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A.A. 1999/2000
Appunti delle lezioni del Prof. Guidi, integrate dal testo: "Macroeconomia" di O. Blanchard
a cura di Luca Scalise
La MICROECONOMIA (micro = piccolo) studia il comportamento dei singoli individui, operatori economici (ad esempio il "consumatore"). Essa analizza quindi produzione e prezzi nei singoli mercati.
La MACROECONOMIA (macro = grande) studia i comportamenti della collettività. Essa analizza la produzione dell'economia nel suo insieme (prodotto aggregato) e il prezzo medio di tutti i beni (livello generale dei prezzi).
La macroeconomia quindi si impegna a trovare il modo per semplificare la spiegazione del comportamento delle variabili aggregate. Si considera un solo bene, invece di numerosi beni e dei rispettivi mercati in cui vengono venduti, e un'unica domanda e un'unica offerta che interagiscono in un unico mercato.
Quindi non si considerano le innumerevoli curve di domanda e di offerta che esistono in realtà, ma la domanda e l'offerta di un unico bene.
I modelli sono le strutture attraverso cui si interpreta l'economia. Il modello macroeconomico è una struttura logica e internamente coerente usata per descrivere il funzionamento di un'economia.
Le semplificazioni derivano dal confronto dei modelli con la realtà osservata.
Le revisioni effettuate nel sistema teorico sono solitamente indotte da eventi storici: la macroeconomia si trovò inefficiente (almeno quella sviluppata fino agli anni '30) a spiegare la profondità e la durata della Grande Depressione verificatesi nel decennio precedente alla seconda Guerra Mondiale (la quale consisteva in un alto tasso di disoccupazione). Ma nel 1936 con la pubblicazione della "teoria generale dello sviluppo, l'interesse e la moneta", John Maynard Keynes dette una nuova interpretazione del processo di formazione del prodotto e un modo per spiegare la Depressione; cosicché la macroeconomia venne completamente trasformata e il modello keynesiano fu alla base delle teorie che seguiranno nel periodo postbellico.
Nel 1970 poi i macroeconomisti si resero conto di aver tralasciato alcune variabili cruciali o di aver mal interpretato il comportamento di altre, quando molti Paesi attraversarono quasi un decennio di stagflazione[2].
Prima del '70 si pensava erroneamente che elevata disoccupazione e inflazione altissima fossero due fenomeni che non potessero esistere contemporaneamente.
Dopo alcuni studi si capì che gli "shock" che colpirono l'economia in quegli anni (il sensibile incremento del prezzo del petrolio imposto dall'OPEC[3], il sectiunello tra i paesi produttori di greggio), erano diversi da quelli registrati negli anni precedenti.
I macroeconomisti non avevano mai osservato tali "shock", conseguentemente non li avevano mai inclusi nei loro modelli; quindi dopo pochi anni tali eventi furono contemplati in nuovi modelli macroeconomici e la stagflazione non fu più considerata una situazione irrealizzabile.
La macroeconomia utilizza come pesi i prezzi relativi che devono rimanere costanti.
La parabola di un unico bene è il modello
Il modello di equilibrio generale stabilisce l'equilibrio sul mercato dei beni che è individuato dall'offerta dell'impresa e dalla domanda del consumatore (il reddito del consumatore è elemento dato nel problema e il prezzo di equilibrio nel processo di produzione dei servizi dipende dai prezzi dei beni.
L'equilibrio economico generale consiste in una n-pla inserita nel problema di massimizzazione, che fa scaturire una serie di domande di beni e di domande di servizi.
Nella macroeconomia lavoriamo nell'ambito della scuola neoclassica[4].
Nel modello macroeconomico neoclassico si determinavano i prezzi
come:
dove Ux1 è l'utilità del bene 1e Px1 è il prezzo del bene 1.
Attraverso questo saggio marginale si arriva alla condizione di massimizzazione del consumatore con due beni:
dove tutto ciò che si determina sono i prezzi relativi.
(Ux1 ; Ux2) è il vettore delle utilità marginali:
dove x(P1 ; P2)U è il gradiente della funzione di utilità e x(P1 ; P2) è il gradiente del vincolo.
Nella macroeconomia si determinano i prezzi assoluti, la teoria quantitativa della moneta si sovrappone alla teoria neoclassica per avere il modello macroeconomico.
Il modello migliora le sue capacità se aumentiamo il numero delle variabili. Il modello semplificato macroeconomico è costituito da un solo bene. I modelli sono quattro:
Il mercato dei beni;
Il mercato del lavoro;
Il mercato della moneta;
Il mercato dei titoli.
Il terzo e il quarto modello rappresentano mezzi alternativi per trasferire moneta nel tempo.
Legge di Walras
Se n1 mercati sono in equilibrio, anche nn mercati sono in equilibrio.
Se ho determinato l'equilibrio su tre mercati avrò equilibrio anche sul quarto. Per questo non considero più il mercato dei titoli.
La legge di Walras mi giustifica anche perché non uso prezzi relativi.
I due teoremi principali dell'economia
Ogni equilibrio competitivo (considerando il caso di non sazietà) a livello generale rappresenta una situazione di ottimo paretiano (non è possibile migliorare la situazione di un soggetto senza peggiorare quella di altri; quindi è una situazione non socialmente migliorabile) (. 1).
Ogni ottimo paretiano può essere ottenuto come equilibrio competitivo a livello generale attraverso la distribuzione delle risorse secondo le opportune ipotesi (. 2).
(2)
x
y
(1)
. 1: Scatola di Edgeworth: Ottimo Paretiano
(2)
x
y
(1)
. 2: Scatola di Edgeworth: Ottimi Paretiani raggiungibili con opportune distribuzioni di risorse
Abbiamo detto che un modello è la rappresentazione schematica di un oggetto o di un sistema il cui scopo è quello di aumentare la conoscenza dell'oggetto o del sistema stesso.
Un aspetto molto importante legato al concetto di modello è l'uso del linguaggio.
Il linguaggio utilizzato in macroeconomia può essere quello ordinario (verbale), o quello logico-formale (matematico).
Il linguaggio matematico ovviamente è introdotto per risolvere le "ambiguità" connaturate al linguaggio ordinario.
Tornando ai modelli possiamo dire che questi sono tutti irrealistici perché non tengono conto di tutti i casi, di tutte le situazioni in cui si presenta la realtà.
Vi sono due tipi di astrazione dalla realtà:
Rappresentazione parziale: tale rappresentazione trascura alcuni elementi della realtà mantenendo il rapporto di altri con essa, effettivamente reale (es.: le sectiune geografiche);
Idealizzazione del fenomeno: elimina una serie di fattori presenti nella realtà per mettere in evidenza i rapporti della realtà con altri fattori (es.: la supposizione che i soggetti abbiano informazione perfetta).
Vengono anche usate ipotesi irrealistiche che non sono meno utili per capire la realtà.
Lucas[5] quando ancora era studente di Storia capì che la realtà era riconducibile a numerosi modelli diversi e allora si convertì allo studio dell'economia.
Ciò che caratterizza i modelli è che ogni istituzione è riconducibile al comportamento individuale massimizzante.
All'interno della scuola neoclassica persiste il concetto walrasiano che il modello di equilibrio generale è una buona rappresentazione della realtà. Nel 1954 J. K. Arrow[6] riesce a dimostrare l'esistenza dell'equilibrio generale, problema non ancora risolto con Walras e fa vedere come siano restrittive le ipotesi su cui può funzionare.
Fra gli economisti ci sono molti modelli perché molte sono le scuole e ogni scuola presenta numerose interpretazioni della realtà. L'inflazione e la disoccupazione sono i due problemi principali, che alternativamente vengono presi in considerazione all'interno di ciascuna scuola.
La verifica empirica in macroeconomia si può attuare solo attraverso i modelli econometrici, non si possono fare esperimenti in laboratorio come accade in tanti altri campi. Questi modelli vengono usati per simulare la realtà, per vedere se i dati sono in accordo con i valori statistici.
PIL
Il modello macroeconomico si basa su un solo bene che prende il noma di PIL (Prodotto Interno Lordo).
Il PIL è la misura del prodotto aggregato nella contabilità nazionale, consiste nel benessere che c'è all'interno di ogni Paese.
E' il valore dei beni e dei servizi finali, calcolati al prezzo di mercato, prodotti in un determinato ambito territoriale (convenzionalmente uno Stato) e in un determinato periodo temporale (convenzionalmente l'anno)
Nella definizione una parola molto importante è "finali", in quanto tali beni sono destinati all'attività di consumo e di investimento pubblico o privato, cioè destinati a utilizzatori finali.
Perciò il PIL si può definire come quella misura dove rientrano tutti quei beni e quei servizi destinati all'attività di consumo e di investimento degli utilizzatori finali.
Facciamo un esempio e consideriamo che l'economia si basi su due soli Paesi A e B entrambi produttori di automobili dello stesso tipo. La fabbrica K del Paese A acquista tutti i rispettivi fattori produttivi per produrre l'auto e venderla a £ 80.000.000. Il PIL del Paese A è quindi £ 80.000.000. Anche la fabbrica II del Paese B venderebbe l'auto a £ 80.000.000, ma si serve di un'impresa I che produce e vende stock (telai, ecc . ) per £ 15.000.000. Così l'impresa II che acquista lo stock e produce l'auto, la vende a £ 80.000.000. Ciò che produce l'impresa I è un bene intermedio (o strumentale ) perché utilizzato nella produzione del bene finale e quindi non deve essere incluso nel calcolo del PIL che è il valore della produzione finale.
Il PIL si può anche definire come somma del valore aggiunto nell'economia in un dato periodo di tempo
Il valore aggiunto VA (da un'impresa al processo produttivo) è il valore della sua produzione al netto del valore dei beni intermedi usati nella produzione stessa
Riprendendo l'esempio dei Paesi A e B, il Paese B si avvale di due imprese. Il VA per l'impresa I è £ 15.000.000 perché non utilizza beni intermedi, mentre quello dell'impresa II è £ 65.000.000 perché £ (80.000.000 - 15.000.000) = £ 65.000.000. Se le due imprese si fondessero in una sola il VA nell'intera economia sarebbe lo stesso £(65.000.000 + 15.000.000) = £ 80.000.000.
Per questo si può dire che il PIL è la somma del VA da tutte le imprese lungo la catena produttiva dei beni finali
Il PIL è la somma dei redditi di tutta l'economia in un dato periodo di tempo
PIL = RIL (Reddito interno, nazionale, lordo)
Come si rappresenta:
Le merci stanno sulle righe, il settore produttivo sta sulle colonne:
xij = rappresenta la vendita della merce i-esima del settore j-esimo ("j" sta per jota). Rappresenta quanto della merce "i" viene realizzato nel settore j-esimo.
PIL = x1 - (x11 + x12 + x13 + + x1n) + x2 - (x21 + x22 + x23 + + x2n) + + xn - (xn1 + xn2 + xn3 + + xnn)
dove x1 rappresenta la produzione complessiva della merce 1 (questo vale per la riga), mentre (x11 + x12 + x13 + + x1n) rappresenta quanto viene prodotto dai vari settori, della merce 1.
Se dal primo dato tolgo il primo elemento della parentesi il risultato non cambia (questo vale per la colonna):
x1 - (x11 + x21 + x31 + + xn1) relativo alla produzione del settore 1
x2 - (x12 + x22 + x32 + + xn2) relativo alla produzione del settore 2
x3 - (x13 + x23 + x33 + + xn3) relativo alla produzione del settore 3
. valore della produzione di un settore meno gli acquisti che il settore fa dagli altri.
Se un settore produce beni intermedi il suo PIL è uguale a zero.
La compravendita di immobili, rientra nel computo del PIL oppure no? Se l'immobile è stato costruito nel 2000 e viene venduto sul mercato, rientra nel calcolo del PIL oppure no? Se altrimenti è stato costruito nel 1999?
Se l'immobile è stato costruito nell'anno in corso, cioè nel 2000, sì; se invece è stato costruito nel 1999 vi rientra solo il servizio di compravendita della casa.
I beni e i servizi pubblici si valutano (visto che non passano dal mercato) attraverso i costi sostenuti per effettuare i beni o i servizi. Il PIL può aumentare se e solo se aumentano i prezzi di mercato presi come riferimento.
