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Dispersione Intramodale e Attenuazione
La realizzazione di fibre monomodali si è resa
necessaria per contrastare il fenomeno della dispersione intermodale.
Sfortunatamente è possibile avere dispersione di un segnale anche in
condizioni di monomodalità; infatti, per questo tipo di fibre, si
presenta il fenomeno della dispersione
intramodale. Essa è causata dalla cosiddetta dispersione
cromatica, dovuta ad una proprietà fisica dei vetri silicei con cui
la fibra viene realizzata. Da un punto di vista ottico, il vetro è un
materiale lineare, ovvero ad esso è applicabile il principio di
sovrapposizione degli effetti ma, sfortunatamente, è dispersivo, ovvero
l'indice di rifrazione viene a dipendere dalla lunghezza d'onda del segnale,
cioè n = n().
In un mezzo dispersivo segnali di lunghezza d'onda diverse si proano con
velocità diverse. In particolare, se il segnale è modulato, esso
è scomponibile come sovrapposizione di più oscillazioni
monocromatiche a diverse lunghezze d'onda su di un intervallo centrato attorno
alla lunghezza d'onda portante 0.
Poichè n = n(f), la velocità di proazione vg della
generica componente dipende dalla frequenza, vg = vg(f).
E' evidente che, se le componenti di un segnale modulato si proano nel mezzo
con velocità di gruppo diverse, una volte raccolte all'estremità
di uscita della fibra, esse si ricombinano con ritardi diversi, dando
così luogo ad una distorsione lineare di fase. E' possibile studiare il
fenomeno della dispersione cromatica utilizzando, ancora una volta, il
formalismo degli inviluppi complessi, considerando un'onda piana modulata
monocromatica, che si proa in un mezzo omogeneo, isotropo, lineare,
dispersivo e senza perdite, lungo l'asse z.
Poichè il mezzo è lineare, possiamo studiare il fenomeno cercando
di ricavare la risposta in frequenza (che caratterizza completamente un sistema
lineare) del sistema costituito dalla fibra stessa. Sfruttando il fatto che
quando l'ingresso di un sistema lineare è una oscillazione
monocromatica, di frequenza ,
anche l'uscita è monocromatica di frequenza ,
al più modificata in ampiezza e fase proporzionalmente al valore che
assume la risposta in frequenza per quel valore di , si trova
con facilità un'espressione per la risposta in frequenza H()
della fibra.
Introducendo il coefficiente
di dispersione
e supponendo che il mezzo sia debolmente dispersivo (n() varia poco se la banda è modesta rispetto alla lunghezza d'onda portante 0), è possibile scrivere un'espressione di H() approssimata
.
Si può subito osservare che, se il mezzo è non dispersivo, allora
e la H()
si riduce al consueto termine di ritardo di gruppo.
Applicando l'analisi precedente al caso di una fibra monodimensionale, si trova
che il ritardo differenziale massimo, dovuto alla dispersione cromatica,
può essere espresso come
.
Il parametro D diviene perciò un parametro molto importante per descrivere il comportamento di una fibra monomodo. D viene fornito, generalmente, in unità ps/(nm*Km) e indica l'aumento della durata di un impulso caratterizzato da una lunghezza spettrale che ha viaggiato per un chilometro in fibra.
. 1.2 - Andamento del coefficiente di dispersione D, in
funzione della lunghezza d'onda, e sue componenti.
Dalla ura precedente si può osservare che, quando
1,3
m
(ZD,
Zero Dispersion), il coefficiente di dispersione è praticamente nullo
mentre, quando 1,55
m,
il coefficiente di dispersione vale 12 ps/(nm*Km) circa. Considerando che lo
spettro del segnale che viene trasmesso ha un'estensione non nulla intorno alla
lunghezza portante 0
= ZD,
le varie componenti risulteranno in qualche misura ritardate e, quindi, un
piccolo grado di dispersione è presente anche intorno a ZD,
derivante da fenomeni dipendenti da derivate di ordine superiore di .
Elaborandone ulteriormente l'espressione, si trova che D può scomporsi
in due termini (entrambi in ura a tratto più sottile): DM,
indice di dispersione dovuto al materiale e DW, indice di
dispersione dipendente dalla guida d'onda e, quindi, D = DM + DW.
Più precisamente, DM viene determinato considerando la sola
dipendenza di n1 da nel
nucleo, mentre DW dipende dalla geometria della fibra e da entrambi
i valori di n1 e n2. E', allora, possibile agire sulla
geometria della guida e su n2 riducendo DW, in modo da
ottenere fibre per le quali la ZD
si sposta intorno a 1,55 m.
