geografia |
Burundi
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INTRODUZIONE |
Burundi (nome ufficiale Republika y'Uburundi, République du Burundi, Repubblica del Burundi), stato dell'Africa centrorientale, privo di sbocco al mare; confina a nord con il Ruanda, a est e a sud con la Tanzania, mentre a ovest il lago Tanganica lo separa dalla Repubblica democratica del Congo. Ha una superficie di 27.834 km²; la capitale è Bujumbura.
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TERRITORIO |
Il territorio è caratterizzato dalla presenza di un altopiano collinare che raggiunge un'altitudine media di circa 1520 m, digradante verso est e sud-est. L'estremità occidentale del paese, il cui limite è segnato dal fiume Ruzizi e dal lago Tanganica, si situa nella depressione della Rift Valley. Oltre che dal Ruzizi, il paese è attraversato dai fiumi Malagarasi e Ruvuvu.
In molte aree del paese il clima tropicale è moderato dall'altitudine. La media annua della temperatura è di 21,1 °C nella regione dell'altopiano e di 24,4 °C nell'area della Rift Valley. Le precipitazioni sono relativamente scarse e nella stagione più secca (da maggio ad agosto) il Burundi è spesso colpito da siccità. La forma di vegetazione dominante è la savana, sia erbacea sia arborata. Tra le piante più comuni si citano l'eucalipto, l'acacia e la palma da olio. La fauna, assai varia, comprende l'elefante, l'ippopotamo, il coccodrillo, il cinghiale, il leopardo, l'antilope e molte specie di scimmie. Sono inoltre comuni gallinacei, anatre, oche, pernici e quaglie.
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Problemi e tutela dell'ambiente |
A causa dell'incontrollata deforestazione effettuata per soddisfare il bisogno di combustibile e di nuovo terreno agricolo, solo il 3,7% (2000) del Burundi è tuttora coperto di foreste. Con un tasso d'incremento demografico del 2,36% (2002), il Burundi è uno degli stati con maggiore densità di popolazione dell'Africa centrorientale; è quindi prevedibile che lo sfruttamento delle zone forestali si aggravi ulteriormente. Il paese ha presentato alcune iniziative di tutela del patrimonio boschivo nella relazione nazionale presentata all'UNCED (United Nations Conference on Environment and Development); i tre parchi nazionali istituiti nel paese sono il Kibira (1933), il Rusizi (1974) e il Ruvubu (1933).
Il governo ha ratificato accordi internazionali sull'ambiente in materia di biodiversità, desertificazione, smaltimento di rifiuti nocivi, specie in via d'estinzione e protezione dell'ozonosfera.
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POPOLAZIONE |
Il paese ha una popolazione di 6.373.002 abitanti (1993), con una densità media di 229 unità per km2, una delle più elevate dell'Africa. I maggiori insediamenti sono di tipo rurale e sono situati in particolar modo nelle isolate regioni montuose dove il suolo è più fertile. La speranza di vita alla nascita raggiunge appena i 45,9 anni. Il principale gruppo etnico è costituito dagli hutu, genti di lingua bantu che rappresentano l'83% della popolazione, cui si aggiungono i tutsi (14%) e i twa, un gruppo pigmeo (1%). Anche se numericamente inferiori, i tutsi dominarono la vita politica, sociale e militare del paese sin dal loro arrivo intorno al XV secolo. I tentativi di mantenere quest'egemonia nel XX secolo hanno generato alcuni tra gli scontri interetnici più cruenti mai verificatisi in Africa (vedi Ruanda: storia).
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Lingua e religione |
Le lingue ufficiali sono il kirundi e il francese, ma è molto diffuso anche lo swahili. Circa i due terzi della popolazione sono di religione cristiana, principalmente cattolica, mentre l'1% è musulmano e la restante parte segue religioni tradizionali.
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Istruzione e cultura |
Nonostante l'istruzione sia gratuita (ma non obbligatoria) per i ragazzi dai 7 ai 12 anni d'età, il tasso di alfabetizzazione è del 64,4% (2001). L'Université du Burundi (1960), situata nella capitale, è il principale ateneo del paese.
