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7. Lo sviluppo del sistema bancario inglese
L'influenza dell'Inghilterra, come modello per le sue istituzioni e politiche finanziarie, è ampiamente riconosciuta, dal momento che banchieri, economisti e uomini di stato di tutto il mondo hanno guardato all'Inghilterra come al modello per le loro teorie bancarie e per le loro politiche nazionali. Sul fatto che fossero le migliori in assoluto e che potessero essere adottate come modelli per altre nazioni si può discutere, ma è indubitabile che ciò avvenne.
Il periodo che segna l'inizio delle attività della banche di provincia inizia nel 1750 e termina nel 1844 con la legge Peel, quando vi è il declino di queste banche, sostituite da nuove banche in forma di società per azioni. La legislazione bancaria voluta dal primo ministro Peel mutò radicalmente l'intero sistema bancario, a cominciare dal ruolo affidato alla Banca di Inghilterra, quando, però, l'industrializzazione inglese aveva già terminato la sua fase di decollo.
Sicuramente la crescita industriale complessiva dell'economia inglese ha avuto un ruolo e un peso fondamentali nel determinare lo sviluppo del capitalismo pubblico e privato e nel condurre l'Inghilterra al primo posto tra le nazioni industrializzate. Nella prima metà del Settecento, infatti, il volume complessivo del commercio - importazioni, esportazioni e riesportazioni - raddoppiò e verso il 1785 aveva presentato un ulteriore raddoppio, nuovamente verificatosi alla fine del XVIII secolo. Infine, verso il 1845 era più che triplicato rispetto all'inizio dell'Ottocento e una crescita di questo tipo è sicuramente connessa con lo sviluppo dell'intero sistema finanziario.
Durante tutto l'arco di tempo occupato dalla rivoluzione industriale, la formazione del capitale proveniva, in larga parte, dal reinvestimento di profitti ottenuti in settori anche non strettamente legati ad attività industriali (agricoltura, trasporti edilizia, opere di migliorie urbanistiche, ecc.) e, in ogni caso, ebbe ben poco a che fare con l'intermediazione bancaria.
Di contro, i problemi monetari causarono una serie di difficoltà dal momento che, pur in regime bimetallico, di fatto era adottato il gold standard, essendo l'argento sottovalutato dalla Zecca. La conseguenza - dato l'alto valore della moneta d'oro inadatta ai amenti quotidiani di salari e alle esigenze del commercio minuto - fu una forte carenza di monete divisionali che costrinse la Zecca ad emettere piccole quantità di monete di rame fino al 1754. Dopo tale data, gli inglesi furono costretti a ricorrere a pratiche personali per soddisfare le proprie esigenze: monete straniere, monete false, monete emesse da privati con valore nominale superiore a quello intrinseco (la moneta segno) e, infine, il truck system o amento in natura. Oltre la moneta esistevano altre forme di amento, facendo ricorso a banconote e depositi, che rendevano possibile l'uso di assegni, creati a Londra ed usati nella capitale. Dopo il 1750, con lo sviluppo di banche di provincia, le banconote iniziarono a circolare con maggiore regolarità, affiancate dalla cambiale, mezzo di amento inventato in Italia durante il Medioevo.
Alla metà del Settecento, il sistema bancario inglese era costituito da tre categorie di istituzioni. La prima era determinata dalla sola Banca di Inghilterra, sorta nel 1694 sotto forma di società per azioni (l'unica) e l'unica cui la legge consentisse l'esercizio di attività bancarie. La seconda categoria raggruppava i cinquanta banchieri privati. La terza riguardava le banche di provincia - banche private non londinesi - pochissime nel 1750 ma circa 850 nel 1825. Proprio a partire dal 1825 si aggiunse una quarta categoria di banche. Nel 1826, infatti, il Parlamento modificò il monopolio bancario della Banca di Inghilterra, consentendo la nascita di altre banche in forma di società per azioni, il cui sviluppo, considerando anche le loro filiali, fu estremamente rapido, superando le banche di provincia private ancor prima della legge Peel del 1844.