Questo tipo di fibre vengono indicate come fibre a dispersione traslata (o spostata), indicata nella precedente ura come DS.
1.3.1 - Fenomeni di Attenuazione Lineare
Nell'analisi condotta fino a questo momento è stata sempre trascurata la possibilità che potesse essere presente un fenomeno di perdita durante la proazione all'interno del nucleo. Non si è tenuto conto che il segnale luminoso, durante la proazione guidata, subisce una attenuazione che può essere ricavata dalla seguente equazione differenziale
dove, evidentemente, P(z) indica la potenza di segnale su di una sezione trasversale del nucleo, è il coefficiente di attenuazione e si è assunto che si abbia un decadimento di potenza esponenziale in confronto della lunghezza di fibra percorsa. Il coefficiente di attenuazione, normalmente espresso in dB/km rispetto alla lunghezza L espressa in chilometri, può scriversi come
.
Le prime fibre fabbricate erano caratterizzate da un coefficiente intorno ai 1000 dB/km e, quindi, non ne consentivano l'uso pratico. L'americana Corning Inc., nel 1970, mise a punto un sistema di fabbricazione (OVD) che consentì di produrre fibre ottiche con 20 dB/km quando = 0,85 m. Attualmente per le fibre convenzionali in materiale vetroso si arriva ad 0,15 dB/km quando = 1,55 m per una fibra monomodale. Da queste poche righe si intuisce che il coefficiente è dipendente dalla lunghezza d'onda , anche in maniera forte, per il quale si è ricavato sperimentalmente il seguente andamento
. 1.3 - Attenuazione in fibra in funzione della lunghezza
d'onda.
in cui si nota un minimo assoluto intorno a 1,55 m.
Nella stessa ura si sono messi in evidenza, a tratto discontinuo, i diversi
contributi che concorrono a determinare l'attenuazione totale.
Una frazione di P(z) viene dissipata come calore a causa di due fenomeni: l'assorbimento
intrinseco e l'assorbimento estrinseco. Il primo è causato
dalla struttura del materiale che costituisce la fibra ed è dovuto a
picchi di assorbimento nell'ultravioletto che si estendono fino alle lunghezze
d'onda di interesse e a fenomeni analoghi nel campo dell'infrarosso lontano (in
ura le due curve a tratto-punto). Questi due fenomeni sono minimizzabili
variando la composizione chimica del materiale costituente il nucleo ed il
mantello e, comunque, non risultano rilevanti per <
1.6 m.
Il secondo tipo di assorbimento è dovuto alla presenza di
impurità metalliche nel vetro e, in particolare, di gruppi ioni
ossidrili (OH) intrappolati nel reticolo vetroso. I gruppi OH sono prodotti
dalla contaminazione con vapore acqueo del materiale durante la lavorazione e
sono la fonte più rilevante di assorbimento estrinseco. Il livello di
attenuazione prodotto da tali ioni può essere limitato
considerevolmente, riducendone la concentrazione a meno di una parte su 10
7.
Un secondo meccanismo di attenuazione, dovuto alle disomogeneità del
materiale provocate dal processo di raffreddamento della fibra, è il
cosiddetto fenomeno di diffusione. Tali disomegeneità si ritrovano come
una variazione microscopica di n nella fibra e, a causa di essa, una
parte di P(z) si disperde in modi secondari di proazione che si esauriscono
rapidamente. Questo fenomeno viene chiamato diffusione di Rayleigh e prevede che
il coefficiente di attenuazione R
sia proporzionale all'inverso della quarta potenza della lunghezza d'onda. Il
coefficiente di proporzionalità per il vetro, indicato come C, è
compreso tra 0,7 e 0,9 (dB/km)/(m)4.
La diffusione di Rayleigh è una sorta di limite al di sotto del quale
l'attenuazione totale non può scendere ed è minimizzabile
lavorando a lunghezze d'onda quanto più alte possibile, prima che si
presenti l'assorbimento infrarosso. Ulteriori fonti di attenuazione sono dovute
alle imperfezioni di guida (piegature della fibra) e vengono indicate
solitamente come assorbimento di guida d'onda. Queste imperfezioni si
possono dividere in macropiegature e micropiegature, in cui le prime sono
generalmente trascurabili mentre le seconde sono più rilevanti e vengono
introdotte durante la filatura della fibra. Le micropiegature possono
peggiorare la qualità delle fibre, sia monomodo sia multimodo, e
l'effetto può essere minimizzato, soprattutto nel primo caso,
assicurando il funzionamento della fibra nelle vicinanze del valore di V che
garantisce il massimo confinamento nel nucleo (2.405).
