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PREMESSA: LA PROPULSIONE A IMPULSO
La propulsione ad
impulso è fondata sulla terza legge della dinamica classica, conosciuta
come principio di azione e reazione: ad ogni azione corrisponde una reazione
uguale e contraria; in altre parole, ogni volta che ad un corpo viene applicata
una determinata forza, si genera (per reazione) una forza di pari
intensità, stessa direzione e verso opposto.
A questo punto è bene richiamare, per
completezza di comprensione, le altre due leggi della dinamica classica.
Secondo la prima (principio di inerzia), ogni
corpo tende a conservare il proprio stato di quiete (o di moto rettilineo
uniforme), sino all'intervento di una forza esterna che modifichi tale stato.
L'inerzia può essere dunque definita come la resistenza che un corpo
oppone alla variazione del suo stato di quiete o di moto.
La seconda legge
della dinamica classica afferma invece che applicando una forza ad un corpo, lo
stesso subisce un'accelerazione direttamente proporzionale alla forza medesima,
e inversamente proporzionale alla propria massa (f = m x a).
Questa legge è importante perché definisce
il concetto di massa inerziale, ossia di resistenza all'accelerazione:
la stessa forza genera accelerazioni uguali in corpi di masse uguali e diverse
in corpi di masse diverse. Per applicare una
forza ad un corpo occorre, ovviamente, impiegare dell'energia, ossia, con
espressione più tecnica, compiere un lavoro: l'energia viene
difatti definita come la capacità di un sistema (ad esempio, di un
motore) di compiere un lavoro, che è a sua volta definito come il
prodotto della forza applicata ad un corpo per lo spostamento ottenuto.
Poiché
però il discorso rischia di divenire noioso, sarà meglio passare
alle navi spaziali. Muovere un oggetto nello spazio comporta diversi vantaggi
rispetto al movimento sulla superficie di un pianeta: l'assenza di attrito
atmosferico e di campi gravitazionali comporta che, una volta impressa una
determinata velocità, l'oggetto la conserverà indefinitamente,
senza che sia necessario impiegare energia per mantenerla.
Supponiamo di essere a bordo di una navetta e di
attivare i motori ad impulso: il sistema di propulsione preleverà del
deuterio dai serbatoi e lo porterà a 15 milioni di gradi: a tale
temperatura gli atomi di idrogeno si fonderanno per produrre atomi di elio, e
una piccola parte di materia, circa lo 0,1%, si trasformerà in energia,
secondo la nota relazione E=mc . Otterremo così del plasma da eiettare
dagli ugelli ad altissima velocità, e per reazione verremo spinti nella
direzione opposta: in avanti se usiamo gli ugelli posteriori, a destra se
usiamo quelli di sinistra ecc.. Una volta raggiunta la velocità
desiderata, ad es. 1000 km/h, possiamo spegnere i motori e la navetta manterrà
invariata tale velocità (nonché la direzione), sinché non interverremo
sui comandi.
Tutto facile dunque. Sì, se ci
accontentiamo di percorrere brevi distanze. Ma se vogliamo raggiungere un'altra
stella, le cose diventano terribilmente complicate!
Cominciamo col più famoso limite di velocità dell'universo, quello della luce (o, in generale, della radiazione elettromagnetica): circa 300.000 Km al secondo nel vuoto (indicato comunemente con la lettera c). Se avete una vaga idea delle dimensioni dell'universo (diametro: circa 30 miliardi di anni luce), della nostra galassia (diametro: circa 100.000 anni luce), o della distanza dalla stella più vicina (che nel caso del Sole è Proxima Centauri, lontana circa 4,3 anni luce), appare evidente come tale velocità sia troppo modesta per percorrere simili distanze in tempi accettabili. Ma perché non è possibile andare più veloci? Per rispondere a questa domanda dobbiamo richiamare alcuni principi di fisica relativistica.
Si è
già parlato del concetto inerziale di massa, comunemente usato nella
fisica classica. La caratteristica fondamentale della massa così intesa
è che essa resta costante, invariante: perciò, in linea di
principio, non ci sarebbero limiti alle velocità che è possibile
raggiungere, a patto di disporre dell'energia sufficiente. Purtroppo non
è così: quando si superano certe velocità occorre
confrontarsi con un diverso concetto di massa, quella relativistica, che
a differenza della prima non è costante, ma aumenta all'aumentare della
velocità: i corpi, insomma, si oppongono ad essere accelerati a velocità
prossime a quelle della luce, e tanto più ci si avvicina a tale
velocità, tanto più difficile diventa accelerare ulteriormente,
come se il corpo diventasse 'più massiccio'. Detto aumento di
massa segue una legge matematica ben precisa, che comporta la necessità
di una quantità infinita di energia per raggiungere la velocità
della luce, la quale risulta pertanto irraggiungibile e insuperabile.
La conseguenza evidente di tale principio
è che la propulsione ad impulso diventa terribilmente costosa alle alte
velocità: occorrono immense quantità di propellente per
raggiungere velocità vicine a quella della luce (che è sempre
troppo poco, come detto, per le nostre esigenze), per tacere del fatto che il
propellente fa parte della massa da muovere, per cui, anche disponendo di un
enorme serbatoio pieno di deuterio, occorre fare i conti con la sua brava massa
relativistica, e prima ancora con quella inerziale. La propulsione ad impulso
ad alte velocità, insomma, è una sorta di serpente che si morde
la coda.
La massa,
inoltre, non è l'unica grandezza non più costante alle alte
velocità: un altro problema da affrontare nei viaggi spaziali a
velocità relativistiche è difatti la dilatazione del tempo.
Il tempo non scorre in modo uniforme per tutti
gli osservatori, al contrario di quanto postulato dalla fisica classica,
bensì tanto più lentamente quanto più l'osservatore che
misura un dato evento si avvicina alla velocità della luce.
Il motivo di questo fenomeno va ricercato nel
fondamentale postulato posto a base della dinamica relativistica: l'invarianza
della velocità della luce. Cerchiamo di chiarire il concetto;
normalmente le velocità si sommano tra loro: se io, da una navetta in
moto a 1000 km/s, lancio una sonda avente una velocità di 5 km/s,
rispetto a me la sonda avrà detta velocità, ma un osservatore in
quiete rispetto alla navetta misurerà invece una velocità di 1000
+ 5 = 1005 km/s, poiché, giustamente (dal suo punto di vista), dovrà
considerare anche la velocità che la sonda aveva prima di essere
lanciata (ossia, la velocità della navetta).
Le cose vanno invece diversamente quando in ballo
vi è la velocità della luce (o di una qualunque radiazione EM):
se io accendo le luci di navigazione della navetta, o invio un (antiquato) segnale
radio, sia io, sia l'osservatore in quiete rispetto a me, sia qualunque altro
osservatore dell'universo, misureremo tutti la stessa velocità di
proazione dell'onda: circa 300.000 km/s. Ora, poiché la velocità
è definita, come è noto, come il rapporto tra lo spazio percorso
e il tempo impiegato per percorrerlo (v = s/t), e poiché nel caso di specie
tutti gli osservatori hanno misurato la stessa distanza e la stessa
velocità, ne deriva che a variare deve essere il tempo, il quale, come
detto, scorre in funzione della velocità dell'osservatore.
Le conseguenze appaiono chiare: poiché ogni viaggio a velocità relativistica è anche un viaggio nel tempo (nel futuro), i costi di un simile viaggio sono elevatissimi non solo dal punto di vista economico (propellente), ma anche sotto il profilo sociale. Gli astronauti partirebbero con la consapevolezza di non rivedere mai più le loro famiglie, i loro parenti, i loro amici, a meno di non portarli con sé o di non averli affatto; al rientro, per contro, troverebbero una società profondamente diversa da quella che hanno lasciato, con intuibili problemi di reinserimento. L'astronauta tipo risulterebbe così essere un disadattato o un asociale, insomma un pessimo ambasciatore della sua specie.
Ma supponiamo,
come è successo, di essere disposti a are i costi economici e sociali
del viaggio a velocità relativistiche. I problemi sono tutt'altro che
finiti, anzi! Quelli veramente seri iniziano proprio quando si parte, e sono
tali da mettere a repentaglio la sopravvivenza dell'equigio.
