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Fisica moderna
L'elettronvolt (eV) è l'unità di misura dell'energia delle particelle. Si trtta di un'unità di misura molto molto piccola, definità dall'energia acqusita da un elettrone all'interno di un campo elettrico di un volt. Il suo valore è di:
eV = 1,6 * 10 -l9
Tutti macchinari utilizzati per le analisi fisiche moderne sono stati possibili grazie all'introduzione di seletori di velocità, in grado di produrre fasci di particelle con caratteristiche di velocità costanti grazie all'imposizione di campi E e B.
Spettrometro di massa
Permette di misurare la massa di particelle diverse o di isotopi, a patto ce siano cariche e caratterizzate da medesimi valori di velocità.
campo magnetico
Entrando nel macchinario le particelle vengono esposte al campo magnetico, la cui forza d curvaturi impone orbite circolari il cui raggio r dipende dalla massa delle particelle secondo la relazione
m*v
r = _________
q*B
Ciclotrone
Si accelerano le particelle sfruttando la combinazione di E e B
E
Ad ogni passaggio in E le particelle accelerano; di conseguenza aumenta anche il loro raggio di curvatura; alla fine la particelle fuoriesce notevolmente accelerata.
Ovviamente il campo magnetico deve essere alternato, in quanto le particelle dopo ogni passaggio in B si muovono perpendicolarmente al passaggio precedente
Possiamo alternare E con periodo costante in quanto si può dimostrare che nonostante aumentino i raggi di curvatura il tempo passato dalle particelle nel B è costante (periodo di rotazione)
T = 2πm/qB
Si nota che T non dipende affatto da v.
Limiti del ciclotrone
A v molto elevate si entra in campo relativistico e la massa aumenta, facendo variare anche T. Dato che il periodo non è fisso, il ciclotrone non funzione
Questo problema è stato ovviato mediante il sincrocilotrone, che varia il periodo del E in relazione alla massa delle particelle. Non è però in grado di lavorare su fasci continui ma solo su impulsi.
Limiti per velocità relativistiche
La variazione della massa ad alte velocità è data dall'equazione
______
m = m0/ √1-(v/c)2
Per evitare il calcolo, indicativamente per v/c>o,1 ci troviamo quasi sicuramente in condizioni relativistiche
Modelli elettronici
modello a panettone
Le cariche sono sparse e
mischiate senza un ordine
preciso
modello centrato
carica positiva concentrata e
cariche negative sparse intorno
Esperimento di rutherford
Rutherford impone un nuovo modello atomico, analogo a quello del
sistema solare, con un nucleo positivo responsabile della maggior parte della
massa e le cariche negative (allora raggi catodici) orbitanti intorno a questo.
Posto come vero questo modello atomico, si tentò di ovviare ad alcuni dubbi che ancora non erano stati risolti sul comportamento della materia a seguito di interazioni con onde elettromagnetiche.
Ovvero:
effetto fotoelettrico
corpo nero
effetto compton
Vediamoli nel dettaglio
Corpo nero
Come visto in precedenza
inserire formula e grafico delta E su delta t
Dato che l'energia dipende dalla lunghezza d'onda, Rayleigh impostò la seguente equazione che teneva conto anche del volume del corpo nero e sopratutto vale soltanto per piccoli intervalli dilunghezza d'onda
ΔE 8πkT
= _________
ΔVΔλ λ4
Questa formula è limitativa, in quanto per λ molto piccole, l'energia tende all'infinito.
Per ovviare anche a questo problema, PLANK fece un'ipotesi squisitamente matematica.
Impose in sostanza una sorta di modello quantizzato, in cui l'energia di un'oscillazionepuò assumere soltanto valori particolari e non tutti i valori possibili; è in sostanza quantizzata come multipli interi (n*) di un valore base dato da
E =hf
dove h è la costante di k, che vale
6,63*10-34j*s
Di conseguenza anche le emisioni dei corpi sono quantizzate; si rende necessario inserire una modifica all'equazione di Rayleigh
ΔE 8πkT 1
= _________ * _______
ΔVΔλ λ4 ehf/RT-l
Questo fattore correttivo impone che alcune lunghezze d'onda non possono essere emessea valori troppo bassi di T, ma necessitano invero di temperature molto elevate.
