ampliare la struttura bancaria francese che, comunque, poteva contare sull'attiva presenza della Haute Banque privata.


I grandi banchieri privati


Per Haute Banque si intende una ventina di maisons bancarie appartenenti a ricchissimi banchieri privati, già operanti nella Francia del Settecento, come i Mallet stabilitisi a Parigi dopo il 1713, o nei primi decenni dell'Ottocento come i Rothschild e i Mirabeau. Molti sono di religione protestante o israelita, di origine svizzera, francese, inglese o olandese, o cattolici, come i Perier di Grenoble. Le loro attività sono molteplici: commercio di materie prime e di prodotti agricoli, finanziamento di attività internazionali attraverso strette relazioni con le principali piazze europee, in particolare la City di Londra. Partecipano alla sottoscrizione ed agli scambi dei titoli di Stato francesi e stranieri e contribuiscono alla diffusione dei valori mobiliari. Danno vita alle prime casse di risparmio ed a comnie di assicurazione, finanziano interventi edilizi e la costruzione di nuovi quartieri urbani, fondano imprese industriali, soprattutto in campo minerario e metallurgico. Infine partecipano attivamente alla costruzione delle ferrovie, iniziata negli ultimi anni della Monarchia di Luglio di Luigi Filippo d'Orléans (1830-l848) e continuata da Napoleone III.

Molti di questi banchieri ebbero un ruolo politico importante. È il caso di James Rothschild senza dubbio il più potente ed il più abile ad intrattenere relazioni finanziarie con la classe dirigente del tempo senza mai legarsi a nessun governo particolare. Grazie ai rapporti con i fratelli sparsi per l'Europa, seppe costruire una casa bancaria superiore a tutte le altre, dando vita, tra l'altro , alla potentissima Comnie du Chemin de Fer du Nord che rimase in possesso dei Rothschild sino al 1937.

Accanto a queste grandi case bancarie, esiste, in molte città, una nutrita schiera di banchieri locali dalle attività più limitate, ma in grado di intrattenere relazioni con le case parigine di cui sono spesso i corrispondenti.

Rispetto all'Inghilterra, dove la banca è rappresentata sostanzialmente da istituti di grandi dimensioni, in Francia troviamo un mondo di banchieri, grandi e piccoli, i quali, in forza di una fitta rete di relazioni, creano un sistema bancario sicuramente coerente che sarà messo in discussione con l'avvento delle grandi banche di deposito.


La nascita delle grandi banche (1860-l914)


Con il Secondo Impero di Napoleone III si affermano la presenza e il ruolo di nuove banche, organizzate in forma di società per azioni. Nel 1852 nasce il Crédit Foncier, i cui interventi riguardano le trasformazioni edilizie delle grandi città, in modo particolare Parigi. In seguito compie operazioni di prestito verso l'Egitto per poi specializzarsi in prestiti alle municipalità francesi ed ai cittadini sotto forma di prestiti ipotecari, pur non giungendo mai ad essere quell'organismo di credito verso l'agricoltura che molti speravano.

Di maggior peso ed importanza è il Crédit Mobilier, sorto nel medesimo anno, con l'appoggio dello stesso Napoleone III e delle case bancarie dell'Haute Banque. L'esperienza dei fratelli Isaac e Emile Péreire, di origine portoghese, che si rifacevano al modello dalla Société Générale de Belgique, ebbe un'influenza non secondaria nell'assetto del sistema bancario e finanziario francese, dal momento che la creazione di una grande banca, specializzata in finanziamenti all'industria - mineraria, delle costruzioni, navale e ferroviaria, ecc. - era complementare all'ambiziosa politica di espansione del Secondo Impero. Inoltre, è da sottolineare, nell'iniziativa dei fratelli Péreire, l'apporto del pensiero di Henri de Saint-Simon, mediato attraverso il pensiero di Barthélemy-Prosper Enfantin e Armand Bazard che prevedeva - tra gli strumenti necessari per realizzare il progetto di sostituire le classi nobili, ritenute oziose ed improduttive, con la classe industriale alla guida della nuova società industriale che si andava delineando - la fondazione di grandi istituti di credito centralizzati, nei quali dovevano confluire d'autorità tutti i capitali dei cittadini una volta defunti. Al di là della bontà e della praticabilità di un simile progetto sociale, il diffondersi di questo genere di idee economiche e sociali contribuì a creare un clima culturale favorevole ad iniziative dedicate a mobilitare risorse economiche a fini produttivi.

Un primo carattere distintivo della Société Générale de Crédit Mobilier, ripreso in seguito anche da altre grandi banche francesi, è la sua dimensione internazionale che si manifesta non tanto nell'assetto proprietario, quanto nell'intensa attività di finanziamenti esteri, tra cui la costruzione di oltre diecimila chilometri di linee ferroviarie.

