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COME SCRIVE VERGA
Per riprodurre la società nel modo più 'vero', Verga la osserva scrupolosamente, studiando l'ambiente fisico ed il dialetto, documentandosi sui mestieri e sulle tradizioni; inoltre usa uno stile impersonale in modo che il lettore si trovi - come dice lui stesso - «faccia a faccia col fatto nudo e schietto, senza stare a cercarlo fra le linee del libro attraverso la lente dello scrittore». Così sembra che i personaggi e le vicende si presentino da sé, e chi legge ha l'impressione di essere messo a diretto confronto con la realtà di cui si parla.
Per ottenere l'impersonalità Verga adotta il punto di vista della gente, di chi fa parte dell'ambiente che sta descrivendo, evita cioè di esprimere il suo personale giudizio e i suoi sentimenti. E per rendere ancora più vera e impersonale la rappresentazione, lo scrittore costruisce una lingua nuova: è la lingua nazionale (non usa il dialetto siciliano perché vuole che le sue opere siano lette in tutta l'Italia) arricchita di termini di origine dialettale, di modi di dire e proverbi, di una sintassi modellata sul ritmo della lingua parlata dal popolo.
I MALAVOGLIA
E' il primo romanzo del 'Ciclo dei vinti' rimasto incompiuto, in cui lo scrittore manifesta la sua visione amara della vita. Il romanzo narra le disavventure di una famiglia umile di pescatori di Acitrezza (Catania) che cerca di migliorare le sue condizioni economiche. «I Malavoglia» raccontano la storia amara di una sconfitta nella quale si esprime il pessimismo radicale di Verga. Non c'è speranza di cambiamento per gli oppressi, soggetti ad una legge di natura, quella della vittoria del più forte e della selezione naturale, che essi non possono controllare. E questa condizione degli umili diventa emblematica di quella dell'intera umanità. L'unico valore positivo che si afferma nel mondo verghiano è quello della dignità umile ed eroica con cui l'uomo sopporta il proprio destino, rinunciando a in}tili sibellioni.
Questo racconto è lo studio sincero e spassionato del come probabilmente devono nascere e svilupparsi nelle più umili condizioni le prime irrequietudini pel benessere; e quale perturbazione debba arrecare in una famigliuola, vissuta sino allora relativamente felice, la vaga bramosìa dell'ignoto, l'accorgersi che non si sta bene, o che si potrebbe star meglio.
Il movente dell'attività umana che produce la fiumana del progresso è preso qui alle sue sorgenti, nelle proporzioni più modeste e materiali. Il meccanismo delle passioni che la determinano in quelle basse sfere è meno complicato, e potrà quindi osservarsi con maggior precisione. Basta lasciare al quadro le sue tinte schiette e tranquille, e il suo disegno semplice. Man mano che cotesta ricerca del meglio di cui l'uomo è travagliato cresce e si dilata, tende anche ad elevarsi e segue il suo moto ascendente nelle classi sociali. Nei 'Malavoglia' non è ancora che la lotta pei bisogni materiali. Soddisfatti questi, la ricerca diviene avidità di ricchezze, e si incarnerà in un tipo borghese, 'Mastro-don Gesualdo', incorniciato nel quadro ancora ristretto di una piccola città di provincia, ma del quale i colori cominceranno ad essere più vivaci, e il disegno a farsi più ampio e variato. Poi diventerà vanità aristocratica nella 'Duchessa de Leyra'; e ambizione nell''Onorevole Scipioni', per arrivare all''Uomo di lusso', il quale riunisce tutte coteste bramosìe, tutte coteste vanità, tutte coteste ambizioni, per comprenderle e soffrirne, se le sente nel sangue, e ne è consunto. A misura che la sfera dell'azione umana si allarga, il congegno della passione va complicandosi; i tipi si disegnano certamente meno originali, ma più curiosi, per la sottile influenza che esercita sui caratteri l'educazione, ed anche tutto quello che ci può essere di artificiale nella civiltà. Persino il linguaggio tende ad individualizzarsi, ad arricchirsi di tutte le mezze tinte dei mezzi sentimenti, di tutti gli artifici della parola onde dar rilievo all'idea, in un'epoca che impone come regola di buon gusto un eguale formalismo per mascherare un'uniformità di sentimenti e d'idee. Perché la produzione artistica di cotesti quadri sia esatta, bisogna seguire scrupolosamente le norme di questa analisi; esser sinceri per dimostrare la verità, giacché la forma è così inerente al soggetto, quanto ogni parte del soggetto stesso è necessaria alla spiegazione dell'argomento generale.