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DIVISIONI AMMNISTRATIVE E CITTÀ PRINCIPALI |
Il paese è amministrativamente diviso in sedici province: Bubanza, Bujumbura, Bururi, Cankuzo, Cibitoke, Gitega, Karuzi, Kayanza, Kirundo, Makamba, Muramvya, Muyinga, Mwaro, Ngozi, Rutana, Ruyigi. Bujumbura (300.000 abitanti nel 1996), la capitale, è la città più importante, nonché il principale porto lacustre del paese; da ricordare anche Gitega, sede dell'ex residenza reale.
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ECONOMIA |
Nel 2000 il prodotto interno lordo ammontava a 689 milioni di dollari USA, pari a un PIL di 100 dollari pro capite. L'economia del Burundi, una fra le più povere nazioni del mondo, è basata essenzialmente sull'agricoltura. Il settore è molto arretrato e a malapena sufficiente a coprire il fabbisogno locale con produzioni di cereali, legumi, patate dolci, manioca, banane. Le colture destinate ai mercati esteri sono costituite innanzitutto da caffè, seguito da tè, cotone e banane. L'allevamento di bovini e di ovini svolge un ruolo di primaria importanza ai fini della sussistenza locale e costituisce un tradizionale valore sociale oltre che economico; lo sfruttamento eccessivo dei pascoli ha tuttavia prodotto un progressivo impoverimento del suolo.
L'attività estrattiva può contare su modeste riserve di oro, cassiterite e bastnaesite, nonché su giacimenti di nichel e uranio non ancora pienamente sfruttati. Il settore industriale, ancora molto limitato, si basa essenzialmente sulla trasformazione dei prodotti agricoli; accanto alla produzione di birra, e in generale all'industria alimentare, si citano attività tessili, chimiche e cementifici. Le importazioni principali includono prodotti tessili, alimentari e derivati del petrolio. Il crescente passivo della bilancia commerciale (-59,9% (1998-2000)) rende il paese fortemente dipendente dagli aiuti stranieri.
Il Burundi, sprovvisto di un sistema ferroviario, può contare su una rete stradale di 14.480 km, di cui però solo il 7% è asfaltato. Il porto della capitale, sul lago Tanganica, costituisce la via privilegiata per gli scambi commerciali con la Tanzania, lo Zambia e la Repubblica democratica del Congo. L'aeroporto internazionale ha sede a Bujumbura.
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ORDINAMENTO DELLO STATO |
A lungo sottoposto al dominio coloniale, il Burundi diventò indipendente nel 1962. Nel 1966, in seguito a un colpo di stato, fu instaurata la repubblica, la cui vita fu caratterizzata da un acceso conflitto tra tutsi e hutu. Un primo tentativo di normalizzazione si ebbe alla fine degli anni Ottanta, che culminò nella nuova Costituzione del 1992 e nelle prime elezioni multipartitiche del 1993. Negli anni successivi il conflitto è tuttavia ripreso con più violenza, anche a causa del contemporaneo scontro etnico nel vicino Ruanda. Dal 1996 la presidenza è stata affidata a Pierre Buyoya, da allora impegnato nel tentativo di porre fine alla guerra civile. Nel novembre 2001 si è insediato un governo di transizione equamente composto da hutu e tutsi.
Secondo la Costituzione il Burundi è una repubblica presidenziale, in cui l'esercizio del potere esecutivo è affidato al presidente. Il potere legislativo spetta a un'Assemblea nazionale unicamerale composta da 81 membri, eletti a suffragio universale per cinque anni.
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STORIA |
I più antichi abitanti furono probabilmente i twa, seguiti nel XIV secolo dagli hutu, popolazione di agricoltori che impose nell'area la propria lingua e le proprie tradizioni. Nel XV secolo i tutsi, nomadi e pastori, occuparono la regione e, assoggettati gli hutu, fondarono un regno in Burundi e un altro in Ruanda. La struttura di governo tutsi prevedeva un sistema castale retto da un monarca (mwami) coadiuvato nell'esercizio del potere da alcuni potenti clan reali, i ganwa. Nel 1884 il Burundi (chiamato allora Urundi) fu occupato dalla Germania e nel 1899 fu annesso, insieme al Ruanda, all'Africa orientale tedesca. In seguito alla prima guerra mondiale il Belgio, su concessione della Società delle Nazioni, occupò la regione fondandovi lo stato del Ruanda-Urundi. La colonizzazione belga, che manteneva formalmente invariati gli assetti istituzionali, favorì la già potente etnia tutsi, acuendo così le antiche tensioni etniche.