Abbiamo detto che il PIL (produzione aggregata) è il valore dei beni e dei servizi finali valutati al prezzo di mercato in un certo ambito temporale (convenzionalmente l'anno). Esso misura solo i beni e i servizi che passano attraverso il mercato. Ma non tutti i beni passano attraverso il mercato, per esempio i beni e i servizi pubblici; in molti Paesi l'istruzione e la sanità vengono valutati tenendo conto dei costi relativi agli stipendi di chi lavora per fornire tali beni o servizi (salari) o ai beni acquistati per fornire il servizio o bene pubblico.
I prezzi di mercato non rimangono gli stessi nel corso degli anni e quindi il PIL può crescere perché sono cresciuti i prezzi nel corso di un anno.
Il PIL può distinguersi in PIL NOMINALE e PIL REALE:
Il PIL nominale (o PIL a prezzi correnti) è dato dalla somma delle quantità di beni e servizi finali prodotti in un dato periodo di tempo moltiplicate per i prezzi correnti.
Il PIL reale (o PIL a prezzi costanti, o PIL in termini di beni, o PIL aggiustato per l'inflazione, o PIL a prezzi dell'anno-base) può costituirsi solo stabilendo un ANNO-BASE (indice), ed è la somma delle quantità di beni e di servizi finali prodotti in un dato periodo di tempo moltiplicate per i prezzi dell'anno-base. In pratica è il PIL di un anno "x" calcolato ai prezzi dell'anno base.
Quando non viene specificato solitamente si intende per PIL il PIL reale e viene indicato con Yt, ossia il PIL reale dell'anno "t". Il PIL nominale invece si indica con il simbolo della valuta del Paese preso di riferimento (es.: PIL nominale per l'Italia: £Yt; PIL nominale per gli Stati Uniti: $Yt).
Il PIL nominale può crescere per due ragioni:
perché nel corso degli anni può crescere la produzione;
perché nel corso degli anni possono crescere i prezzi.
Nell'anno base ovviamente PIL nominale e PIL reale coincidono.
Facciamo un esempio: un'economia produce solo due beni, patate e automobili. All'anno zero vengono prodotti 100.000 Kg di patate e venduti a $1 al Kg con un ricavo di $100.000, contemporaneamente vengono prodotte 10 automobili e vendute a $10.000 ciascuna con un ricavo di $100.000. Il PIL nominale pertanto è $200.000.
Nell'anno successivo vengono prodotti 100.000 Kg di patate e vendute a $1,2 al Kg con un ricavo di $120.000, contemporaneamente si producono 11 automobili e vendute a $10.000 ciascuna con un ricavo di $110.000. Il PIL nominale di questo anno è $230.000.
Il tasso di crescita tra l'anno zero e l'anno 1 del PIL nominale è dato da $30.000 (differenza fra i due anni) diviso per $200.000, cioè 0,15 (15%).
Questo significa che nell'anno 1 il PIL nominale è aumentato del 15% rispetto a quello dell'anno 0.
Abbiamo detto che il PIL reale dell'anno preso come riferimento è uguale al PIL nominale. Quindi il PIL reale dell'anno zero sarà $200.000. Quale è il PIL reale dell'anno 1?
Devo calcolare i ricavi prendendo come produzioni quelli dell'anno 1, ma come prezzi quelli dell'anno base (zero). Il PIL reale dell'anno 1 quindi viene $210.000.
Il tasso di crescita del PIL reale sarà questa volta il 5%.
Quando si parla di crescita del PIL si intende la crescita del PIL reale, se la crescita è positiva si chiama ESPANSIONE, se invece è negativa si parla di RECESSIONE (per parlare di recessione si devono verificare almeno due trimestri di crescita negativa).
L'indice del PIL reale è dovuto ad una scelta arbitraria che influenza fortemente il PIL, l'anno-base viene raramente cambiato (solitamente ogni 5 anni) e quando si cambia si modifica tutta la storia.
Ecco che allora talvolta si usa gli indici a catena, invece di usare sempre lo stesso insieme di prezzi (i prezzi dell'anno base). Questo nuovo indice usa di volta in volta dei prezzi diversi che sono dati dalla media dei prezzi degli anni in cui si calcola la variazione del PIL.
Se ciò che interessa è la variazione della produzione e la variazione dei prezzi ci si riferisce al PIL nominale, se invece interessa la produzione e la sua variazione nel tempo, ma non la variazione dei prezzi ci si riferisce al PIL reale.
La crescita del PIL reale si determina calcolando: (Yt - Yt-l)/Yt-l T tasso di crescita del PIL se lavoriamo nel discreto (nel discreto abbiamo dati approssimativi).
Ricordiamo che $Yt = Yt cioè PIL nominale = PIL reale se "t" è l'anno base (es.: $Y1990 = Y1990 se l'anno-base è il 1990).
Se lavoriamo nel continuo il tasso di crescita del PIL è dato da: dYt/dt cioè la derivata rispetto al tempo.
Il PIL è la variabile macroeconomia principale ma non è la sola che usiamo:
DISOCCUPAZIONE,
INFLAZIONE,
DISAVANZO DI BILANCIO,
SALDO COMMERCIALE.
DISOCCUPAZIONE:
Sappiamo che:
L = N + U
dove L è la forza lavoro, N il numero degli impiegati e U il numero di disoccupati.
Per disoccupati si intende chi non ha lavoro e lo cerca attivamente nelle quattro settimane precedenti.
Il tasso di disoccupazione quindi sarà:
u = U/L
Non viene registrato all'ufficio di collocamento come disoccupato e non riceve i sussidi alla disoccupazione chi non reagisce a tale situazione attivamente. Chi non è in cerca di un impiego non è considerato disoccupato ma è contato come NON INCLUSO NELLA FORZA LAVORO. Questo numero inficia sul tasso di disoccupazione. Quando il tasso di disoccupazione è alto molti disoccupati non provano nemmeno a cercare un lavoro e così non vengono più considerati come tali (c.d. lavoratori scoraggiati). Una disoccupazione elevata è associata a numerose uscite di disoccupati dalla forza lavoro. Alto tasso di disoccupazione corrisponde ad un basso tasso di partecipazione (definito come la quota di forza lavoro sul totale della popolazione attiva cioè in età lavorativa).
Considerare la disoccupazione per i macroeconomisti è importante perché ciò indica se l'economia sta operando al di sotto o al di sopra del suo livello normale e poi perché essa ha importanti conseguenze sociali.
Per il primo aspetto bisogna dire che in molti Paesi c'è una forte relazione tra crescita del PIL e variazioni del tasso di disoccupazione, nota come LEGGE DI OKUN (in onore del primo economista che per primo identificò e interpretò il fenomeno negli anni '60). Il grafico che riporta tale relazione (piano sectiunesiano dove l'asse delle ordinate indica le variazioni del tasso di disoccupazione e l'asse delle ascisse invece indica il tasso di crescita del PIL) è chiamato DIAGRAMMA DI DISPERSIONE. Una crescita elevata del PIL è collegata a riduzioni del tasso di disoccupazione e una crescita ridotta invece corrisponde ad un aumento del tasso di disoccupazione: logicamente perché una crescita della produzione elevata induce ad un significativo incremento dell'occupazione, in quanto le imprese devono assumere più lavoratori. Per questo se si ha un tasso di disoccupazione elevato per ridurlo servirà un periodo di crescita elevata. Per questo il tasso di disoccupazione fornisce lo stato di salute dell'economia e di quale tasso di crescita del PIL sia desiderabile.
Per quanto riguarda le conseguenze sociali bisogna dire che la disoccupazione è associata a disagi psicologici e finanziari (nonostante i sussidi da parte dello Stato).
TASSO DI INFLAZIONE:
L'inflazione è l'aumento del livello dei prezzi e il tasso d'inflazione è il tasso a cui aumenta il livello dei prezzi.
Per determinarlo i macroeconomisti ricorrono all'utilizzo di due indici: DEFLATORE DEL PIL, INDICE DEI PREZZI AL CONSUMO.
Se il PIL nominale aumenta e invece il PIL reale rimane costante
tale incremento è dovuto ad un aumento dei prezzi. Ciò motiva la definizione di
DEFLATORE DEL PIL che dà il prezzo medio dei beni finali prodotti
nell'economia. Il deflatore del PIL dell'anno "t" si indica con Pt
ed è definito come il rapporto fra:
dove $Yt è il PIL nominale e Yt è il PIL reale.
Se ritorniamo all'esempio precedente:
all'anno base $Yt = Yt e in questo caso Pt = 1
Nell'anno 1: $230.000/$210.000 = 1,10 = deflatore del PIL all'anno 1, dove $230.000 è il PIL nominale all'anno 1 e $210.000 è PIL reale all'anno 1.
Il tasso d'inflazione può essere definito come tasso di variazione del deflatore del PIL cioè:
dove Pt è il deflatore al tempo t e Pt-l è il deflatore al tempo t-l.
Nell'esempio precedente il tasso di inflazione era (1,10 - 1,00)/1,00 = 10%
Il tasso di inflazione è una media ponderata del tasso di incremento (variazione) dei prezzi di ciascuno dei due beni (l'inflazione per le patate - il tasso di variazione del prezzo delle patate - è del 20%; per le automobili è dello 0%. La media dei due è del 10%).
Il deflatore del PIL dà il prezzo medio dei beni inclusi nel PIL cioè dei beni finali prodotti nell'economia.
Però i consumatori sono interessati ai prezzi dei beni che consumano e i due insiemi spesso non coincidono: alcuni dei beni del PIL non sono venduti ai consumatori ma alle imprese (ad esempio gli utensili destinati alla produzione) oppure al Governo o all'estero.
Poi alcuni beni acquistati dai consumatori non sono prodotti all'interno dell'economia, ma sono importati dall'estero.
Quindi per misurare il prezzo medio al consumo, o il c.d. costo della vita i macroeconomisti utilizzano un altro indice: INDICE DEI PREZZI AL CONSUMO (CPI) che è anche diverso dall'indice DEFLATORE IMPLICITO, perché il CPI incorpora tutte le transazioni di beni o servizi finali di consumo mentre il deflatore implicito incorpora tutte le transazioni di beni o servizi finali di investimento.
Il CPI esprime il costo in dollari di un dato paniere di beni e servizi nel corso del tempo; il paniere di consumo esprime quello di un tipico consumatore urbano.
Il CPI è un numero indice come il deflatore del PIL, è fissato a 1 nel periodo scelto come base e il suo livello è arbitrario.
Da notare che CPI PPI che è l'indice dei prezzi della produzione, cioè dei beni prodotti all'interno del Paese (nei settori manifatturiero, minerario, ittico, agricolo, forestale e nelle imprese di pubblici servizi elettrici).
Comunque Pt verrà trattato come semplice livello dei prezzi senza specificare se si tratta di CPI o di deflatore del PIL.
Vi è una relazione fra inflazione e disoccupazione: quando il tasso di disoccupazione è basso l'inflazione tende a salire e quando il tasso di disoccupazione è alto, l'inflazione tende a ridursi e questo è rappresentato dalla curva di Philips che esprime un legame, un trade-off, ben preciso fra tasso di inflazione tasso di disoccupazione.
L'inflazione è importante per i macroeconomisti perché non esiste un'inflazione pura, cioè dove l'incremento dei prezzi è proporzionale in tutti i prezzi e salari, che comporterebbe solo un piccolo inconveniente, infatti i prezzi relativi non ne rimarrebbero influenzati (il prezzo relativo va distinto dal prezzo monetario, il prezzo relativo di un bene è definito come la quantità del bene "y" che si scambia con un'unità del bene "i", è chiamato anche valore di scambio).
Se si considera una salario reale (cioè un salario misurato in termini di beni anziché monetari) in un'economia con l'inflazione al 10% annuo, i prezzi aumenterebbero del 10% all'anno, ma altrettanto accadrebbe ai salari e quindi il salario reale resterebbe lo stesso e l'inflazione sarebbe del tutto irrilevante.
Allora i macroeconomisti sapendo che le fasi inflattive non provocano l'aumento proporzionale di tutti i prezzi e dei salari, ma sono interessati al suddetto fenomeno in quanto esso influenza la distribuzione del reddito. Poi inoltre l'inflazione provoca distorsioni e incertezze.
Altre due variabili macroeconomiche sono il DISAVANZO DI BILANCIO (l'eccesso di uscite rispetto alle entrate del settore pubblico) e il DISAVANZO COMMERCIALE (l'eccesso di importazioni rispetto alle esportazioni nel resto del Mondo).
