Newton, Sir Isaac
fisico e
matematico inglese (Woolsthorpe, Lincolnshire,
1642-Kensington, Londra, 1727). Orfano di padre, la madre,
che risposandosi lo aveva affidato alla cura dei nonni, lo avviò a
quindici anni all'attività di agricoltore nonostante i suoi interessi
fossero rivolti allo studio e alla ricerca. Grazie all'intervento di uno
zio, nel 1661 poté entrare al Trinity College di Cambridge dove, pur svolgendo
anche mansioni di inserviente, studiò soprattutto le scienze matematiche
e fisiche seguendo il maestro e amico Isaac Barrow. Conseguito il titolo
accademico di baccelliere, dal 1665 al 1667 si ritirò a Woolsthorpe per
sfuggire a una terribile pestilenza che infieriva su tutta l'Inghilterra.
Durante questo periodo di involontario isolamento, che fu il
più creativo della sua vita, N. elaborò il nucleo principale
delle sue ricerche. Si colloca in questi anni il noto
aneddoto della caduta di una mela dall'albero che avrebbe indotto N. a
chiedersi se la forza che attrae la mela verso la Terra è identica a
quella che trattiene la Luna nella sua orbita. In effetti già Keplero,
rilevando l'orbita ellittica dei pianeti, aveva sollevato il
problema di una misteriosa forza emanante dal Sole, che diminuisce con la
distanza e obbliga tali corpi celesti ad abbandonare il loro naturale moto
rettilineo. Più di recente era stata avanzata l'idea che questa forza
potesse essere quella stessa forza di gravità che provoca sulla Terra la caduta dei corpi. N. suppose che la sfera
d'azione di questa forza raggiungesse la Luna, attenuandosi in proporzione al
quadrato della distanza, obbligandola a cadere lungo
la sua orbita. Calcolate le due forze, quella agente sui
gravi terrestri e quella agente, secondo questa ipotesi, sulla Luna
trovò che erano quasi uguali. La piccola differenza lo lasciò
tuttavia insoddisfatto e non pubblicò nulla sull'argomento per molti
anni. A quel periodo risale anche la sua ideazione del calcolo
infinitesimale da lui chiamato metodo delle flussioni in quanto le grandezze
variabili di un'equazione sono dette fluenti e flussione la velocità di
accrescimento delle fluenti, cioè il rapporto dell'incremento
infinitamente piccolo di una fluente rispetto a un'altra fluente. L'interesse
di questo calcolo stava soprattutto nella possibilità di esprimere il rapporto fra l'incremento infinitamente piccolo di una
curva e il suo cambiamento di direzione. I più
importanti fenomeni naturali avvengono infatti lungo linee curve, come le
orbite ellittiche dei pianeti o le parabole dei corpi in caduta. Lo
stesso tipodi calcolo fu elaborato, indipendentemente da N., anche da Leibniz
nello stesso periodo e ciò fu causa di un'interminabile e infelice
polemica sulla priorità della scoperta che
divise a lungo i matematici inglesi da quelli tedeschi e continentali. Non meno
importanti furono in quegli anni le sue ricerche sperimentali di ottica:
scoperse che un sottile raggio di luce bianca, allorché attraversa un prisma
triangolare di vetro, si decompone producendo la gamma di colori
dell'arcobaleno e interpretò il fenomeno ammettendo che la luce bianca
è una mescolanza dei raggi colorati separati dal prisma perché aventi un
diverso angolo di rifrazione. Con altri esperimenti mostrò infatti che
tali raggi diretti su un altro prisma, rovesciato
rispetto al primo, producono di nuovo luce bianca mentre un singolo raggio
colorato, isolato con uno schermo, viene deviato dal prisma conservando il
proprio colore. Nel 1667, riapertasi l'università, N. ritornò a Cambridge dove percorse
rapidamente tutti i gradi accademici e nel 1669 Barrow gli cedette il suo posto come professore di matematica. Nel 1672 fu
nominato membro della Royal Society in riconoscimento, più che di una
sua memoria De Analysi che circolava manoscritta, della pubblicazione
dei suoi esperimenti di ottica (A New Theory about Light and Colours)
sulle « Philosophical Transactions» dove si riferiva anche della costruzione,
attorno al 1668, del suo primo telescopio a riflessione. I suoi primi scritti
di ottica, unitamente alle Lectiones opticae tenute nei primi anni del
suo insegnamento al Trinity College, ma edite solo nel 1727, sollevarono
un'accesa polemica in seno alla Royal Society, sostenuta soprattutto da R.
Hooke, e ciò fu per N. motivo di amarezza, destinato ad accrescersi con
gli anni e a rivelare il suo carattere ombroso e irascibile.
TEORIE:
I PRINCIPI E LA GRAVITAZIONE UNIVERSALE
Negli
anni seguenti N. fu impegnato nella stesura di una trattazione scientifica
rigorosa dei fenomeni astronomici; ciò a seguito di un incontro con
l'astronomo E. Halley che gli chiese di dare una dimostrazione della legge di
gravitazione, legge che Hooke sosteneva d'aver intuito ma non era stato in
grado di verificare. L'opera, intitolata originariamente De
motu corporum e in seguito Philosophiae naturalis principia matematica,
fu pubblicata nel 1687 per merito soprattutto di Halley che ne ò
personalmente le spese di stampa. Nei tre libri che la compongono N.
espose in forma assiomatica la nuova scienza della
natura che si era costituita nel Seicento come meccanica. Anteposta alla
trattazione vi è una lunga premessa con la
definizione dei concetti base (massa,
quantità di moto, forza, ecc.) e dei nuovi concetti fondamentali di
spazio e tempo assoluti che soli permettono la definizione del moto. Questo è individuato da tre
assiomi o leggi generali (i tre principi della
dinamica) che reggono tutto l'edificio teorico della nuova scienza meccanica.
