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ELETTRICITA' E MAGNETISMO
Sebbene già nell'antica Grecia si conoscessero le proprietà elettrostatiche dell'ambra e i cinesi fin dal 2700 a.C. ricavassero rudimentali calamite da un minerale oggi noto come magnetite, lo studio sistematico dei fenomeni elettrici e magnetici fu affrontato solo all'inizio del XVII secolo. Nella sua opera De Magnete, William Gilbert, medico di corte della regina Elisabetta I d'Inghilterra, ipotizzò che le particolari proprietà elettriche osservate nell'ambra e in altre sostanze fossero dovute alla presenza di un fluido, che egli chiamò elettricità, dal termine greco electron che significa ambra. Verso la fine del secolo, Otto von Guericke realizzò la prima macchina elettrostatica, costituita da una sfera di zolfo in rotazione che si elettrizzava per strofinio contro un panno di lana, inaugurando l'era dei grandi esperimenti sull'interazione tra cariche. Nell'arco di pochi anni, fu precisata la differenza tra materiali conduttori e isolanti, si ammise l'esistenza di due tipi di carica elettrica, e si riconobbe che il fenomeno dell'elettrizzazione è dovuto al flusso di cariche negative tra un corpo e un altro. Nel 1785 Charles-Augustin de Coulomb verificò sperimentalmente che la forza di interazione fra due cariche elettriche puntiformi è direttamente proporzionale al prodotto delle cariche e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza, e dopo pochi anni i matematici Siméon Denis Poisson e Carl Friedrich Gauss formularono una teoria applicabile a qualunque distribuzione statica di cariche.
Con la pila elettrochimica, inventata nel
1800 da Alessandro Volta, fu possibile mantenere il moto di cariche elettriche
in un conduttore e ciò permise di realizzare i primi circuiti elettrici
e di iniziare le ricerche sul comportamento dei diversi materiali percorsi da
corrente elettrica.
Nel 1829 Hans Christian Oersted scoprì che un ago magnetico si orienta
per effetto di una corrente elettrica, e poco tempo dopo André-Marie
Ampère dimostrò che due fili percorsi da corrente si attraggono o
si respingono come i poli di una calamita. Nel 1831 Michael Faraday
osservò che per generare corrente all'interno di un filo conduttore
è sufficiente muovere una calamita o mantenere una corrente variabile
nelle sue vicinanze, definendo così le modalità con cui si
manifesta l'induzione elettromagnetica e mostrando che sussiste un legame tra
fenomeni elettrici e magnetici.
La stretta relazione tra elettricità e magnetismo fu formalizzata sul piano matematico dal fisico britannico James Clerk Maxwell: le equazioni che portano il suo nome stabiliscono infatti la relazione che sussiste tra le variazioni spaziali e temporali del campo elettrico e del campo magnetico, determinandone la dipendenza dall'esistenza e dalla relativa variazione di cariche e correnti. Con le equazioni di Maxwell, il campo elettrico e magnetico vengono unificati nel concetto di onda elettromagnetica, un ente fisico immateriale, la cui esistenza venne confermata sperimentalmente da Heinrich Hertz nel 1887. Maxwell inoltre ipotizzò che responsabile dei fenomeni luminosi fosse un'onda elettromagnetica di frequenza particolare. Nella comprensione del carattere ondulatorio del campo elettromagnetico, determinante per specificarne le modalità di trasmissione da un punto all'altro dello spazio, risiede il fondamento che ha reso possibile lo sviluppo della radio, del radar, della televisione e di tutte le altre forme di telecomunicazione.
RADAR
Sistema elettronico usato per localizzare oggetti non visibili a occhio nudo e per determinarne distanza, velocità, forma e dimensioni, sfruttando le proprietà di proazione delle onde radio. Il termine radar, usato per la prima volta dagli Alleati durante la seconda guerra mondiale, deriva dall'espressione inglese Radio Detection And Ranging (rivelazione e misurazione di distanza per mezzo di onde radio). Nato come dispositivo bellico, oggi il radar trova innumerevoli impieghi in ambiti civili, nella navigazione, nel controllo del traffico aereo, in meteorologia e nel campo dell'esplorazione spaziale, nel controllo della velocità degli autoveicoli e nel telerilevamento della superficie terrestre.
NOTIZIE STORICHE
Tutti i sistemi radar impiegano un radiotrasmettitore ad alta frequenza che emette fasci di onde elettromagnetiche di lunghezza d'onda compresa tra pochi centimetri e 1 m circa. Le onde prodotte si proano fino a colpire l'oggetto, da cui vengono parzialmente riflesse. Il fascio di onde riflesse ripercorre il cammino di andata e raggiunge la stazione, dove viene rivelato e misurato. Il funzionamento del radar si basa sulle leggi della riflessione della radiazione elettromagnetica, ovvero sulle equazioni che regolano il comportamento delle onde, enunciate nel 1864 da James Clerk Maxwell e confermate nel 1886 dagli esperimenti di Heinrich Hertz.