L'importanza di osservazione che hanno queste due variabili è dovuta al fatto che un Governo che presenta un disavanzo accumula debito nel tempo. Un debito elevato implica ingenti interessi da are, gli interessi sul debito stesso per essere ati bisogna che il Governo aumenti le imposte e/o riduca la spesa pubblica.
Incorrere in un deficit di bilancio è imprudente.
Un Paese invece che presenti disavanzo commerciale accumula debito nei confronti del resto del Mondo. Ciò non crea problemi se ci si indebita per finanziare un investimento, che a sua volta aumenta la produzione futura, ma non è vero se il disavanzo commerciale deriva dal finanziamento del consumo (situazione imprudente anche per il singolo individuo).
Importante è capire cosa determina il livello della produzione aggregata: innanzitutto le variazioni della produzione sono dovute a movimenti nella "domanda" dei beni e dall'"offerta" che determina la produzione (l'offerta è data dalla forza lavoro di un'economia, dal suo stock di capitale produttivo e dal livello della sua tecnologia).
Il tutto dipende da particolari visioni temporali; i movimenti della produzione da un anno all'altro, o nel corso di pochi anni, chiamato dai macroeconomisti BREVE PERIODO dipendano principalmente da variazioni nella domanda; mentre quelli su lunghi periodi di tempo, un decennio e più, chiamato LUNGO PERIODO dipendono principalmente dall'offerta. Per i periodi di tempo intermedi chiamati di MEDIO PERIODO i movimenti della produzione dipendono sia dalla domanda che dall'offerta.
Per quanto riguarda le fluttuazioni dell'attività economica nel breve periodo esse dipendono dall'interazione tra produzione, reddito e domanda aggregati: le variazioni di domanda provocano fluttuazioni nella produzione aggregata, le fluttuazioni nella produzione comportano variazioni di reddito e quindi della domanda.
Il PIL è utilizzato per T attività di consumo
T attività di investimento
T attività pubbliche
T esportazioni all'estero
Quindi per questo bisogna dire che la prima componente del PIL è il CONSUMO (C), si tratta di beni e servizi acquistati dai consumatori (cibo, automobili nuove, vacanze, biglietti d'aereo . ). La seconda componente è l'INVESTIMENTO (I, talvolta detto investimento fisso per distinguerlo dalle scorte di magazzino. L'investimento è la somma di due componenti: l'investimento non immobiliare (o produttivo), che consiste nell'acquisto di nuovi macchinari o impianti (turbine, computer . ) da parte delle imprese, e l'investimento immobiliare, che consiste nell'acquisto di nuove case o appartamenti da parte dei soggetti.
Nel linguaggio comune si intende per investimento anche l'acquisto d'oro o delle azioni della General Motors ma invece per gli economisti è investimento solo l'acquisto di NUOVI BENI CAPITALI come macchinari, edifici o case; per l'acquisto di attività finanziarie si parla di investimento finanziario.
Una terza componente del PIL è la SPESA PUBBLICA in beni e servizi (G). Cioè sono i beni e i servizi acquistati dallo Stato e dagli Enti pubblici, i servizi includono anche quelli forniti dagli impiegati pubblici. In G non rientrano i TRASFERIMENTI come l'assistenza sanitaria e sociale, né gli interessi sul debito pubblico perché nonostante queste siano spese dello Stato non rappresentano acquisti di beni o servizi.
Gli investimenti, il consumo e la spesa pubblica riguardano la spesa di beni o servizi da parte dei residenti = SPESA NAZIONALE, siano essi consumatori, imprese o settore pubblico. Non rientrano nella spesa nazionale le IMPORTAZIONI (a) cioè gli acquisti di beni e servizi dall'estero ma vi rientrano le esportazioni (X) gli acquisti di beni e servizi nazionali da parte del resto del Mondo.
La differenza fra esportazioni e importazioni mi dà le esportazioni nette o SALDO COMMERCIALE. Se le esportazioni sono maggiori delle importazioni avrò un AVANZO COMMERCIALE, mentre se le esportazioni sono minori delle importazioni avrò un DISAVANZO COMMERCIALE.
Può accadere che alcuni beni prodotti in un dato anno potrebbero essere venduti nell'anno successivo o anche oltre. La differenza tra produzione e vendite in uno stesso anno si chiama INVESTIMENTO IN SCORTE (Is).
Se la produzione eccede le vendite le scorte di magazzino aumentano: quindi l'investimento in scorte è positivo; viceversa se la produzione è inferiore alle vendite, le scorte si riducono e l'investimento in scorte è negativo.
Possiamo quindi scrivere la DOMANDA NAZIONALE DI BENI E SERVIZI FINALI:
Z s C + I + X - Q + G
dove C è il consumo, I gli investimenti, G la spesa dello Stato, X le esportazioni e Q le importazioni. X-Q mi fornisce le esportazioni nette.
Questa equazione di definizione è un'identità.
Un'economia si dice CHIUSA quando non commercia con il resto del Mondo; si dice APERTA quando attua scambi con altri Paesi.
Se consideriamo un'economia chiusa e quindi eliminiamo le importazioni e le esportazioni, e poi si assume che tutte le imprese producano uno stesso bene che può essere bene di consumo, o impiegato dalle imprese come bene di investimento e dal Governo come spesa pubblica, in tal caso analizziamo un solo mercato dei beni. Questa ipotesi vale solo nel breve periodo perché si considera che le imprese siano disposte a fornire qualsiasi quantità del bene a un dato prezzo "p" e quindi ignoriamo che all'aumentare dell'offerta i costi di produzione potrebbero crescere e far lievitare il prezzo di vendita.
Quindi:
Z s C + I + G
Le spese in beni di consumo sono solitamente quelle fatte dalle famiglie per attività di consumo.
L'auto è un bene di investimento perché produce utilità ripetuta nel corso del tempo. I prodotti acquistati per scorta se l'acquisto è fatto dalle famiglie vengono considerati beni di consumo, se invece l'acquisto è da parte del venditore sono beni di investimento; lo stesso atto a seconda che venga effettuato dalle famiglie o dall'impresa è considerato diversamente.
Il consumo ha come componente determinante principale (anche se ne ha altre) il REDDITO DISPONIBILE cioè il reddito percepito dopo aver ricevuto i trasferimenti dal Governo e ato le imposte: quando il reddito disponibile aumenta le persone comprano di più e quando diminuisce riducono i loro consumi.
C = C (Yd) EQUAZIONE DI COMPORTAMENTO
dove Yd è il reddito disponibile.
Il consumo è funzione del reddito disponibile.
C(Yd) FUNZIONE DEL CONSUMO
+
Il "più" sta ad indicare una relazione positiva tra reddito e consumo.
E' utile ricorrere alla forma funzionale, assumere che la funzione sia lineare.
La funzione del consumo la possa scrivere anche come:
C = c0 + c1 Yd
Questa è la funzione del consumo considerata come relazione lineare caratterizzata da due parametri : c0 e c1.
E' sempre un'equazione di comportamento.
c1 è la PROPENSIONE MARGINALE AL CONSUMO ed esprime l'effetto sul consumo di una lira aggiuntiva di reddito disponibile.
c0 è il CONSUMO DI SUSSISTENZA ed esprime il consumo desiderato in corrispondenza di un reddito disponibile nullo. Se Yd = 0 allora C = c0 , il consumo anche con reddito disponibile nullo sarà positivo, il consumatore dovrà pur sfamarsi e lo fa attingendo ai suoi risparmi o accendendo un prestito.
c0 >
< c1 <
Dall'ultima disequazione si noti che è possibile che gli individui siano disposti a consumare solo una parte del loro incremento di reddito e risparmiare il resto.
Siccome C = c0 + c1 Yd è una relazione lineare, essa è rappresentata da una linea retta:
Consumo C Funzione del Consumo C = c0 + c1 Yd
c0
Reddito disponibile Yd
L'intercetta verticale di questa funzione come si vede dal grafico è c0.
La pendenza della retta è invece data da c1.
Da notare che, poiché c1 < 1, la retta è più piatta della bisettrice (45°).
Notiamo che:
Yd s Y - T
dove T sono le imposte, tasse al netto dei trasferimenti misurate in tempi reali; Y è il reddito aggregato, è il PIL dato che PIL = RIL, infatti il reddito si indica con Y come il PIL, perché è un modo diverso di intendere il PIL.
D/PIL è il rapporto che lo Stato deve cercare di abbassare.
Quindi:
C = c0 + c1 (Y - T)
Il consumo è quindi funzione del reddito e delle imposte : un reddito più alto fa aumentare il consumo meno che proporzionalmente ; le imposte più elevate fanno diminuire il consumo meno che proporzionalmente.
E' importante spiegare che nei modelli macroeconomici vi sono due tipi di variabili, si distinguono in VARIABILI ENDOGENE e VARIABILI ESOGENE: quelle endogene dipendono da altre variabili del modello e sono spiegate all'interno del modello stesso; invece quelle esogene non vengono spiegate all'interno del modello e vengono prese come date.
Abbiamo chiamato con I gli investimenti.
Adesso aggiungiamo che:
dove la barretta indica che è variabile esogena. Quindi l'investimento si considera come dato, per semplicità.
Ricordiamo che vi sono tre tipi di investimenti:
Investimento in edilizia;
Investimento in capitale fisso (attrezzature, macchinari, capannoni, ecc . );
Scorte dell'impresa la cui variazione costituisce un'attività dell'impresa.
Abbiamo detto che G è la spesa pubblica, la politica fiscale del Governo (cioè le scelte del Governo circa le entrate e le uscite del settore pubblico). E' un aggregato e vi rientrano tutti i beni collettivi che non presentano corrispettivi (es.: la Caritas). T invece sono le imposte.
Entrambe queste variabili, T e G, sono variabili esogene, perché il Governo non presenta regolarità di comportamento come i consumatori e le imprese; non esiste un'unica funzione per G e per T che descriva il comportamento di queste variabili.
Sempre considerando le importazioni e l'esportazioni nulle (X = 0, Q = 0) sappiamo che
da cui deriva
dove Z è la domanda di beni, Y il reddito, T le imposte, I segnato gli investimenti e G segnato la spesa pubblica.
Considerando che le imprese non abbiano scorte di magazzino (per esempio un'economia che produce solo servizi che per la loro natura non possono essere conservati sottoforma di stock).
EQUILIBRIO:
Z = Y PIL = Z
dove Z è la domanda e Y l'offerta.
Facciamo un esempio: ad un dato livello di reddito i consumatori aumentano la loro spesa per i consumi: c0 aumenta di un miliardo di dollari.
Domanda (Z) ZZI
Produzione (Y)
AI
YI ZZ
D 1 mld di $
B
C
Y A
Livello di
domanda aggr.
Reddito Y YI
- Cambiamento dell'equilibrio dovuto ad un aumento della componente autonoma c0 -
Per ogni valore del reddito la domanda è più alta di 1 mld di dollari.
ZZI = nuova relazione fra domanda e reddito, la quale è rappresentata da una curva parallela a ZZ più alta di 1 mld.
Il nuovo equilibrio è l'intersezione tra la retta a 45° e la nuova curva di domanda nel punto AI. La produzione di equilibrio aumenta da Y a YI.
Y - YI = incremento del prodotto misurato sull'asse orizzontale è maggiore dell'aumento iniziale di 1 mld.
L'economia si sposta da A a AI. L'incremento iniziale del consumo fa aumentare la domanda: al livello iniziale di reddito, Y, la domanda è ora in B (essa è più grande di 1 mld), per soddisfare questa domanda le imprese aumentano la produzione di 1 mld spostando l'economia a C. Il livello più elevato di produzione induce ad un ulteriore aumento di domanda che muove l'economia nel punto d; a sua volta in d la produzione aumenta e così via fino ad AI, nuovo punto di equilibrio.
Riprendendo la funzione di consumo va detto che essa è CONCAVA ed è quella di Keynes che non parte dall'origine, infatti la seconda derivata è minore di zero.
C(0) >
CI(0) >
CII(0) >
E' una funzione lineare quella utilizzata che approssima la linearità di Keynes.
Consumo C Funzione di Keynes
c0 + c1 (Y - T)
c0
a
c1 = Tg a
C - T
Produzione Y
PROPENSIONE MEDIA AL CONSUMO :
è decrescente è maggiore della propensione marginale e tende asintoticamente alla propensione marginale al crescere del reddito.
propensione marginale media
c1
L'equilibrio sul mercato dei beni è dato semplicemente dalla condizione di uguaglianza tra domanda (Z) e offerta (Y) di beni.
