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Gli ambienti delle acque correnti hanno caratteristiche peculiari: essi infatti si sviluppano quasi esclusivamente lungo la direzione di scorrimento dell'acqua e le interazioni con ambienti non acquatici sono notevolmente estese. Inoltre, le caratteristiche ambientali dei tratti a valle del fiume sono fortemente dipendenti da quelle dell'intero bacino idrografico posto a monte.
Lungo il corso di un fiume, dalle sorgenti sino alla foce, variano le caratteristiche chimico-fisiche dell'acqua nonchè le caratteristiche idrologiche e morfologiche (substrato, pendenza, profondità, ampiezza, portata, regime, torbidità). Per tali motivi il corso d'acqua non è un ambiente unico ma è costituito da una successione di ambienti, ognuno dei quali influenza quelli che si trovano a valle e, in una certa misura, anche quelli situati a monte.
Ambienti molto spesso unici per le particolari caratteristiche chimico-fisiche delle acque, per il regime e per il tipo di substrato sono le sorgenti. Esse occupano aree di ristrettissima estensione e ciò ne determina la particolare fragilità nei confronti di alterazioni ambientali; esse ospitano una fauna molto specializzata, spesso con specie endemiche, testimonianze naturali, ma anche culturali, di millenni di evoluzione biologica. Purtroppo, la maggior parte delle sorgenti sono state da tempo captate e soltanto nei tratti sommitali dei bacini, soprattutto nei monti Nebrodi, si rinvengono sorgenti ancora in condizioni di naturalità.
La presenza di ambienti palustri; un tempo notevolmente più estesi, è ristretta ai monti Nebrodi ed alle aree nei pressi della foce del fiume.
Sulla base delle caratteristiche geomorfologiche o biologiche, possiamo distinguere nel fiume un tratto montano, uno intermedio ed uno di pianura. Ogni tratto del fiume presenta aspetti paesaggistici, ambientali e biologici di grande interesse e talora unici in Sicilia.
Il tratto montano del fiume Simeto
I torrenti Cutò, Martello e Saracena, dalla cui confluenza si forma il Simeto, costituiscono il tratto montano del fiume. Essi scorrono in tre valli del versante meridionale dei monti Nebrodi e, per ampiezza di bacino e lunghezza del corso d'acqua, sono abbastanza simili.
Il torrente Martello ha origine dal Biviere di Cesarò, la zona umida a quota più elevata della Sicilia (m 1278) e la più estesa dei Nebrodi. Questo specchio d'acqua ha un alto valore paesaggistico e naturalistico per la presenza di una peculiare vegetazione acquatica strutturata in diverse fasce concentriche a seconda della profondità dell'acqua e delle oscillazioni di livello. E' anche un importante luogo per la sosta e la nidificazione di molti uccelli acquatici.
Il torrente Cutò si forma dall'unione di numerosi piccoli ruscelli, alcuni dei quali si originano dalle pendici di Monte Soro, la cima più elevata dei Nebrodi (m 1847).
Infine, il torrente Saracena nasce da alcune importanti sorgenti poste alle alte quote presso la Serra del Re e riceve le acque di torrenti che provengono da zone umide di alta quota (Margio Soprano, Lago Trearie).
I tre torrenti, ed in particolare il Saracena, presentano buone caratteristiche ambientali ed ospitano una fauna ricca ed interessante. La Raganella (Hyla arborea), piccolo anfibio che si trova spesso sopra alberi o arbusti in prossimità di zone umide e dei corsi d'acqua, è una specie in forte riduzione; negli ultimi anni la perdita di numerosi ambienti in condizioni di naturalità ha determinato la sua ssa da molte aree dove prima era segnalata. Un discorso simile va fatto per la Testuggine d'acqua (Emys orbicularis) che si rinviene in alcuni stagni della parte alta del bacino. Tra gli uccelli, di particolare rilievo è la presenza del Merlo acquaiolo (Cinclus cinclus), una specie strettamente legata ai torrenti montani integri. Quest'uccello si tuffa nelle acque dei torrenti alla ricerca di cibo e costruisce il nido in prossimità dell'acqua anche sotto piccole cascate; in Europa è l'unico passeriforme in grado di nuotare. Gli interventi di prelievo delle acque e l'effettuazione delle opere di sistemazione idraulica hanno determinato la sua ssa da molti corsi d'acqua siciliani. Per tale motivo questa specie in Sicilia è inserita nella Lista rossa ed è considerata in pericolo.
