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Commento Leonardo Sciascia - La ssa di Majorana
Il romanzo "La ssa di Majorana" di Leonardo Sciascia, scrittore neorealista siciliano, narra e analizza la vita e del famoso fisico nucleare Ettore Majorana. L'evento realmente accaduto, che ha indotto l'autore a scrivere questo libro è la ssa del protagonista all'età di trentun'anni. Storicamente questo fu il periodo in cui si affermarono in Italia e in Germania dittature e movimenti politici estremistici, fascismo e nazismo.
In questo libro, che da importanza alla realtà, ai fatti e alle opinioni, l'autore cerca di descrivere al meglio, per le sue conoscenze, le possibili cause e gli episodi antecedenti a questo evento, utilizzando tutti gli strumenti che ha a disposizione, documenti e testimonianze di amici e colleghi. Le tracce del professore vengono perse durante il viaggio che avrebbe condotto il professore da Palermo a Napoli, dove lavorava all'università. Le forze dell'ordine, a capo dell'ispettore Bocchini, avviano le ricerche, che non danno però nessun esito concreto: il presunto cadavere, che avrebbe dimostrato il suicidio, non è stato trovato e la famiglia crede nella fuga. La polizia crede superflue ulteriori indagini ("L'esito del supplemento d'indagine vi è, insomma, già scontato") e chiuderebbe così l'inchiesta, ma intervengono importanti uomini politici, tra cui Mussolini, che, sollecitati dai familiari dello sso, invitano indagini più approfondite, che comunque non saranno mai svolte. Questo atteggiamento superficiale viene duramente criticato da Sciascia in più situazioni all'interno del romanzo. I parenti, soprattutto il fratello Salvatore, si occupano di raccogliere testimonianze e prove per aiutare Bocchini nella ricerca di Ettore. Inizialmente si pensa il suicidio nel viaggio Napoli-Palermo, come fa presupporre una sua lettera inviata ad un amico, ma qualcuno lo ha visto dormire sul piroscafo nel viaggio di ritorno e la testimonianza di un'infermiera, da lui conosciuta, conferma il suo ritorno a Napoli, e quindi non il suicidio.
Il romanzo poi procede analizzando la vita del protagonista anche sotto il profilo psicologico e morale, cercando di intuire le cause che potrebbero averlo indotto a una fuga della tragica realtà in cui viveva. A Roma egli studiò alcuni anni ingegneria, poi decise di cambiare facoltà e passare a fisica, per poi laurearsi in fisica nucleare a pieni voti e con la lode. Stette ancora un breve periodo, nel quale continuò a frequentare l'università per studiare e sperimentare nuove formule con i suoi amici Segrè, Carbino e Fermi, col quale aveva un rapporto "non solo da pari a pari . ma distaccato, critico, scontroso"; "qualcosa c'era, in Fermi e nel suo gruppo, che suscitava in Majorana un senso di estraneità, se non addirittura di diffidenza, che a volte arrivava ad accendersi in antagonismo". E ciò era dovuto anche al carattere di Ettore riservato, molto pensieroso e introverso, come documentato dal racconto di Amaldi, che descrive anche il suo aspetto fisico minuziosamente, dalla lettera di Fermi ("Capace nello stesso tempo di svolgere ardite ipotesi e di criticare acutamente l'opera sua e degli altri") e dalla narrazione dell'autore ("Come tutti i siciliani «buoni», Majorana non era portato a far gruppo, a stabilire solidarietà o a stabilirvisi"). Nonostante ciò Fermi lo definirà un genio del valore di Newton e Galileo, "calcolatore espertissimo e matematico profondo che mai per altro perde di vista dietro il velo delle cifre e degli algoritmi, l'essenza reale del problema fisico". In seguito, prima della partenza del professore per la Germania, si chiude il caso delittuoso che aveva visto arrestare alcuni parenti del protagonista innocenti: era così stata fatta una giustizia sommaria attuata in breve tempo e senza reali prove. Il fatto è inserito per poter criticare l'ordinamento giuridico locale in quel periodo, stravolto e degradato (" . più del delitto da cui prese avvio, mostruoso ci pare l'ingranaggio ambientale e giudiziario in cui per otto anni persone evidentemente incolpevoli si trovarono prese fino all'annientamento, fino alla follia"). Ettore, dietro incoraggiamento di Fermi, decide di recarsi a Lipsia dal neo premio Nobel Heisenberg. Durante quel periodo il suo comportamento muta molto e da introverso che era, trova in Heisenberg un collega e un amico con cui condividere i successi scientifici ("Sono in ottimi rapporti con Heisenberg" / "Siamo diventati abbastanza amici in seguito a molte discussioni scientifiche" / "La sua comnia è insostituibile e desidero approfittarne finché rimango qui"). Rimane in contatto con la famiglia alla quale invia spesso lettere per aggiornarla sulla sua vita, ma anche sulla situazione socio-politica del paese. Al ritorno si rinchiude nella stanza di un albergo di Napoli, isolato dal mondo e già questo pare un atteggiamento strano. Fino al momento della ssa vive soltanto tra l'università, dove insegna, e l'albergo; "dalle lettere si nota anche, rispetto a quelle della Germania, un che di più distaccato, di più lontano, nei rapporti coi famigliari". Si pensa che stia lavorando ad una fusione d'atomi, che lo portò a scoprire la bomba atomica. Quindi è possibile che spaventato dalle conseguenze che avrebbe causato la sua scoperta, decide di eliminare tutti i suoi appunti e le sue formule e di fuggire, lasciandosi alle spalle tutte le preoccupazioni. Ettore se senza lasciare alcuna traccia, aveva precedentemente calcolato tutto, per mettere in atto una fuga 'perfetta': anche le lettere che invia prima di sire sono ambigue e ingannevoli.
Qualche anno dopo un cugino di Ettore riprende da sé le ricerche. Le varie testimonianze raccolte lo conducono in un convento siciliano dove molti scienziati si rifugiavano, e uno di questi probabilmente era Majorana, secondo i ricordi del padre certosino, perché sembra che si sentisse solo ed incompreso.
Questo libro è molto interessante perché narra un fatto di cronaca realmente accaduto, integrato da numerose testimonianze che lo rendono più coinvolgente. Allo stesso tempo, però, queste rendono la lettura poco scorrevole, a causa delle numerose interruzioni.
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