EQUILIBRIO: il complesso dei beni e dei servizi che le imprese ritengono conveniente produrre è uguale alla domanda che gli operatori finali fanno in un determinato periodo di tempo (situazione di equilibrio in un determinato periodo di tempo).
I modelli macroeconomici sono composti da tre tipi di equazioni:
EQUAZIONI DI COMPORTAMENTO;
IDENTITA'
EQUAZIONI DI EQUILIBRIO.
Costruire un modello vuol dire risolverlo e ciò è fatto in tre modi
algebricamente (l'algebra assicura la coerenza logica del modello);
graficamente (i grafici danno l'intuizione);
a parole (le parole spiegano i risultati).
Ci dice quale sarebbe la domanda di beni
se la produzione fosse uguale a zero. Chiamata SPESA AUTONOMA per indicare
la componente di domanda dei beni che non dipende dalla produzione.
1/(1-c1) = m
"m" sta per MOLTIPLICATORE
m > 1 perché 0 < c1 < 1 (quanto più ci si avvicina a 1 tanto più grande sarà il moltiplicatore).
Per ottenere il reddito di equilibrio bisogna prendere le componenti autonome di consumo, investimento, tassazione, spesa pubblica al netto dei trasferimenti.
Riguardo alla spesa autonoma (domanda autonoma) si suppone che essa sia positiva, perché se pensiamo che il Governo abbia un BILANCIO IN PAREGGIO cioè T = G ossia le imposte uguali alla spesa pubblica visto che la propensione marginale al consumo (c1) < 1, allora (G - c1T) > 0 (positivo) e pertanto lo è anche la domanda autonoma. Bisognerebbe che il Governo presentasse un grosso avanzo di bilancio (cioè che le imposte fossero di gran lunga superiori alla spesa) per avere una domanda autonoma negativa, ma questo è un caso irrealistico.
Il moltiplicatore determina un aumento superiore della produzione all'effetto diretto della spesa autonoma: un incremento di c0 fa aumentare la domanda, l'aumento della domanda determina aumenti nella produzione e nel reddito, la crescita del reddito a sua volta aumenta ulteriormente il consumo e l'incremento del consumo si ripercuote sulla domanda.
Produzione (Y) inclinazione = 1
Domanda (Z)
L'equilibrio
richiede produzione di beni (Y) uguale a domanda degli stessi beni (Z).
L'equilibrio è dato nel grafico dal punto in cui la domanda e la produzione
sono uguali.
Produzione ZZ
A
Y inclinazione = c1
ZZ rappresenta la relazione tra domanda e
reddito; la sua intercetta (il valore della domanda quando il reddito è
zero) è pari alla spesa autonoma.
y Reddito y
Spesa autonoma
A rappresenta il punto in cui Z = Y.
La produzione è in funzione del reddito poiché le due grandezze coincidono sempre (bisettrice).
La domanda è in funzione del reddito poiché:
La domanda dipende dal reddito attraverso il suo effetto sul consumo, e dalla spesa autonoma.
Si ha equilibrio quando la produzione è uguale alla domanda:
Y = Z
Quindi è dato dall'intersezione della retta a 45° con la curva di domanda ZZ nel punto A. Alla sinistra di A la domanda eccede la produzione mentre a destra la produzione eccede la domanda; solo in A le due sono uguali.
Abbiamo detto che:
da cui:
Il moltiplicatore 1/(1 - c1) è sicuramente positivo e compreso tra zero e uno poiché 0 < c1 <
Domanda aggregata
ZZ
inclinazione = c1 = Tg a
a
c0 - c1T + G + I
45°
Y1 Y* Y2 Reddito
Supponiamo di avere Y1 un livello di reddito inferiore a quello di equilibrio Y*.
In questo caso le famiglie desiderano acquistare più di quello che le imprese reputano conveniente produrre (ECCESSO DI DOMANDA SULLA PRODUZIONE).
Ma i produttori da cosa si accorgono che esiste questo eccesso di domanda?
Lo intuiscono dalle SCORTE che si stanno riducendo al di sotto del livello normale.
Si deve notare che se aumenta il reddito di una unità (lira), la domanda aumenta per meno di una unità: c1 DY < DY.
Se aumenta la domanda T aumenta la produzione e il meccanismo continua (si adegua) fino a raggiungere il punto di equilibrio in Y*.
Se invece ci troviamo inizialmente in Y2 avremo un ECCESSO DI PRODUZIONE SULLA DOMANDA (aumentano le scorte in magazzino). Anche in questo caso il meccanismo tenderà all'equilibrio riducendo la produzione.
Tale meccanismo è STABILE IN SENSO STATICO cioè non viene considerato "il tempo".
A questo punto è utile ricordare la c.d. "Legge degli sbocchi" detta anche LEGGE DI SAY[9], dal nome dell'economista che per primo ne ha dato una completa esposizione. Say afferma che l'offerta dei beni crea la propria domanda (se offro 100, domando 100). Questo fa sì che nel lungo periodo non vi sia mai sovrapproduzione. Secondo la legge degli sbocchi, quindi nel sistema economico sussiste una situazione di equilibrio economico permanente tra domanda globale di beni e servizi e la relativa offerta. A qualsiasi spostamento da questo equilibrio corrisponde un riaggiustamento automatico ad opera delle forze di mercato, fino al raggiungimento di un reddito nazionale di piena occupazione.
Dobbiamo però considerare anche il RISPARMIO. Nel modello neoclassico il risparmio era considerato solo domanda differita di beni, si creava quindi solo un problema di aggiustamento dei prezzi.
Per Keynes questo non è più vero, Egli ritiene infatti che non tutto il reddito viene consumato, ma solo una percentuale.
Quindi dove va a finire il reddito non consumato?
Per Keynes[11] il risparmio è concentrato in investimento finanziario cioè in MONETA.
Fino a quando la moneta[12] poteva essere scambiata con oro e argento, il risparmio era comunque considerato domanda differita di metalli preziosi.
Per Keynes la moneta esce dal circuito del reddito. Adesso quindi ho prodotto beni per 100 ma si domanda 50 perché 50 rimangono sotto forma di moneta.
Per Keynes quindi c'è una propensione al consumo minore di 1.
Il problema dei PETRODOLLARI che colpì i Paesi occidentali negli anni '70 derivava non dal fatto che gli arabi alzassero il prezzo del petrolio, ma che la loro domanda si indirizzasse non più in beni ma in monete forti come yen, dollari, sterline (carenza di domanda effettiva).
Con queste nuove ipotesi come si raggiunge l'equilibrio?
Lo STATO provvederà ad aumentare la domanda (G).
Supponiamo che il reddito di equilibrio sia:
E supponiamo che aumenti il livello di spesa pubblica da G0 a G1, quindi G1 - G0 > 0 e G1 - G0 = DG.
Il reddito sarà quindi ora:
Se facciamo la differenza membro a membro otteniamo:
dove DY = Y1 - Y0.
Dalla formula vediamo che se aumentiamo la spesa pubblica (o qualunque altra componente autonoma) aumenta il reddito.
ZZ1
C
ZZ0
DG DY
D
A
B
DG
Y0 Y1 Reddito
ZZ1 è parallela a ZZ0 e lo spostamento è pari a DG.
AB è l'incremento di reddito pari a DY, ma è uguale a BC perché siamo su una retta a 45°.
Per effetto del moltiplicatore DY > DG (BC > DC).
Se aumento un'altra componente il meccanismo è lo stesso: Dc0 , - c1 DT, DG, DI.
Quindi:
Se ipotizziamo DG = DT > 0 cioè se aumentiamo la spesa pubblica di quanto aumentiamo le tasse ho un'espansione del reddito.
Infatti: DA = DG - c1 DT = DG (1 - c1).
Quindi sostituendo:
che è il c.d. TEOREMA DEL BILANCIO IN PAREGGIO.
Perché il modello del moltiplicatore crea comunque problemi nel sistema economico mondiale?
Supponiamo che lo Stato italiano aumenti la spesa pubblica di DG (es.: finanzia i lavori per "l'alta velocità").
Si noti a questo punto che se l'Uganda decide di fornire a tutti i propri abitanti un computer, la produzione di computer non aumenta certamente poiché l'Uganda non ha imprese fornitrici di tali tecnologie. Trovandosi in un SISTEMA APERTO richiederà i computer agli USA.
Ritornando all'Italia non è detto che aumenti subito la produzione di laterizi per i lavori dell'"alta velocità". Questo dipenderà dal livello al quale si trovano le scorte.
L'aumento di produzione avviene sotto certe condizioni:
N.B. : il moltiplicatore in un
sistema aperto è più basso del moltiplicatore in un sistema chiuso.
equilibrio macroeconomico (scorte a livello
normale);
sistema chiuso;
reddito inferiore al reddito potenziale (disoccupazione);
prezzi e salari non cambiano.
Sotto queste condizioni appunto DY = DG
Ma in questo caso i consumatori domandano di più:
DY = DG + c1 DG
Quindi ogni volta che aumenta il reddito aumenta la domanda di beni e servizi:
DY = DG + c1 DG + (c1) c1 DG = DG + c1 DG + (c1)2 DG
quindi seguitando :
DY = DG + c1 DG + (c1)2 DG + (c1)3 DG
fino a:
DY = DG (1 + c1 + c12 + c13 + . + c1n)
dove la parentesi è una serie geometrica di ragione « c ».
Ma poiché 0 < c1 < 1 cioè c1 < 1 tale serie convergerà a 1/(1 - c1). Quindi:
Per quanto riguarda la condizione di equilibrio nel testo non si trova Y = Z ma I = S cioè che la spesa per l'investimento sia uguale al risparmio.
Per uguagliare le due notazioni:
Y = Z I = SPr + SPubb
dove SPr è il risparmio privato e SPubb il risparmio pubblico.
SPubb = T - G ; SPr = YD - C
Inoltre sappiamo che:
C + SPr = YD
Quindi:
SPr s Y - T - C T SPr + C s Y - T
ma poiché C = c0 + c1 (Y - T)
(adesso per semplicità chiameremo SPr = S)
S s Y - T - c0 - c1 (Y - T)
da cui :
S = - c0 + (1 - c1) (Y - T)
dove 1 - c1 = s cioè la PROPENSIONE MARGINALE AL RISPARMIO cioè quanto di ogni lira addizionale di reddito non viene impiegata nel consumo.
Sapendo quindi che:
Y = C + I + G
sottraggo T membro a membro:
Y - T = C + I + G - T
ma sapendo che C + S = Y - T ottengo :
C + S = C + I + G - T
cioè:
S + T - G = I
che mi fornisce il risparmio complessivo del sistema pubblico e privato cioè la condizione di equilibrio prima citata (si noti che T - G rappresenta le entrate dello Stato meno la spesa pubblica).
Nulla cambierebbe alla condizione di equilibrio se introducessi anche importazioni e esportazioni:
S + T - G + Q - X = I
dove la differenza fra Q (le importazioni) e X (le esportazioni) mi fornisce il risparmio dell'ipotetico soggetto RESTO DEL MONDO.
Abbiamo detto che il modello di equilibrio di breve periodo prevede che:
S = - c0 + (1 - c1) (Y - T)
dove (1 - c1) = s. Sappiamo inoltre che:
per ipotesi dc0 < 0, quindi se faccio la derivata rispetto a c0 ottengo:
ma
Quindi:
Vediamo di spiegare queste formule.
Sappiamo che S + T - G = I. In questa situazione il risparmio è beneficio per l'economia? NO, ma vediamo perché.
Supponiamo che aumenti il risparmio (ad esempio se diminuisce la componente autonoma del consumo).
Per studiare il fenomeno dobbiamo fare la derivata del risparmio rispetto alla componente autonoma del consumo c0.
Dobbiamo però anche considerare il reddito di equilibrio Y, quindi anche di Y dobbiamo fare la derivata rispetto a c0.
Sostituendo questa derivata (come sopra) vediamo che il risparmio complessivo non cambia se aumenta la proporzione al risparmio (è infatti diminuito il reddito).
La situazione economica quindi non migliora aumentando il risparmio!
E questo nel breve periodo significa che risparmiare di più ha un effetto dannoso sul reddito (situazione che non è ricordiamo di piena occupazione).
Nel lungo periodo vedremo come, cambiare la propensione al risparmio significa andare incontro a redditi pro-capite crescenti.
Le autorità di politica economica possono, cambiando G e T, raggiungere, sotto le opportune ipotesi, condizioni di equilibrio differenti.
Supponiamo di partire da una condizione di equilibrio macroeconomici G = T pareggio.
