italiano |
E tu ne' carmi avrai perenne vita
sponda che Arno saluta in suo cammino
partendo la città che dal latino
nome accogliea finor
l'ombra fuggita.
Già dal tuo ponte all'onda impaurita
il papale furore e il ghibellino
mescean gran sangue, ove oggi al pellegrino
del fero vate la magion si addita.
Per me cara, felice, inclita riva
ove sovente i pie' leggiadri mosse
colei che vera al portamento Diva
in me vologeva sue luci beate,
mentr'io sentia dai crin
d'oro commosse
spirar ambrosia l'aure innamorate.
Metro: sonetto (ABBA, ABBA, CDC, EDE).
Anche tu, avrai una vita immortale nella poesia, o riva, che l'Arno saluta al suo passaggio, ividendo la città, che dalla rinomanza o la gloria latina di Roma, durante il Medioevo ed il Rinascimento, raccoglieva le tracce o il ricordo ora dileguato.
Una volta, dal ponte, alle acque dell'Arno, inorridite per la strage fraterna, i feroci Guelfi Neri favorevoli al papa e i Guelfi Bianchi, ostili al papa, mescolavano e versavano sangue, nel teatro in cui oggi al forestiero si addita la casa dell'Alfieri, il fiero vate, profeta dell'unita d'Italia.
Per me sei cara, felice e gloriosa, perché in quel tratto spesso mosse i suoi piedi leggiadri quella che, autentica dea dell'aspetto, volgeva i suoi occhi divini verso di me, mentre io sentivo le aure innamorate, mosse dai suoi capelli d'oro, diffondere intorno l'ambrosia della sua divina presenza ( sentivo l'aria, mossa dai suoi capelli biondi, esalare intorno un profumo di Ambrosia).
Rigo 3-4; 10-l1: enjambement
″ 13-l4: allegoria
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