Da queste leggi N., disponendo di più precise nozioni sulle dimensioni della Terra, deduce la legge di gravitazione universale per
cui non solo la Terra e la Luna ma tutti i corpi nello spazio si attraggono con
una forza che è proporzionale al prodotto delle loro masse e
inversamente proporzionale al quadrato delle distanze. Venivano così
spiegate le leggi di Keplero, il
moto dei pianeti, la precessione degli equinozi, le irregolarità del
moto lunare note da secoli, le maree, ecc. La spiegazione, o deduzione da pochi
assiomi o leggi fondamentali, delle più importanti leggi astronomiche e
di altre terrestri era fatta secondo un caratteristico
metodo geometrico-matematico che impronterà di sé tutta la scienza
moderna. Oltre ad analizzare il moto nello spazio N. considerò anche
quello, tipicamente terrestre, di corpi situati in un mezzo fluido; ciò
con lo scopo di confutare la teoria sectiunesiana dei vortici che spiegava il moto
di tutti i corpi mediante l'urto di particelle invisibili. La gravitazione
produce in effetti un movimento fra corpi non per
contatto ma a distanza: a questa osservazione alcuni obiettarono che tale
azione a distanza ha il carattere di una forza magica e occulta; altri, come p.
es. Leibniz, rimproverarono a N. di non dare una spiegazione e di non indicare
la causa della gravitazione. Ma, paradossalmente,
l'originalità e il merito di N. stavano proprio nel limitarsi a dare la
formula esatta che regola la forza di gravitazione e nel ricavarne
matematicamente tutte le conseguenze che ne derivano: infatti, formula e
conseguenze esprimono rapporti rigorosamente controllabili sui fenomeni e
perciò di esse si può dire che sono vere o false mentre
l'ipotetica causa da cui dovrebbe dipendere la legge di gravitazione appartiene
a un ambito di congetture teoriche non chiaramente o direttamente verificabili
in quanto dipendenti spesso da una definizione metafisica della materia. Tali congetture
o ipotesi non sono per N. necessarie alla nuova scienza fisico-matematica e nel
rifiutarle egli si espresse con la famosa frase «Hypotheses non fingo».
I Principia, nonostante le notevoli difficoltà dell'apparato
geometrico dimostrativo, ebbero un grande successo,
riedizioni e traduzioni ancor vivente l'autore. Questi rallentò tuttavia
la sua attività scientifica: nel 1689 fu deputato dell'università
al Parlamento e nel 1692 subì una depressione nervosa che lo costrinse a
una vita ritirata per due anni. Nel 1695, date le dimissioni dalla cattedra di Cambridge, si
trasferì a Londra e divenne ispettore, poi governatore della Zecca impegnandosi in una difficile riforma monetaria.
LE
ULTIME RICERCHE
Nel 1704
pubblicò la sua ultima grande opera: Optics: or a Treatise on the
Reflections, Refractions, Inflexions of Colours of Light, in cui sono
raccolti esperimenti e riflessioni svolti in molti anni. Fra l'altro vi è la dimostrazione che i colori non sono
qualificazioni della luce derivanti da rifrazioni o riflessioni dei corpi
naturali, bensì qualità originarie e connaturate della luce.
È inoltre esposta la teoria corpuscolare della luce
dedotta dal fatto che un raggio passando per un foro percorre una linea retta
benché altri fenomeni suggeriscano la sua natura ondulatoria (sostenuta fra i
suoi contemporanei da Huygens). Nell'epilogo sono affrontati molti problemi
controversi ammettendo l'esistenza dell'etere e di una struttura corpuscolare della materia, importante per interpretare anche i processi
della chimica, alla quale egli si era dedicato con intense ricerche
sperimentali per molti anni. Da ciò appare come egli stesso non
rifuggisse da ipotesi quando ciò poteva essergli utile. Negli ultimi
anni si occupò intensamente dei problemi religiosi che sempre lo avevano
interessato e cercò di ricostruire la cronologia dei tempi antichi
combinando metodi astronomici e analisi della Bibbia.
La conciliazione della nuova scienza con il
cristianesimo fu per lui importante. L'ordine preciso del mondo dimostra
attraverso la scienza l'esistenza di una causa prima: Dio non solo ha creato il
mondo ma deve in esso intervenire per impedire le perturbazioni dell'ordine
etario. Il che apparve a molti l'immagine
antropomorfa e limitata di un dio incapace di creare un mondo fisico
autosufficiente. Le concezioni di N. trionfarono nel primo
Settecento su quelle di sectiunesio anche per l'opera divulgativa di Voltaire,
tuttavia non secondo gli intendimenti di Newton. La fiducia nella
ragione degli illuministi si giustificò, infatti,non
solo con la critica di Locke alla metafisica ma anche con la certezza e il
rigore del metodo newtoniano come formulato nei Principia e con l'opera
di Laplace il quale dimostrò che l'universo era capace di conservarsi
senza alcun intervento divino, per quelle stesse leggi che N. aveva così
rigorosamente formulato. Alla sua morte fu sepolto
nell'abbazia di Westminster.
Disco di Newton. Disco suddiviso in
diversi settori di opportuna ampiezza, colorati con vari colori componenti la luce bianca; quando viene sottoposto a un rapido movimento
rotatorio esso appare bianco, perché nell'occhio dell'osservatore si effettua
una sovrapposizione dei colori.
Tubo di Newton. Tubo facente parte di
una macchina pneumatica, all'interno del
quale viene fatto il vuoto in modo da poter studiare la caduta dei gravi in
assenza dell'aria; si trova sperimentalmente che il tempo di caduta è
indipendente dalla massa e dalla forma del corpo.