Il problema della teoria, era che sembrava funzionare soltanto per oscillatori particolari come lo erano gli atomi.
E invece si dimostrò facilmente che l'idea funzionava per qualsiasi tipo di scillatore, persino in sistemi macroscopico come il massa/molla
Nel caso particolare degli elettroni, l'energia da fornire per farli passare dallo stdio legato a quello libero e chiamata West, energia di estrazione.
Quando una radiazione incidente riesce ad estrarre elettroni (in quanto dotata di una frequenza adatta) la sua energia inccidente può essere ricavata dalla formula:
Einc = Westr + Ke
Dove Ke è il surplusdi energia di cui era dotata la radiazione rispetto a Westr, donato agli elettroni come energia cinetica
Da questa otteniamo:
f0 se Westr = hf0 f0 = h/West
K se hf = hf0+K K = h(f-f0)
I se I = ΔE/Δt*A I = n*(hf)/A*Δt
con n= numero di quanti
energetici della radazione
(fotoni)
Si vede come l'intensità dipenda principamente dal numerodi fotoni emessi.
Grazie all'ipotesi di Pank sul corpo ner si è riusciti a descrivere ottimalmente gli altri due problemi.
Effetto fotoelettrico
L'effetto foteoeletrico interviene quando delle radiazioni elettromagnetica incidenti su di una lamina metallica interagiscono con essa estraendo gli elettroni esterni deggli atomi che la compongono.
Prima dell'esperienza di k veniva descritto con il modello classico:
Ci si aspettava che aumentando l'intensità sarebbero aumentati gli elettroni emessi e che l'emissione sarebbe cominciata a partire da un'intensità di sogli I0.
Si nota invece che l'emissione aumenta si con l'intensità, ma che non esiste un valore di I0. Esiste invece un valore f0 di frequenza di soglia.
Oltretutto, abbiamo una proporzionalità diretta tra l'energia degli elettroni con la frequenza.
In più, non esiste alcun intervallo di tempo di assorbimento come previsto. Gli e- sono emessi nell'istante del contatto.
Il numero di elettroni emessi è comunque proporzionale all'intensità del fascio.
In sintesi:
Ee a f
Dt = 0
n a I
Le dipendenze di questo processo dala teoria quantistica furono comprese da einstein.
Avendo già impostato
E = hf = hc/l
Ora sappiamo che quando l'energia del fascio è superiore al lavoro necessario per l'estrazione (West). L'energia in eccesso è data all'elettrone come energia cinetica.
Da questa equazione possiamo ottenere tuti i dati necessari:
f0: se West= f0h f0 = h/West
K: hf = hf0 + K K = h*(f-f0)
I = DE/Dt*A I = h(hf)/ Dt*A
L'intensità dipende in larga sostanza dal numero di pacchetti energetici in giochi, i FOTONI.
Effetto compton
L'effetto compton comporta la variazione della lunghezza d'onda di un fascio a seguito dell'interazione con un cristallo.
Perché questa variazione di lunghezza d'onda sia accettabile fisicamente, appurato che una variazione della stessa implica anche una variazione dell'energia del fascio, si deduce che
Einc = Eusc +K hc/l = hc/l + 1/2mv2
Con questo è risolto il problema del manteniment dell'energia.
Bisognerebbe risolvere anche quella del mantenimento della quantità di moto nell'urto; il discorso non è però fattibile, in quanto il fotone per difinizione è una particella priva di massa.
Entrano così in gioco le equazioni della relatività, per cui la massa può essere vista come energia:
E = mc2 da cui m = E/c2
Quindi per p=m*v
Pg = (E/c2)*c = E/c =hc/l = h/l
Ovviato al problema della quantità di moto del fotone, possiamo legare la variazione della lunghezza d'onda all'angolo di uscita del fotone secondo la relazione:
h
Dl l l = _______ = (1-cosa
mc
a
e-
Dopo aver impostanto le condizioni di similitudine tra fotoni come onde e come particelle, possiamo imposstare la teoria del dualismo onda-particella.