Il cammino fatale, incessante, spesso faticoso e febbrile che segue l'umanità per raggiungere la conquista del progresso, è grandioso nel suo risultato, visto nell'insieme, da lontano. Nella luce gloriosa che l'accomna dileguandosi le irrequietudini, le avidità, l'egoismo, tutte le passioni, tutti i vizi che si trasformano in virtù, tutte le debolezze che aiutano l'immane lavoro, tutte le contraddizioni, dal cui attrito sviluppasi la luce della verità. Il risultato umanitario copre quanto c'è di meschino negli interessi particolari che lo producono; li giustifica quasi come mezzi necessari a stimolare l'attività dell'individuo cooperante inconscio a beneficio di tutti. Ogni movente di cotesto lavorìo universale, dalla ricerca del benessere materiale alle più elevate ambizioni, è legittimato dal solo fatto della sua opportunità a raggiungere lo scopo del movimento incessante; e quando si conosce dove vada quest'immensa corrente dell'attività umana, non si domanda al certo come ci va. Solo l'osservatore, travolto anch'esso dalla fiumana, guardandosi intorno, ha il diritto di interessarsi ai deboli che restano per via, ai fiacchi che si lasciano sorpassare dall'onda per finire più presto, ai vinti che levano le braccia disperate, e piegano il capo sotto il piede brutale dei sovravvegnenti, i vincitori d'oggi, affrettati anch'essi, avidi anch'essi d'arrivare, e che saranno sorpassati domani.
I 'Malavoglia', 'Mastro-don Gesualdo', la
'Duchessa de Leyra', l''Onorevole Scipioni', l''Uomo
di lusso' sono altrettanti vinti che la corrente ha deposti sulla riva,
dopo averli travolti e annegati, ciascuno colle stimate del suo peccato, che
avrebbero dovuto essere lo sfolgorare della sua virtù. Ciascuno, dal più umile
al più elevato, ha avuta la sua parte nella lotta per l'esistenza, pel
benessere, per l'ambizione - dall'umile pescatore al nuovo arricchito - alla
intrusa nelle alte classi - all'uomo dall'ingegno e dalle volontà robuste, il
quale si sente la forza di dominare gli altri uomini, di prendersi da sé quella
parte di considerazione pubblica che il pregiudizio sociale gli nega per la sua
nascita illegale; di fare la legge, lui nato fuori della legge - all'artista
che crede di seguire il suo ideale seguendo un'altra forma dell'ambizione. Chi
osserva questo spettacolo non ha il diritto di giudicarlo; è già molto se
riesce a trarsi un istante fuori del campo della lotta per studiarla senza
passione, e rendere la scena nettamente, coi colori adatti, tale da dare la
rappresentazione della realtà com'è stata, o come avrebbe dovuto essere.
Milano, 19 gennaio 1881.
Il centro di tutto è una barca da pesca: la tartana dei
Malavoglia chiamata 'Provvidenza'. La 'Provvidenza' è la
barca più vecchia del villaggio, ma aveva il nome di buon augurio. Era anche
essa una persona nella famiglia esemplare dei Malavoglia, la più onesta e
compatta del paese.
Intorno al gran tronco, il nonno Padron 'Ntoni, testa della casa, si stringono
altre sette persone appartenenti a tre generazioni. Padron 'Ntoni e la
Provvidenza sono i due poli di quel mondo domestico. Quando il maggiore dei
nipoti, 'Ntoni, è tolto al lavoro per la leva di mare, il nonno tenta un affare,
compra a credito una grossa partita di lupini, li carica sulla barca e li
affida al lio Bastianazzo perché li vada a vendere a Riposto. La barca di
notte naufraga, Bastianazzo annega, i lupini sono perduti. La
'Provvidenza' è gettata inutile sulla spiaggia. A Padron 'Ntoni
rimane il debito dei lupini.
Dopo quella triplice sciagura, tutto sembra accanirsi contro
i Toscano-Malavoglia: Luca, il secondo dei nipoti, muore nella battaglia di
Lissa; Maruzza, la nuora, muore nel colera del '67. Il debito dei lupini si
mangia la casa, la cara «casa del nespolo» che era l'orgoglio, la ragione di
vita del vecchio; e già il debito aveva impedito le nozze della nipote, la
Mena, creatura di silenzio e sacrificio. Non è finita: un nuovo naufragio della
'Provvidenza' rattoppata lascia Padron 'Ntoni inabile al lavoro. Il
primogenito 'Ntoni, che da quando ha fatto servizio militare in continente non
si rassegna alla miseria dei pescatori, si dà al contrabbando e finisce in
galera dopo aver ferito un doganiere. Lia, la sorella minore, abbandona il
paese e non torna più. Mena dovrà rinunciare a sposarsi con e Alfio e
rimarrà in casa ad accudire i li di Alessi, il minore dei fratelli, che
continuando a fare il pescatore, ricostruirà la famiglia e potrà ricomprare la
«casa del nespolo» che era stata venduta.
Quando 'Ntoni, uscito di prigione, torna al paese, si rende conto di non poter
restare perché si sente indegno del focolare domestico di cui ha profanato le
leggi e la sacralità.
Gli Elementi e i
Temi:
- La presenza di un folla di personaggi tra i quali non emerge un protagonista
singolo, a sottolineare un tipo di organizzazione sociale semplice ancora
basato sulla famiglia patriarcale;
- Il desiderio di star meglio che spinge padron 'Ntoni a tentare l'affare dei
lupini e il giovane 'Ntoni a cercare fortuna lontano: tentativi entrambi
falliti di uscire dalla condizione assegnata dal destino;
- La brutalità della lotta per la sopravvivenza, dominata da un'ineluttabile
legge economica;
- La religione della famiglia, l'attaccamento al focolare e agli affetti, unica
difesa possibile contro l'avidità del mondo, a patto che si accontenti di
quello che si ha;
- L'impossibilità di staccarsi dal proprio ambiente e dalla propria condizione,
pena la rovina.
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