La Banca di Inghilterra
La creazione della B.I. si deve alle necessità finanziarie del governo e dal desiderio, da parte dei promotori, di conseguire profitti speculativi e monopolistici. Per questi motivi sarà presa a modello per la formazione di una banca centrale anche in altri paesi, mentre la sua importanza per il finanziamento della nascente industria fu, se non negativo, trascurabile, al contrario del suo apporto finanziario che fu notevole.
Alcuni dati. I titoli pubblici posseduti nel decennio 1778-l787 sono il 70% del suo portafoglio complessivo, mentre nel 1795 le anticipazioni al governo raggiungono il 77%, attraverso la politica dello sconto di effetti dello Scacchiere, emessi per fronteggiare forniture o requisizioni di natura prevalentemente militare. Il ruolo di finanziatore della politica economica del governo inglese si esplicava anche nei confronti di altri ministeri, cui concedeva anticipazioni a fronte di future entrate provenienti da imposte fondiarie o accise, cioè le imposte di consumo. Altro ruolo della B.I. riguardava il debito pubblico, di cui possedeva una frazione rilevante; allo stesso modo finanziava i privati, concedendo anticipazioni su titoli del debito pubblico. Nei confronti dei privati agiva in due modi: a) accettava depositi e conti di prelevamento con imprese o capitalisti privati, con possibilità di scoperto fino ad un limite concordato; b) scontava tratte e cambiali ai commercianti inglesi., purché conosciuti dal comitato di sconto e residenti a Londra. Tra il 1800 e il 1815, il numero dei privati che intratteneva rapporti con la B.I. era di circa 1400 persone.
L'importanza delle B.I. era dovuta anche al fatto che controllava le riserve nazionali in moneta metallica e le sue banconote erano accettate nella City nei amenti internazionali; la Banca, quindi, occupava un ruolo importante nell'economia inglese e, soprattutto, nell'area metropolitana di Londra. Tuttavia, secondo la legislazione originaria, la Banca non possedeva il monopolio dell'emissione di moneta, ma aveva quello dell'esercizio dell'attività bancaria.
Le caratteristiche del sistema bancario inglese
La nascita e lo sviluppo storico del sistema bancario inglese presenta elementi di originalità.
Innanzitutto le strutture bancarie facenti capo all'Inghilterra, all'Irlanda ed alla Scozia rimasero separate sino al 1920 e questo come conseguenza dell'organizzazione costituzionale del Regno Unito e dello sviluppo economico a base regionale. A seguito di ciò i biglietti emessi da alcune banche scozzesi potevano circolare a corso legale in tutto il regno.
La seconda caratteristica, forse di maggiore importanza, è dovuta al fatto che lo sviluppo del sistema bancario, almeno sino agli anni '70 del nostro secolo, è stato particolarmente segnato della "divisione del lavoro": il risultato, cioè, del mantenimento di mercati finanziari paralleli e anche, più in generale, della separazione tra operazioni bancarie nazionali e operazioni bancarie straniere. È venuta a mancare, fino agli anni più recenti, la presenza di banche "miste" o "universali"; infatti nessuna banca inglese è nata sull'esempio del Crédit Mobilier francese, e l'imitazione ha riguardato più la Scozia che non la Francia o la Germania, almeno sino al 1970.
Queste particolari caratteristiche, specialmente l'assenza di banche universali, hanno fatto sì che fino al 1970 il sistema bancario del Regno Unito sia stato in un confronto europeo assai differente sia nella struttura che nelle attività. L'individualismo bancario inglese deriva dal distinto sviluppo storico del settore finanziario britannico. A sua volta, un tale processo, riflesso dell'industrializzazione precoce dell'economia inglese e di una supremazia provvisoria, condusse, a partire dal 1815, e per un secolo e mezzo, al dominio inglese del commercio e delle finanze.