Assai originale è anche la formula operativa adottata: raccolta di fondi sul mercato tramite obbligazioni finalizzate all'acquisto di titoli industriali, nella convinzione, rivelatasi poi errata, che i titoli industriali potessero fungere da garanzia per i sottoscrittori dei fondi obbligazionari. Inoltre, a differenza dei banchieri privati che si dedicavano prevalentemente al collocamento diretto presso la propria clientela dei titoli delle imprese lucrando soltanto la commissione, il Crédit Mobilier acquistava in blocco a prezzi prefissati l'intera serie di titoli azionari, accollandosi il rischio dell'emissione, con l'obiettivo di guadagnare, se l'operazione fosse andata a termine positivamente, la differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita. Questa attività azionaria faceva assumere alla Banca connotati di società finanziaria, con tutti i rischi connessi. Fino al 1866, la Banca promosse una notevole espansione acquisendo la Banca Imperiale Ottomana e il Credito Fondiario Austriaco, ma la crisi economica del 1866 fece sorgere le prime difficoltà di liquidità, affrontate con il raddoppio del capitale (da 60 a 120 milioni di franchi) che, però, servì soltanto a differire la crisi superata con l'intervento della Banca di Francia che pose come condizione l'allontanamento dei fratelli Péreire.

L'iniziale appoggio dell'Haute Banque, ma non di James de Rothschild, che aveva inviato a Napoleone III un promemoria nel quale erano indicati i rischi e le debolezze strutturali del nuovo istituto, si trasformò ben presto in aperta rivalità che spinse i maggiori esponenti, ad eccezione sempre di James de Rothschild, a costituire, dapprima, un sindacato fondato su accordi personali - la Réunion Financière - poi a creare, nel 1864, un nuovo grande istituto da opporre alla Société dei fratelli Péreire: la Société pour favoriser le Développement du Commerce et de l'Industrie en France.

Per prevenire altri crolli bancari, che si erano verificati negli ultimi decenni dell'Ottocento, le banche francesi si diedero una riforma suggerita dal banchiere Henri Germaine: costituzione di fondi propri e riserve consistenti; moderazione nella distribuzione dei dividendi; preferenza ad operazioni di impiego sicure e dotate di un alto grado di liquidità, anche se meno redditizie; rispetto di criteri prudenziale nelle valutazioni di bilancio; taglio netto di ogni legame con l'industria. In questo modo, il sistema bancario francese si avviò verso una specializzazione di fatto, destinata a proteggerlo da nuove crisi generalizzate, che fu formalmente sanzionata con la prima legge bancaria del 1945.

Prima di questa data, la legislazione bancaria francese, risaliva all'Ottocento e, precisamente, al 1863 quando il governo concesse la costituzione di banche in forma di società anonime a responsabilità limitata, consentendo, in tal modo, l'inizio di una fase fortemente espansiva di queste banche.

Per effetto di questa nuova normativa, sorgono nuove grandi banche di deposito: la Société Générale de Crédit Industriel et Commercial (1859) e il Crédit Lyonnais  (1863) che danno vita ad una grande innovazione: quella di raccogliere il risparmio nazionale. Imitando le grandi banche inglesi di deposito, costituiscono una fitta rete di agenzie e utilizzano la pubblicità per far conoscere gli interessi che avrebbero remunerato il capitale depositato e i molteplici servizi offerti ai depositanti (servizio titoli, uso degli assegni, ecc.). I risultati non mancano: nel 1914 il Crédit Lyonnais aveva oltre 600.000 correntisti.

Alla loro nascita, queste banche utilizzano e depositi a vista per operazioni di finanziamento industriale a lungo termine, correndo qualche rischio, soprattutto di fronte a ritiri massicci di depositi dopo la guerra franco-prussiana del 1870 e durante la "grande depressione", dal 1873 al 1896. Di fronte a questi pericoli, le banche cambiano strategia e si limitano a concedere prestiti a breve termine, specializzandosi in operazioni sui titoli borsistici e di sconto.

Le grandi banche d'affari e la Haute Banque, al contrario, non hanno filiali provinciali e si concentrano su attività finanziarie e borsistiche, concedendo prestiti a lungo termine alle industrie. Le principali banche d'affari sono La Banque de Paris et des Pays-Bas (1873), la Banque de Indochine (1875) e la Banque de l'Unione Parisienne, nata all'inizio del Novecento per iniziativa di numerose case bancarie protestanti.