Origini
Fu l'ingegnere tedesco Christian Hülsmeyer il primo a proporre l'uso degli echi radio per evitare collisioni nella navigazione marittima, mettendo a punto un radiolocalizzatore che brevettò nel 1904; in seguito, un dispositivo basato sul principio della localizzazione a mezzo di onde corte venne suggerito da Guglielmo Marconi nel 1922. Il primo esperimento riuscito di radiorilevamento a distanza venne effettuato due anni dopo, nel 1924, quando Edward Victor Appleton usò echi radio per determinare l'altitudine della ionosfera, lo strato ionizzato dell'alta atmosfera che riflette le radioonde più lunghe. L'anno seguente gli statunitensi Gregory Breit e Merle Antony Tuve misurarono, indipendentemente l'uno dall'altro, l'altitudine della ionosfera, e ottennero gli stessi valori sfruttando la tecnica a impulsi radio che successivamente sarebbe stata adottata nella maggior parte dei sistemi radar.
Il primo radar
Il primo sistema radar vero e proprio fu realizzato nel 1935 dal fisico britannico Robert Watson-Watt, del Dipartimento Radio del National physical laboratory. al quale era stato dato incarico di mettere a punto un sistema di localizzazione degli aerei nemici. Il sistema, basato su impulsi radio, venne subito adottato e fu il primo sistema di difesa antiaerea britannico. All'incirca nello stesso periodo, anche presso il Naval research laboratory degli Stati Uniti si procedeva a studi su sistemi di rivelazione aerea a mezzo di onde radio. Nel 1939, due scienziati britannici, il fisico Henry Boot e il biofisico John T. Randall, furono artefici del più importante progresso raggiunto nella tecnologia del radar durante la seconda guerra mondiale, con l'invenzione del tubo elettronico detto 'magnetron a cavità risonante'. Il dispositivo, capace di generare potentissimi impulsi radio ad alta frequenza, permise lo sviluppo del radar a microonde, che opera con onde di lunghezza d'onda inferiore a 1 cm, prodotte da strumenti laser. Il radar a microonde, chiamato anche 'lidar' (Light Detection And Ranging, rivelazione e misurazione di distanza per mezzo di luce), è oggi usato per le comunicazioni e per la misurazione dell'inquinamento atmosferico.
Sistemi radar nel periodo bellico
Gli avanzati sistemi radar realizzati dai britannici negli anni Trenta svolsero un ruolo fondamentale nel corso della seconda guerra mondiale, in particolare nella battaglia d'Inghilterra, protrattasi dall'agosto all'ottobre del 1940. A tale epoca, gli inglesi avevano già dotato sia le loro navi che le coste dell'isola di numerosi sistemi radar antiaerei, che impedirono all'aviazione di Adolf Hitler di conquistare il controllo dei cieli inglesi. I belligeranti ricorsero spesso anche al sabotaggio dei sistemi radar nemici, attraverso interferenze appositamente prodotte. Il cosiddetto jamming del radar nemico veniva provocato essenzialmente per due vie: per via elettronica, ovvero attraverso la trasmissione su frequenze che interferivano con i ricevitori del nemico, o per via meccanica, attraverso la dispersione di oggetti (ad esempio foglietti d'alluminio) che producevano echi interferendo con la localizzazione dei bersagli strategici.
Sviluppi recenti
A partire dagli anni Cinquanta l'uso del radar si è esteso a usi civili: controllo del traffico aereo, radionavigazione, metorologia, topografia e astronomia. Negli anni Sessanta lo sviluppo dell'elettronica e degli elaboratori di calcolo ha consentito sia di potenziare gli strumenti di generazione del segnale, sia di raffinatre le tecniche di calcolo per il riconoscimento. Gli sviluppi più recenti comprendono i radar a scansione elettronica, gli apparecchi AWACS (Airbone Warning and Control System), aereomobili dotati di sistemi radar e di apparecchi elettronici per l'elaborazione e la comunicazione dei dati, operanti come centri di avvistamento in caso di guerra, i radar d'immagine, per l'osservazione dei pianeti, sistemati a bordo dei satelliti artificiali.
