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Consiste nel nascondere, dietro il senso letterale delle parole, un contenuto diverso, per lo più di carattere astratto e ideale.
tal mi fece la bestia sanza
pace,
che, venendomi incontro, a poco a poco
mi ripingeva là, dove
il sol tace. selva del peccato
(Dante, Inferno, I, 58-60)
Anafora : ripetizione della stessa parola all'inizio di versi o di frasi consecutive per conferire risalto al vocabolo ripetuto. Es. Dante 'Per me si va nella città dolente, per me si va nell'eterno dolore.'
Anastrofe: rivolgimento. Consiste nell'invertire l'ordine normale di due parole per mettere in risalto uno dei due termini. Es. in greco polemou peri anziché perri' polemou o anche 'di me più degno' invece di 'più degno di me'.
(dal greco antìthesis, "contrapposizione"):accostamento che non di rado è reso più incisivo e netto dalla struttura simmetrica della frase come nella celebre terzina dantesca Non fronda verde , ma di color fosco; / non rami schietti ,ma nodosi e'nvolti; /non pomi v'eran ma stecchi con tosco.
ura retorica che consiste nella disposizione incrociata degli elementi costitutivi di una frase, in modo che l'ordine logico delle parole risulta invertito. Così nel verso di G. Carducci Pianto antico vv 15-l6: nè il sol più ti rallegra / nè ti risveglia amor si ha un chiasmo tra la parte nominale delle due proposizioni parallele (il sol e amor) e la parte verbale (ti rallegra e ti risveglia
(dal greco climax, "scala"): procedimento retorico che consiste nella disposizione di frasi, sostantivi e aggettivi in una progressione "a scala", secondo cioè una gradazione ascendente, a suggerire un effetto progressivamente più intenso: es buono, migliore ottimo (dal grado normale dell' aggettivo si passa al grado ativo e infine a quello superlativo); due, tre quattro (che costituisce la più semplice gradazione, in quanto attuata sul piano numerico). Un simile procedimento risulta particolarmente efficace soprattutto in poesia, dove l'intensificazione del concetto attraverso la progressione naturale dal vocabolo più debole al più forte è incrementata in modo significativo dai valori fonici e ritmici delle parole, come è dato verificare nella celebre chiusa dell' Infinito leopardiano, Così tra questa immensità / s' annega il pensier mio e il naufragar m'è dolce in questo mare.,in cui si attua una gradazione in senso discendente (Anticlimax) attraverso immensità-s'annega-naufragar,che anche ritmicamente riproducono un progressivo abbandono della mente.
fenomeno linguistico consistente nello spostamento degli elementi costitutivi di una frase in una disposizione che capovolge la normale struttura sintattica, per conferire all'elemento anteposto un particolare risalto espressivo. Così ad esmpio nel celebre verso leopardiano Dolce e chiara è la notte e senza vento, si ha una evidente inversione nell'ordine normale dei singoli termini della frase.
Consiste nell' affermare una cosa che è esattamente il contrario di ciò che si vuole intendere. Si tratta di un tipo di comunicazione che richiedenel lettore e nell' ascoltatore la capacità di cogliere l'ambiguità sostanziale dell' enunciato.
Litote: attenuazione di un concetto mediante la negazione del contrario.
Consiste nel trasferire a un termine il significato di un altro termine con cui ha un rapporto di somiglianza. In breve, è una similitudine senza il termine di paragone: tu sei (simile a) un dio.
. Es. 'Stanno distruggendo i polmoni del mondo (per boschi)
. e prego anch'io nel tuo porto quiete. morte
(U. Foscolo, In morte del fratello Giovanni, 11)
Metonimia
Metonimia o metonomia: consiste nell'usare il nome della causa per quello dell'effetto Es. bevo un bicchiere.
Onomatopea o armonia imitativa
Consiste nell'imitare un suono, un rumore, la voce degli animali, un'azione.
E le galline cantavano, Un cocco!
ecco ecco un cocco un cocco per te! (G. Pascoli, Valentino, vv 15-l6)
. squassavano le cavallette
finissimi sistri d'argento(G. Pascoli, L'assiuolo, vv 19-20)
Ossimoro
Ossimoro: forma di antitesi di singole parole che vengono
accostate con effetti paradossali (es. paradiso infernale, ghiaccio bollente)
. gr. oksymoron, neutro sost.
di oksymoros comp. di oksys
"acuto" e morós "sciocco" come modello di unione di
concetti discordanti.
(dal latino similitudo, 'somiglianza'): ura retorica consistente in un paragone istituito tra immagini, cose, persone e situazioni, attraverso la mediazione di avverbi di paragone o locuzioni avverbiali (come, simile a, a somiglianza di).
(dal greco synekdékhomai, 'prendo insieme'): ura semantica consistente nell'utilizzazione in senso urato di una parola di significato più o meno ampio della parola propria. Fondata essenzialmente su un rapporto di estensione del significato della parola, questa ura esprime:
Vedi anche Metonimia.
(dal greco syn, 'insieme' e aisthánestai, 'percepire'): procedimento retorico che consiste nell'associare, all'interno di un'unica immagine, sostantivi e aggettivi appartenenti a sfere sensoriali diverse, che in un rapporto di reciproche interferenze danno origine a un'immagine vividamente inedita: ad esempio:
Un simile procedimento, non estraneo alla poesia antica, diviene particolarmente frequente a partire dai poeti simbolisti e costituisce poi uno stilema tipico dell'area ermetica della poesia italiana del Novecento. Tra gli innumerevoli esempi che si potrebbero addurre, basti il celebre 'urlo nero della madre' di S. Quasimodo, in cui due sensazioni diverse, che interessano, la prima (urlo), il campo sensoriale dell'udito, la seconda (nero), quello della vista, si fondono in un'immagine che suggerisce l'idea di angoscia, di disperazione e di paura, in una temperie cupamente drammatica.
Or ch'a i silenzi di cerulea sera
tra fresco mormorio d'alberi e fiori
ella siede,
(G. Carducci, Visione, 1-3)
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