Le acque dei tre torrenti ospitano inoltre moltissime specie di invertebrati acquatici; alcune di esse vivono sempre nell'ambiente acquatico mentre altre vi svolgono soltanto una parte del loro ciclo vitale. Lo studio di questi organismi è importante anche per valutare la qualità biologica delle acque: infatti, ove sussistono elementi perturbatori, le specie più sensibili scompaiono e il loro posto viene preso da specie più resistenti. In tal modo in corsi d'acqua inquinati, o dove le originarie caratteristiche ambientali sono andate perdute a causa di interventi di sistemazione idraulica o di estieme riduzioni delle portate, si riscontra un numero limitato di specie banali mentre nei corsi d'acqua integri vi è una elevata diversità di specie nelle comunità acquatiche.
I tratti montani dei torrenti Cutò, Martello e, soprattutto, Saracena sono caratterizzati da un elevato numero di specie di invertebrati acquatici. indice, come si è detto, di una buona qualità ambientale. Molte specie di Plecotteri, Efemerotteri, Tricotteri, Ditteri, Coleotteri, solo per citare alcuni ordini di Insetti, si rinvengono nel bacino del Simeto soltanto in questi torrenti o in uno solo di essi. Alcune specie sono endemiche, cioè non si trovano in nessun altro posto, ed addirittura di una famiglia di Tardigradi, microscopici invertebrati, è nota la presenza soltanto per il torrente Saracena. Le peculiarità e la ricchezza di questa fauna costituisce un elemento significativo che giustifica l'elevato interesse scientifico e l'esigenza della sua conservazione.
I tratti superiori dei tre torrenti, che si sviluppano all'interno di boschi di faggio, presentano notevoli pendenze; le acque limpide scorrono tra grossi massi, molti ricoperti da muschi, e si ha un continuo susseguirsi di cascatelle. Procedendo verso valle la faggeta lascia il posto a boschi di querce e, a contatto con il torrente, si ritrova una fascia arbustiva ripale caratterizzata in principai modo da Salixpurpurea, una delle specie di salici che si trovano lungo il Simeto. Più a valle i tre corsi d'acqua hanno subito pesanti interventi da parte dell'uomo. Le acque del torrente Cutò e di un suo affluente, il torrente Cicogna, sono completamente derivate da un'opera di presa dell'ENEL che ne determina il prosciugamento; soltanto più a valle, per l'apporto di altre sorgenti ed affluenti, si riscontra nuovamente un deflusso superficiale sebbene drasticamente ridotto. In un esteso tratto a monte della confluenza con il torrente Martello sono presenti opere di sistemazione idraulica. Il torrente Martello è stato gravemente sconvolto dalle opere per la realizzazione dell'acquedotto Ancipa; nel tratto finale vi sono scarichi di rifiuti e di acque inquinate provenienti da Maniace e opere di sistemazione idraulica (briglie). Infine, il torrente Saraceria nel suo tratto terminale è stato oggetto di devastanti opere di sistemazione idraulica che hanno cancellato gli aspetti naturali del torrente; numerosi prelievi abusivi di acqua ne determinano il prosciugamento durante i mesi estivi.
Il tratto medio del fiume Simeto
Dopo la confluenza dei torrenti Cutò, Martello e Saracena, il fiume Simeto scorre per circa quattro chilometri in un tratto pianeggiante con un ampio greto ciottoloso che in parte è stato manomesso
da sbancamenti e da discariche di rifiuti.