Dal 1675 il sistema britannico moderno cominciò il suo sviluppo formale e istituzionale che può essere suddiviso in tre fasi distinte.
Fino al 1880 è caratterizzato, in termini nazionali, da attività bancarie provinciali, con un gran numero di banche "uniche" predominanti che assicuravano i servizi finanziari alle loro comunità e alle economie locali o regionali.
Fino al 1960 nasce e si consolida una rete nazionale di succursali, controllate sostanzialmente dalle "Cinque grandi Banche" che, dopo il 1920, aprirono delle filiali in Irlanda e Scozia, nell'Europa continentale e nel mondo intero.
Dopo il 1960, la deregolamentazione bancaria ha imposto mutamenti profondi e la costituzione di un mercato finanziario globale, aperto 24 ore su 24, ha spinto un certo numero di banche nazionali a trasformarsi in banche universali, anche se pongono resistenza a mettere in discussione il loro ruolo sul mercato nazionale a seguito della penetrazione delle banche straniere e alla nascita di nuovi concorrenti nazionali, come la Trustee Savings Bank (fiduciaria delle casse di risparmio) e un certo numero di imprese di costruzioni che erano state trasformate in banche commerciali nazionali che fornivano servizi pressoché completi.
Fino al 1750, l'istituzione di servizi finanziari, da parte di coloro che si definivano banchieri, fu sostanzialmente limitata ai principali centri urbani: Edimburgo, Glasgow e Londra. A Londra la maggior parte dei banchieri era riunita nella corporazione degli orefici e verso la fine del '700, la loro posizione monopolistica fu minacciata da nuovi arrivi e dalla Banca di Inghilterra, nata nel 1694. Dopo il 1710 la stessa Banca d'Inghilterra, che rimase una banca privata sino al 1940, aveva cominciato ad emettere banconote, come banca di Stato, e aveva sviluppato una clientela privata, selezionata e quasi esclusivamente abitante a Londra. L'ottenimento del monopolio di emissione da parte della Banca di Inghilterra aveva costretto le altre istituzioni bancarie ad abbandonare l'emissione di banconote, anche se il carattere fortemente selettivo dei clienti della Banca d'Inghilterra aveva lasciato ampio spazio ai banchieri privati londinesi. Durante l'Ottocento, il numero dei banchieri aumentò e, parallelamente, si specializzarono. Nel 1800, a Londra vi era 70 banchieri privati, fra i quali le case del "West End" - poste presso i tribunali di giustizia e di Westminster - che si specializzarono in affari con la piccola nobiltà, l'aristocrazia e i professionisti legali, mentre il clienti del gruppo della "City", fra Lombard Street e la Borsa del Commercio, erano mercanti, mediatori e banche provinciali.
Le banche di provincia
L'inizio di una crescita economica sostenuta pose le basi per la creazione di banche private provinciali. Nel 1750, in Inghilterra, al di fuori di Londra, non vi erano che 12 banche; probabilmente, già nel 1783 il loro numero era salito a 120 e, un decennio dopo, a 280. In principio, molti di questi istituti provinciali erano stati creati da coloro che già da tempo fornivano servizi bancari in maniera informale, ad esempio bottegai e mercanti. In seguito, altri banchieri provinciali provengono dai ranghi dei funzionari dei dazi, dei ricevitori provinciali delle imposte, dei produttori e degli industriali. Una delle loro principali attività fu l'emissione di biglietti per colmare il vuoto dovuto alla mancanza di moneta ed alla carenza della Banca di Inghilterra, la cui circolazione monetaria non si estendeva oltre la zona sud-est della capitale. Questa emissione privata di biglietti aumentò ancora nel 1793 per la sospensione da parte della Banca di Inghilterra dei amenti in contanti e per l'inflazione dovuta alle guerre rivoluzionarie e napoleoniche. Nel 1808, in ogni contea dell'Inghilterra vi era almeno una banca di emissione provinciale (e normalmente anche di più). Le due altre funzioni principali assunte dalle banche provinciali inglesi furono lo sconto degli effetti commerciali per soddisfare la crescente domanda di credito e l'organizzazione del servizio di risconto a Londra, centro economico e finanziario, oltre che legale ed amministrativo della nazione.