Cominciamo dall'accelerazione: per raggiungere
velocità prossime a quella della luce occorre, ovviamente, imprimere
alla nave accelerazioni elevatissime. Così, per proteggere l'equigio
dagli effetti micidiali dell'accelerazione, questa deve essere estremamente
lenta: si tenga conto che una banalissima accelerazione da 2 g comporta
che l'astronauta sperimenti su di sé una forza pari al doppio del proprio peso,
sinché dura l'accelerazione, con intuibili conseguenze sull'apparato scheletrico,
muscolare, cardiocircolatorio. Ed è facile immaginare cosa succederebbe
in caso di manovre di emergenza obbliganti a brusche variazioni di
velocità o direzione.
La conseguenza è che il viaggio deve
comunque durare diversi anni, prima di raggiungere la velocità di
crociera o di decelerare a velocità compatibili con l'arrivo alla
destinazione: anni percepiti effettivamente come tali, giacché la
gradualità dell'accelerazione comporta che gli effetti relativistici di
dilatazione del tempo divengano significativi solo dopo parecchio tempo dalla
partenza.
Ma il peggio arriva quando la velocità
diventa elevata: lo spazio, come è noto, è molto meno
'vuoto' di quanto si riteneva un tempo; pulviscolo, micrometeoriti,
semplici particelle subatomiche, tutta roba quasi innocua a basse
velocità, si trasforma con l'accelerazione in una pioggia mortale di
proiettili e radiazioni ionizzanti ad elevato potere penetrante, in grado di
danneggiare gravemente lo scafo e di renderlo pericolosamente radioattivo per
gli occupanti.
Da quanto detto, insomma, appare evidente come
la propulsione a impulso, pur indispensabile per gli spostamenti a breve raggio
e le manovre orbitali, sia assolutamente inidonea al volo interstellare. Un
viaggio con tale tipo di propulsione costituisce essenzialmente un esperimento
scientifico, e spesso è un'importante tappa nel progresso tecnologico
della maggior parte delle civiltà evolute, ma non muta la condizione di
isolamento del mondo che lo sviluppa, né può avere significative applicazioni
sul piano commerciale e sociale. Solo la propulsione a curvatura, o meglio il
complesso di nozioni e tecnologie che essa comporta, consente di aggirare gli
inconvenienti visti e aprire alla specie che la sviluppa le porte della
comunità interstellare. Non a caso la Prima Direttiva considera idonee
al Primo Contatto solo le civiltà che abbiano sviluppato tale
tecnologia.
E' ora, pertanto, di entrare in curvatura!
SEZIONE PRIMA: LA STRUTTURA DELLO SPAZIO
La propulsione a
curvatura può essere definita in questo semplice modo: mentre nella
propulsione a impulso si sposta la nave nello spazio, in curvatura si
'muove' lo spazio attorno alla nave! Per la precisione, si comprime
lo spazio nella direzione di avanzamento della nave, e lo si espande nella
direzione opposta.
Le tre righe che precedono, se lette dalla
prospettiva di un fisico dell'epoca pre-curvatura, sollevano così tanti
problemi da richiedere, per la loro esauriente illustrazione, uno spazio e un
tecnicismo incompatibili con lo scopo della presente trattazione.
Cercherò di procedere passo per passo, limitando il tecnicismo allo
stretto indispensabile.
Intanto, come
è possibile 'comprimere' o 'espandere' lo spazio?
Occorre chiarire, a questo punto, cos'è
esattamente (o quasi) lo spazio. Si tratta, in verità, di un concetto
estremamente complesso, sia dal punto di vista fisico-matematico che da quello
filosofico. Cominciamo dalla nozione più elementare, che definisce lo spazio
come distanza tra due corpi. Si tratta di una definizione banale solo in
apparenza, perché contiene una verità fondamentale: lo spazio esiste
solo in presenza di materia (o energia), non è concepibile uno spazio
'vuoto': se dall'universo, con un qualche procedimento fantastico,
potessimo rimuovere tutta la materia e l'energia esistente, non avremmo un
universo vuoto, ma, al contrario, non esisterebbe più l'universo (a
patto di sparire anche noi). Una delle fondamentali acquisizioni della fisica
relativistica è difatti che lo spazio ha una 'struttura', ha
delle 'dimensioni', e non deve essere pensato in antitesi alla
materia-energia, come una sorta di fondale in cui la massa recita da attrice
principale; la materia, l'energia, le particelle in realtà sono
'spazio concentrato', o più tecnicamente 'dimensioni
collassate'.
Ma un passo alla volta: torniamo alla struttura
dello spazio. Come appena detto, lo spazio presuppone l'esistenza di
materia-energia; niente materia, niente spazio. Dal punto di vista strettamente
intuitivo, appare ovvio che non si possa parlare di distanza tra A e B se A e B
non esistono (benché la realtà sia molto più complessa). Lo
spazio è 'creato' dalla materia, la quale non è altro
che un particolare 'tipo' di spazio.
Facciamo un
altro passo, e parliamo di tempo. Definire il tempo non è meno arduo che
definire lo spazio, e solitamente le definizioni peccano di tautologia, giacché
definiscono il tempo come durata o intervallo tra due eventi,
senza riuscire a chiarire cosa sia la 'durata'. Una prima osservazione
che si può fare, però, è che, al pari dello spazio, anche
l'esistenza del tempo richiede materia-energia; perché ci sia un
'prima' e un 'dopo' è necessario che ci si riferisca
a 'qualcosa' (di diverso dal tempo stesso), ad un 'evento'.
Spazio e tempo sono accomunati, nella loro esistenza, dalla necessità
dell'esistenza della materia: niente materia, niente tempo, niente spazio.
Spazio e tempo hanno però un legame ben
più stretto, accertato fin dalla nascita della fisica relativistica;
legame talmente stretto da far considerare il tempo una delle dimensioni dello
spazio: si parla, difatti, di spazio-tempo. Per capire come possano essere
legati dei concetti che, apparentemente, non hanno niente in comune, pensiamo
ad un oggetto qualunque: appare evidente che tale oggetto occupa una posizione
ben definita nello spazio, che può essere determinata con precisione
indicando le distanze da una serie di punti di riferimento (ad es., un tavolo
in una stanza avrà una certa altezza rispetto al pavimento e una certa
distanza dalle pareti). Tuttavia tale oggetto, pur se in ipotesi immobile, in
realtà si sta spostando attraverso il tempo; esso esisteva prima
dell'osservazione, a partire dal momento in cui fu creato, ed esisterà
dopo l'osservazione, sinché non verrà distrutto. In altre parole,
qualunque cosa, oltre che esistere (e muoversi) nello spazio, esiste (e deve muoversi)
anche nel tempo. Se così non fosse, se l'oggetto fosse
'immobile' nel tempo, esso esisterebbe solo per un istante
infinitesimo, per poi sparire nel nulla (e ciò è impossibile per
il principio di conservazione dell'energia).
Il tempo, insomma, può essere considerato
una dimensione dello spazio, anche se dotata di particolarità tutte sue
(muoversi nello spazio non è come muoversi nel tempo).
Si è
accennato, in precedenza, alle 'dimensioni' dello spazio; cosa e
quante sono le dimensioni? Non è facile rispondere a questa domanda,
specie considerando i limiti del presente lavoro. Si possono comunque descrivere
le dimensioni come gli elementi strutturali dello spazio, i 'mattoni'
che lo costituiscono. Alcune di esse sono ben note: altezza, larghezza,
profondità, tempo. Oltre a queste, però, ne esistono molte altre,
che non sono percepibili sensorialmente in quanto esistenti a livello
subatomico, ma presiedono a fenomeni subatomici fondamentali per l'esistenza
dell'universo come lo conosciamo.
Le dimensioni dello spazio-tempo si dividono in
due categorie: quelle bosoniche e quelle fermioniche. Le prime (circa
una trentina) consentono degli spostamenti simili a quelli a cui siamo
normalmente abituati, nel senso che le condizioni dell'oggetto (ad es., una
particella) al termine dello spostamento saranno differenti rispetto a quelle
di partenza. Nelle seconde (circa una decina) sono possibili spostamenti senza
che l'oggetto modifichi le proprie condizioni iniziali. Non è possibile
essere più precisi senza affrontare argomenti (e istituti matematici)
terribilmente complessi, ma il succo di questo discorso, per quanto ci
interessa, è che la comprensione della struttura dello spazio ha
consentito di pervenire alla Grande Unificazione, ossia ad una teoria fisica
che renda conto dell'origine comune delle forze fondamentali della natura
(Gravitazionale, Elettrodebole, Forte, Repulsiva. Vedi nota n. 14). Tale teoria
ha consentito la manipolazione dei campi gravitazionali secondo principi
analoghi a quelli usati sin dall'antichità per i campi elettromagnetici,
rendendo così possibile la polarizzazione gravitazionale, posta a base
non solo della propulsione curvatura, ma anche dei campi gravitazionali
artificiali, degli scudi deflettori, dei raggi traenti, degli ammortizzatori
inerziali.