Supponiamo che successivamente si aumenti la spesa pubblica DG > 0 e DT = 0.
Con tali premesse lo Stato va in deficit (disavanzo)!
La TEORIA DELLA TASSAZIONE di Ricardo poi successivamente ripresa da Barro dice che soggetti economici razionali asseriscono che una situazione economica di disavanzo prima o poi dovrà essere ripianata (per esempio con l'aumento in futuro delle tasse).
Le funzioni del consumo C = c0 + c1 (Y - T) e dell'investimento I = I segnato, non si cristallizzano, devono cambiare.
Lucas a differenza di Keynes considera che soggetti privati con la loro azione possono neutralizzare politiche economiche. Keynes sosteneva invece l'esistenza di uno Stato "egemone" nella sua politica economica che non veniva scosso dall'azione dei soggetti privati.
I soggetti (ad esempio gli imprenditori) possono quindi (tenendo conto della teoria della tassazione) adeguarsi temporalmente alle politiche delle autorità economiche (cioè quando queste sono più favorevoli). E questo è un modello di carattere dinamico, non è più un modello istantaneo.
t t+1
Devo decidere al tempo t quanto produrre al tempo t+1: Yt+1.
L'imprenditore si basa quindi su aspettative.
Si assume che al tempo t+1 produrrò quanto riscontrato nella domanda al tempo t:
Yt+1 = Zt (è un'aspettativa statica non molto razionale)
Il livello di domanda al tempo t è dato da:
Yt+1 = Zt = Ct + It + Gt = c0 + c1 (Yt - Tt) + It + Gt
Un'altra ipotesi è che t Gt = G; Tt = T; It = I segnato.
Quindi:
Yt+1 - c1 Yt = c0 - c1 T + G + I segnato
La produzione al tempo t sarà legata alla produzione del periodo t - 1, ecc .
Yt - c1 Yt-l = c0 - c1 T + G + I segnato
e così via .
Possiamo così scrivere l'EQUAZIONE ALLE DIFFERENZE FINITE:
Yt = A + b Yt-l
Come si fa a risolvere una situazione di questo tipo?
Per quello detto in precedenza avremo anche:
Yt-l = A + b Yt-2
Moltiplico ambo i membri per b ed ottengo:
b Yt-l = A b b Yt-2
Sostituisco in Yt = A + b Yt-l ed ottengo:
Yt = A + A b b Yt-2
e posso andare avanti così all'infinito.
Devo tornare al tempo zero e per far questo devo fare t passi indietro.
Es.:
con 3 passi: Yt = A b + A b + A b b Yt-3
in generale : Yt = A (1 + b b b bt bt Y0
Yo è un dato (altrimenti non risolveremmo il problema).
A questo punto voglio sapere se esiste lo STATO STAZIONARIO.
Nella situazione:
Yt = A + b Yt-l
Il valore stazionario è Y = A + b Y cioè Y = A/1- b
Quindi voglio sapere se esiste un valore per
converge alla somma della serie se b < 1 con b ovviamente
Il termine bt Y0 va a zero.
Quindi se b < 1 il valore dello stato stazionario è dato da:
Yt+1
Yt+1
= A + b Yt
Tg a b
Yt+2 E
Yt+1
= A + b Yt < b < converge
se b <
Yt+1
a
A
45°
Il meccanismo va avanti fino a convergere nel punto di equilibrio E sia che si parta da destra del punto di equilibrio che da sinistra.
Se b > 1 le cose si complicano, non converge (sia partendo da destra che da sinistra vado fuori):
45°
Yt
L'intercetta deve essere negativa altrimenti non incontrerebbe la retta a 45°.
Con b > 1 l'equilibrio c'è ma non esiste meccanismo per raggiungerlo!
Considerare il tempo inoltre implica che se questi meccanismi avvengono, potrebbero avverarsi in periodi così lunghi da non essere significativi.
Vedi anche definizioni di CORRELAZIONE E CAUSALITA'.
Allarghiamo adesso il nostro modello considerando la moneta.
Un soggetto possiede una ricchezza pari a M + B, dove M rappresenta lo stock di moneta e B lo stock di titoli.
Attraverso i titoli e la moneta il soggetto può trasferire ricchezza nel tempo. Questi due valori sono grandezze fondo (cioè riferite ad un dato istante) e si contrappongono alle grandezza flusso (come ad esempio il reddito annuo).
Le grandezze flusso hanno bisogno di due istanti di tempo: un istante iniziale in cui abbiamo solo il tasso di variazione istantanea e un istante finale.
Si noti che il flusso non cambia in un dato istante la ricchezza.
Il secondo membro dell'equazione rappresenta la domanda di moneta e di titoli mentre il primo membro rappresenta la rispettiva offerta.
Se esiste equilibrio in termini di moneta esisterà equilibrio anche in termini di titoli quindi possiamo trascurare questo ultimo equilibrio.
I soggetti per Keynes domandano moneta per:
acquistare beni e servizi finali (fare transazioni);
motivi precauzionali per far fronte a situazioni di illiquidità Md
per speculare sul corso dei titoli.
L'ultima motivazione rappresenta una forte innovazione rispetto alla teoria neoclassica.
La domanda di moneta è funzione del tasso di interesse "i".
Md = $Y L(i)
+ -
"L" è una funzione del tasso di interesse.
Se aumenta $Y aumenta Md, mentre se aumenta il tasso "i" diminuisce la domanda di moneta poiché è più costoso tenere moneta che titoli.
Il segno meno sotto L(i) significa che la derivata della domanda di moneta rispetto al tasso i è negativa.
Per Keynes la speculazione dei soggetti avviene sul corso dei titoli.
Supponiamo di avere un titolo PB (la B sta per BOND) oggi che scade fra un anno, e a quella data il valore facciale del titolo sarà 100.
i
PB 100
Il tasso d'interesse nominale i 0. Da notare che il tasso reale può anche essere negativo.
Se deposito PB in banca, fra un anno avrò PB + i PB = 100.
PB (1 + i) = 100 da cui:
Le frecce evidenziano una relazione inversa fra il tasso di interesse e il corso del titolo.
Supponiamo che il corso dei titoli sia arrivato ad un valore così alto che tutti si aspettino che crolli.
Mi conviene vendere titoli oggi, cioè tutti vogliono tenere il patrimonio sotto forma di moneta.
Se oggi il titolo aumenta (gli operatori pensano che il titolo oscilli intorno ad un valore preciso) mi aspetto che domani diminuisca. Quindi mi aspetto che domani il tasso di interesse aumenti (per la relazione inversa prima accennata).
Oggi quindi mi conviene fare domanda di moneta (vendendo titoli). Oggi quindi aumenterà la domanda di moneta.
Quando tutti gli operatori si aspettano questo meccanismo ci troviamo nella c.d. TRAPPOLA DELLA LIQUIDITA'.
Se tutti gli operatori si aspettassero lo stesso valore da un titolo non si vedrebbero transazioni.
Con Keynes ("prekeynesiano") il modello era quello di Equilibrio Economico Generale che considerava i PREZZI RELATIVI.
I neoclassici chiudevano il modello con la teoria quantitativa della moneta.
dove M è lo stock di moneta che esiste nel sistema economico che è uguale all'offerta di moneta; V segnato è la VELOCITA' di CIRCOLAZIONE DELLA MONETA (cioè il numero di volte che in media ciascuna unità monetaria entra nel circuito delle transazioni di beni e servizi finali); Y segnato il reddito in termini reali (a livello di pieno impiego).
Si noti che ho una teoria "genuina" quando ipotizzo che V segnato sia costante cioè sia indipendente dal tasso di interesse (se aumenta "i" i soggetti si liberano delle scorte monetarie, fanno più transazioni di beni e servizi e alterano la velocità di circolazione della moneta).
Quindi ogni variazione di M si scarica su una variazione di P: cioè la moneta serve a controllare situazioni di inflazione.
Perché per i neoclassici (prima di Keynes) V non è influenzato da i?
Perché per i neoclassici la moneta "segno" non aveva alcuna utilità intrinseca e serviva solo per acquistare beni e servizi.
Nei neoclassici quindi è solo presente il motivo TRANSAZIONI. E' solo con Keynes che viene introdotto il motivo SPECULATIVO:
Md = $Y L(i)
Avremo equilibrio quando:
dove il primo membro rappresenta la domanda di moneta in termini reali; mentre l'ultimo membro rappresenta l'offerta di moneta.
In questo caso Y è variabile esogena[13] e i è variabile endogena .
i
Tassi
di interesse in equilibrio
Domanda in equilibrio con l'offerta di
moneta
i**
Md
i*
M/P M
Se aumenta il reddito in termini reali da parte dei soggetti, aumenta la domanda di moneta per finanziare le transazioni di beni e servizi
L'offerta di moneta non cambia.
C'è un mezzo alternativo per ottenere moneta: liberare dei titoli per ottenere moneta (quindi diminuirà il tasso di interesse perché diminuisce il corso dei titoli).
Questo meccanismo garantisce l'equilibrio (ottenuto mutando la situazione patrimoniale tra moneta e titoli).
Quindi:
Insieme delle coppie (Y , i) che
garantiscono l'equilibrio sul mercato della moneta
i
LM
Y
Si spostano masse monetarie fra intento speculativo e intento transattivo.
Abbiamo detto che l'offerta di moneta è un dato, ma bisogna comunque considerare che non è sotto il completo controllo dell'autorità economica.
Le autorità hanno il controllo della BASE MONETARIA.
H = moneta ad alto potenziale cioè banconote e monete metalliche che sono a disposizione dei soggetti privati e in mano delle banche sotto forma di riserve.
H = HP (base monetaria nelle mani dei privati) + HB (base monetaria nelle mani delle banche)
Sul testo HP è chiamato CU e HB è chiamato R.
Quindi H (detto anche PASSIVITA' A VISTA DELLA BANCA CENTRALE perché i soggetti potevano presentare le banconote per avere oro e argento) lo posso scrivere come:
H = CU + R
Le banche detengono solo una parte delle riserve nei confronti dei depositi: R = d D dove D sono i depositi e d è una percentuale.
I soggetti vogliono CU = cu D, dove cu è una percentuale, o meglio il rapporto ottimale che i privati desiderano raggiungere tra circolante e depositi.
Quindi:
H = CU + R = D (d + cu)
d è in gran parte sotto il controllo delle banche, mentre cu è in gran parte sotto il controllo di famiglie e imprese.
Ma cos'è l'offerta di moneta? Esistono diversi aggregati costruiti a seconda che diventi sempre meno liquida (attitudine che ha un bene ad essere trasformato in moneta) la moneta che venga aggiunta nell'aggregato.
L'aggregato più liquido (cioè più vicino alla domanda di moneta per transazioni) è:
M1 = CU + D
dove D è costituito da depositi in conto corrente e travel cache.
Si ricordi che la carta di credito non è considerata moneta.
Possiamo anche dire che:
M1 = CU + D = Dcu + D
M1 = D (1 + cu)
Quindi:
D = M1 / (1 + cu)
Ritornando alla base monetaria:
dove d < 1 e cu <
Quindi:
dove (1 + cu)/(d + cu) è detto MOLTIPLICATORE MONETARIO.
Le autorità monetarie non controllano M/P ma H/P cioè la base monetaria in termini reali:
La nostra trattazione considererà che M/P sia sotto il controllo dell'autorità economica.
Se la Banca centrale vuole immettere moneta nel sistema economico (M/P sale) può acquistare titoli sul mercato (aumenta l'offerta di moneta) il corso del titolo aumenta e il tasso di interesse scende i soggetti assorbono moneta.
Viceversa se vuole contrarre moneta deve vendere titoli il corso scende aumenta il tasso di interesse e quindi i privati vogliono acquistare titoli aumentando lo stock di moneta.
La Banca centrale oltre a queste due operazioni può variare il TASSO UFFICIALE DI SCONTO.
La Banca centrale infatti fa servizio di tesoreria provinciale per conto dello Stato. Alla Banca centrale si rivolgono le altre banche per l'operazione di "risconto". Se la Banca centrale aumenta il tasso di sconto è ovviamente più costosa l'operazione di risconto.
Perché aumenti la domanda di moneta a scopo transattivo deve aumentare il reddito.
EQUAZIONE IS:
Y = C (YD) + I
Y = c0 + c1 (Y - T) + I
Allarghiamo il campo e supponiamo che gli investimenti siano funzione di Y e i:
Y = c0 + c1 (Y - T) + I (Y, i) + G
+ -
Il segno "più" sotto a Y indica correlazione positiva tra reddito e investimenti.