In questo tratto il fiume è bordato da arbusti di salice tra i quali predomina il Salice rosso (Salix purpurea). Nei pianori alluvionali raggiunti dalle acque soltanto in occasione delle piene di una certa entità è presente una vegetazione pioniera caratteristica dei greti ciottolosi ove domina l'Helichrysum italicum, una Composita di colore grigio-argentee dalla bella fioritura gialla. Purtroppo. soltanto in alcuni tratti del Simeto questo tipo di vegetazione si presenta ben sviluppata e copre vaste
superfici. Procedendo verso valle si assiste ad una netta discontinuità lungo il corso del fiume: dall'alveo pianeggiante e ciottoloso il fiume precipita nelle gole della Cantera, una profonda fessura incisa dal fiume su un substrato basaltico. La suggestiva bellezza di queste gole è accresciuta dalla confluenza del fiume Serravalle, che anch'esso, in un breve tratto, forma delle piccole gole di roccia lavica.
Uscito dalle gole il Simeto scorre alla base di un esteso terrazzo lavico con alti dirupi e pareti, alcune delle quali con maestosi basalti colonnari.
In località Pietrerosse l'alveo del fiume diviene più ampio e sulla sponda destra vengono incisi substrati di natura argillosa denominati 'argille scagliose' che qui assumono un caratteristico colore rossastro.
Proseguendo verso valle l'alveo si restringe nuovamente sino ad arrivare ad un secondo tratto in cui il fiume ha formato delle gole su un substrato lavico. Qui si trova il famoso ponte dei Saraceni, la cui costruzione viene tradizionalmente attribuita agli Arabi anche se secondo alcuni studiosi sarebbe stato edificato soltanto nel XIV secolo. All'inizio delle gole, ad un livello superiore a quello di normale scorrimento dell'acqua, vi è una pianoro lavico che mostra l'azione dell'erosione fluviale che avviene in occasione delle piene. Qui sono anche presenti le cosiddette 'marmitte dei giganti', caratteristiche forme di abrasione determinate da ciottoli che ruotano vorticosamente a causa della corrente nelle cavità della roccia.
Dal ponte Passolia (Bronte) sino alle gole laviche del ponte dei Saraceni è prevista l'istituzione della riserva naturale 'Forre laviche del Simeto' per la quale Legambiente ha elaborato una proposta di estensione, verso monte sino alle gole della Cantera e verso valle sino alla zona di Santa Domenica.
Dopo essere uscito dalle gole il fiume formava un tempo una cascata, adesso orribilmente cementificata. A valle è presente un vasto bosco ripale, particolarmente rigoglioso in prossimità della Cappella di Santa Domenica; qui il fiume riceveva l'apporto di alcune importanti sorgenti tra le quali quelle denominate Favare Santa Domenica, le cui acque scaturiscono all'interno di piccole grotte. Queste sorgenti erano da secoli utilizzate ma purtroppo, di recente, al fine di prelevare quanta più acqua possibile, sono stati effettuati dei lavori che ne hanno completamente sconvolto le caratteristiche originarie.
La testuggine palustre (Emys otbicularis) è presente nelmemoria - I processi di memorizzazione dall'acquisizione al richiamo - Studi comparati" class="text">la memoria di alcune persone del luogo ma sembra che sia definitivamente ssa in questo tratto. Sempre in questo tratto è stato osservato il Merlo acquaiolo (Cinclus cinclus), che, soprattutto durante la stagione invernale, si sposta in siti più a valle rispetto a quelli di riproduzione.
In contrada Piano di Mazza esiste una piccola isola fluviale colonizzata da tamerici, salici e qualche pioppo. Ancora più a valle, per un tratto di circa sette chilometri, il fiume è stato arginato con blocchi di calcestruzzo e sono completamente assenti quelle forme di vegetazione ripale arborea che abbiamo trovato abbondanti e ben evolute nel tratto di Santa Domenica.
Il tratto terminate del fiume Simeto
La pendenza del corso d'acqua si fa sensibilmente più lieve man mano che ci si avvicina alla foce e ciò determina notevoli variazioni alla morfologia del corso d'acqua e alle sue biocenosi.
Il tratto terminale del fiume Simeto è stato quasi interamente arginato e ciò ha determinato la perdita delle originarie caratteristiche ambientali. Fortunatamente, tra il ponte Barcavecchia e l'inizio dell'invaso di Ponte la Barca il fiume scorre invece tra argini naturali e presenta aspetti naturalistici e paesaggistici di grande rilievo. Il fiume è qui caratterizzato dalla presenza di numerose anse, rami secondari e rami morti, isole fluviali, ampi greti, acquitrini temporanei, vaste aree a bosco ripale e canneti.