Torniamo dunque
al problema iniziale: come comprimere ed espandere lo spazio?
La meccanica relativistica descrive lo
spazio-tempo come entità quadridimensionale curva. La realtà
è più complessa, poiché lo spazio ha ben più di 4
dimensioni, ma poiché tutte le altre sono come 'arrotolate' su scala
subatomica possiamo, almeno per il momento, non tenerne conto.
Il fatto che lo
spazio sia curvo e 'plasmabile' ha delle importanti conseguenze per i
nostri fini, perché in tale tipo di spazio le distanze non sono
'assolute' e la via più breve tra due punti non è
necessariamente una retta.
Per visualizzare intuitivamente la struttura
dello spazio possiamo ricorrere ad un antico esempio: immaginarlo come un
foglio di gomma molto elastico. Su tale foglio poggiano le varie masse dell'universo,
particelle, pianeti, stelle ecc. Tali masse 'deformano' il foglio di
gomma, in misura dipendente dalla loro entità (masse maggiori
produrranno una 'curvatura' maggiore). Abbiamo perciò scoperto
che è la gravità a modellare lo spazio, il quale risulta
più curvo nelle regioni più prossime a masse elevate.
La gravità è perciò lo
'scalpello' che modella lo spazio. A questo punto è chiaro
perché si parla di curvatura: essa è precisamente ciò che indica
tale termine, una 'deformazione' (warp) dello spazio indotta
da un campo gravitazionale.
Ma cosa succede, esattamente, curvando lo spazio?
Qualunque massa,
come visto, è in grado di curvare lo spazio: poiché non può
esistere spazio senza massa, ne deriva che lo spazio è sempre e
necessariamente curvo, benché la curvatura sia maggiore in prossimità
delle masse e minore (in ragione del quadrato della distanza) man mano che ci
si allontana da esse.
Qualunque massa o onda in movimento nello spazio
deve seguirne necessariamente la geometria. Quando una massa o un'onda entrano
in una regione dello spazio caratterizzata da una particolare curvatura, devono
necessariamente percorrerne la struttura.
In tal modo è stata giustificata, in
passato, l'attrazione gravitazionale: poiché lo spazio si incurva sempre di
più in prossimità di una massa, un corpo entrato in tale regione
deve dirigersi verso la massa deformante, percorrendo il 'baratro'
gravitazionale da essa creato (a meno che non sia in possesso di una
velocità sufficiente per 'uscirne').
Appare quindi evidente che, poiché lo spazio non
ha una struttura fissa e immodificabile, è possibile
'plasmarlo' in modo da adeguarlo alle nostre esigenze. Se vogliamo,
ad esempio, percorrere una grande distanza in tempi brevi, possiamo comprimere
lo spazio tra il punto di partenza e quello di arrivo (senza spostare questi
ultimi, per i motivi che si vedranno). In questo modo non sono più
necessarie velocità elevate, e comunque irraggiungibili: è come
se prendessimo una scorciatoia . nello spazio stesso, una sorta di galleria che
ci consente di evitare la scalata della montagna.
Detto così, ovviamente, è troppo semplice, e troppo bello per essere vero. Vediamo quali sono i terribili problemi da affrontare, e come sono stati risolti.
SEZIONE SECONDA: COME CURVARE A PIACERE LO SPAZIO
Prima di
affrontare il problema di come curvare lo spazio secondo i nostri comodi,
vediamo cosa succede in natura.
Cominciamo col dire che le curvature prodotte da
masse non certamente trascurabili, come pianeti e stelle, sono del tutto
insufficienti per i nostri scopi: ad esempio, la massa di una stella di tipo G
(come il Sole della Terra) è in grado di deflettere un raggio di luce di
circa un millesimo di grado. Ma a noi servono curvature enormemente
superiori. Noi non vogliamo semplicemente 'piegare' lo spazio, ma
'accartocciarlo'. Ci servono perciò curvature ben maggiori di
quelle prodotte dalle stelle. Dove prendere la massa (o l'energia) necessaria,
se persino quella del Sole risulta insufficiente?
Esistono
però in natura curvature dello spazio ben maggiori di quelle prodotte
dalle stelle: si tratta delle singolarità (oggi definite con
l'aggettivo quantiche, per significare che, a differenza che in passato,
si è ormai in grado di determinare gli effetti quantistici della
gravità), ossia di regioni dello spazio-tempo caratterizzate da un
intenso campo gravitazionale, imprimente una conurazione 'a
cuspide', una sorta di baratro non interpretabile con le teorie
relativistiche pre-unificazione. In altre parole, la curvatura in una singolarità
è talmente accentuata che le lunghezze sono ridotte ad un valore
prossimo allo zero, mentre il tempo scorre ad un ritmo pressoché infinito.
Singolarità che si trovano, solitamente, al centro di buchi neri (stelle
di grande massa collassate, dotate di un campo gravitazionale talmente intenso
da non consentire neppure l'emissione di luce).
Sembrerebbe quindi che, se devo recarmi da A a B
e nel tragitto trovo un buco nero, potrei usare lo stesso per accorciare il
viaggio, dal momento che nella singolarità lo spazio è compresso
sin quasi ad un valore nullo.
Sconsiglio vivamente gli aspiranti navigatori
spaziali dal compiere una simile impresa: ci sono forme di suicidio meno
complicate, e non implicanti la distruzione di una costosa nave spaziale. Innanzitutto
perché lo stesso campo gravitazionale che ci fa il favore di comprimere lo
spazio farebbe a pezzi noi e l'astronave ben prima di raggiungere la
singolarità. In secondo luogo perché, qualora resistessimo alla
gravità usando il campo di integrità strutturale, gli
ammortizzatori inerziali e gli scudi deflettori (sinché dura l'energia), la
dilatazione temporale implicherebbe un tempo (per un osservatore esterno al
luogo del nostro suicidio) lunghissimo per raggiungere la singolarità, e
così la breve durata del viaggio andrebbe a farsi friggere. Dulcis in
fundo, una volta raggiunta la singolarità difficilmente potremmo
venirne fuori, non potendo con i motori a impulso né raggiungere, né superare
la velocità della luce. Come se non bastasse, non andremmo comunque a
finire da nessuna parte, perché la singolarità resta dov'è e non
si muove certo nella direzione che ci aggrada (e se volessimo spostarla noi
dovremmo fare i conti, per dirne una, con la sua formidabile inerzia). Insomma,
usare un buco nero per viaggiare nello spazio è un po' come volere
entrare in una stanza passando per il buco della serratura: scomodo, doloroso,
inutile!
Ma a noi serve proprio una curvatura del tipo di
quelle generate dalle singolarità!
Torniamo al
punto di partenza: come curvare lo spazio? Con la gravità. Cos'è
che genera la gravità, o se si preferisce i gravitoni, le particelle
portatrici della forza gravitazionale? La massa. Per avere il campo
gravitazionale di una stella devo per forza disporre della massa di una stella?
No! E' qui che risiede l'inizio della soluzione dei nostri problemi.
In natura, il campo gravitazionale ha simmetria
sferica: si estende uniformemente in tutte le direzioni, con intensità
decrescente (in proporzione quadratica) rispetto alla distanza dalla sorgente.
Per i nostri fini, questo è un enorme
spreco! In natura è bene che le cose vadano così, perché l'universo
come lo conosciamo non potrebbe certamente esistere (e noi con lui) se la
gravità operasse in una sola direzione. Ma a noi non interessa curvare
un enorme volume di spazio, bensì agire solo nella zona che intendiamo
attraversare.
La radiazione elettromagnetica si comporta, per
certi aspetti, come il campo gravitazionale: anch'essa ha simmetria sferica,
anch'essa ha intensità decrescente con il quadrato della distanza. Ma le
specie evolute hanno, da molto prima del saper viaggiare nello spazio, appreso
come 'piegare' la radiazione EM alle proprie necessità,
ottenendo onde proantesi in una direzione prefissata, o luce monocromatica
(laser, maser ecc.).