Se aumenta gli interessi, gli investimenti sono scoraggiati (infatti costa di più chiedere finanziamenti per effettuare l'investimento, oppure usando capitale proprio mi conviene utilizzare il rialzo del tasso di interesse in maniera finanziaria).
Possiamo instaurare un legame tra la variabile esogena "i" e il reddito di equilibrio.
All'aumentare di i si abbassano gli investimenti e conseguentemente si abbassa il reddito di equilibrio cioè abbiamo una relazione discendente tra tasso di interesse e reddito.
Curva
IS: insieme delle coppie (Y, i) per cui abbiamo equilibrio.
i
Y
Supponiamo che:
dove d1 , d2 >
d1 è la componente indotta; d2 rappresenta la sensibilità degli investimenti nei confronti del reddito.
In tal modo la relazione IS:
dove (c1 + d1) <
Se aumento i mi sposto lungo la curva.
Se cambiamo T e G la curva si sposta:
i
Y
Se aumenta G la curva IS si sposta verso destra.
Cosa cambia se cambia la propensione al consumo o la propensione a investire?
Se aumenta la propensione al consumo (dc1 > ), la relazione IS diventa più piatta.
i
A
B C D
Y
Riduciamo il tasso di interesse (Di < ) della stesso valore di prima effetto espansivo sugli investimenti aumento di domanda aggregata aumenta il reddito.
Però se aumenta la propensione al consumo, l'effetto indotto è più alto del caso precedente (incremento di domanda aggregata maggiore di prima). Quindi se prima avevamo BC adesso abbiamo BD.
Linearizziamo anche la relazione LM:
dove f1 > 0 , f2 >
La
pendenza è data da f1/f2 = Tg a
Cosa succede se aumenta f1 (uguale per la diminuzione di f2)?
In termini di differenziale df1 >
Aumenta la pendenza di LM!
Supponiamo che aumenti il reddito come nel caso precedente (AB).
Vogliamo dimostrare che l'aumento del tasso i è maggiore di BC.
Adesso f1 è più grande di prima (f10 < f11) aumenta la domanda di moneta a scopo transattivo! Essendo rimasta inalterata l'offerta di moneta occorre un maggiore decremento della domanda di moneta a scopo speculativo (- f2 Di).
E questo può avvenire solo se aumenta il tasso di interesse.
Cosa accade se aumenta lo stock di moneta nel sistema economico? La LM si sposta come in ura:
i LM0
i0 0 LM1
i1 1
Y
Aumenta lo stock di moneta aumenta la domanda di titoli si alza il corso dei titoli si abbassa il tasso di interesse e questo permette di far aumentare la domanda di moneta a scopo speculativo.
Uniamo i due modelli:
L'equazione IS (equilibrio nel mercato dei beni):
e l'equazione LM:
i
i*
IS
Y* Y
Nel punto (Y* , i*) ho l'equilibrio.
Nel punto di equilibrio il tasso i* mi garantisce che ci sia equilibrio sul mercato dei beni e nel mercato della moneta.
Nella relazione IS parto da un certo tasso di interesse (variabile esogena) e ottengo il reddito per cui ho equilibrio sul mercato dei beni.
Se nel modello LM parto da un certo livello di reddito otterrò un tasso i per cui ho equilibrio sul mercato della moneta.
Nel punto di equilibrio (intersezione tra le due curve) preso Y* e inserito nel modello LM ottengo i* da cui sono partito per generare quel livello di reddito.
Quali sono Y* e i* ?
Facciamo un passo indietro:
IS: Y = c0 + c1 Y - c1 T + d1 Y - d2 i + G + I
Sostituisco alla variabile esogena i il tasso preso dalla relazione LM.
Sotto le ipotesi che (c1 + d1) < avremo che:
dove:
è chiamato MOLTIPLICATORE FISCALE e:
è chiamato MOLTIPLICATORE DELLA POLITICA MONETARIA.
Adesso partendo da:
e sostituendo al posto del reddito il reddito Y* otteniamo:
semplificando:
MOLTIPLICATORE DELLA SPESA PUBBLICA
Di quanto varia il reddito al variare di elementi della politica fiscale fermo restando la politica monetaria:
DA DG
DA -c1 DT
MOLTIPLICATORE DELLA POLITICA MONETARIA
Di quanto varia il reddito al variare di elementi della politica monetaria.
L'effetto sul reddito sarà dato da:
il valore del moltiplicatore aumenta se aumentano c1 e d1.
Ad esempio se aumenta la spesa pubblica T è aumentato c1 e d1.
L'aumento del reddito determina un effetto indotto sugli investimenti d1DY e sui consumi c1DY.
E' un effetto moltiplicativo tale che l'effetto sarà:
c12DY + d12DY
Se aumenta f1 e d2 o se diminuisce f2 cosa accade?
Supponiamo che aumenti f1:
Se aumenta G, aumenta il reddito, fa aumentare la spesa indotta dei consumi, la spesa indotta degli investimenti, l'offerta di moneta non è cambiata. Occorrerà una maggiore domanda di moneta a scopo speculativo, ma poiché il suo coefficiente di sensibilità (f2) non è cambiato, dovrà aumentare i rispetto a prima.
Se faccio il differenziale:
Poiché aumenta i allora diminuisce il volume degli investimenti (o aumenta di meno rispetto a prima o diminuiscono di più rispetto a prima). Tutto questo determina una variazione della domanda aggregata.
Rispetto a prima gli effetti indotti sono più contenuti.
Il moltiplicatore è più basso in IS che in LM, ora vedremo perché:
LM
C
B
i*
Y*
A
IS
Supponiamo che G aumenti o T diminuisca, la IS si sposta in alto verso destra, l'entità dello spostamento è pari al valore del moltiplicatore ordinario: [1/(1 - c1 - d1)] DG/o DT.
Però lo spostamento in termini di equilibrio non è AB, ma è inferiore perché è uguale ad AC e non ad AB:
AC = DY*
AB = DY = [1/(1 - c1 - d1)] DG
Aumenta G, allora aumenta il reddito, aumenta la spesa indotta in investimenti e consumi, ma l'aumento del reddito trova un limite dato dal fatto che la domanda di moneta a scopo speculativo e a scopo transattivi deve essere uguale all'offerta di moneta.
Questo genera un aumento della domanda di moneta a scopo transattivi e quindi verranno venduti titoli, si determina quindi un aumento del tasso di interesse.
Lo stock di moneta rimane inalterato e questo si vede dalla curva LM che rimane invariata.
In questo modello gli investimenti non sono più esogeni perché se non aumenta l'offerta, sale l'interesse e quindi scendono gli investimenti, pertanto non sono autonomi.
Se aumenta DG si trascina un aumento di reddito, allora si ha un aumento di domanda di moneta a scopo transattivi, questo si realizza mediante la vendita da parte del soggetto dei suoi titoli e questo determina un abbassamento del corso di questi ultimi e un aumento di i; se invece questi vengono assorbiti cioè acquistati dallo Stato attraverso una POLITICA MONETARIA ACCOMODANTE non si realizza un innalzamento dei tassi di interesse, allora il moltiplicatore del modello IS LM coincide con il moltiplicatore del modello IS.
Riguardo al modello LM per Keynes la curva che lo descrive non è sempre uguale, vi è un tratto normale e uno orizzontale.
LM
IS
Il tratto orizzontale viene chiamato TRAPPOLA DELLA LIQUIDITA' cioè vi è un livello di i che è così basso che tutti si aspettano che aumenti, oppure c'è un corso del titolo così alto che tutti si aspettano che scenda, quindi in questo caso, vendono, ma chi li acquista? Nessuno li vuole acquistare. Può intervenire lo Stato, che dà in cambio moneta, che i privati non utilizzeranno in nessun modo trattenendola in forma liquida, tesorizzata; se è raddoppiato M e le transazioni non aumentano, la V si è dimezzata perché ho le stesse transazioni e moneta doppia, ma uno dei postulati della teoria quantitativa era che V non poteva essere influenzata, pertanto viene messa in crisi questa teoria.
Da questa situazione patologica non se ne esce e l'unico modo è l'intervento diretto dello Stato attraverso la variazione della spesa pubblica.
Fridman adotta uno schema della teoria quantitativa della moneta MV = $Y (dove $Y è il reddito monetario) e distingue:
BREVE PERIODO: i prezzi non sono perfettamente flessibili, vi sono situazioni ad esempio di oligopolio, quindi nessuno ci garantisce che siano a livelli ottimali e che si sia in situazioni di piena occupazione; quindi i prezzi sono dati e si adotta questa teoria per trovare il livello del reddito:
LUNGO PERIODO: i prezzi sono flessibili, nel lungo periodo è garantita la piena occupazione e il prezzo sarà a livello concorrenziale, i prezzi sono uguali al prezzo medio minimo (nel caso in cui vi sia ovviamente libertà di entrata), il reddito è livello di pieno impiego e in questo caso vale la vecchia teoria quantitativa:
Per Keynes invece variazioni del reddito si scaricano sulla velocità di circolazione della moneta.
Nei neoclassici (A. Pigou):
W/P
Salario reale
Domanda
di lavoro Nd
N
Keynes ci dice che in queste situazioni siamo in sottoccupazione , salario reale alto; se l'offerta è più alta della domanda (situazione descritta dal punto A), le imprese non riescono a collocare tutto il prodotto sul mercato quindi calano i prezzi e se calano alla stessa velocità dei salari, il salario reale non cambia, l'obiezione di Pigou ci dice che in questo caso di tesorizzazioni della moneta si giungerà a prezzi così bassi e il potere della moneta così alto che pure i soggetti più pessimisti inizieranno a ad acquisire beni e servizi. Le scorte reali di moneta inizieranno a essere investite nei consumi, quindi nello schema ISLM si muove la IS quindi Keynes non ha dimostrato niente perché non ha messo in crisi la teoria neoclassica.
Riprendiamo le formule:
Supponiamo di ridurre il disavanzo del settore pubblico partendo dalla situazione di equilibrio I = S + (T - G) o aumentando T o diminuendo G. Con tali presupposti aumenta l'investimento I dei privati.
Cosa accade se DG > Il disavanzo sicuramente peggiora (fermo restando S).
Supponiamo che gli investimenti privati siano:
Nel nostro caso la componente autonoma (I segnato) non cambia, ma poiché cambia G, varierà il reddito (incrementandolo) e il tasso di interesse (incrementandolo).
Avrò che signDI = signDG se d1f2 - d2f1 >
In questo modo sappiamo che aumenta G, gli I privati sono aumentati.
d1 coefficiente di sensibilità degli investimenti al reddito.
Di quanto può variare il tasso di interesse se aumenta il reddito?
p1x1
p1 è il numero delle unità di conto (monetario) per acquistare un bene.
1/p1 è la quantità che si riesce ad avere con una unità monetaria.
1/f2 è la quantità di tasso di interesse che si ottiene con una unità monetaria.
(1/f2) DY è la quantità di i che si ottiene con un incremento del reddito pari a DY.
d1 è l'effetto diretto del tasso di interesse sul reddito.
d2 (f1/f2) impatto sugli investimenti di una variazione unitaria di reddito indiretto perché attraverso il mercato monetario (con tasso di interesse) la condizione è che l'effetto diretto sia maggiore di quello indiretto d1 > d2 (f1/f2).
Se aumenta G non è vero che peggiorano gli investimenti privati.
Se esiste d1 > d2 (f1/f2).
Se vale invece d1 < d2 (f1/f2) allora se aumenta G si ha una riduzione degli investimenti.
APPLICAZIONE IN CONCRETO:
Nel 1990 si riunisce la Germania, le condizioni erano molto diversificate tra le 2 Germanie, il livello della Germania Est era molto più basso. Le industrie orientali erano molto arretrate a livello tecnologico, erano necessari trasferimenti di reddito nelle famiglie orientali, era necessario riconvertire l'industria pesante in industria leggera, erano pertanto necessari incentivi alla spesa pubblica. La Germania dell'Ovest aveva una crescita del PIL del 4% e un avanzo complessivo di bilancio dello 0,2 %, in conseguenza il deficit da 0,2 a 0,8% negativo; aumentarono i tassi di interesse dal 7% al 9,2%, aumentarono le tasse per l'effetto repressivo del bilancio; tutto ciò avrebbe portato ad un aumento della domanda aggregata (che avrebbe innescato un fenomeno inflativo) per contenerlo la Bunde's Bank iniziò a ridurre le scorte monetarie, riducendo l'offerta di moneta, aumentando i tassi di interesse. Questo cambiamento ovviamente influenza anche il tasso di interesse degli altri Paesi, ciò permise di drenare risorse in Germania a danno degli altri Paesi. Lo stesso accadde negli USA anni prima.
i
A
Y
Nel 1929 abbiamo una grossa crisi economica. L'intervento dello Stato ebbe esiti positivi fino agli anni '70 (trionfo della teoria keynesiana). Dalla metà degli anni '70 abbiamo una crisi petrolifera inizia una crisi da parte dell'offerta, i maggiori problemi da crisi dell'offerta SUPPLY SIDE ECONOMY il cui esponente più noto è Laffer.