L'interesse è poi accresciuto da alcuni rilievi rocciosi (Rocca del Corvo, Monte Castellaccio) costituiti da rocce sedimentarie con affioramenti di elementi della serie evaporitica e dalla presenza di siti archeologici.
Gli studi sulla fauna di macroinvertebrati acquatici, cioè quegli invertebrati le cui dimensioni superano I mm, hanno rilevato la presenza di Tricladi, Molluschi Gasteropodi, Anellidi Oligocheti e Irudinei, Crostacei Decapodi ed Anfipodi, Insetti (Efemerotteri, Odonati, Tricotteri, Coleotteri, Ditteri). li esame delle comunità acquatiche rivela comunque la presenza di inquinanti nelle acque, dovuti a scarichi fognari non depurati che vengono sversati nel tratto di fiume a monte.
La fauna ittica in questo tratto del fiume era abbastanza ricca essendo rappresentata da diverse specie di pesci: Aphanius fasciatus, Lipophrys fluviatilis, Atherina boyeri, Anguilla anguilla, Tinca tinca, Cyprinus carpio, Rutilus rubilio, Carassius auratus. Successivi studi hanno rilevato un impoverimento di questa fauna e particolarmente grave risulta la ssa di Aphanius fasciatus e di Lipophrys fluviatilis, due specie che rivestono particolare interesse in quanto autoctone e in rarefazione in numerosi corsi d'acqua siciliani.
La varietà di ambienti, protetti dalle difficoltà di accesso e la ridotta presenza dell'uomo, consentono di osservare specie difficilmente riscontrabili in altri tratti del fiume, se si eccettuano le aree umide della foce. Qui sono stati osservati diversi Ardeidi: Airone cenerino (Ardea cinerea), Airone rosso (Ardea purpurea), Garzetta (Egretta garzetta), Nitticora (Nycticorax nycticorax), Sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides). Il bosco ripale, le fasce a canneto o a tifeto, e gli ambienti con acque basse sono essenziali per la loro presenza. Anche la Folaga (Fulica atra) e, soprattutto, la Gallinella d'acqua (Gallinula chloropus) sono facilmente osservabili in questa parte del fiume. Durante i periodi di passo si possono osservare alcune specie di anatre e di limicoli. Tra la intricata vegetazione ripale è comune l'Usignolo di fiume (Cettia cetti), nel canneto la Cannaiola (Acrocephalus scirpaceus), tra le erbe alte il Beccamoschino (Cisticola juncidis). Il Pendolino (Remiz pendulinus) è presente con alcune coppie nidificanti e si riscontra nelle aree maggiormente riparate dalla presenza umana. Si tratta di una specie localizzata in Sicilia ed inserita nella Lista rossa come vulnerabile. In questo tratto del fiume si può osservare anche il Martin pescatore (Alcedo attis), un piccolo uccello dai brillanti colori che si tuffa in acqua per catturare i pesci di cui si nutre. L'interesse faunistico è accresciuto dal fatto che molti altri uccelli, pur non essendo strettamente legati agli ambienti acquatici, frequentano le aree umide del fiume.
Tra i Rettili va rilevata la presenza diffusa del Biacco (Coluber viridjlavus) e della Natrice (Natrix natrix), che si può incontrare lungo le sponde del fiume o in acqua.
I boschi ripali a salici (Salix alba e S. gussonei) costituiscono l'aspetto vegetazionale più rilevante in quanto in nessun altro punto del Simeto essi sono così ben evoluti, densi e notevolmente estesi in larghezza. Particolare interesse ha il Salice di Gussoni che è endemico di alcuni corsi d'acqua della Sicilia nord-orientale: la sopravvivenza di questa specie è legata al mantenimento dei boschi ripali. Nei pianori alluvionali si trovano la tamerice (Tamarix africana), la ginestra (Spartium junceum) e l'oleandro (Nerium oleander). Vaste superfici dei greti sono occupate dalla peculiare vegetazione in cui domina l'Helichrysum italicum.