DUALISMO ONDA PARTICELLA
particelle
onde
Questo dualismo impone comportamenti caratteristici a seconda dei casi:
abbiamo così sia fenomeni di interferenza, diffrazione, polarizzazione, ma al tempo stesso anche caratteristiche come la quantità di moto per le caratteristiche corpuscolari.
Perché questa teoria possa essere universalmente accettata, è però necessario che rispetti la simmetri; deve essere quindi possibile constatare che tutti i corpi abbiano le stesse caratteristiche di ambivalenza corpuscolare-particellare.
Ed in effetti è possibile associare una lunghezza d'onda a qualsiasi porzione di materia, detta l di DE BROGLIE calcolabile con:
l =h/p
Dal punto di vista teorico funziona.
Ora era solo necessario avere prove pratiche che un fascio di particelle si comportasse allo stesso modo di una radiazione e.m.
L'esperimento su di un fascio di elettroni diede ragione alla teoria.
Ma qual è effettivamente il significato di lunghezza d'onda associata alla materia?
caso |
intensità |
eq.descrittiva |
funzione d'onda |
fune/molla |
a y2max |
Ma = kx |
Y(x,t) |
onda acustica |
a y2 o DP2 |
Eq. D'onda |
DP(x,t) |
onde e.m. |
a E2 |
Eq. Di maxwell |
E(x,t) |
particelle |
a y |
Eq. Di shroedinger |
y(x,t) |
La funzione d'onda definita per la materia è legata alla probabilità di trovare una particella in un (x,t) definito.
L'apparizione di ure di diffrazione, sia che si parli di onde che di particelle (elettroni, fotoni) è regolata da proporzionalità statistiche.
Il motivo per cui il carattere ondulatorio della materia non è stato visibile dal punto di vista pratico per molto tempo è dovuto al fatto che per la materia macroscopica, le lunghezze d'onda associate sono così piccole da non essere studiabili. Si parla di l dell'ordine di 10-35m.
Le l dell'elettrone e delle altre particelle microspiche, al contrario, sono dell'ordine dei nanometri, e quindi studiabili in quanto paragonabile alle l delle rad. E.m.
In sostanza, per il mondo macroscopico il dualismo esiste ma non è rilevabile.
Associando ad un elettrone una l precisa ottengo
Dal grafico posso ottenere informazioni precise riguardo all'energia dell'elettrone, ma non ho alcun dettaglio sulla sua posizione.
Sommando invece diverse equazioni con valori di l diverse
L'area sotto la curva rappresenta la probabilità di trovare la particella nello spazio.
Perdiamo in questo modo tutte le informazioni sulla sua energia.
Per tutti i calcoli del caso non ci sarà più possibile servrci di dati assoluti, ma solo di intervalli, per cui il nostro risultato finale sarà intrinsecamente dotato di una certa imprecisione nel rilevamento Dx, in quanto ci serviremo di un Dl
Associando questo nuovo concetto alle formule in nostro possesso :
Dp= (h/2p Dk
DK = 2p Dl
Dx*Dp = h/2p
Maggiore intervallo di lunghezze d'onda consideriamo, minore sarà il Dx che ricaveremo.
Le formule proposte sono date dal PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE DI EISEMBERG
Esistono formule analoghe anche per la locazione nel tempo, in cui
DE*Dt = h/2p
LA TEORIA QUANTISTICA, ACCANTO A QUELLA DEL DUALISMO, HANNO IMPOSTO L'INGRESSO NEL MONDO DELLA FISICA DEI LIMITI DI PROBABILITÅ E DI ERRORI DI VALUTAZIONE NON RIMEDIABILI; HANNO ANCHE RESO IN CERTI CASI IMPOSSIBILE FARE DEDUZIONI MECCANICHE SU DI EPERIMENTI PARTICOLARI.
PER QUESTO LA TEORIA FU OSTEGGIATA A LUNGO DALL'INTERO MODO DEI FISICI.
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