ALIQUOTE
t1 t2
La gente non va a lavorare perché tutto
andrebbe allo Stato.
T = T + tY
dove T è la componente autonoma e tY la componente indotta in base al reddito.
Per Laffer gli Stati Uniti sono nella situazione B ed afferma che potrebbe diminuire la tassazione e aumentare il gettito. Il problema è che Laffer non sapeva in realtà se era in A o in B.
Reagan è convinto che gli Stati Uniti sono in B e così si ha una diminuzione delle aliquote, ma tutto questo non ha un effetto positivo, anzi aumenta il disavanzo.
Sarà la scuola "macroeconomica classica" e "supply side economy" che ispireranno le politiche di Reagan e della Tacher.
LE ASPETTATIVE
Perché esiste un problema di aspettative?
Non esistono in tutti i mercati i contratti a termine, acquistando al prezzo di oggi con conseguenza futura (esiste in alcuni prodotti del mercato agricolo).
Poiché non esiste in tutti i mercati allora i soggetti devono fare delle valutazioni soggettive sull'andamento futuro.
Nasce quindi il problema delle aspettative.
Quali tassi devo considerare?
TASSO DI INTERESSE NOMINALE
Pt (1 + i) somma che devo restituire tra 1 anno.
Pt somma presa a prestito.
Fra un anno a quanto pane deve rinunciare per aver acquistato il pane oggi?
Il problema è che non so il prezzo del pane futuro!
Pag. 161
CURVA IS:
IS
dove AD è la domanda aggregata e Y l'offerta.
Se invece AD -Y è positivo la f avrà per valori positivi del dominio valori positivi del condominio.
fIS (0) = 0 punti sulla IS.
PUNTO A (YA , iA): Il tasso di interesse in A che mi garantisce (iC). L'equilibrio è più alto di iA, ma in iC gli investimenti sono più bassi perché il tasso di interesse è più alto:
I(YA , iA) > I(YA , iC)
Poiché il reddito e la spesa pubblica sono le stesse, quindi anche il consumo, quello che cambia è il volume degli investimenti.
In A avrò un eccesso di domanda aggregata allora il dominio è positivo e quindi anche il suo condominio.
La domanda si sposta (ED), la variabile reddito si sposta in questa direzione ( ), nella IS posso solo muovermi così perché l'interesse i è una variabile esogena nel modello IS.
PUNTO B (YB , iB): Gli investimenti sono più alti nel punto D rispetto al punto B perché in D l'interesse è più basso a parità di reddito.
Ma in B ho lo stesso C e G, ma la domanda aggregata in B è minore rispetto a quella in D, avrò in questo caso un eccesso di offerta.
EDG e ESG (excese supply of goods)
Se esiste un eccesso di offerta sulla domanda quindi f(AD - Y) è negativo e quindi il tasso di variazione del reddito è negativo dY/dt.
Vale per ogni punto che sta sopra la IS.
CURVA LM:
con (Md / P) = YL(i)
Con la funzione G che ha le stesse caratteristiche della funzione f G(0) = 0 G' > 0
Cosa succede se la domanda di moneta è maggiore dell'offerta di moneta, allora il tasso di interesse cresce.
Se esiste un eccesso di offerta sulla moneta allora GLM (0) = 0.
i B D
iA YB YC YA Y C A
PUNTO A: in A il reddito che ci garantisce l'equilibrio è minore, YC < YA, ho lo stesso i.
La domanda di moneta in YA è maggiore dell'offerta, cioè avrò un eccesso di domanda di moneta.
In particolare la domanda di moneta a scopo speculativo è invariata, mentre la domanda di moneta a scopo transattivo in C è minore di A.
Avrò che il tasso di interesse cresce (EDM).
PUNTO B (YB , iB): ho un valore di reddito più basso. In B la domanda di moneta a scopo transattivo è minore del punto D.
Quindi in B avrò un eccesso di offerta di moneta.
Il tasso di interesse scende.
B A
C D IS LM
A i sale, il reddito scende;
B i scende, il reddito scende;
C i scende, il reddito sale;
D i sale, il reddito sale.
Il movimento del sistema deve essere una combinazione dei due movimenti.
Nulla vieta che la nostra situazione sia un insieme di ellissi.
Il ciclo dipende dal punto in cui parto.
Il sistema è stabile e non esce mai dalla situazione di equilibrio in cui mi muovo.
LM
IS
PERCHÉ:
Il mercato della moneta si aggiusta più velocemente del mercato dei beni quindi il sistema si muove sempre sulla LM (cioè adesso abbiamo un sistema unidimensionale e non bidimensionale con LM e IS).
E' come se il sistema fosse isomorfo si basa solo sulla LM. Ho una dinamica unidimensionale, si aggiusta solo la variabile del modello LM.
CONTINUO ASPETTATIVE
t it t + 1
1 Kg Pi (1 + it)
Quanto mi costa il capitale che devo restituire?
cioè con una lira al tempo (t + 1) quanto bene posso acquistare.
Pt+1e è il prezzo atteso del bene al tempo (t + 1).
è invece la quantità di beni a cui dovrò rinunciare domani avendo preso oggi a prestito una somma Pt.
Posso anche prendere una somma Pt e darla a prestito.
Per l'arbitraggio:
Dove rt è il tasso di interesse reale e (1 + rt) è il fattore di interesse.
Questo per evitare guadagni infiniti.
Supponiamo che:
Prendo a prestito £ Pt e acquisto 1 unità del bene e ottengo domani (i + rt).
Oggi Domani
Pt Pt (1 + it)
1 Kg (1 + rt)
dove Pt (1 + it) è la somma da restituire e (1 + rt) la somma che mi danno tra 1 anno che vale Pt+1e.
Poiché:
T mi conviene fare l'operazione.
TASSO DI INFLAZIONE
che è uguale a scrivere:
dove
è il FATTORE DI INFLAZIONE.
Da notare che:
nel continuo è una relazione esatta (it è il tasso di interesse nominale).
(1 + i) è il fattore del tasso di interesse nominale; (1 + p è il fattore di inflazione; (1 + r) è il fattore di tasso di interesse reale.
Vale solo nel continuo, è una relazione approssimativa.
i r + p
Cosa vuol dire che il tasso di interesse nominale è alto e il tasso di inflazione è alto?
Vi cambia la struttura dei debiti perché i venditori vogliono che siano ati anticipatamente mentre i compratori vogliono dilazionare i prestiti.
L'operazione di sconto serve a rendere possibile confronti tra somme di denaro che si realizzano a tempi diversi riportandoli al tempo iniziale.
Serve a rendere liquida una somma di denaro disponibile nel tempo riportata al tempo attuale.
t t +1 t + 2 t +
n -1 t + n
Il valore attuale (fattore di sconto):
Al tempo (t + 1) ottengo un flusso Zt+1, se lo riportiamo al tempo t si ottiene (Zt+1)/(1 + it).
La somma di denaro disponibile al tempo t + 2 riportata al tempo t + 1 è:
La somma di denaro disponibile al tempo t + 2 riportata al tempo t è:
Sono tutti valori attesi perché non so quanto sarà il tasso di interesse fra un anno.
A questo punto sommo con il precedente flusso e tutti gli altri flussi futuri:
Questo è il valore attuale di una serie di flussi di somme di denaro disponibili in diversi periodi di tempo.
È la stessa cosa lavorare in termini nominali che in termini reali.
Vediamo che è la stessa che grandezze reali:
dove Pt è il livello dei prezzi al tempo t.
All'interno dell'equazione:
Diventa una grandezza in termini reali Zet+1.
Poi sappiamo che:
quindi:
Sappiamo anche che (1 + pte)(1 + it) = (1 + it).
Per il secondo membro ottengo:
All'interno dell'espressione:
Grandezze in termini reali Zt+2e.
Quindi:
Torniamo alla Vt in termini reali:
In questo caso il valore attuale diventa:
Mettiamo in evidenza Z/(1+i):
La parentesi tonda è una serie geometrica di ragione 1/(1+i) la cui somma è:
Nel caso in cui i si approssima a zero abbiamo:
La presenza del tasso di interesse reale e del tasso di interesse
nominale comporta un cambiamento negli schemi IS-LM.
Il rendimento dei titoli è uguale a (i - pe
Il rendimento sulla moneta è uguale a (-pe
Faccio la differenza e ottengo: (i - pe pe) = i cioè il tasso di interesse nominale.
i = r + pe
Ipotesi: i = r
tasso di interesse pe
Supponiamo che pe > 0
i = r + pe
Il tasso di interesse nominale deve stare lo stesso.
Per avere lo stesso interesse nominale avendo inizialmente i* = r* devo:
r* - pe per avere i* = r*
Deve diminuire il tasso di interesse reale per quanto è aumentato il tasso di inflazione.
Una conseguenza (per avere l'equilibrio):
Aumenta il tasso di interesse reale ma meno del tasso di inflazione.
Aumenta il tasso di interesse nominale in misura minore rispetto al tasso di interesse reale.
Aumenta il reddito lentamente.
C = c0 + c1 (Y - T)
c1 determina tutti i valori del moltiplicatore costante.
La prop. media è decrescente.
"Se la grand. marg. è decrescente anche la grand. Media è decrescente".
Simon Kutzents stimando sulla base dei dati aggregati le p. al consumo capì che la prop. media nel lungo periodo era costante.
(*) risente molto del reddito disponibile corrente. Keynes accetta i postulati della teoria marginalista accettando questi postulati; non è vero che un sistema privato sia in grado di raggiungere la piena occupazione.
A partire dagli anni '50 vennero elaborate due teorie:
(*) La teoria del ciclo vitale di Modiglioni (pone l'accento sui redditi) e la teoria del reddito permanente: i soggetti privilegiano non il reddito corrente, ma il reddito permanente (formazione delle aspettative esplicita).
Otto, nove anni fa il Trattato di Maastricht fu respinto dalla Danimarca.
L'80% di una svalutazione si ripercuote in termini di inflazione.
Nel 1991 e 1992 non ci fu inflazione perché ci fu una forte caduta dei consumi (crisi di fiducia delle famiglie e forte inasprimenti fiscali).
Rallentò la dinamica salariale, caduta in termini di occupazione, diminuzione del PIL, cambiamento nelle abitudini di consumo, dovevano risparmiare per formare pensioni integrative (a causa della crisi delle pensioni).
Questo segnala che C non dipende come presupposto dal reddito disponibile.
"Teoria del consumo con aspettative".
Teoria neoclassica:
max U(x1, . , xn)
scegliere un vettore di beni tale che il vincolo con i prezzi sia soddisfatto.
Se distinguo i beni secondo una componente merceologica o a seconda del tempo (beni uguali disponibili in tempi diversi sono diversi).
Se distinguo i beni secondo lo stato di natura (es.: vinto alla lotteria) non è la stessa cosa.
Se distinguo i beni secondo queste caratteristiche allarghiamo;
max U(c1 ,c2)
presente futuro
R non è più il reddito ma la ricchezza di cui dispone il soggetto nel periodo iniziale.
Bisogna distinguere la ricchezza umana e la ricchezza non umana che è immobiliare e finanziaria al netto delle tassazioni.
Abbiamo allora:
p1c1 + p2c2 p1y1 + p2y2
p1 è il prezzo da are oggi per una unità c1;
p2 è il prezzo che o oggi per consegna del bene, domani.
quest'ultimo è il prezzo che o domani perché domani sia consegnata un'unità del bene 2.
Quest'ultimo è uguale perché è a pronti, è bene corrente.
Posso dividere tutto per p1.
1/p2 è la quantità del bene 2 cui viene consegnata ando un'unità.
p1/p2 è la quantità del bene che sarà consegnata domani p2, in cambio di p1 unità ate oggi.