La stessa cosa si è riusciti a fare con la
gravità, mediante la polarizzazione gravitazionale. La teoria del Campo
Unificato, con cui le forze della natura (Gravitazionale, Elettrodebole, Forte,
Repulsiva) vengono descritte come diverse manifestazioni di un unico ente, ha
consentito la manipolazione delle onde gravitazionali con modalità
analoghe a quelle conosciute sin dall'antichità con le onde EM. In
particolare, è stato possibile porre onde gravitazionali in concordanza
di fase ed ottenere delle emissioni coerenti, in modo da creare treni d'onda a
proazione lineare.
E' noto da tempo
che particolari leghe metalliche contenenti elementi transuranici di elevatissimo
peso atomico (cortenide di verterio, thoronium arkenide) possono emettere
gravitoni in condizioni particolari (la cortenide di verterio se esposta a
plasma ad alta energia, il thoronium arkenide se posto in rotazione a
velocità elevate, in un ambiente di gas chrylon e applicando
un'opportuna differenza di potenziale). La prima lega viene utilizzata per le
bobine delle gondole a curvatura delle navi spaziali, la seconda per la
realizzazione dei generatori di gravità artificiali.
La caratteristica fondamentale di queste leghe
è il consentire la trasformazione, con rendimento piuttosto elevato
(intorno al 70%) della forza elettromagnetica in forza gravitazionale.
Conversione resa vantaggiosa dal fatto che la forza elettromagnetica ha
intensità ben superiore a quella gravitazionale (il debolissimo campo
magnetico della maggior parte dei pianeti di classe M è sufficiente a
spostare l'ago di una bussola, vincendo l'attrazione gravitazionale).
Con procedimenti particolari (vedi la sezione
settima) è possibile fare in modo che l'emissione di gravitoni avvenga
unicamente lungo una direzione prefissata, e con frequenze predeterminate. Le
onde gravitazionali così emesse sono poste in concordanza di fase, in
modo che l'energia della successiva si sommi a quella della precedente, e si
concentri in un ristretto volume di spazio.
E' così possibile realizzare un campo
gravitazionale di elevata intensità e limitata estensione, senza dovere
disporre della massa necessaria per ottenerne uno di analoga intensità
in modo 'naturale'. Il consumo di energia necessario è
certamente elevato, ma di gran lunga inferiore a quanto teorizzato in epoca
pre-curvatura.
A questo punto è evidente che, facendo in
modo che il campo gravitazionale (di intensità analoga a quello
esistente nelle singolarità) si formi nella direzione di avanzamento
della nostra nave, esso provvederà innanzitutto a comprimere la regione
di spazio che ci accingiamo ad attraversare, e in secondo luogo si
sposterà con la nave stessa, comprimendo regioni di spazio poste in
successione, senza soluzione di continuità.
Tale risultato, però, rappresenta solo il
primo passo, fondamentale ma insufficiente. Il nostro bravo campo
gravitazionale portatile e regolabile ha sempre i difetti dei suoi colleghi
naturali: la sgradevole tendenza a fare a pezzi noi e la nostra povera nave,
incurante del fatto che siamo i suoi genitori, e l'effetto relativistico di
dilatazione temporale (della contrazione delle lunghezze non è il caso
di curarsi troppo, con le altre grane che abbiamo), che prolunga la nostra
agonia con la dilatazione temporale, anche se non quanto una
singolarità, perché una volta distrutto il generatore, il campo
gravitazionale morirà dopo di noi. Magra consolazione.
Ma cos'altro serve, allora, per realizzare un
campo di curvatura utile ai nostri scopi?
SEZIONE TERZA: IL CAMPO DI CURVATURA
Per poter
sfuggire al pozzo gravitazionale creato davanti alla nostra nave per comprimere
lo spazio davanti a noi, è necessario creare un 'antipozzo'
dietro, in modo che la compressione venga bilanciata dall'espansione (che
dovrà avere pari intensità e 'segno' opposto) e la nave
venga sospinta su tale 'onda' di spazio-tempo modificato, passata la
quale lo spazio tornerà alla sua struttura normale. Comprimendo lo
spazio nella direzione anteriore riduciamo la distanza dal punto di arrivo,
ossia ci 'avviciniamo' (benché, lo si ripete, la posizione del punto
di arrivo non muta, poiché operiamo solo sullo spazio intermedio); espandendo
lo spazio nella direzione opposta, invece, ci 'allontaniamo' dal
punto di partenza, sfuggendo al baratro gravitazionale creato davanti a noi
(senza necessità di alcuna accelerazione).
La regione compresa tra il fronte di compressione
e quello di espansione è detta, con espressione pittoresca, bolla di
curvatura, e mantiene le condizioni di un qualunque sistema di riferimento in
moto alla stessa velocità. In altre parole, le masse ivi presenti non
subiscono né gli effetti relativistici sopra descritti (aumento di massa,
dilatazione del tempo ecc.), né effetti inerziali, poiché la velocità
posseduta precedentemente all'ingresso in curvatura NON MUTA.
Così come la compressione locale dello
spazio viene realizzata mediante emissioni di treni di onde gravitazionali
coerenti, l'espansione nella regione opposta viene ottenuta tramite emissioni coerenti
di warpers, particelle bosoniche portatrici della Forza Repulsiva.
La Forza Repulsiva, come detto nella nota 14, è una delle forze fondamentali della natura (l'ultima, solitamente, ad essere scoperta), e manifesta la sua azione in presenza di elevate concentrazioni di massa (o di energia). Tale forza è inferiore, come ordine di grandezza, all'attrazione gravitazionale, e difatti in condizioni normali non è in grado di contrastarne significativamente gli effetti. Quando però i campi gravitazionali sono di tale intensità da renderne non trascurabili gli effetti quantistici (come avviene nelle singolarità, e nei campi di curvatura), essa è in grado di opporsi al collasso infinito della materia (il volume delle singolarità, difatti, è piccolo, ma non nullo). Ciò fornisce una giustificazione del noto paradosso della meccanica relativistica pre-unificazione, la quale non era in grado di chiarire come la curvatura dello spazio-tempo assumesse nelle singolarità un valore infinito, senza che la massa collassante, per effetto dell'accelerazione gravitazionale sempre crescente, raggiungesse o superasse la velocità della luce. La forza repulsiva, insomma, pone un limite 'di sicurezza' alla comprimibilità della massa.
Gli warpers,
particelle vettori della forza repulsiva, agiscono insomma come una sorta di
gravità negativa. La loro 'gestione' nel campo di curvatura
è in buona parte analoga a quella dei gravitoni: normalmente, per
ottenere una significativa quantità di warpers sarebbe necessario
disporre di concentrazioni di massa elevatissime, persino superiori a quelle
richieste per i campi gravitazionali delle singolarità. Nel campo di
curvatura, tuttavia, gli warpers si formano come
'sottoprodotto' della creazione dei treni d'onda gravitazionali
coerenti, e tendono a muoversi nella direzione opposta: un'elevata
concentrazione di gravitoni polarizzati, generati dal punto P e concentrati ad
una distanza D da esso, produce un'analoga concentrazione di warpers ad
una distanza -D da P, ossia dalla parte opposta. In P, che poi sarebbe la
nostra astronave, il campo gravitazionale è 'normale', ossia
identico a quello locale, non generato dal campo di curvatura. Andando in
avanti, seguendo il treno d'onda di gravitoni, il campo gravitazionale aumenta
d'intensità, sino a raggiungere il valore massimo, detto CUP (Curvatura
Utile Positiva) nella regione in cui i treni d'onda entrano in concordanza di
fase. Dall'altra parte, viceversa, il campo di espansione raggiunge il valore
massimo nella regione in cui gli omologhi treni di warpers coerenti entrano a
loro volta in concordanza di fase; il campo di espansione raggiunge in tale
punto il valore massimo, detto CUN (Curvatura Utile Negativa).
A questo punto il lettore attento avrà
notato immediatamente un problema: si è detto in precedenza che la forza
repulsiva opera su un ordine di grandezza inferiore rispetto a quella
gravitazionale. Per la precisione, o meglio per fornire un'approssimazione
accettabile in questa sede, il rapporto tra le due forze è pari a circa
1/1000: se occorre un'energia E per produrre un campo gravitazionale di una
data intensità, occorrerà circa 1000 volte quell'energia per
produrre un campo di espansione (o repulsione che dir si voglia) di intensità
analoga, ossia in grado di produrre un'espansione bilanciante esattamente la
compressione. A ciò si pone rimedio con due sistemi: in primo luogo
alterando la simmetria del campo, e precisamente facendo in modo che il CUN
abbia una distanza dalla sorgente pari a circa 1/10 di quella del CUP. In
secondo luogo, mediante un treno d'onda supplementare di warpers, che posto in
opportuna concordanza di fase con quello principale fa assumere al CUN il
valore necessario per bilanciare la compressione generata dal CUP.