Durante gli ultimi anni delle guerre napoleoniche, cominciò a diminuire il gran numero delle banche provinciali private inglesi; inoltre vi fu un'altra diminuzione durante gli anni 1820, dovuta soprattutto alla crisi del 1825-l826, durante la quale fallirono definitivamente 80 banche provinciali. Dopo il 1810, la stabilità monetaria e finanziaria era stata una preoccupazione del governo, le cui inquietudini aumentarono durante i primi decenni del diciannovesimo secolo con una serie numerosa di fallimenti di banche private in Inghilterra. Il rimedio sembrava essere stato trovato nel consentire l'aumento dei fondi propri delle banche in virtù dell'autorizzazione loro concessa di costituirsi in società per azioni, ma senza il privilegio della responsabilità limitata.
Questa riforma deve molto a Thomas Joplin, banchiere di Newcastle, che dopo il 1822 aveva fatto proanda per l'introduzione di banche costituite in società per azioni in Inghilterra (era stato anche il promotore della Provincial Bank or Ireland).
Al di là della loro validità effettiva, le argomentazioni di Joplin furono un fattore ulteriore che nel 1825-l826 portò il governo a realizzare una profonda riforma monetaria e bancaria in Inghilterra. Una delle misure prese fu il ritiro dei biglietti di valore inferiore a 5 sterline. In secondo luogo, la Banca di Inghilterra fu espressamente autorizzata a fondare delle succursali provinciali, di cui 12 sorsero prima del 1834. Queste furono utilizzate dalla banca per distribuire le banconote nelle province, migliorando in tal modo la qualità dei movimenti monetari nelle province stesse. Questa espansione della massa monetaria della B. d'I., tuttavia, non avvenne su larga scala che grazie al risconto da parte delle succursali, che ampliò la base della clientela provinciale privata della Banca. Infine, la legislazione autorizzò la creazione di banche di emissione costituite in società per azioni nelle province situate ad una distanza superiore alle 65 miglia da Londra, ma senza il privilegio della responsabilità limitata. Questa restrizione geografica era, in qualche modo, il riconoscimento del monopolio di emissione della B. d'I. la cui percentuale tuttavia era di fatto abile con quella precedentemente accordata alla Bank of Ireland per la regione di Dublino.
Questi provvedimenti di riforma non si confacevano ai desideri di Joplin a favore della costituzione di banche in forma azionaria, che considerava una sede a Londra essenziale per il successo di tutte le banche inglesi sotto forma di società per azioni. Tuttavia partecipò alla nascita della National Provincial Bank of England. Esaminando attentamente gli statuti della B. d'I., Joplin dichiarò che il monopolio accordato ad una banca, costituita in società per azioni, si applicava soltanto all' emissione di cartamoneta e non inglobava perciò le operazioni di deposito. Quali che fossero le sottigliezze giuridiche, il governo, nel 1832, inserì negli statuti della B. d'I. al momento della loro revisione, una disposizione declaratoria che consentiva la costituzione di banche di deposito sotto forma di società per azioni (nuovamente con esclusione della responsabilità limitata) nella regione della metropoli, cioè in un raggio di 65 miglia attorno a Londra, proteggendo la B. d'I.