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Una travagliata indipendenza |
Nel 1962 il paese divenne una monarchia costituzionale indipendente e, nel settembre dello stesso anno, entrò a far parte dell'ONU. In seguito all'indipendenza si allargarono le tensioni etnico-politiche, che già avevano travagliato il paese: i tutsi, infatti, controllavano i centri di potere malgrado gli hutu avessero ottenuto la maggioranza alle elezioni legislative del 1965. Dopo un breve succedersi di colpi di stato, nel 1966 il capitano Michel Micombero (di etnia tutsi) si insediò al potere e si proclamò presidente del nuovo stato repubblicano del Burundi. Nel 1972 una frangia di ribelli hutu, spingendosi fino alla capitale nel tentativo di rovesciare il governo Micombero, si rese responsabile di un massacro di tutsi; fallito tuttavia il colpo di stato, la reazione del governo fu violentissima: decine di migliaia di hutu persero la vita o furono costretti a rifugiarsi nello Zaire e in Tanzania.
Caduto Micombero durante un colpo di stato nel novembre del 1976, un Consiglio supremo rivoluzionario nominò Jean-Baptiste Bagaza alla presidenza. La nuova Costituzione del 1981 confermò la struttura monopartitica e antidemocratica del paese. Rieletto nel 1984, Bagaza venne deposto da un ennesimo colpo di stato nel settembre del 1987. Il nuovo presidente, Pierre Buyoya, in seguito a una grave recrudescenza di violenze etniche, intraprese un percorso di democratizzazione; nel 1991 si insediò un governo a maggioranza hutu.
Nel 1992 fu approvata una nuova Costituzione che apriva a un sistema pluripartitico e, nel giugno del 1993, si ebbero le prime elezioni presidenziali democratiche; Melchior Ndadaye, rappresentante degli hutu, a capo del Fronte per la democrazia in Burundi (Frodebu) vinse le elezioni presidenziali e legislative. Ndadaye fu però assassinato durante un colpo di stato a meno di un mese dalle elezioni, causando un'ulteriore ondata di violenza che culminò nella strage perpetrata dall'esercito (da sempre egemonizzato dai tutsi) ai danni della popolazione hutu.
Il successore di Ndadaye, il presidente hutu Cyprien Ntaryamira, non ebbe il tempo di ristabilire la pace poiché perse la vita, insieme al presidente del Ruanda, in un attentato aereo nell'aprile del 1994, in seguito al quale ebbe inizio lo sterminio dei tutsi nel vicino paese. Nel tentativo di contenere il dilagare della violenza tra le due etnie, 12 dei 13 partiti politici ruandesi costituirono un governo di coalizione che sopravvisse sino al 1995. Nel giugno 1996 Buyoya tornò al potere con un colpo di stato, operandosi in seguito per porre fine all'instabilità e agli eccidi.
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Sviluppi recenti |
Nel 1997 sono avviate difficili trattative per condurre le due etnie a una riconciliazione e, dopo l'isolamento internazionale seguito al colpo di stato del 1996, il Burundi riprende il dialogo con i paesi della regione, che attenuano le sanzioni economiche nei suoi confronti. Nel 1998 hanno inizio ad Arusha, in Tanzania, nuovi colloqui di pace tra hutu e tutsi, nel tentativo di far cessare gli scontri interetnici.
Nell'agosto 2000, con la mediazione di Nelson Mandela, alcune fazioni in lotta sottoscrivono un accordo di pace ad Arusha, in Tanzania, il quale tuttavia non produce risultati significativi. La situazione del paese rimane critica, per aggravarsi in seguito al coinvolgimento delle sue truppe nel conflitto regionale nella Repubblica democratica del Congo. Nell'aprile del 2001 le truppe fedeli al presidente Buyoya sventano un tentativo di colpo di stato. In estate riprendono le trattative ad Arusha, che si concludono con un accordo più esteso. In novembre entra in carica un primo governo di transizione, presieduto da Buyoya e composto da un egual numero di ministri hutu e tutsi.
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