Peraltro, non è necessario che CUP e CUN abbiano valori (in modulo)
identici, esiste un margine di tolleranza che non influisce significativamente
sull'effetto 'propulsivo', margine che però si riduce al
crescere della tensione del campo di curvatura, e tende a 0 all'approssimarsi
del limite teorico (secondo la scala attualmente vigente) di curvatura 10.
Quando
però il margine di tolleranza non viene rispettato, e supera il valore
soglia oltre il quale la contrazione dello spazio non è più
bilanciata dall'espansione, si verifica il noto 'effetto cavitazione'.
Per comprendere appieno l'effetto cavitazione, occorre precisare che,
all'interno del campo di curvatura, per ragioni che formano tuttora oggetto di
studio, la costante gravitazionale assume un valore inferiore al normale. La
massa inerziale della nave, di conseguenza, è molto inferiore a quella
posseduta in condizioni normali. La nave, tuttavia, conserva per inerzia la
velocità posseduta al momento dell'ingresso in curvatura. Poiché tale
velocità è di solito pari ad una frazione significativa di quella
della luce (in ragione dell'uso della propulsione ad impulso nelle fasi di
allontanamento e avvicinamento ai pianeti), quando la nave entra in cavitazione
la spinta inizialmente posseduta fa accelerare la nave a velocità
prossime a quella della luce, come se fosse diventata improvvisamente
'più leggera'.
Un'ulteriore accelerazione viene impressa alla
nave dal CUP, che, non più bilanciato correttamente dal CUN, esercita
una forte attrazione gravitazionale, applicando sulla nave una forza che, in
base alla seconda legge della Dinamica, ne incrementa la velocità.
La nave si trova pertanto esposta a subire i noti
effetti relativistici delle alte velocità (dilatazione del tempo,
contrazione delle lunghezze).
Poiché le navi della Flotta Stellare non sono
progettate per sopportare a lungo simili velocità, che comportano,
oltretutto, gravi pericoli per l'equigio (come visto nella Sezione Prima),
il computer di bordo, in caso di cavitazione, interrompe immediatamente
l'iniezione del plasma nelle bobine delle gondole, con conseguente collasso del
campo di curvatura. La nave riacquista gradatamente la massa inerziale
'normale', e la velocità diminuisce sino al valore precedente
l'ingresso in curvatura (il tempo necessario è pari, mediamente, a circa
30 secondi). Sempre per motivi di sicurezza, i controlli di volo vengono
disabilitati (una virata imporrebbe alla nave severissimi stress
strutturali), per cui eventuali oggetti che si trovano sulla traiettoria della
nave, che non possano essere deviati dai deflettori di navigazione a causa
della grande massa (ad esempio, piccoli asteroidi) devono essere immediatamente
distrutti.
Torniamo al
campo di curvatura. Poiché esso produce tensioni gravitazionali elevatissime,
appare ovvio che debba essere generato ad una distanza di sicurezza dalla nave.
Le gondole, contenenti le bobine generatrici del campo, sono solitamente
collocate ai lati della nave, ad una distanza tra loro non inferiore a 0,8
volte la larghezza del resto dello scafo (una distanza leggermente superiore
è ammessa per le navette, in ragione della bassa potenza del campo warp),
e posizionate in modo che i treni d'onda emessi non entrino in contatto con le
strutture dell'astronave.
La propulsione a curvatura deve inoltre essere
attivata in regioni di spazio quanto più vuote possibile, e ciò
per una serie di ragioni.
Innanzitutto, la compressione dello spazio
implicherebbe consumi energetici immensamente elevati qualora la regione ove si
forma il CUP non fosse (ragionevolmente) vuota: la compressione della materia
(che, lo si ricorda, è già 'spazio-tempo compresso')
è infatti molto più difficile di quella dello spazio vuoto, anche
per effetto della Forza Repulsiva, per cui i motori si surriscalderebbero
rapidamente oltre i limiti di sicurezza.
Va poi considerato che il CUP è pur sempre
un campo gravitazionale, e di intensità elevatissima; di conseguenza,
ove lo spazio non fosse vuoto, le masse circostanti, specie se modeste,
verrebbero attirate con enorme forza e scagliate contro la nave, con
conseguenze facilmente immaginabili. Non solo: le tensioni gravitazionali
farebbero a pezzi tali masse per 'effetto marea', ed è chiaro
quali sarebbero le conseguenze se si trattasse di navi spaziali. Usare il campo
warp come arma non è comunque vantaggioso, perché la pioggia di
detriti accelerati ad altissima velocità (tra cui il nucleo di curvatura
e le riserve di antimateria della nave distrutta!) renderebbe decisamente
breve, ed assai cara, la vittoria ottenuta!
SEZIONE QUARTA: LA VELOCITA' DI CURVATURA.
L'unità
di misura dell'intensità del campo di curvatura è il cochrane
(C). Per misurazioni maggiormente accurate viene utilizzato il sottomultiplo
millicochrane (mC), pari a 1/1000 di cochrane.
Si assume pari ad un cochrane un campo di
curvatura che produca una velocità virtualmente pari a quella della
luce. Si parla di velocità virtuale in quanto, come visto, la
propulsione curvatura opera sullo spazio-tempo, non sulla nave: il termine
velocità è dunque usato in modo atecnico, per descrivere
l'effetto propulsivo del campo warp. In pratica, si adotta il punto di
vista di un ipotetico osservatore esterno, il quale 'vede' la nave
spostarsi a velocità pari o superiori a quella della luce, non essendo
solidale col sistema di riferimento rappresentato dalla nave stessa. E'
superfluo dire che si tratta di un paragone fittizio, dal momento che un
oggetto in moto a velocità superiore a quella della luce è
ovviamente invisibile.
La velocità curvatura viene espressa in
multipli della velocità della luce.
L'effetto propulsivo viene calcolato con una
funzione cubica:
v = (aw + ) c
dove v è
la 'velocità di curvatura', w è il fattore warp,
ossia il grado di compressione - espansione dello spazio determinato dal campo
di curvatura ed espresso in cochrane, a è una costante, assume
valori diversi a seconda dei fattori warp, e viene determinato
empiricamente, c è la velocità della luce in km/s.
Per w = 1 cochrane, come detto, la
velocità di curvatura è pari a quella della luce, nel senso che
l'effetto propulsivo consente di spostare la nave ad una velocità che,
nello spazio normale, sarebbe pari a circa 300.000 km/s, senza effetti
relativistici apprezzabili.
Per w = 2 cochrane, la velocità warp
è pari a 10 volte quella della luce; per w = 3, v = 39c; per w =
4, v = 102c; per w = 5, v = 214c; per w = 6, v = 392c; per
w = 7, v = 656c; per w = 8, v = 1024c; per w = 9, v = 1516c;
per w = 9.6, v = 1909c; per w = 9.9, v = 3053c; per w = 9.99, v =
7912c; per w = 9.9999, v = 2377360c; per w = 10 la
velocità è infinita, ossia il tempo di arrivo a destinazione
è nullo. Si tratta di un limite teorico, irraggiungibile allo stato
attuale delle conoscenze.
SEZIONE QUINTA: CURVATURA E PARADOSSI RELATIVISTICI
La propulsione a
curvatura consente di spostarsi in tempi brevi su distanze interstellari
aggirando il limite relativistico della velocità della luce. Occorre a
questo punto esaminare alcuni dei cosiddetti paradossi relativistici, connessi
all'impossibilità del superamento della velocità della luce e al
comportamento dei corpi materiali all'approssimarsi a tale velocità.
Come si illustrerà in proseguo, si tratta
di paradossi soltanto apparenti, e dovuti all'equivoco del confondere il limite
c con l'impossibilità di inviare informazioni eludendo tale limite.
Causa-effetto.
Cominciamo col principio del sovvertimento del
rapporto causa - effetto. Supponiamo che sul pianeta X avvenga l'estrazione di
una lotteria, e l'informazione sui numeri estratti debba essere trasmessa sul
pianeta Y, distante un anno luce, dove si trova il giocatore interessato.
Normalmente, il giocatore saprà quali numeri sono stati estratti un anno
dopo l'effettiva estrazione, dal momento che l'informazione, trasmessa mediante
radiazioni elettromagnetiche (mettiamo da parte le trasmissioni subspaziali),
impiega questo tempo per raggiungerlo. Se però un viaggiatore spaziale,
usando una nave a curvatura, gli comunica il risultato dell'estrazione prima
del decorso dell'anno, ecco che il giocatore conosce un evento che ancora
appartiene al 'suo' futuro, e può cominciare a far spese
prima della vincita.