Procedendo verso valle il fiume è sbarrato dalla traversa di Ponte Barca che ha determinato la formazione di un invaso che attira numerosi uccelli acquatici. Durante i mesi estivi a valle dell'invaso non viene fatta defluire acqua e le conseguenze negative si ripercuotono per l'intero rimanente tratto del Simeto sino alla foce.
Lungo il suo percorso nella Piana di Catania il fiume si presenta in diversi punti alquanto deteriorato a causa degli argini che sono .presenti ininterrottamente sino alla foce e di altri interventi antropici come gli incendi della vegetazione ripale. Nell'area di confluenza del fiume Dittaino con il Simeto gli argini del fiume sono abbastanza distanziati tra loro e ciò ha permesso il permanere di condizioni di maggiore naturalità. Qui il bosco ripale di salici è abbastanza esteso e i greti sono sabbiosi. Di particolare rilevanza è la presenza di una estesa colonia del grosso Mollusco Lamellibranco Unio elongatulus, che corre il rischio di sire a seguito del prosciugamento del fiume; nelle pareti sabbiose presenti in questo tratto lungo il fiume in passato vi era una colonia di Gruccioni (Merops apiaster), sterminata dai bracconieri. Il debole scorrimento dell'acqua permette l'insediamento in diversi punti di una vegetazione acquatica in cui predominano due specie di Potamogeton, caratterizzate dalle eleganti foglie galleggianti.
Invasi e derivazioni
I grandi invasi esistenti sul bacino del Simeto sono, in ordine di capacità, Pozzillo sul fiume Salso, Ogliast o sul fiume Gornalunga, Ancipa sul fiume Troina e Nicoletti sul torrente Bozzetta. Di recente è stato realizzato l'invaso Sciaguana ed è in costruzione l'invaso Pietrarossa. Sull'asta del Simeto esistono due grandi traverse, una a Contrasto nei pressi di Adrano e l'altra a Ponte la Barca nei pressi di Paternò. Su tutti i fiumi e torrenti del bacino esistono anche diverse opere di presa realizzate da parte di privati ed enti pubblici.
Queste opere, costruite a partire dalla metà degli anni `50, hanno alterato il regime naturale dei corsi d'acqua. Molti ambienti naturali sono stati distrutti o irrimediabilmente deteriorati e si sono innescati processi di dissesto idrogeologico un pò dovunque.
Invasi e grandi derivazioni hanno ridotto le portate dei corsi d'acqua del bacino a valori così bassi da non essere mai stati riscontrati nel recente passato. Soprattutto nel periodo estivo la situazione viene aggravata da una miriade di derivazioni abusive che superano di molte volte quelle assentite e che finiscono spesso col disseccare persino le ultime pozze rimaste negli alvei dei corsi d'acqua. Le conseguenze sulla fauna legata alla presenza permanente di acqua sono facilmente immaginabili in quanto tutte le specie che non sono indipendenti dall'acqua durante questi periodi sono destinate inesorabilmente a sire.
I controlli, che spettano in primo luogo al Genio Civile, sono del tutto inesistenti. Ciò che appare assurdo è che spesso queste captazioni, a cui si aggiungono quasi sempre gli sbancamenti degli alvei per poterle realizzare, servono per produrre raccolti di agrumi da distruggere come eccedenze e per i quali si utilizzano prodotti chimici nocivi che poi vanno ad inquinare le acque.
Tra le tante derivazioni, degna di nota è quella sul Simeto a Santa Domenica, poco a valle del ponte dei Saraceni. Qui esiste una traversa gestita dall'ENEL con una presa del tipo a griglia suborizzontale di fondo che inghiotte, tranne durante le piene, l'intera portata del Simeto. In barba alla L. 183/89 sulla difesa del suolo e alla L. 36/94, il fiume viene letteralmente lasciato a secco immediatamente a valle dell'opera di presa con conseguenze nefaste per la fauna acquatica e l'ittiofauna in particolare. Anche il paesaggio ne soffre essendo di fatto eliminata la cascata della nota 'Quadara Manganelli'. Opere di presa dello stesso tipo si trovano anche sul torrente Cutò, su un suo affluente, il torrente Cicogna, e su diversi affluenti del fiume di Troina.