Se rinuncio ad una unità del consumo oggi e lo do a prestito cosa ottengo domani?
Mi devono dare (1 + r) unità.
Se il tasso di interesse reale è positivo il p. a termine è più basso del p. a pronti.
Cercherò un limite a r, può essere anche negativo: - 1 r.
Sulla moneta invece il tasso non può essere negativo.
Sapendo che p2 segnato è il p. di domani e p1 segnato è il p. di oggi:
INFLAZIONE:
0A = max quantità del bene c1 che posso comprare: (1 + r)y1 + y2.
0B = max quantità consumata del bene 1: y1 + (y2)/(1 + r); Tga = - (1 + r).
max U(c1 , c2)
Se le curve di indifferenza fossero concave (invece che convesse) la soluzione sarebbe solo nell'acquisizione di un bene.
S.M.S.
p1/p2 = 1 + r
dove u(c1) è l'utilità del bene presente; (1)/(1 + q) significa "riscontata); u(c2) è l'utilità del bene futuro.
Nella teoria del consumatore non c'è un'unica funzione, ma tutte le trasformazioni monotoniche di una funzione di U sono funzioni di utilità. Non deve misurare esattamente la soddisfazione del soggetto, ma deve fare una scala sulle preferenze.
Se U è una funzione di Morgerstern G = aU + B.
G rappresenta lo stesso ordinamento di Morgerstern con a > , mantengono le differenze in termini di prospetti.
G(x1) - G(x) = a (Ux1 - Ux)
Max U(c1 , c2) è uguale a :
In questo caso posso prendere solo trasformazioni lineari affini.
r mi dà il saggio di preferenza soggettiva. Se r > 0 il soggetto è impaziente T a parità di beni oggi e domani, lo preferisce oggi, anche se non è detto che non voglia beni domani T domani per avere la stessa soddisfazione gli occorre più beni:
Questo implica che r > 1 T r > c2 > c1.
Per trasferire beni nel tempo voglio avere un compenso, un interesse. Se r < 0 mi farei del male. Se r è indifferente per me tra oggi e domani a parità di quantità T c1 = c2. Vettore delle derivate parziali:
L'utilità marginale c1:
oppure:
(1 + r) fattore di interesse sul mercato (deriva dal mercato)
r fattore di scarto soggettivo (deriva dalla struttura delle preferenze).
r = r T (1 + r)/(1 + r T l'utilità marginale del primo bene è uguale a quella del secondo, dato r. L'utilità marginale è decrescente perché la funzione è concava T esiste un'unica coppia di valori che lo soddisfano T c1 = c2. Il soggetto sceglie un paniere di consumo ottimale che è costante rispetto ai flussi di reddito .
r > r T (1 + r)/(1 + r) > 1 T U/ c1) > ( U/ c2); dato che è crescente T c1 < c2. Consumo di meno oggi dato che consumo di più domani. Se risparmio oggi, domani mi danno una quantità (1 + r) maggiore di quella utilità (1 + r che perdo oggi non consumando il bene.
r < r T (1 + r)/(1 + r) < 1 T U/ c1) < ( U/ c2); dato che sono decrescenti, si consuma più oggi che non nel futuro: c1 > c2. Se r > 0 non implica che consumerò più nel presente, perché dipende dall'interplay tra grandezze soggettive/oggettive del mercato.
U(ct) Log ct
[r > r T c1 < c2 T non contraddice il fatto della impazienza, ma dipende dalla struttura dei prezzi sul mercato e soggettivo (r Impaziente se r =
Se r > 0 T p1 = p2 T r = 0 non costa nulla trasferire ricchezza nel tempo.
r < r T c1 > c2.
r > r T c1 < c2
T perman:
REDDITO PERMANENTE = livello di y, che se il soggetto lo percepisse in ogni momento mi manterrebbe costante il valore attuale della ricchezza.
yp = somma dei primi t termini della serie geometrica di ragione 1/(1 + r).
T
N.B.: il tasso di interesse costante.
Hp: r = r T c1 = c2 consumo costante nel tempo.
Consumo = reddito permanente
C/ yp) = 1; se yp sale T sale C dello stesso ammontare; le aspettative, nei più sale yp (scatto di carriera) T sale C dello stesso ammontare, viceversa per sapere l'impatto T propensione marginale al consumo.
Questa è la derivata della funzione composta (C è funzione di yp e yp è funzione di y1).
La f. è una particolare funzione identità
Propensione marginale al consumo nei confronti di y corrente. E' minore di uno per costruzione.
Importanza di 1 - (1/1 + r)T T contributo tanto più piccolo quanto è lontano l'orizzonte temporale.
Non è in contraddizione con Keynes ma anche y futuro incidono sul C del soggetto, oltre a y corrente. Impatto di DY è totalmente diversa .
Vedi . 214 VINCOLO DI LIQUIDITA'
Primo vincolo di liquidità:
A) - c1 y1 e c2 = y2 + (1 + r) (y1 - c1)
L'altro vincolo è :
B) - B1: c2 = y2 + (y1 - c1) (1 + r) sse c1 y1 r < r'
- B2: c2 = y2 + (y1 - c1) (1 + r') sse c1 > y1
Rappresentiamo i due vincoli :
B2 si applica quanto il soggetto consuma più nel primo periodo del reddito perpecito.
Vediamo come l'esistenza dei due vincoli può rendere sensibile il consumo sul reddito.
Se aumenta il reddito corrente, aumenta anche il consumo;
Se aumenta il reddito del periodo futuro non aumenta il reddito corrente.
Il soggetto preferisce consumare più il bene 1 che il bene futuro.
In condizione perfette, è disposto a prendere una parte della ricchezza futura per consumarla ora quindi il consumo futuro.
Mentre con l'esistenza di vincoli, il soggetto deve are un prezzo più alto per fare queste operazioni quindi non gli conviene. Quindi un aumento del reddito presente si trasferisce nel consumo del bene presente.
La propensione marginale al consumo è 1.
Aumenta il reddito del periodo futuro.
Il consumo è l'aggregato più importante del PIL (rappresenta i 2/3 del PIL). L'altro aggregato è l'investimento.
Perché tanta importanza all'investimento?
Nel lungo periodo è comprensibile perché occuparsi dell'investimento, visto, che dà luogo a stock di capitale.
L'investimento è l'elemento più instabile nel sistema economico, ecco perché ci interessa anche nel breve periodo.
L'andamento del PIL nel tempo si articola così:
Esiste un rapporto costante tra capitale e prodotto:
V* = K/Y
V = valore del capitale prodotto ottimale.
Lo possiamo anche scrivere come K = Y V
. otteniamo così il capitale ottimale.
Gli investimenti netti al tempo t (si noti che gli investimenti netti possono essere negativi, mentre quelli lordi sono sempre positivi):
It = Kt+1 - Kt
Kt + It = Kt+1
ma:
Yt+1 V* = Kt+1
Yt V* = Kt+1
sostituendo:
It = V* (Yt+1 - Yt)
Il livello degli investimenti netti al tempo t è legato al rapporto tra capitale e prodotto e la variazione del PIL al tempo (t + 1) e t.
Quando il PIL rimane costante gli investimenti netti sono nulli.
Ad incrementi sempre minori del PIL cade il livello degli investimenti netti.
Mentre se il PIL si contrae gli investimenti diventano negativi.
Nella teoria neoclassica perché si fa un'attività di capitale
Se il flusso di profitti futuri è maggiore del costo degli investimenti; devo considerare che il bene si logora e quindi che è soggetto ad ammortamento.
Se l'ammortamento di un macchinario è d dopo un anno avrò: (1 - d) e dopo due anni avrò (1 - d)2, quindi nel tempo avrò una serie geometrica:
dove Vt è il valore attuale al tempo t e Pt+1e sono i profitti che attendo al tempo (t + 1).
Attraverso l'operazione di sconto per rendere omogenee le grandezze che sono:
Le devo confrontare con il costo di acquisto.
Ct < Vt
q = Vt/Ct
Se il rapporto è minore di 1 non si fa l'attività di investimento, mentre se è maggiore 1 si fa l'investimento.
Quanto abbiamo fatto è riferito ad un unico bene, nel caso in cui si consideri il sistema economico poi dobbiamo verificare la variazione del flusso dei profitti attesi con il costo atteso, dovrò calcolare una q marginale.
q marginale non lo posso calcolare.
Posso invece calcolare il rapporto tra il valore attuale e il costo di acquisto del capitale q media.
q media = q marginale se valgono i rendimenti costanti di scala.
Il valore della capitalizzazione dell'impresa è il valore delle azioni.
Se consideriamo l'investimento eterno e l'ammortamento eterno i profitti sono costanti e il tasso di sconto è costante.
dove r è il prezzo del servizio; d l'ammortamento e (r + d il costo di utilizzo del capitale.
Modello: rappresentazione semplificata ed analogica della realtà, formalizzata attraverso espressioni matematiche e suscettibile di essere studiata con metodi statistici.
Stagflazione: situazione in cui vi è disoccupazione elevata, perché l'economia è in fase di ristagno, ma contemporaneamente si registra anche una forte e persistente inflazione.
OPEC: organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (escluse USA e Russia) fondata nel 1960: WWW.OPEC.ORG.
Scuola neoclassica: scuola di pensiero che caratterizzò l'analisi economica tra la fine del diciannovesimo e i primi decenni del ventesimo secolo. La corrente neoclassica ebbe i suoi precursori negli autori del marginalismo come Menger, Jevons e Walras.
Lucas, Robert E. jr. (1937) : economista statunitense. Docente all'Università di Chicago. Caposcuola delle "aspettative razionali". Importanti i contributi in campo macroeconomico relativi all'inefficacia dell'uso dei modelli econometrici per le decisioni di politica economica. Premio Nobel per l'economia nel 1995.
Arrow, Kenneth, Joseph (1921): economista statunitense. Premio Nobel nel 1972 per il suo contributo alla teoria generale dell'equilibrio economico.
Walras, Marie Esprit Léon (1834, 1910): Economista francese, ordinario della cattedra di economia politica dal 1870 al 1892 presso l'Università di Losanna. Il suo contributo più significativo al pensiero economico deve ricercarsi nella prima completa formulazione dell'equilibrio economico generale. Attraverso un modello matematico Walras dimostrò come la domanda e l'offerta di ciascun bene o servizio è funzione dei prezzi di tutti i beni e servizi, ed essendo i mercati interdipendenti l'equilibrio economico generale è raggiunto quando queste due grandezze si eguagliano su ciascun mercato.
Beni strumentali: sono beni che non vengono consumati direttamente ma vengono impiegati per produrre altri beni, come accade per gli impianti industriali, le materie prime o l'energia.
Sistema economico: complesso di elementi economici, istituzionali, sociali che, organizzati in diversi modi, mirano a garantire il raggiungimento di determinati obiettivi economici quali equilibrio, crescita e distribuzione della ricchezza.
Keynes, John Maynard (Cambridge, 1883 - Firle Beacon, 1946): economista inglese. lio di John Neville (professore di economia a Cambridge) e di Florence Ada Brown, studio ad Eton e poi al King's College di Cambridge dove si laureò nel 1905. A soli 28 anni divenne direttore dell' Economic Journal carica che mantenne per tutta la vita, e nel 1913 diede alle stampe il suo primo libro di economia (Indian Currency and Finances), un' attenta analisi dei pregi e dei difetti del gold standard.
Tornato in patria dopo aver fatto parte della delegazione britannica alla Conferenza per la pace di Parigi al termine della prima Guerra mondiale, scrisse Le conseguenze economiche della pace libro dai toni polemici in cui i vincitori del conflitto venivano accusati per l' eccessiva durezza delle riparazioni imposte alla Germania. Questa, profetizzava l' economista, nel tentativo vano di are il dovuto, avrebbe subito un dissesto economico di dimensioni tali da ripercuotersi negativamente su tutta l' Europa.
Moneta: bene comunemente accettato come unità di misura del valore, mezzo di scambio e di amento (potere liberatorio dei amenti). In teoria, la funzione di intermediario degli scambi potrebbe essere svolta da una qualunque merce convenzionalmente accettata da tutti. In pratica la moneta deve possedere alcune caratteristiche che la rendano atta a svolgere tale funzione: facile trasferibilità, conservabilità, divisibilità, stabilità di valore e omogeneità. Anche se i beni che posseggono questi requisiti in misura maggiore sono l'oro e l'argento, in tutti i sistemi economici contemporanei i metalli preziosi sono stati sostituiti dalla carta-moneta.
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