Oppure, per fare un altro esempio, supponiamo che
a 10 anni luce dal pianeta P esploda una supernova: gli abitanti di P sapranno
dell'evento solo dopo 10 anni. Ma se il solito viaggiatore spaziale con nave a
curvatura li va ad avvisare prima che la luce (e le radiazioni) della nova li
raggiungano, ecco che consente loro di salvarsi da un evento che esiste solo
nel 'loro' futuro.
In entrambi i casi, il paradosso consisterebbe
nel fatto che le azioni del giocatore del pianeta Y e degli abitanti del
pianeta P siano influenzate da eventi per loro ancora non accaduti. Difatti,
poiché per la relatività classica nessuna informazione può essere
trasmessa nell'universo a velocità superiore a quella della luce, i
soggetti in questione non hanno alcun modo di conoscere gli avvenimenti citati,
né di sapere della contemporaneità, rispetto al loro sistema di
riferimento, dell'estrazione della lotteria o dell'esplosione della supernova.
Alla base del paradosso sta l'asserita impossibilità, per osservatori
molto distanti tra loro, di sapere se un dato evento sia o meno contemporaneo
per entrambi. Questo perché nella relatività classica dall'insuperabilità
della velocità della luce veniva desunto il corollario
dell'impossibilità della trasmissione di informazioni a velocità
superiore, sia pure in altro modo. Corollario che la propulsione warp ha
dimostrato essere falso.
Da come sono costruiti gli esempi appare difatti chiaro che il paradosso è soltanto apparente. L'estrazione della lotteria e l'esplosione della supernova sono difatti avvenuti PRIMA che l'informazione fosse ricevuta dagli interessati, per cui il principio di causalità viene pienamente rispettato.
Spostamento
Doppler e contrazione delle lunghezze.
L'effetto Doppler è quel fenomeno in base
al quale, data una sorgente di onde in moto rispetto ad un osservatore, questo
percepisce un aumento della frequenza delle onde quando la sorgente si avvicina
a lui e una diminuzione quando se ne allontana. Se si tratta di onde luminose,
l'osservatore registrerà uno spostamento verso il violetto dello spettro
della luce ricevuta in caso di avvicinamento della sorgente, e uno spostamento
verso il rosso in caso di allontanamento.
Le gondole di curvatura delle navi della
Federazione emettono una caratteristica luce bluastra, dovuta all'emissione di
fotoni aventi lunghezza d'onda di circa 4000 Angstrom, rappresentanti un
innocuo residuo del processo di generazione del campo di curvatura.
Osservando una nave che entra in curvatura, un
osservatore fermo ai principi della relatività classica noterà
immediatamente due fenomeni che appaiono contraddire le leggi della fisica:
innanzitutto percepirà come bluastra la luce emessa dalle gondole,
mentre in base all'effetto Doppler questa, al pari delle luci di navigazione e
di quella proveniente dagli oblò della nave, dovrebbe apparire
decisamente rossastra (considerato il fatto che la nave 'accelera' in
pochi istanti a 'velocità' estremamente alte). In secondo
luogo osserverà la nave 'allungarsi' nella direzione
dell'accelerazione, in netto contrasto col il principio relativistico della
contrazione delle lunghezze nel senso del moto.
La chiave di tali paradossi consiste
nell'espansione dello spazio determinata dal campo di curvatura. L'osservatore
che percepisce la nave allontanarsi si trova, ovviamente, nella regione
interessata dal campo di espansione: le onde luminose che viaggiano nello spazio
espanso subiscono, per effetto dell'espansione, uno spostamento verso il
violetto tale da compensare quello verso il rosso dovuto all'effetto Doppler.
Per le stesse ragioni le immagini appaiono distorte, allungate nella direzione
del moto. D'altra parte, poiché come detto più volte, la propulsione a
curvatura non sposta la nave (che, al limite, potrebbe essere in quiete
rispetto all'osservatore), non vi è alcuna contrazione relativistica nel
senso del moto.
Effetto
'stelle filanti'.
Chiunque abbia viaggiato su una nave con
propulsione a curvatura avrà notato il caratteristico e suggestivo
effetto delle strisce luminose attorno alla nave.
Secondo il solito osservatore fermo alla
relatività classica, a bordo di una ipotetica nave in moto a
velocità superluce non si dovrebbe vedere alcun panorama esterno, dal
momento che le onde luminose provenienti dagli oggetti esterni non possono
raggiungere la nave.
Sappiamo
però che la nave non si muove, in realtà, più veloce della
luce, per cui è senz'altro possibile la percezione del panorama esterno.
Tuttavia, quando le onde luminose provenienti
dall'esterno entrano nella zona di azione del campo di curvatura, subiscono una
deviazione verso il CUP, a causa del forte campo gravitazionale. Di
conseguenza, si ha un mutamento della posizione apparente della stella. Poiché
il CUP si sposta insieme alla nave, l'osservatore a bordo vede mutare le
posizioni apparenti delle stelle. La frequenza dei mutamenti, superiore ai 10
per secondo, è sufficiente ad impressionare la retina della maggior
parte delle forme di vita umanoide, generando la percezione di una scia
luminosa.
L'effetto cessa con la disattivazione del campo
di curvatura.
SEZIONE SESTA: CURVATURA E TUNNEL SPAZIALI.
Nelle singolarità
quantiche la deformazione dello spazio-tempo raggiunge un livello talmente elevato
da creare una sorta di pozzo gravitazionale. Per riprendere l'antico esempio
citato in precedenza, si immagini lo spazio-tempo come un foglio di gomma. La
masse dei pianeti e delle stelle provocano su tale foglio degli
'infossamenti', tanto più profondi quanto maggiore è la
massa deformante. Nel caso delle singolarità, l'infossamento è un
vero e proprio 'baratro'.
Che succede se tale baratro entra in contatto con
un altro analogo? Se, in altre parole, le deformazioni dello spazio-tempo
generate da due (o più) singolarità sono contigue? Si crea
ciò che con espressione pittoresca viene definito 'tunnel
spaziale', una sorta di cunicolo nello spazio-tempo, in grado, teoricamente,
di consentire l'attraversamento di vaste regioni dello spazio in tempi brevissimi.
Ci sono soltanto
due piccoli problemi: in primo luogo i tunnel spaziali naturali sono fortemente
instabili, e questo comporta il pericolo di essere distrutti dalle forze
mareali di una delle singolarità prima di averli attraversati. In
secondo luogo i campi gravitazionali delle singolarità, essendo molto
ospitali, farebbero di tutto per non farci andare via (fortuna che abbiamo la
propulsione a curvatura). Avventurarsi in un tunnel spaziale naturale
può essere pertanto un'esperienza molto sgradevole.
Ma nel caso in cui si riuscisse a
'stabilizzare' un tunnel spaziale (ad esempio, mediante immissione di
warpers per tenerlo aperto e di verteroni per impedire la scissione dei
due 'baratri' spaziotemporali), oppure a crearne uno artificiale
(come quello nel sistema di Bajor, che attualmente è l'unico noto),
avremmo realizzato un sistema di spostamento ancora più rapido della
propulsione a curvatura, e non contrastante con la previsioni della
relatività, se non per il fatto di consentire la trasmissione di
informazioni aggirando il limite della velocità della luce.
Ci sono però altri problemi. I campi
gravitazionali delle singolarità hanno effetti anche sul tempo, e un
viaggio in un tunnel spaziale rischierebbe di condurci in un'epoca diversa da
quella di partenza. Effetto che non è possibile prevedere con esattezza,
sino a quando la tecnologia non consentirà di produrre tunnel
artificiali del tutto controllabili.
Per inciso, si ritiene che la propulsione
transcurvatura utilizzi tunnel spaziali artificiali, all'interno dei quali
è possibile raggiungere velocità di curvatura prossime a 10.
Inoltre le estremità del tunnel non sono
certo fisse nello spazio, si spostano in continuazione, pertanto il tunnel ha
entrate e uscite sempre diverse.
Riassumendo, nella propulsione a curvatura si ha
una distorsione temporanea e localizzata dello spazio-tempo, nei tunnel
spaziali la distorsione è permanente, e dura sinché dura il tunnel.
SEZIONE SETTIMA: IL MOTORE A CURVATURA.