Tra gli squilibri più evidenti legati alla costruzione dei bacini artificiali c'è la riduzione del trasporto solido del Simeto con le ripercussioni sul litorale sabbioso del golfo di Catania.
Diversi studi hanno dimostrato infatti che i sensibili arretramenti del litorale, particolarmente del tratto prossimo alla foce del Simeto, che è possibile osservare da alcuni decenni, sono principalmente da collegare alle' attività antropiche e, soprattutto, all'entrata in esercizio dei quattro serbatoi prima menzionati. Si è potuto verificare che questi invasi trattengono circa 1.3*106 m3/anno di materiale solido di cui il 40% circa, depositandosi nella zona apicale dei bacini, viene definitivamente sottratto all'apporto solido del Simeto. Va aggiunto che la riduzione delle portate di piena a valle degli invasi comporta una riduzione del trasporto solido di una quantità difficilmente valutabile ma certamente consistente.
L'entrata in esercizio di questi invasi ha fatto emergere altri 'inconvenienti' evidentemente sfuggiti o sottovalutati in fase progettuale. L'interrimento eccessivo, di gran lunga superiore a quello previsto ha, ad esempio, notevolmente ridotto la capacità utile del serbatoio Pozzillo. La qualità delle acque dello stesso Pozzillo, e ancor più quelle di Nicoletti e di Ogliastro, si è rivelata alquanto scadente per gli elevati valori di salinità. Il Servizio Dighe ha limitato sin dal 1974 i volumi di acqua da invasare nell'Ancipa a causa dei problemi strutturali della diga.
Va infine osservato che gli impianti idroelettrici esistenti sul bacino del Simeto (Troina, Grottafumata, Regalbuto, Contrasto, Paternò, Barca), regolati parzialmente dai serbatoi di Ancipa e Pozzillo, hanno una modestissima produzione di energiaelettrica (potenza complessivamente installata circa 130 MVA ed energia media annua complessivamente prodotta minore di 200 GWh) che non trova giustificazione già per gli elevati costi di realizzazione e di gestione, senza considerare quelli ambientali.
La gravità della situazione odierna nel bacino del Simeto impallidisce tuttavia a confronto con gli scenari prospettati per il futuro. Le nuove opere idrauliche per invasare e captare fiumi e torrenti superano infatti largamente quelle realizzate in quantità, grandezza e irrazionalità. Apparentemente queste opere rientrano in una pianificazione complessiva, come quella dettata dal famigerato Progetto Speciale n. 30 della ex Cassa per il Mezzogiorno, ma in realtà sono prive di qualsiasi logica.
Molte delle nuove opere sono palesemente sovradimensionate, sia singolarmente che complessivamente, e possono essere definite delle vere e proprie assurdità ingegneristiche ed economiche.
Si pensi ad esempio al 'sistema acquedottistico Ancipa' che prevedeva di prelevare le acque di tutti i torrenti dei monti Nebrodi che originano il fiume Simeto per immetterle nell'invaso di Ancipa e, soprattutto, all'invaso di Lentini, che prosciugherebbe, questa volta a valle, il fiume Simeto.
Entrambe queste opere venivano portate avanti dalle stesse imprese, in particolare la Lodigiani e la COGEI (del gruppo Rendo). Le stesse imprese sono impegnate anche nella realizzazione dell'invaso Pietrarossa sull'omonimo torrente, i cui lavori, attualmente in avanzato stato di realizzazione, sono stati appaltati dal Consorzio di bonifica di Caltagirone. Anche in questo caso l'invaso determinerà il prosciugamento del corso d'acqua a valle della diga e inoltre le opere sono state iniziate e proseguite in assenza delle autorizzazioni ambientali e urbanistiche e della valutazione di impatto ambientale.
Appare subito evidente, oltre al predominio di alcune imprese, come queste opere sembrino ignorare che le risorse idriche del bacino del Simeto sono limitate.