FUNZIONAMENTO
Un apparecchio radar è formato da un trasmettitore, un'antenna, un ricevitore e un indicatore. Il trasmettitore invia le radioonde per mezzo di un'antenna direzionale, che le concentra in un fascio puntato nella direzione desiderata. Quando il fascio colpisce un oggetto, viene riflesso sotto forma di eco; il fascio riflesso ripercorre il cammino di andata in direzione del trasmettitore e viene rivelato dall'antenna del ricevitore. Mediante un procedimento di amplificazione ed elaborazione computerizzata dell'eco, il ricevitore radar produce infine un segnale visivo su uno schermo. Detto t il tempo misurato tra l'istante di emissione del segnale e la ricezione dell'eco e v la velocità di proazione delle onde (come tutte le componenti dello spettro elettromagnetico, la velocità delle radioonde nel vuoto è di circa 300.000 km/s), la distanza d tra l'oggetto e la stazione radar è d = vt/2.
Trasmettitori
Un trasmettitore radar deve essere in grado di emettere fasci di notevole intensità, affinché gli effetti di assorbimento che hanno luogo durante la proazione e al momento della riflessione non riducano l'intensità del segnale a livelli non rivelabile. In generale, l'intensità dell'eco può scendere a un miliardesimo di miliardesimo di quella del segnale trasmesso. Il rilevamento di un'eco così tenue, in presenza del fortissimo segnale di ricerca, pone un problema tecnico solitamente risolto con il sistema a impulsi. Il trasmettitore emette le radioonde a impulsi della durata variabile fra 0,1 e 5 microsecondi, intervallati da periodi di alcune centinaia o migliaia di microsecondi di 'silenzio'. Per evitare interferenze tra il segnale trasmesso e l'eco, durante l'emissione dell'impulso viene isolato il ricevitore e, tra un impulso e l'altro, viene scollegato il trasmettitore.
Esistono però anche radar a onde persistenti, che trasmettono un segnale continuo, non a impulsi. Il radar Doppler, ad esempio, è un radar a onde persistenti che sfrutta l'effetto Doppler per misurare la velocità di oggetti in movimento. Dal trasmettitore partono radioonde di frequenza nota, che l'oggetto in movimento riflette a frequenza diversa. Dal confronto tra la frequenza dell'eco e quella del segnale trasmesso, è possibile risalire alla velocità del corpo rispetto alla stazione di rilevamento. Per rilevare solo gli oggetti in movimento, il ricevitore radar viene regolato in modo da respingere gli echi che hanno la medesima frequenza del trasmettitore e amplificare quelli di frequenza diversa. Apparecchi di questo tipo consentono, ad esempio, di individuare veicoli in movimento nell'oscurità, e scopo sono impiegati dalla polizia stradale per misurare la velocità delle autovetture.
I radar a modulazione di frequenza (FM), più precisi di quelli a impulsi ma di portata minore (la portata indica la distanza massima a cui il radar è in grado di rilevare un corpo), trasmettono un segnale continuo di frequenza uniformemente variabile. Nel lasso di tempo necessario perché un segnale venga trasmesso, riflesso e ricevuto, la frequenza di trasmissione cambia. La differenza tra la frequenza dell'eco e quella del trasmettitore nell'istante della ricezione viene poi misurata e convertita nella distanza fra oggetto e trasmettitore.
Antenne
Le antenne dei radar sono costituite generalmente da ampie superfici paraboliche che possono ruotare in direzione della porzione di cielo o di mare da esplorare. Una caratteristica necessaria al buon funzionamento di un'antenna radar è la direzionalità, vale a dire la capacità di emettere fasci stretti e molto ben collimati. La larghezza del fascio prodotto è direttamente proporzionale alla lunghezza d'onda della radiazione e inversamente proporzionale all'ampiezza dell'antenna, il che implica che le antenne migliori sono quelle di grandi dimensioni. Nelle unità radar mobili, l'impossibilità di adoperare antenne di grandi dimensioni favorisce l'adozione dei radar a microonde, che sono caratterizzati tra l'altro da una minore suscettibilità al rumore e da una migliore risoluzione. Il movimento del fascio radar si ottiene con un movimento periodico dell'antenna, detto scansione; la forma più semplice di scansione comporta la rotazione lenta e continua dell'antenna.
I sistemi radar di terra usati per la rivelazione di velivoli aerei spesso dispongono di due apparecchi radar distinti: uno effettua una scansione orizzontale per individuare l'aereo e determinarne l'azimut, mentre l'altro compie una scansione verticale per determinare l'angolo di elevazione.
Ricevitori
Un ricevitore ideale deve poter amplificare e misurare segnali estremamente deboli ad altissima frequenza (dell'ordine dei 1000 MHz). Dal momento che non è stato ancora inventato un amplificatore mobile che possa svolgere in modo soddisfacente questa funzione, prima di essere amplificato, il segnale captato dall'antenna viene convertito a una frequenza minore, di circa 30 MHz. L'altissima frequenza del segnale radar richiede inoltre un oscillatore e un miscelatore molto più precisi di quelli usati nei comuni radioricevitori: per questo sono stati ideati circuiti speciali, che impiegano come oscillatori potentissimi tubi a microonde chiamati klystron. Il segnale così amplificato viene quindi inviato a un computer.