Come si può notare, alla vigilia del primo conflitto mondiale, il sistema bancario francese si presentava assai articolato. Diversamente dalle grandi Banche di deposito, le banche d'affari e la Haute Banque si occupavano principalmente di operazioni a termine e di grossi affari finanziari, sostenute dalla circolazione di effetti commerciali, ricercati anche dai banchieri locali, dalle grandi banche di deposito e dalla stessa banca di Francia, mettendo a disposizione dell'economia francese abbondanti crediti commerciali e relativamente a buon mercato.

Queste strategie non sono esenti da critiche. Le grandi banche di deposito, che collocano presso la loro clientela molti titoli stranieri, come i titoli del debito pubblico russo, sono oggetto di una violenta camna denigratoria, culminata nel 1910 con l'accusa di costituire una vera e propria oligarchia finanziaria e di indirizzare il risparmio nazionale verso paesi stranieri, privando la Francia di risorse altrimenti utilizzabili. A queste banche viene rimproverata la dimenticanza del settore agricolo, che aveva spinto lo Stato a favorire la creazione di Casse di credito agricolo alla fine dell'Ottocento. Tuttavia, nonostante queste critiche, le grandi banche francesi seppero attirare una clientela numerosa e sviluppare in modo considerevole le loro operazioni e nel 1914 il Crédit Lyonnais era paragonabile alle grandi banche inglesi della City.


Le banche francesi tra le due guerre


Sino agli anni Trenta, le grandi banche operarono seguendo le finalità espresse seguendo la strategia indicata da Henri Germaine. In primo luogo, per rafforzare la politica dei depositi, attraverso la raccolta sistematica del risparmio, attuarono una capillare espansione su tutto il territorio francese, entrando in aperta concorrenza con le banche locali. La seconda direttrice di sviluppo fu la penetrazione sui mercati esteri attraverso la costituzione di proprie filiali sia in Europa che nei territori d'oltremare delle colonie. Una terza direttrice dell'attività delle maggiori banche di depositi francesi può essere considerata la politica di disimpegno nei confronti del sistema industriale. Le banche, infatti, si astennero dalla concessione di crediti a lungo termine, prendendo in considerazione soltanto quelli a breve, sotto forma di sconto o di credito in conto corrente, ritenuti più confacenti alla natura di banche di deposito.

La risposta a questo atteggiamento, da parte dei gruppi industriali, fu la creazione delle cosiddette banques de groupe, emanazione delle stesse industrie per soddisfare le loro esigenze finanziarie (un esempio è costituito dalla Banque de l'Union Parisienne, fondata nel 1920 dal gruppo Schneider-Creusot).

In questo periodo nacque, inoltre, un istituto di credito destinato ad entrare nel gruppo delle banche nazionalizzate dopo la riforma del 1945. Si tratta della Banque Nationale de Crédit con la partecipazione di una banca d'affari (la Banque Française pour le Commerce et l'Industrie) e di una banca di deposito (il Comptoir d'Escompte de Mulhouse). Nato inizialmente come banca di deposito, il nuovo istituto dimostrò una capacità di crescita vertiginosa, giungendo ad inglobare non soltanto le banche che l'avevano fondato, ma anche numerose banche regionali, certamente in controtendenza rispetto all'intero panorama bancario francese, contrassegnato dall'assorbimento delle piccole banche locali da parte delle banche regionali.

Nel contempo si fa strada l'idea di dar vita, da parte delle banche maggiori, ad istituti di credito speciale, rivolti, cioè, all'erogazione di crediti a medio e lungo termine a favore dell'industria ed alla raccolta di fondi attraverso l'emissione di titoli obbligazionari, seguendo il modello dei fratelli Pereire. Così, nel 1919, nasce l'Union pour le Crédit à l'Industrie Nationale e, nel 1928, la Société Anonime de Crédit à l'Industrie Française.

La crisi degli anni Trenta, che colpì profondamente le banche inglesi, tedesche ed italiane, ebbe scarsa incidenza sulle grandi banche francesi per il fatto che quest'ultime avevano allentato i legami con i finanziamenti industriali, anche se molte piccole banche locali, circa 600, dovettero chiudere le loro attività. Inoltre, l'abbondante liquidità detenuta dalle grandi banche, rese sporadico il ricorso al risconto della Banca di Francia; anzi accentuò la loro rivalità, dal momento che la Banca di Francia, i cui maggiori azionisti appartenevano all'Haute Banque, era in aperta concorrenza con i maggiori istituti di credito nel settore degli sconti diretti all'industria ed al commercio.

Resta da sottolineare che nella seconda metà degli anni Trenta, anche in conseguenza dei nuovi orientamenti politici favorevoli ad un maggiore intervento dello Stato nell'economia, si sviluppò un intenso dibattito riguardante i problemi del credito che prepararono il terreno alle prime misure di controllo del 1941 ed alla legge del 1945.