Gli obiettivi della legislazione governativa del 1825-l826, relativi allo sviluppo immediato del sistema bancario britannico, non dovevano realizzarsi, e ciò fu evidente durante la crisi del 1836. Gli anni '30 furono segnati dalla creazione, in Inghilterra, di un importante numero di banche provinciali, con la forma di società per azioni, di cui 114 erano in servizio nel 1837. Questa crescita della banche in società per azioni era particolarmente evidente nel Lancashire e nello Yorkshire, dove in precedenza le vere banche private erano state assenti. Tuttavia, la maggior parte delle nuove banche sorte negli anni '30, pur essendo costituite in società per azioni, erano di dimensioni finanziarie relativamente deboli, poiché non disponevano che di modesti fondi propri e di un piccolo numero di azionisti. Inoltre, la maggior parte di queste furono banche uniche, senza succursali. Verso la metà degli anni '40, le nuove banche in società per azioni avevano un rapporto banca generale/agenzie di solo 1,5. Per natura e per costituzione, esse somigliavano molto alla banche provinciali private. Del resto il governo aveva sperato che quelle potessero un giorno sostituire queste. Inoltre, verso la metà del secolo, queste nuove società per azioni bancarie erano pressoché tutte esposte al fallimento quanto le banche provinciali. La legislazione del 1825-l826 non aveva dunque assicurato la stabilità del sistema bancario.
La National Provincial di Joplin che fin dalle sue origini funzionava come una banca nazionale, aveva una rete di succursali assai estesa; questa fu la sola grande eccezione fra le nuove banche provinciali in forma di società per azioni degli anni '30. Pertanto, sino al 1836, la National Provincial non ebbe una sede a Londra, tanto desiderata all'origine. Ciò è imputabile al fatto che i suoi promotori avevano arguito che i benefici ottenuti dall'emissione di biglietti erano troppo importanti. Durante i primi trent'anni della sua esistenza, la banca aveva solo una agenzia di rappresentanza nella City. Malgrado questo 'deficit', la National Provincial guidò lo sviluppo delle banche costituite in società per azioni, dal momento che non solo aveva adottato come modello le succursali bancarie scozzesi e la loro crescita, ma anche il loro controllo di gestione.
Gli eccellenti metodi bancari scozzesi furono ugualmente diffusi in Inghilterra con la nascita, nel 1833, della London & Westminster Bank, prima banca di deposito della capitale sotto forma di società per azioni. Promossa da un gruppo di Lords e di gentiluomini scozzesi, questa banca, contrariamente alla pratica abitudinaria della B. d'I. e delle banche private londinesi, applicò una radicale strategia negli affari, remunerando i depositi con un interesse. La L. & W. individuò la clientela nella classe media in forte crescita economica. Otto altre banche di deposito londinesi, in forma di società per azioni, furono costituite tra il 1836 e il 1857, ma la L. & W. rimase la più importante; nel 1857 i suoi depositi raggiunsero 13,9 milioni di £ (sterline). Questa brillante espansione degli affari delle banche di deposito londinesi si produsse malgrado gli ostacoli attuati dalla B. d'I. e dalla comunità dei banchieri privati e di Londra e i differenti svantaggi giuridici. Questi problemi furono progressivamente superati negli anni 1830 e 1840; non prima del 1854, le banche di deposito londinesi, costituite in forma di società per azioni, furono ammesse all'importante Camera di Compensazione di Londra (London Clearing House).
Le riforme del 1844 e la crescita delle banche di deposito
La fragile base di numerose banche provinciali sotto forma di società per azioni create negli anni '30 dell'Ottocento, e una fiducia spesso ingiustificata verso il risconto, risaltarono nettamente in occasione della crisi del 1836, allorché un gran numero di banche furono ridotte al fallimento. Questa prova di instabilità bancaria permanente condusse, tra il 1836 e il 1841, ad una serie di commissioni parlamentari d'inchiesta, che, nel 1844, portarono il primo ministro Robert Peel a proporre altre riforme legislative. La legge del 1844, riguardante gli statuti delle banche, tentò di imporre alle banche commerciali la centralizzazione dell'emissione dei biglietti di banca sotto la giurisdizione della B. d'I. Inoltre, l'emissione privata di biglietti di banca fu bloccata al livello in vigore durante il primo trimestre del 1844. Parallelamente, le banche di emissione individuali correvano il rischio di perdere i loro privilegi di emissione in caso di fallimento, di cessazione delle loro attività bancarie, di una loro trasformazione in società per azioni o in caso di apertura di una succursale a Londra. Tuttavia, l'aspirazione di Peel all'emissione unica dei biglietti di banca su tutto il territorio nazionale da parte della B. d'I. non si realizzò prima della fine del primo conflitto mondiale.