Elaborazione computerizzata del segnale
La maggior parte dei radar moderni impiega un convertitore analogico-digitale per trasformare in forma binaria (vale a dire in combinazioni 1 e 0, comprensibili al sistema di elaborazione dei computer) i segnali analogici ricevuti. Prima della conversione, il segnale viene 'filtrato', in modo da rimuovere il rumore e le componenti relative a oggetti indesiderati, e in modo da evidenziare i bersagli mobili; quindi viene separato in componenti di diversa frequenza, per mezzo di un trasformatore di frequenza. L'oggetto viene localizzato combinando i segnali provenienti da impulsi multipli.
Visualizzatori radar
I visualizzatori radar più semplici sono costituiti da tubi a raggi catodici, in cui il segnale viene rappresentato con un punto luminoso mobile sullo schermo. Se l'antenna è fissa, il punto luminoso si muove rettilineamente; se l'antenna ruota a 360° con velocità costante, la traccia luminosa, con regolarità, descrive un cerchio sullo schermo che indica la regione entro la quale è possible individuare gli oggetti. I moderni visualizzatori radar assomigliano alla presentazione grafica didi un complesso videogioco: localizzazione, velocità e posizione del bersaglio vengono visualizzati su sectiune geografiche dettagliate. Alcuni radar spaziali e aerei, rilevando gli echi prodotti dal suolo, permettono tra l'altro di ottenere mappe molto precise della morfologia del terreno.
SISTEMI RADAR SECONDARI
I sistemi radar illustrati finora, detti sistemi primari, operano rilevando un'eco passiva proveniente dal bersaglio. Altri tipi di radar, detti secondari e usati soprattutto nella navigazione e nelle comunicazioni, dipendono invece da una risposta attiva.
Transponder
Il radiofaro, chiamato anche radar radiogoniometrico o transponder, è un radar secondario che emette un impulso ogniqualvolta ne riceve uno emesso da un trasmettitore estraneo, detto interrogatore. Ha una portata di gran lunga maggiore rispetto ai sistemi primari, perché l'impulso trasmesso, anche se poco potente, è sempre molto più intenso dell'eco. Il tipo più semplice di radiofaro emette quasi istantaneamente un singolo impulso della stessa frequenza di quello ricevuto, agendo così come una forte eco. In altri casi il radiofaro può rispondere su una frequenza differente, oppure con un ritardo calibrato, in modo da sembrare più lontano dall'interrogatore di quanto sia realmente. Un tale ritardo viene introdoto appositamente nei sistemi di atterraggio strumentale, per essere in grado di valutare direttamente la distanza dalla pista anziché dal radiofaro stesso. Il radiofaro può essere progettato in modo da rispondere solo ad impulsi di una banda di frequenza molto stretta, o di larghezza limitata, o in modo da rimandare una risposta codificata, comprensibile soltanto al navigatore. Il radar di identificazione (IFF, Identification: Friend or Foe, vale a dire 'Identificazione: amico o nemico') è un tipo di radiofaro codificato, usato sugli aerei in tempo di guerra per identificare i nemici.
APPLICAZIONI
Uno degli impieghi principali del radar è nel controllo del traffico aereo, in cui consente di guidare i velivoli in fase di atterraggio e di rilevare la rotta di quelli in volo. I radar radiogoniometrici sono impiegati anche per guidare gli atterraggi effettuati in automatico.
Oltre che nella navigazione aerea e marittima, il radar ha trovato applicazione nella meteorologia. In questo campo consente di localizzare violente perturbazioni come uragani e tornado, ma anche di seguire l'evoluzione delle condizioni del tempo a livello locale, ad esempio valutando l'intensità delle precipitazioni atmosferiche, in modo da poter segnalare eventuali rischi di inondazioni.
Un altro uso importante dei sistemi radar è il monitoraggio dell'inquinamento atmosferico, che rende possibile identificare diverse sostanze chimiche e misurarne la concentrazione.
Altri dispositivi radar sono impiegati per il controllo del traffico e, come già accennato, per misurare la velocità dei veicoli.
L'introduzione recente di tecniche avanzate per distinguere con precisione fra segnali radar e disturbi radio casuali ha enormemente ampliato il campo operativo del radar, che oggi viene largamente utilizzato anche nelle esplorazioni spaziali e nella radarastronomia. I radar di cui vengono dotati i satelliti possono servire a tenere sotto costante controllo le risorse terrestri e marine della Terra, per esempio verificando la situazione dei raccolti. Hanno inoltre grande importanza strategica per l'identificazione precoce del lancio di missili balistici intercontinentali.
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