Queste opere costituiscono inoltre esempi significativi di come finora, con assoluta disinvoltura, sia stato possibile operare pesantemente sul bacino del Simeto, anche in assenza di un quadro di conoscenze di base preciso e aggiornato. Non si conosce infatti il bilancio tra disponibilità idriche e prelievi; in molti casi la disponibilità è conosciuta in termini puramente induttivi in quanto i dati idrologici relativi alle portate liquide, già discontinui e non contemporanei in passato per le varie stazioni di misura, non sono più pubblicati dal Servizio Idrografico da una decina di anni. I rilievi 'torbiometrici' (cioè di materiali disciolti e sospesi) non vengono praticamente più registrati dalla fine degli anni `60; non esiste un elenco aggiornato delle concessioni, nè gli uffici del Genio Civile hanno mai effettuato un censimento di quelle abusive.
Gli stessi enti pubblici che gestiscono gran parte delle risorse idriche del bacino, spesso non posseggono i dati relativi ai volumi utilizzati a causa della mancanza di stazioni di misura, delle strumentazioni insufficienti o guaste, delle perdite nelle reti di distribuzione, dell'assenza di coordinamento con gli altri enti che operano e prelevano sul bacino; nel migliore dei casi ogni ente conosce solo gli interventi o i prelievi effettuati direttamente, mentre non ha idea degli interventi di gestione delle acque effettuati dagli altri enti pubblici e privati.
Alle logiche del passato obbediscono anche i nuovi invasi previsti nel bacino del Simeto e per ciascuno di essi è possibile ripetere ancora una volta considerazioni già fatte.
Tra tutti spicca l'invaso di Bolo, previsto dal Consorzio di Bonifica Alto Simeto sul fiume Serravalle, uno dei maggiori affluenti del Simeto. L'invaso dovrebbe raccogliere, mediante una traversa e una galleria di allacciamento anche le acque del torrente Cutò.
La costituzione di circa 20.000 ettari di nuovo terreno irriguo, scopo dichiarato dell'opera, non sembra assolutamente giustificare la realizzazione di un intervento dai costi ambientali ed economici elevatissimi, tanto più che, come sempre, si andrebbero ad alimentare colture, come quelle agrumicole, da anni in crisi di sovrapproduzione. In ogni caso, considerando il costo previsto per la diga e valutando, anche per difetto, i costi per le opere di distribuzione, si arriva alla conclusione che irrigare un ettaro di terreno costerebbe alla collettività più del possibile ricavo.
D'altra parte, anche tenendo conto delle disponibilità idriche dei bacini idrografici sottesi, l'invaso appare, nel rispetto della tradizione di tanti invasi siciliani, sovradimensionato (capacità totale 144*10 m , capacità utile 95*10 m ) ed è evidente che la sua realizzazione aggraverebbe sensibilmente il già deficitario regime idraulico del Simeto.
Gli sconvolgimenti dell'assetto del territorio e degli ambienti naturali sarebbero imponenti: sommersione del fiume Serravalle per un tratto di 6 Km, scavi, sbancamenti, realizzazione di oltre 11 Km di strade (per alcune delle quali sono previste opere di sistemazione idraulica del fiume) e soprattutto la realizzazione dell'enorme diga in materiali sciolti del volume di 4.23* 10 m che comporterebbe l'asportazione di 3,7*10 m di materiale basaltico da recuperare, secondo il progetto, dalle antiche colate laviche che formano grandiose terrazze sulla valle del Simeto e nel cui spessore il fiume ha scavato pittoresche gole.
Realizzare una diga in materiali sciolti di queste dimensioni (altezza massima di 106.5 m) significherebbe letteralmente costruire una montagna artificiale; tra l'altro il lavoro verrebbe effettuato esclusivamente con l'impiego di mezzi meccanici e con un numero ridotto di operai.
Si tratta anche in questo caso di un'opera volta a consentire alle grandi imprese edili di ottenere enormi guadagni sia in senso assoluto che relativo (cioè in termini di rapporto investimenti profitti). Tale meccanismo sfrutta l'emergenza siccità, invocata non appena per qualche mese piove meno del normale, ed il ricatto occupazionale, 'strumenti' che consentono ampi margini di manovra a politici ed imprenditori.
L'assurdità ditale situazione appare evidente se si considera che il fabbisogno dell'intero bacino idrografico del Simeto per usi civili, agricoli e industriali sarebbe già pressochè disponibile se si razionalizzassero prelievi e consumi e se si evitassero gli enormi sprechi oggi esistenti.