Nel medesimo perioso, fu adottata una legge sul controllo e la creazione ulteriore di banche in forma di società per azioni. Questa legge ebbe come effetto pratico di frenare la promozione di banche in forma di società per azioni per tutto il tempo in cui rimase in vigore. Dal 1844 al 1857, sorsero solo 12 nuove banche. Tali limiti legislativi, nel colpire gli ultimi arrivati, nei fatti consentirono il monopolio a quella centinaia di banche costituite in società per azioni, soprattutto in presenza di una continua diminuzione delle banche private.
La crescita delle banche di deposito non dipese soltanto dalla legge del 1844. Fu anche la conseguenza dell'aumento dei redditi e della ricchezza del ceto medio sempre più portato ad usare la novità dell'assegno, aiutato dalla diminuzione dell'imposizione fiscale e dalla possibilità, per le banche di deposito, di partecipare alla Camera di Compensazione di Londra, avvenuta nel 1854.
A partire dal 1840, dunque, la crescita delle banche di deposito si sviluppa parallelamente ad una grande internazionalizzazione delle attività delle banche commerciali, che non vanno confuse con quelle private londinesi, specializzate nella fornitura di capitali per investimenti internazionali e nell'acquisizione di titoli di Stato stranieri, come nel caso della Baring e dei Rothschild.
Ciò che la legge Peel non aveva previsto era la possibilità di fallimenti bancari, legati anche alla responsabilità illimitata degli azionisti delle banche. Al contrario, i suoi limiti avevano reso il sistema bancario inglese insufficiente per le necessità industriali e commerciali. Tra il 1860 ed il 1870, dunque, si assiste ad un ulteriore sviluppo delle banche inglesi che raggiungono il loro massimo storico: 128 banche sotto forma di società per azioni, 175 banche private provinciali e 38 banche private londinesi. I numeri non significano una sostanziale modifica del sistema bancario, ma un suo effettivo rafforzamento. Infatti molte delle banche erano "banche uniche", cioè senza succursali e solo la London & County e la National Provincial avevano 100 succursali ciascuna.
Contemporaneamente vi sono due periodi di crisi bancarie (tra cui quella della Baring). Il primo riguarda gli anni 1857 e 1866, il secondo il 1878, anno del fallimento della City of Glasgow Bank che provocò dei cambiamenti strutturali dell'intero sistema ed accelerò il processo di fusione di banche. Il risultato di queste fusioni fu l'ulteriore sviluppo di banche regionali a base più estesa e l'aumento del numero di banche che attraverso le loro filiali legavano Londra alle diverse province inglesi.
La formazione delle "Big Five"
La crisi bancaria della Baring portò ad un'ulteriore concentrazione parallelamente alla crescita dei depositi e, all'inizio del XX secolo, il sistema bancario inglese si caratterizzò per il dominio prevalente di 12 grandi banche, ognuna delle quali possedeva più di cento succursali. Fra queste da citare, oltre la National Provincial e la London & County, la Lloyds, la Midland, la Barclays e la London & Westminster.
Dopo il 1909 si assiste ad alcune fusioni tra queste grandi banche e le banche regionali di più piccole dimensioni. La L.& C. si fonde con la L. & W. dando origine alla London, County & Westminster con 72 milioni di sterline di depositi, che in tal modo raggiunge, per volume di depositi, la Midland (70 milioni) e la Lloyds (76). Prima dell'inizio del conflitto vi furono ancora fusioni. La Lloyd acquisì la Wiltshire & Dorset Bank e la Midland la Metropolitan Bank, divenendo, quest'ultima, la banca più grande del regno. Nel 1918, infine, la National Provincial si fuse con la London & Smith's Bank, e la London, County & Westminster con la Parr, divenendo entrambe pubbliche.
