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GIULIA FERRARI
SOLUZIONE FINALE
"La prima volta che incontrai Franz Stangl fu la mattina del venerdì 2 aprile 1971. Era stato condannato il 22 dicembre 1970 dal tribunale di Dusseldorf alla prigione a vita per complicità nell'uccisione di novecentomila persone durante il suo servizio come comandante di Treblinka"..
Gitta Sereny - In quelle tenebre.
Il 26 gennaio 2008 l'Istituto Tecnico Blaise Pascal ha fatto da sfondo alla messa in scena di "Soluzione finale", spettacolo tratto dal libro "In quelle tenebre" di Gitta Sereny. La rappresentazione è stata ideata dal regista Franco Brambilla che ha inscenato l'intervista di Gitta Sereny, giornalista, a Franz Stangl, comandante del campo di sterminio di Treblinka nel 1942-l943. Interpretato da Filippo cher, Stangl fugge in sud America dopo la caduta del regime di Hitler. Viene riconosciuto e arrestato in Brasile solo nel 1961 grazie alle ricerche di Simon Wiesenthal, il "cacciatore dei nazisti", per essere poi condannato dal tribunale di Dusserdolf all'ergastolo. Dopo quattro anni trascorsi per la maggior parte in isolamento, la giornalista Gitta Sereny, interpretata da Roberta Bigiarelli, ottiene il permesso di intervistare il comandante. Egli non si renderà conto di ciò che contribuì a realizzare fino al termine dell' intervista: poche ore dopo aver ammesso il suo coinvolgimento nello sterminio degli ebrei, muore per un attacco di cuore.
La scenografia è minimale: una bottiglia d'acqua su di un tavolino, due leggii. Gli stessi attori, recitando quasi immobili in piedi di fronte al pubblico, diventano elementi scenici che permettono allo spettatore di focalizzare la propria attenzione sui dialoghi serrati. Pochi movimenti, un teatro che diventa "essenziale" rendendo le parole dette quel 28 giugno del 1971 le protagoniste della vicenda. Parole dette da Stangl con una lucidità disarmante che, interpretate in modo molto naturale da Filippo cher, contribuiscono alla creazione di un' atmosfera tetra e angosciante. La ura dell' uomo risulta essere austera e equilibrata, priva di risentimenti per il coinvolgimento nell' Olocausto. Roberta Bigiarelli è molto sicura nel ruolo della giornalista: le domande una di seguito all' altra rendono veloce il ritmo della narrazione, provocando nello spettatore un senso di inquietudine. La recitazione talvolta viene però troppo forzata, richiedendo eccessiva attenzione al pubblico che diventa poco partecipe nella parte finale dello spettacolo. Questo è presumibilmente conseguenza anche dell'assenza di elementi scenici quali luci o proiezioni che, di tanto in tanto, provoca la perdita dell' attenzione: cento minuti di dialogo continuo senza alcun effetto visivo possono diventare pesanti anche per il più tenace degli spettatori. Probabilmente una pausa dopo i primi cinquanta minuti potrebbe contribuire ad un maggior coinvolgimento nel momento conclusivo della rappresentazione.
E' stato un modo diverso e originale per parlare delle stragi naziste, poiché non si è preso in considerazione solo il punto di vista degli individui che sono stati vittime delle ingiustizie razziali, ma anche di coloro che le hanno messe in atto. Nell' immaginario collettivo si tratta di individui spietati che senza alcun scrupolo uccidevano sadicamente migliaia di persone.
Stangl ignorava, o meglio, rifiutava di credere che dei piccoli edifici di mattoni potessero essere camere a gas. Rifiutava di vedere quelle migliaia di corpi che giacevano ai lati della strada. Rifiutava di sottrarsi al volere del suo superiore che, a suo parere, non gli dava altra scelta che quella di predisporre il campo di sterminio per l'arrivo delle persone che poco dopo sarebbero diventate vittime.
Lo spettacolo ha permesso di capire come talvolta chi è artefice di determinate azioni non si renda conto della direzione disastrosa che esse stiano prendendo.
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