Con riferimento agli usi agricoli si tenga presente, innanzitutto, che la trasformazione in aree irrigue di molti terreni coltivati un tempo a vigneto o a seminativo è stata una delle cause principali dell'aumento dei consumi idrici globali; d'altra parte, l'aumento delle aree irrigue ha determinato sia la crisi di sovraproduzione dei prodotti agrumicoli, destinati in gran parte al macero, sia il livellamento verso il basso della qualità ditali prodotti, con conseguenti riflessi sulla capacità di penetrazione nel mercato europeo.
Appare pertanto opportuno ridefinire la politica delle sovvenzioni agricole, anche indirette, impostando piuttosto una politica di set-aside specifica per il settore agrumicolo dei territori marginali, che favorisca la conversione in colture secche o forestali; si consentirebbe ad un tempo un notevole risparmio idrico ed una maggiore qualità dei prodotti inigui, soprattutto se destinati all'esportazione.
Oltre che sui consumi si potrebbe intervenire efficacemente sulle risorse; in particolare si potrebbero utilizzare a fini irrigui e industriali le acque reflue, opportunamente depurate e sottoposte a severi controlli. In tal modo non solo si eviterebbe di incidere sulle falde ormai esauste ma si assicurerebbe un maggiore controllo sociale sul processo di depurazione.
In quest'ottica va completamente riformulata l'attività degli enti gestori delle risorse idriche ed in primo luogo dei consorzi di bonifica, in modo da assicurare un razionale sfruttamento. Andrebbero altresì eliminati alcuni sistemi di irrigazione primitivi che fanno ricorso a canalizzazioni precarie o irrazionali.
Relativamente all'approvvigionamento idropotabile va osservato che lo stato fatiscente della maggior parte degli acquedotti urbani comporta perdite che in molti casi superano il 50% dcl quantitativo d'acqua immesso. Ciò significa che se si effettuassero gli opportuni ammodernamenti il rifornimento di acqua potabile ai centri abitati aumenterebbe considerevolmente. Purtroppo, come è stato dichiarato persino da alcuni progettisti di rilevanti opere idrauliche, alle grandi imprese di costruzioni non conviene riparare gli acquedotti. trattandosi dì un lavoro capillare, che richiede l'impiego di molta manodopera e comporta guadagni relativamente modesti. Si tratta di un argomento che dovrebbe fare riflettere quei politici e quei sindacalisti che in questi anni, difendendo le grandi opere pubbliche, sembrano aver avuto più a cuore gli interessi di certe imprese di costruzioni che quelli dei lavoratori.
Inoltre, soprattutto nelle grandi città, vengono previsti (si vedano ad esempio le indicazioni del Piano Regionale di Risanamento delle Acque) livelli di consumo procapite che sembrano assumere lo spreco di acqua come un indice di 'civiltà', ipotizzando per alcuni centri abitati consumi superiori a quelli di molte città dell'Europa del nord dove le disponibilità idriche sono notevolmente maggiori.
Per quanto riguarda l'approvvigionamento idrico per usi industriali, oltre a quanto detto sull'utilizzo delle acque reflue. va infine fatto notare che finora i consumi sono stati quasi sempre enormemente gonfiati al di là di ogni realistica previsione, il che ha contribuito al sovradimensionamento di tante opere.
L'analisi svolta, seppur sommariamente, rende evidente la conclusione che in Sicilia e nel bacino del Simeto in particolare. ci si è ostinati, e lo stesso sembra proprio che si voglia fare in futuro, a volere realizzare opere idrauliche per invasare e captare i corsi d'acqua con costi (diretti e indiretti) maggiori dei benefici (diretti o indotti); opere cioè inutili e dannose, realizzate solo per fornire appalti alle imprese di costruzioni.
Le poche parole usate dai magistrati della Procura della Repubblica di Palermo in merito alla vicenda dell'acquedotto dell' Ancipa riescono ad esprimere, forse meglio di ogni ulteriore considerazione, la logica che sta alla base di questo tipo di opere: 'quest'opera andava fatta ad ogni costo anche in palese disprezzo delle vigenti norme di legge e ciò perchè non era in rilievo il pubblico interesse ma l'interesse patrimoniale delle imprese'.
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