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Le stelle
I corpi celesti più diffusi nell'Universo sono dei punti luminosi chiamati stelle fisse, la cui storia è frutto di una continua evoluzione nel tempo e nello spazio. Sin dal tempo degli Assiri, le stelle hanno avuto un'importanza rilevante nell'astronomia e nell'astrologia; i popoli dell'Asia minore, senza strumenti, per semplificare l'osservazione di questi corpi celesti, li raggrupparono in 48 costellazioni secondo la loro posizione e dandogli dei nomi fantasiosi secondo la loro forma.
La differente luminosità delle stelle ha suggerito, sin dai tempi antichi, di suddividere questi corpi celesti sulla base del loro splendore, introducendo sei ordini di grandezza: la prima per le più luminose, la sesta per le più deboli.
Una volta scelte delle stelle di riferimento, ci si è resi conto che alcuni corpi celesti erano più luminosi di quelli inseriti nella prima classe; si è passati ad usare, quindi, anche la magnitudine zero e quelle negative (la stella Sirio raggiunge -1,47 e il Sole addirittura -26,8). Oggi si è scoperto che questa differenza di luminosità dipende, oltre alla differente emissione di luce, soprattutto dalla distanza di queste da noi. Le misure fino adesso considerate si riferiscono alla magnitudine apparente; per conoscerle invece la luminosità intrinseca di una stella, si ricorre alla magnitudine assoluta, che corrisponde alla luminosità che le singole stelle mostrerebbero se fossero poste ad una distanza standard da noi di 10 parsec (Km); ad esempio il Sole, alla distanza standard, sarebbe appena visibile ad occhio nudo.
Per il calcolo della magnitudine assoluta, è necessario conoscere la distanza della stella, ma questa non è misurabile direttamente per tutti i corpi celesti; tuttavia esiste una caratteristica delle stelle, gli "spettri", che consente di suddividerle in classi e, conseguentemente, conoscere la luminosità intrinseca di tutti i corpi celesti.
Tramite gli esami spettroscopici, si è potuto studiare lo spettro di una stella, in un certo senso le nostre impronte digitali; da questi risultati si possono dedurre i composti chimici della stella. In realtà bisogna considerare anche la temperatura del corpo, poiché i corpi celesti non hanno tutti la stessa temperatura ed inoltre questa influisce sul loro colore. Dall'analisi dei risultati ottenuti si può classificare le stelle in una serie di classi spettrali, ordinate in funzione dei valori crescenti della temperatura. La classe spettrale 0 comprende le stelle a più alta temperatura (30000K-60000K) di colore bianco-azzurro, mentre la classe M quelle più fredde (3000K) di colore rosso.
Le analisi spettrali permettono di risalire alla composizione chimica delle atmosfere stellari: per la maggior parte tale materia è costituita da idrogeno (80%) e d'elio (19%), mentre la parte rimanente (1%) comprende tutti gli altri elementi chimici che conosciamo.
Naturalmente con lo sviluppo degli strumenti e dopo numerosi studi, oggi si è in grado di ricostruire la vita di una stella.
Le fucine delle stelle sono le nebulose, formate di polvere e gas freddi (soprattutto idrogeno: oltre il 90%). È probabile che le stelle nascano dai cosiddetti globuli di Bok, veri addensamenti di gran quantità di polveri e gas che appaiono come nuclei oscuri e nettamente circoscritti all'interno della diffusa luminosità delle nebulose. All'interno dei globuli possono innescarsi moti turbolenti, che frammentano i globuli in ammassi più piccoli, all'interno dei quali la reciproca attrazione gravitazionale tra le particelle della nebulosa dà inizio ad un processo d'aggregazione. Con il proseguire dell'addensamento, l'energia gravitazionale si trasforma in energia cinetica facendo aumentare al temperatura del corpo gassoso, che si trasforma in una protostella da cui si diffondono radiazioni infrarosse.
A causa della forza di gravità, la contrazione prosegue e il nucleo della protostella si riscalda; ma se la massa iniziale è scarsa la temperatura non arriva a far innescare le reazioni termonucleari: la contrazione si arresta e il corpo si raffredda, lasciando un'oscura nana bruna (stella mancata). Se invece la massa è sufficiente, continua a scaldarsi, fino a raggiungere temperature di 15 milioni di K, sufficienti a far innescare il processo termonucleare di trasformazione dell'idrogeno in elio. In tale reazione 4 protoni, cioè nuclei d'idrogeno, si fondono in un singolo nucleo d'elio. Ma nel corso della fusione una parte della massa se e si converte in energia. Per ogni nucleo di che si forma, si perde lo 0.7% della massa, che si converte in energia secondo l'equazione d'Einstein: . Il calore liberato da tale reazione fa aumentare la pressione dei gas verso l'esterno, fino a compensare la forza di gravità: si giunge così ad una fase di stabilità, durante la quale, la stella, ormai adulta, si trova nella sequenza principale del diagramma H-R, che rappresenta, quindi, la fase dell'evoluzione di una stella. Quando l'idrogeno è quasi consumato del tutto, il nucleo d'elio che si è formato finisce per collassare, cioè per contrarsi su se stesso; in tale processo si riscalda progressivamente fino a temperature di 100 milioni di K, sufficienti ad innescare nuove reazioni termonucleari, che trasformano l'elio in carbonio.
La stella è entrata in una nuova fase e appare come una gigante rossa, ora la sua evoluzione seguirà diverse strade secondo la sua massa iniziale.
(Inserire diagramma H-R)
Continuano a collassare gradualmente fino a divenire corpi delle dimensioni della terra, con i nuclei degli atomi immersi in un "mare" continuo d'elettroni. Questa è l'origine delle nane bianche, che sono destinate a raffreddarsi lentamente perché prive di una fonte d'energia nucleare.
Allo stadio di giganti rosse, espellono i loro strati più esterni trascinati via dal vento stellare, dando origine a nubi sferiche di gas in espansione. Tali involucri vengono chiamati nebulosi etarie. Senza l'involucro esterno, la gigante rossa si trasforma in un nucleo rovente che continua a riscaldarsi ed a contrarsi a spese dell'idrogeno, fino al punto in cui la nebulosa se e la stella centrale diventa una nana bianca.
Le temperature interne subiscono un forte innalzamento, fino ad alcuni miliardi di K, creando un nucleo di ferro. A questo punto il collasso si fa così rapido e violento da provocare un'esplosione: gran parte della stella, supernova, si disintegra e viene lanciata nello spazio. Il materiale rimante contrae per la forza di gravità, ma vista l'enorme massa rimasta, la sua densità aumenta in maniera inconcepibile, provocando un'ulteriore trasformazione: elettroni e protoni si formano dando vita ad una stella di neutroni con un diametro di soli 20/30 Km.
Dopo la fase di supernova, il collasso gravitazionale prosegue incontrastato formando un corpo sempre più piccolo con un campo gravitazionale immenso. Questo stadio è chiamato buco nero. Un buco nero è un pauroso oggetto freddo a senso unico: qualunque cosa può entrarvi, ma non uscirne.
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