Queste fusioni fecero temere la creazione di un trust monetario, ma, nel medesimo 1918, si venne completando il programma di fusioni che portò alla creazione delle Cinque Grandi Banche: alle due precedentemente citate, si unirono la Lloyds (con la Capital & Counties), la Berclays (con la London Provincial & South Western Bank), e la Midland (con la London Joint Stock Bank), quest'ultima la più grande banca d'affari del mondo con la nuova ragione sociale di London Joint City & Midland Bank. Questo sistema di 5 grandi banche rimase in funzione sino al 1960, anche per l'opposizione della Banca di Inghilterra ad ulteriori fusioni che pure furono tentate. Il tentativo di creare una sesta grande banca, da parte del Governatore della Banca d'Inghilterra Montague Norman, non ebbe seguito.
In sostanza, il sistema bancario inglese ha conosciuto dal 1780 al 1890 una continuità strutturale per quanto riguarda la persistenza di banche provinciali "uniche", la cui importanza è dovuta alla discrezionalità con la quale agiva la direzione nel concedere prestiti sulla base di una effettiva conoscenza della clientela appartenente alla comunità. Tuttavia la costituzione delle cinque grandi banche portò, di necessità alla restrizione di queste discrezionalità, sostituite dalla concentrazione a Londra delle operazioni di prestiti, sia pure in tempi e con modalità diverse.
La normalizzazione fu facilitata dalla creazione, avvenuta nel 1878, dall'Istituto dei Banchieri per affrontare i problemi di liquidità che avevano portato a numerosi fallimenti bancari (ad esempio la City of Glagow Bank e la Baring) e venne imposta la pubblicazione dei bilanci, dal momento che appariva chiaro che le banche commerciali utilizzavano sempre più di frequente fondi propri sul mercato internazionale del credito a Londra e sui mercati dei capitali. Infatti, nel 1914 circa la metà dei fondi disponibili e a breve termine delle banche era composto da prestiti garantiti da titoli quotati in borsa. L'ampliamento di questo mercato portò le cinque grandi banche ad aprire delle succursali europee in linea con il ruolo assunto da Londra, banchiere del mondo.
Il mutamento della composizione dei bilanci delle banche inglesi - il passaggio dai prestiti e dagli scoperti agli investimenti - iniziato nel 1929 accelerò durante gli anni '30 e divenne ancora più marcato con la necessità di finanziare i costi della seconda guerra mondiale. Durante la guerra, i poteri pubblici fissarono delle priorità nelle attività creditizie delle banche provocando una caduta ancora più rapida della proporzione degli attivi bancari, costituita da crediti e scoperti, una tendenza che le banche non potevano invertire.
Sino al 1979, le transazioni delle banche commerciali rimasero in una certa misura soggette ai controlli pubblici, a loro volta di natura qualitativa, poiché implicavano le priorità dei crediti (investimenti industriali e sostegno alle esportazioni) e quantitativa. Il regime del tempo di guerra non fu totalmente abolito prima del 1958 e, in seguito, sino al 1979 vi furono soltanto due brevi periodi (estate 1958-luglio 1961 e ottobre 1962-dicembre 1964) durante i quali le attività bancarie di deposito non furono sottomesse alle direttive del governo. Questo controllo pubblico era dovuto a fattori politici internazionali - guerra di Corea e crisi di Suez - ma più ancora alla debolezza relativa dell'economia britannica che si manifestava con la crisi della bilancia dei amenti e per la politica seguita, detta stop and go - dal governo stesso.