1.3.2 - Fenomeni di Attenuazione Nonlineare
Nel caso in cui si abbia una fibra monomodo e la potenza
P(z) associata al segnale raggiunge valori al di sopra di 0 dBm (corrispondente
a 1 mW), l'intensità del campo all'interno del nucleo può essere
causa dell'insorgere di fenomeni nonlineari. In questo caso non è
più possibile utilizzare il metodo di sovrapposizione degli effetti per
il calcolo del campo elettromagnetico ed, inoltre, insorgono nuove fonti di
perdita di potenza per il segnale normalmente trascurabili. Nella diffusione di
Rayleigh, detta anche diffusione elastica, si ha attenuazione per l'insorgere
di modi superiori che si dissipano localmente. I fenomeni nonlineari, detti
diffusioni anelastiche, sono principalmente due e prendono il nome di diffusione di Raman e di diffusione di Brillouin.
Questi tipi di diffusione sono caratterizzati dal fatto che il materiale
assorbe, alla lunghezza d'onda 0
a cui avviene la trasmissione, un fotone e ne emette un altro, ad una lunghezza
d'onda maggiore, con energia ridotta . Evidentemente per
l'equilibrio energetico si ha anche l'emissione di un fonone, che si disperde
per energia meccanica in vibrazione del reticolo. Il segnale utile 0
viene, quindi, privato dell'energia associata al fotone assorbito
(attenuazione) e viene creata una componente alla lunghezza d'onda '
(minore di 0),
che non era presente precedentemente (conversione di frequenza). Nella
diffusione di Brillouin la potenza sottratta al segnale in 0
crea due bande laterali con lunghezze d'onda a cavallo di 0
e separate da una frequenza ricavabile dall'energia associata al fonone emesso.
L'effetto Brillouin diventa sensibile quando la potenza del segnale, in una
fibra monomodo, varia tra 1 e 10 mW e risulta inversamente proporzionale alla
sezione del nucleo e al quadrato di .
Per la diffusione Raman si possono fare considerazioni molto simili a quelle
ora descritte, con la differenza, in questo caso, che alla creazione di fotoni
aventi diverse
si accomna l'emissione di fononi a frequenze ottiche. Poichè la
diffusione Raman si presenta quando la potenza ottica associata al segnale
è dell'ordine del Watt (+30 dBm), nelle comuni applicazioni può
essere trascurata.
L'effetto Kerr è un altro effetto nonlineare, dovuto al fatto che l'indice di
rifrazione viene a dipendere dall'intensità del campo elettromagnetico
associato al segnale (rifrazione nonlineare), ovvero n = n(P). A causa
dell'effetto Kerr l'inviluppo di un pacchetto d'onda con un'ampiezza di picco
elevata può essere fortemente distorto.
Senza scendere in ulteriori dettagli, l'indice di rifrazione in regime
nonlineare può essere espresso come
ove P è la potenza totale del segnale nel nucleo della fibra, A è l'area della sezione del nucleo ed 2 è il coefficiente di nonlinearità dell'indice di rifrazione. In queste condizioni è semplice mostrare che la costante di proazione di un'onda è pari a ' = + k2(P/A). A causa dell'effetto Kerr quindi, l'inviluppo di un pacchetto d'onda avente ampiezza di picco molto grande può essere fortemente distorto: adottando un modo di ragionare euristico, le porzioni del pacchetto avente ampiezza dell'inviluppo maggiore (caratterizzate da un indice di rifrazione e da una costante di proazione maggiore), tenderanno a viaggiare con una velocità di gruppo minore delle porzioni del pacchetto avente ampiezza minore, provocando una distorsione nonlineare dell'inviluppo. La dipendenza di dall'ampiezza del campo provoca una distorsione di fase sulle varie componenti che si proano in fibra, a seconda del livello di potenza delle medesime, pari a
.
Questa sorta di distorsione di fase
nonlineare viene chiamata automodulazione di fase
(SPM, Self-Phase Modulation).
Vedremo, in moduli successivi, che su questi effetti, fin qui considerati
come indesiderati, si basa il funzionamento degli amplificatori ottici e dei
sistemi di trasmissione solitonica.
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