Esaurita la
trattazione teorica della propulsione a curvatura, concludiamo questo saggio
con una sommaria analisi del funzionamento di un motore a curvatura. Si
prenderà come riferimento un modello base, senza fare riferimento ad
alcuna nave in particolare, e si eviterà un livello di dettaglio e di
tecnicismo eccessivi.
I componenti fondamentali del motore a curvatura
sono i seguenti:
A) Sistema di stoccaggio e trasferimento dei
Reagenti.
B) Nucleo.
C) Gondole.
A) Sistema di stoccaggio e trasferimento dei Reagenti.
La generazione
del campo di curvatura avviene, secondo la tecnologia attuale, esponendo una
particolare lega metallica contenente elementi transuranici pesantissimi (detta
cortenide di verterio) a plasma ad alta energia. Gli ioni contenuti nel plasma,
interagendo con i nuclei atomici, provocano l'emissione di verteroni (gravitoni
polarizzati), i quali si irradiano in senso parallelo all'asse della bobina di
curvatura, e l'emissione di warpers in senso opposto.
Il plasma viene generato mediante una reazione di
annichilazione tra materia ed antimateria. L'antimateria, difatti, è la
sostanza in grado di fornire la resa energetica più elevata rispetto al
suo volume: nelle reazioni di fusione nucleare che alimentano i motori a
impulso soltanto lo 0.8% della massa si trasforma in energia. Nel processo di
annichilazione, invece, la massa coinvolta nella reazione è pari,
praticamente, al 100%.
I reagenti utilizzati per la produzione del
plasma, nonché di buona parte dell'energia necessaria per il funzionamento
della nave, sono da un lato il deuterio e dall'altro un gas di ioni di anti -
idrogeno.
Il deuterio è un isotopo dell'idrogeno avente
il nucleo formato da un protone e un neutrone. Tale reagente viene conservato a
bassa temperatura ed elevata pressione al fine di limitarne l'elevata volatilità.
Per lo stesso motivo viene immesso nel nucleo mediante condotti dotati di campi
magnetici di confinamento (toroidi di restrizione), i quali sfruttano per il
contenimento la polarizzazione della molecola di deuterio in movimento (il
nucleo, più pesante, resta indietro, per cui la molecola presenta una
carica positiva nella regione posteriore e una negativa in quella anteriore).
Nella miscela sono anche presenti, in percentuale minore, trizio, elio e argon.
L'anti - idrogeno è formato in buona
misura da antiprotoni e, in percentuale minore, da nuclei di anti - deuterio e
anti - trizio. Nella miscela sono presenti anche anti - ioni H O .
L'antimateria viene prodotta negli impianti di
realizzazione del propellente dei cantieri navali della Flotta Stellare. La
fabbricazione avviene con un processo di conversione controllata dell'energia in
materia (con sistemi analoghi a quelli usati nel teletrasporto), mediante il
quale nella rimaterializzazione vengono prodotte soltanto antiparticelle. Tale
sistema di produzione, in uso da circa 300 anni, ha sostituito quello
precedente, estremamente costoso e inefficiente, che utilizzava gli acceleratori
di particelle.
Ai fini del confinamento, è essenziale che
l'antimateria venga immagazzinata in forma di ioni e non di atomi neutri: i
campi magnetici di confinamento non hanno difatti effetto su particelle neutre,
con le conseguenze facilmente immaginabili.
Di solito l'antimateria viene immagazzinata nella
parte inferiore della nave, per facilitare le operazioni di rifornimento; in
caso di emergenza i contenitori possono essere espulsi. Essi sono dotati di
generatori autonomi di emergenza in grado di mantenere il campo di confinamento
per diversi minuti, dando tempo alla nave di allontanarsi.
L'immissione nella camera di reazione (detta
nucleo del motore di curvatura, in breve nucleo di curvatura) avviene, come nel
caso del deuterio, mediante condotti isolati magneticamente (toroidi di
restrizione), dotati della stessa polarità (negativa) degli anti ioni.
E' inoltre possibile, in caso di emergenza, la
produzione a bordo di piccole quantità di antimateria, da utilizzare in
caso di esaurimento delle scorte. A tal fine vengono utilizzati i Collettori Bussard,
dispositivi collocati alle estremità delle gondole e generanti un
intenso campo magnetico (che non interferisce con quello di curvatura, essendo
di livello energetico estremamente inferiore) per raccogliere le particelle
cariche dallo spazio esterno. Si tratta di un processo inefficiente, perché l'energia
necessaria per la conversione delle particelle in antimateria supera quella
ottenuta dall'antimateria prodotta (a tal fine vengono utilizzati gli
accumulatori di riserva e i reattori a fusione dei motori a impulso). L'uso di
tali dispositivi è difatti estremamente raro, e limitato a condizioni di
emergenza. Le particelle raccolte vengono teletrasportate nei contenitori di
antimateria, rimaterializzandole con inversione della carica e dei numeri
quantici.
B) Nucleo di curvatura.
Il nucleo di
curvatura è la zona del motore ove avviene la reazione di annichilazione
tra materia ed antimateria, e dove viene quindi prodotto il plasma necessario
per l'attivazione delle bobine di curvatura.
La reazione di annichilazione viene controllata
attraverso la regolazione della quantità di reagenti immessa nel nucleo
e delle percentuali di materia e di antimateria. Il controllo della
miscelazione, estremamente complesso, viene definito Intermix.
La gestione dell'Intermix (detta formula
dell'Intermix) è fondamentale per ottenere l'effetto propulsivo. Per
ottenere del plasma non è difatti possibile limitarsi ad immettere
un'identica quantità di materia ed antimateria, che produrrebbe soltanto
radiazioni gamma. La quantità di materia immessa deve essere maggiore
dell'antimateria, al fine di ottenere del gas ionizzato. Le percentuali variano
da 25:1 a, eccezionalmente, 1:1, quando è necessario energizzare il
plasma.
I reagenti vengono immessi nel nucleo di
curvatura tramite condotti dotati di campi magnetici di contenimento (toroidi
di restrizione). L'ingresso e la quantità dei reagenti immessi vengono
controllati da una coppia di cristalli di dilitio.
Il dilitio (composto avente formula grezza 2[5]6
dilitio - 2[:]1 - diallosilicato - 1[9]1 - eptoferranuro) è un cristallo
rinvenibile in natura sulla superficie di pianeti esposti ad alti livelli di
radiazioni (ad esempio, da esplosioni di supernova). Nel 24° secolo ne è
tuttavia possibile la produzione artificiale. Esso ha la peculiare
caratteristica di potere essere attraversato da ioni di anti idrogeno senza dar
luogo a processi di annichilazione, quando al cristallo viene applicata
un'opportuna differenza di potenziale. La struttura del cristallo è
difatti tale che gli anti ioni vengono instradati attraverso
'corridoi' creati dai campi elettromagnetici degli elettroni del
cristallo, attraversandone la struttura senza interagire con le particelle. La
quantità di antiparticelle che è possibile immettere attraverso
il cristallo dipende dalla tensione applicata allo stesso; al crescere della
stessa, difatti, è possibile immettere una maggior quantità di
antimateria, in ragione della maggiore 'tenuta' dei corridoi
elettromagnetici.
Quando ai cristalli non è applicata alcuna
tensione, non è possibile l'immissione di antiparticelle senza innescare
il processo di annichilazione. In tale condizione i toroidi di restrizione sono
sigillati alle estremità, e nessun reagente viene immesso nel nucleo.
Una volta applicata la tensione utile, gli
estremi inferiori dei toroidi vengono disattivati, e i reagenti possono essere
immessi nel nucleo. I cristalli di dilitio funzionano, in sostanza, come
'rubinetti' che consentono una regolazione 'fine' del
flusso dei reagenti (mentre con i campi di contenimento sarebbe possibile
soltanto una regolazione del tipo aperto - chiuso). Se i cristalli di dilitio,
per qualsiasi ragione, non sono operativi, i sistemi di sicurezza impediscono
l'immissione dei reagenti. Se difatti la quantità degli stessi non
venisse debitamente controllata, la produzione di energia sarebbe eccessiva ed
incontrollata, mettendo in serio pericolo l'incolumità della nave.
I cristalli potevano essere utilizzati, in
passato, per circa 6 mesi prima che fosse necessaria la loro sostituzione, in
ragione della destrutturazione dell'edificio cristallino conseguente all'uso. Attualmente
è possibile la ricristallizzazione artificiale, che ne prolunga la
durata a diversi anni.