Il sistema bancario inglese dopo il secondo conflitto mondiale
In un ambiente bancario che subiva fortemente l'influenza delle autorità monetarie, lo studio dello sviluppo bancario dopo la seconda guerra mondiale può essere ulteriormente diviso cronologicamente in tre momenti: 1) dal 1945 al 1957; 2) dal 1958 al 1979; 3) dal 1980 ad oggi , interessato dalla deregulation finanziaria.
Sino alla fine degli anni Cinquanta, infatti, il clima di austerità che caratterizzava il periodo del dopoguerra e l'economia britannica si dissolse molto lentamente. Dopo la guerra, alcune delle principale banche iniziarono a sviluppare strategie con lo scopo di raggiungere migliori posizioni per cogliere le opportunità offerte dallo sviluppo economico degli anni '60. In questo senso va interpretata la ricostituzione di una rete completa di succursali che vide la Barclays ottenere i progressi più ampi che costituirono le basi per la futura supremazia.
A partire dagli anni '60, le banche inglesi furono incoraggiate a diversificare le loro attività bancarie e la tipologia creditizia, sulla scia di quanto era stato intrapreso dalla Lloyds con la concessione di crediti a medio termine. Il principale mercato che si apriva nel secondo dopoguerra era costituito dal credito al consumo (beni durevoli e automobili), ma la legislazione impediva alle banche la concessione di prestiti mirati all'acquisto rateale, lasciando questo settore in espansione a società finanziarie appositamente create.
Il Rapporto Radcliffe del 1959, a conclusione di un'indagine sul sistema monetario, portò ad una maggiore possibilità di erogazione di liquidità da parte delle 5 Grandi Banche che ampliarono le loro attività entrando nel settore del prestito al consumo e fornendo nuovi prodotti bancari ad esso connessi per affrontare la nuova competitività del mercato. Si passa, quindi, ai prestiti personali tramite strumenti creditizi più agili fino all'introduzione, da parte della Barclays, della carta di credito, avvenuta nel 1966, che consenti di strutturare un circuito particolare denominato Access Card o Mastercard, il prototipo delle attuali forme di amento attraverso sectiune di credito.
Queste nuove forme di concorrenza causarono una razionalizzazione bancaria che portò a 4 il numero delle Grandi banche, a seguito della fusione tra la Westminster e la National Bank che portò alla nascita della National Westminster (le altre furono la Barclays, la Midland e la Lloyds). Parallelamente procedette la diversificazione dei servizi bancari, con l'apertura di apposite forme di credito per l'agricoltura e per le imprese.
Dal 1971, l'Inghilterra vide un vertiginoso aumento di banche straniere: dalle 77 del 1960 si passò alle 256 del 1974. Lo sviluppo della Comunità Economica Europea e la crescente mondializzazione dell'economia e dei mercati finanziari, spinsero le banche inglesi ad acquisire le caratteristiche di banche universali sul modello tedesco ed a confrontarsi con le banche americane presenti sul territorio inglese, guidate dalla First National City Bank di New York.
Una tale competizione creò squilibri nelle banche di minori dimensioni, alcune delle quali furono costrette a fusioni o fallimenti. Tuttavia la caratteristica del sistema bancario inglese verso la fine degli anni '70 era determinata da una sempre maggiore offerta di servizi bancari e finanziari diversificati in ragione delle esigenze del mercato, dei consumi e dell'evoluzione del sistema industriale. La deregulation degli anni '80 portò a compimento questa evoluzione che venne vissuta come un momento di grande novità legata alla globalizzazione finanziaria in atto a partire, in modo significativo, dal 1986. Il mercato internazionale dei capitali, definitivamente liberalizzato, spinse le banche inglesi ad una forte internazionalizzazione attraverso l'acquisizione di banche in diversi continenti.
In definitiva, il "Big Bang", come venne denominata la deregulation, creò in clima di forte euforia e consentì alle banche commerciali inglesi il raggiungimento della condizione di banche universali in aperta competizione con quelle americane e giapponesi, una sfida che si fonde anche sulla capacità di Londra di mantenere una forte importanza nel mercato internazionale dei capitali.
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