La nazionalizzazione bancaria


Sia la legge del 1941, riguardante la regolamentazione e l'organizzazione della professione bancaria, sia quella del 1945, relativa alla nazionalizzazione della Banca di Francia e delle grandi banche e all'organizzazione del credito , rappresentarono una svolta decisiva nell'evoluzione del sistema bancario dal momento che gli istituti di credito furono oggetto di un complesso sistema di controllo da parte dei pubblici poteri.

Gli argomenti a favore della nazionalizzazione furono quattro:

1 - si rimproverava alla grandi banche una politica di disimpegno nei confronti di settori economici ritenuti meritevoli di un maggior sostegno finanziario;

2 - si osservava che, dal punto di vista politico, le grandi banche detenevano nei confronti dello Stato un potere troppo forte, quello di detenere la maggior parte dei Buoni del Tesoro - o nel proprio portafoglio o per conto della clientela - e di poter influenzare lo Stato stesso attraverso il rinnovo o il non rinnovo della sottoscrizione di questo tipo di titolo;

3 - si sosteneva che la funzione di creare moneta, non separabile dalla funzione creditizia, che veniva svolta dalle grandi banche di deposito, aveva carattere di pubblico servizio, dal momento che tutto ciò che riguarda i fenomeni monetari è di interesse per lo Stato;

4 - si auspicava la riorganizzazione della rete territoriale degli sportelli bancari, possibile solo attraverso l'intervento dello Stato che avrebbe reso più difficili tentazioni monopolistiche da parte delle grandi banche.

Gli interventi previsti dalle leggi 1941-l945 riguardavano alcuni settori del sistema finanziario: le banche di deposito, le banche d'affari e gli istituti di credito speciale, che, nel loro complesso formavano la categoria delle banche iscritte, mentre rimanevano soggette a norme autonome le casse di risparmio ordinarie e postali.

In sostanza sono nazionalizzate soltanto le quattro grandi banche di deposito: il Crédit Lyonnais, la Société Gènérale, il Comptoir d'Escompte de Paris e la Banque Nationale pour le Commerce et l'Industrie che, per oltre vent'anni, si dedicano alla raccolta del risparmio a breve termine ed al sostegno delle emissioni del Tesoro, senza avere un ruolo fondamentale nel sostegno alla ricostruzione ed alla modernizzazione dell'economia, al contrario del Tesoro, che finanzia la realizzazione dei primi piani di sviluppo, e della Caisse des Dépôts che sostiene il piano edilizio-popolare.

Bisognerà attendere la fine degli anni '60 per assistere ad una maggiore vivacità negli interventi delle banche, anche per effetto della legge "Debré" del 1966-l967 che attenuerà di molto la separazione tra banche d'affari e banche di deposito, permettendo a quest'ultime di accrescere la tipologia dei depositi e degli impieghi. A seguito di queste nuove disposizioni legislative, dalla fusione del Comptoir Nationale d'Escompte de Paris e della Banque Nationale pour le Commerce et l'Industrie nascerà la più grande banca di deposito francese, la Banque Nationale de Paris.

Ma è tutto il sistema creditizio che reagisce a queste sollecitazioni, anche per l'aumentato tenore di vita che porta la stragrande maggioranza delle famiglie francesi a "bancarizzarsi", cioè a utilizzare i servizi di una banca per la gestione delle proprie esigenze. Dal 1966 al 1976, i depositi bancari di triplicano e la moneta di banca rappresenta i 4/5 della massa monetaria.

Nel medesimo tempo, le banche d'affari riprendono il loro tradizionale dinamismo e danno inizio ad una serie di fusioni che porteranno alla creazione di due potentissime banche d'affari: la Paribas e la Comnie de Suez.

Dopo la crisi petrolifera del 1973, il governo francese ritorna sulla necessità di una nuova nazionalizzazione bancaria che, al contrario della precedente, interessa tutte le banche francesi che possiedono depositi per oltre un miliardo di franchi, ma, nel 1987, si procede ad una nuova privatizzazione di alcune banche che rappresenta il segnale di una progressiva deregulation bancaria, in linea con quanto avviene in altri paesi europei. Le grandi banche tendono a formare con le grandi comnie d'assicurazione dei gruppi finanziari e bancari di notevoli dimensioni e di spiccata vocazione all'internazionalizzazione, tanto da portare quattro di esse - il Crédit Agricole, la Banque Nationale de Paris, il Crèdit Lyonnais e la Société Générale - tra le prime venti banche al mondo.







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