Il nucleo di curvatura ha forma di doppio cono
tronco unito per le due basi maggiori. Le pareti sono in duranio (lo stesso
materiale usato per lo scafo delle astronavi), con spessore medio solitamente
non inferiore a 45 cm. All'interno del nucleo, potenti campi magnetici
impediscono il contatto del plasma con le pareti. I flussi dei reagenti si
incontrano nella regione centrale del nucleo. Le antiparticelle si annichilano
con le particelle, producendo radiazioni gamma ad alta energia (per ogni coppia
protone - antiprotone vengono prodotti 3 fotoni gamma). Tali radiazioni,
unitamente alle elevate condizioni di temperatura e pressione, ionizzano
l'idrogeno immesso in eccedenza rispetto all'antimateria. Il gas, grazie
all'elevata pressione, viene immesso nei due condotti di trasferimento che dal
nucleo conducono il plasma all'EPS (Electro Plasma System), il sistema di
distribuzione controllato che conduce il gas ionizzato alle gondole e, in
percentuale minore, lo rende disponibile per le esigenze energetiche della
nave. In situazioni di emergenza è possibile deviare il plasma per
alimentare i sistemi richiedenti una quantità di energia superiore ai
normali ranges operativi (scudi deflettori, campo di integrità
strutturale).
Il nucleo di curvatura è l'unica zona
della nave dove materia ed antimateria entrano in contatto, e il suo corretto
funzionamento, soprattutto in punto di contenimento, è oggetto di
monitoraggio costante in tempo reale, sia da parte del sistema computerizzato
che dal personale addetto della sala macchine. L'indebolimento del campo di
confinamento al di sotto della soglia di sicurezza è definito
'rottura del nucleo' e, ove non tempestivamente riparato, pone in
serio pericolo l'incolumità della nave: la fuoriuscita di plasma e di
radiazioni ad alta energia, oltre ad essere letale, provoca la distruzione dei
sistemi locali di confinamento, con conseguente fuoriuscita incontrollata
dell'antimateria e distruzione della nave. Per evitare queste conseguenze, il
nucleo può essere espulso nello spazio con procedura automatica o
manuale (se la gravità del danno è tale da non consentire
l'intervento umano, il computer procede immediatamente alla sequenza di espulsione).
Il tempo necessario per l'espulsione è di circa 8 secondi. Insieme al
nucleo vengono espulsi i tratti terminali dei toroidi di costrizione (che
spesso risultano danneggiati dalla fuoriuscita di plasma e radiazioni), mentre
le estremità dei condotti di trasferimento dei reagenti e del plasma
vengono sigillati magneticamente. Il nucleo ha un autonomo campo di
confinamento di emergenza, che assicura il contenimento sinché possibile, in
attesa della procedura di espulsione o, se questa non fosse possibile,
dell'abbandono della nave. Normalmente il campo interno di emergenza riesce a
mantenere il confinamento per circa 5 minuti.
Una nave priva del nucleo non è in grado
di spostarsi a velocità di curvatura, ed ha autonomia energetica
limitata ai reattori a fusione utilizzati per la propulsione ad impulso e agli
accumulatori.
In condizioni normali di funzionamento, il nucleo
è perfettamente isolato e non emette radiazioni pericolose. E'
perciò possibile lavorare nelle sue vicinanze, e anche toccarlo: la
temperatura esterna è pari a quella ambientale, mentre quella interna
varia tra i 2000 e i 180.000 gradi Kelvin. La pressione media all'interno del
nucleo è di circa 700 bar.
C) Gondole.
Il campo di
curvatura, ossia l'emissione di treni d'onda di warpers e di verteroni
in direzioni opposte, è generato esponendo al plasma (preventivamente
raffreddato) le bobine di curvatura, ospitate nelle gondole.
Le gondole sono strutture gemelle, di forma
oblunga e di massa pari, mediamente, al 20-25% di quella totale della nave.
Sono poste ai lati dello scafo, collegate da piloni di sostegno. Il numero di
gondole è solitamente pari a 2, benché alcune classi di navi ne
utilizzino 4 (soluzione poco diffusa, giacché a fronte di un notevole aumento
della complessità della struttura della nave non si ottengono
apprezzabili vantaggi rispetto al modello classico). La distanza tra gli assi
delle gondole è solitamente non inferiore a 0.8 volte la larghezza dello
scafo (leggermente maggiore per le navette).
L'uso di coppie di gondole è necessario
per due motivi: 1) le bobine devono essere esterne alla nave, per non
sottoporre l'equigio agli effetti del campo warp, e l'uso di una sola bobina
produrrebbe un campo asimmetrico rispetto allo scafo; 2) i campi prodotti dalle
bobine si sovrappongono, creando un unico campo maggiormente stabile ed
intenso. L'introduzione di opportune asimmetrie tra i campi consente inoltre
alla nave di manovrare anche a velocità di curvatura, nel caso si
rendano necessarie correzioni di rotta o manovre di emergenza.
Nelle gondole sono ospitate le bobine di
curvatura, i sistemi di iniezione e recupero del plasma, le strutture
accessorie. Alle estremità anteriori delle gondole sono collocati i
Collettori Bussard, di cui si è parlato in precedenza.
Le bobine di curvatura si dividono in primarie e
secondarie: le prime sono quelle normalmente utilizzate per la propulsione. Le
seconde, autonome, vengono impiegate in caso di danni alle prime.
Le bobine hanno forma toroidale e sono disposte
lungo l'asse della gondola, perpendicolarmente allo stesso, in dimensioni e
numero variabile a seconda della classe della nave. Esse sono composte di
cortenide di verterio.
Il verterio è un elemento transuranico di
peso atomico 1216,07 e caratteristiche metalloidi. Si tratta di un elemento
artificiale di elevatissima instabilità. La stabilizzazione avviene con
procedimenti particolari, mediante i quali gli atomi di verterio vengono
inseriti al centro di reticoli di una lega composta da cobalto, rodio, titanio,
tecnezio e, in piccola percentuale, da altri elementi transuranici (di peso
atomico molto minore) stabilizzati. Il composto risultante viene detto
cortenide di verterio.
Quando la bobina viene esposta all'azione del
plasma ad alta energia, emette warpers e verteroni in direzioni opposte. Gli
ioni contenuti nel plasma causano un collasso della struttura reticolare della
cortenide di verterio, che subisce un repentino aumento di densità;
cessata l'esposizione al plasma, la lega riprende la struttura originaria a
causa delle forze repulsive delle nubi elettroniche degli atomi. Nella fase di
densificazione vengono emessi verteroni lungo l'asse maggiore della bobina, in
quella di espansione warpers in senso opposto. Ogni fase dura circa 18
millisecondi, per cui l'emissione di warpers e verteroni è quasi
sincrona (il ritardo non ha conseguenze apprezzabili sull'effetto propulsivo).
Le caratteristiche fisiche della cortenide di verterio, e la disposizione degli
iniettori rispetto alle bobine, fanno in modo che i gravitoni e gli warpers si
irradino in una sola direzione, parallela all'asse della bobina.
Ogni bobina è servita da quattro serie di
iniettori di plasma, disposte a 90 gradi tra loro, in modo da potere variare la
struttura del campo warp abilitando o disabilitando una (o più) serie,
al fine di far manovrare la nave a velocità di curvatura. Gli iniettori
vengono attivati in sequenza, con cicli e frequenze dipendenti dalle
necessità di manovra e propulsione, in modo che i verteroni e gli warpers
entrino in concordanza di fase a determinate distanze dalla nave, come visto in
precedenza (sezione terza).
Nella parte posteriore della gondola vi è
una serie di bobine supplementari (e una serie di riserva), dette
'rafforzatrici CUN', aventi lo scopo, già illustrato, di
intensificare il campo di espansione mediante un'emissione supplementare di warpers.
In tali bobine soltanto gli warpers vengono polarizzati, mentre i
gravitoni vengono emessi in ogni direzione.
Il plasma residuo, raffreddato, viene in parte
reimmesso nell'EPS e in parte impiegato nei reattori a fusione dei motori a
impulso, utilizzando un circuito di condotti di recupero. ½ sono inoltre dei
serbatoi di stoccaggio temporaneo.
In caso di emergenza, quando è necessaria
l'immediata disattivazione del campo di curvatura, il flusso del plasma diretto
alle gondole viene interrotto e il plasma contenuto nelle gondole espulso nello
spazio. Per emergenze più gravi (danni strutturali rilevanti) è
possibile la separazione della gondola dal pilone di sostegno; in tal caso é
necessario che anche l'altra venga disattivata o separata.
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